Che cosa dobbiamo cambiare per essere testimoni di Gesù?

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 19-28)

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Quando inizia una avventura che ci ha tenuti in tensione nell’attesa che cominciasse con tutti i preparativi, le immaginazioni, i pronostici … c’è bisogno di correre, non stare a ripensare, prendere posizione, mettere in atto tutte le risorse che abbiamo immagazzinato.

Gesù è venuto, è nato a Betlemme, ma si è rivelato agli uomini nella sua età matura e il Natale che ancora ci vede attardati a contemplare un presepio, è già proiettato verso il futuro, verso la missione del Figlio di Dio.

Il Battista riprende i suoi discepoli quasi a dire “che state ad aspettare? Io non sono quello che il popolo desidera incontrare da secoli, io ho solo fatto l’apripista: ora seguite Lui! Io vi battezzo qui nel deserto, io cerco di addolcire i vostri cuori induriti, vi invito qui per trovare uno spazio adatto a purificarvi, disinfettarvi di tutte le scorie di male che avete accumulato nella vita, a convertirvi insomma … ma la vostra vita non è qui nel deserto, è nelle città, nelle vostre case: ora se siete seri, andate da Lui!”

Non è forse così per noi questo tempo di pandemia? Invece di stare a lamentarci e litigarci perché non possiamo fare questo o quello, perchè il Natale e il Capodanno l’abbiamo dovuto vivere come mai abbiamo fatto, non ci sembra che dobbiamo lavorare per togliere tutte quelle scorie che abbiamo accumulato nella nostra vita da farla essere sempre una lamentela, una arrabbiatura, una velenosità, una serie di dispetti e di piccole vendette, di furbate, che alla fine ottengono solo di far star male chi sta peggio di noi?

Questo discorso da precursore è il discorso che deve poter fare ogni cristiano nel mondo, nel nostro mondo piuttosto secolarizzato, e nelle nostre comunità che … rischiano sempre di essere autoreferenziali, di guardarsi addosso.

La chiesa stessa non esiste per se stessa, esiste per indicare il futuro di Dio: è segno e strumento; se è segno vuol dire che non può essere ripiegata su di sé, tradirebbe la sua missione; se è strumento vuol dire che al suo interno c’è tutto quello che serve perché chi l’accosta possa fare quei salti di qualità che gli permettono di incontrare Gesù.

E’ Gesù da seguire, non chi lo annuncia: siamo tutti dita puntate verso di Lui. Le parrocchie ci sono non per se stesse, gli uomini di Chiesa ci sono non per se stessi, i cristiani ci sono non per se stessi, ma per aiutare tutti a tenere la direzione verso Gesù.

I farisei, molto autocentrati, vedendo che il popolo non li seguiva più, ma andava dietro a Giovanni si sono molto meravigliati di questo sfaldamento del popolo … però invece che domandarsi come cambiare per rispondere alla sete della gente, si sono trincerati dietro le loro autosufficienze.

Capita così sempre anche nell’amore, quando si percepisce che c’è qualcosa che non va, ci si difende, non si rientra dentro a domandarsi che cosa devo cambiare, dove sta la verità, chi devo essere per meritare l’amore e donare la vita … è solo alzando gli occhi a questo cielo che non è vuoto riusciamo a decifrare le regole della vita nuova che il Natale ci ha portato.

2 Gennaio 20221
+Domenico

Oggi è Maria che ci presenta Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2, 16-21)

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Oggi, primo giorno dell’anno nuovo, gettiamo ancora il nostro sguardo sul presepio: il centro è sempre Gesù, e la nostra attenzione a Lui oggi è mediata da Maria, la mamma … è con lei che vogliono solidarizzare i pastori, gente semplice, che conosce il bisogno di una donna che ha appena partorito e le portano senza indugio – dice il Vangelo – con un moto spontaneo del cuore, con l’immediatezza di chi vive nella precarietà e ha come unica soddisfazione la solidarietà, il conforto della loro presenza.

I pastori erano gente disprezzata, poco di buono, randagia, gente che vive di rimedi, che regolava il suo orario sulle abitudini degli animali … ma è sempre fatta di persone che hanno un cuore e una dignità, una coscienza e una sensibilità.

I verbi che usa il Vangelo sono una traccia di cammino anche per noi: “Andarono senza indugio”, non si fermano sul verbo venire che indica sempre che sono gli altri che devono girare attorno a noi. Noi siamo il perno, noi siamo quelli da riverire, noi quelli che non si spostano di un’unghia per nessuno, noi quelli che devono essere serviti, noi quelli che sanno tirare le file per far girare gli altri nella nostra orbita … noi, la chiesa, stiamo troppo comodi in attesa che la gente venga; noi i responsabili del bene comune che forse scambiamo l’autorità per un potere, mentre deve essere un servizio sempre … e il servizio ha come primo moto spontaneo il decentrarsi verso chi ha bisogno: andare, uscire invece che stare.

Videro, udirono e riferirono; hanno aperto gli occhi su quel bambino, hanno scritto nella loro mente i fatti, non si sono fermati alle loro fantasie, non sono stati comodi a costruirsi un virtuale asettico, lontano dalla vita, ma hanno fatto esperienza, hanno partecipato alla gioia e alla dolcezza della famiglia di Gesù.

Hanno aperto gli orecchi, hanno visto la parola fatta carne, hanno messo attenzione all’invito degli angeli e al loro canto del gloria … e non hanno tenuto per sé quel che hanno provato: Lo hanno portato subito agli altri, hanno creato subito quel tam tam che genera comunione tra la gente attorno ai fatti della vita, alle notizie belle.

La comunicazione della gioia della scoperta ha cambiato la loro vita sociale, hanno cambiato la noia della quotidianità in stupore, hanno saputo dire alla gente che si doveva aprire il cuore alla novità assoluta della nascita di Gesù.

Avessimo noi ancora oggi la capacità di andare oltre la nostra preoccupazione giusta, ma spesso troppo disperata della pandemia che ci occupa non soltanto i pensieri, ma ci detta anche i luoghi in cui poter stare, le persone da incontrare, gli spazi geografici da abitare.

Ci sentiamo forse solo prigionieri, ma possiamo andare più in profondità su questa nostra esistenza coatta e veder nascere in essa una solidarietà più profonda con il nostro prossimo, una speranza da offrire e non solo la difesa della paura, un sorriso che dagli occhi vince la barriera della mascherina, con lo stile degli operatori sanitari che osano sempre andare oltre le proprie forze e le proprie deontologie per essere sempre umani con tutti.

Il Vangelo dice ancora “Glorificando e lodando Dio”: Dio va lodato e ringraziato sempre, la nostra vita ha bisogno di gesti gratuiti, di sbilanciarsi per la riconoscenza, di riconoscere che siamo creature e che non tutto deve essere calcolo, commercio, tornaconto.

Lodare Dio è ritrovare il nostro posto nella creazione, è uscire dalla nostra sicumera per sentirci tutti figli amati da Dio e quindi fratelli, ma oggi dobbiamo fare attenzione ad un’altro importante “fatto”, detto, scritto, il messaggio di Papa Francesco, che ci aiuta a celebrare con Maria la madre di Gesù la 54° giornata mondiale della Pace, e ci aiuta a riflettere sulla Pace come “cammino di speranza”, fatto di dialogo, riconciliazione, e conversione ecologica; è la “cultura della cura”, che occorre rinforzare e acquisire: Dio nella creazione ci ha fatti così, Gesù ha vissuto tutta la sua vita in questa maniera, ed è il punto più alto della rivelazione di Dio per l’umanità … e ricordiamo anche brevemente i principi di questa cura: la cura della promozione della dignità e dei diritti delle persone, proprio perchè uomini e donne abbiamo una dignità inviolabile, anche quando fossimo imbarbariti come Caino che uccise Abele, Dio intervenne a salvaguardare la sua vita. La Cura del bene comune – un’altro passo: “Il nostro sguardo deve essere sempre rivolto all’intera famiglia umana”. La cura della solidarietà, amore per l’altro come determinazione di impegnarsi per il bene di ogni creatura … e ancora “La cura e la salvaguardia del creato”, perchè da qui deriva la cura della nostra casa comune, la Terra, che stiamo distruggendo sempre di più. Questa cultura nasce in famiglia, si radica nella scuola e nell’università, si allarga a tutte le religioni e a tutte le istituzioni internazionali.

Non ci sarà mai pace senza una vera cultura della vita.

1 Gennaio 2021
+Domenico