Al mattino …si ritirò in un luogo deserto e là pregava

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 1, 29-39)

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Forse abituati male dalle televisioni, dai social … dalla valanga di notizie che ogni giorno tenta di farci soccombere, non badiamo più alle cose più semplici che spesso sono quelle che ci aiutano di più a dare il vero senso alla vita.

Il Vangelo di oggi ci presenta un’umile figura di donna, ammalata, guarita da Gesù: “la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli” … è la suocera di Pietro, in casa del quale Gesù passò parecchio tempo della sua vita pubblica.

Siamo ancora nel primo capitolo del vangelo di  Marco, che ci tiene a raccontare tutta la vita pubblica di Gesù, dalla sua partenza da Nazaret alla sua cattura nell’orto del Getsemani, racchiudendola tra le immagini di due donne “semplici” che nella cultura ebraica contavano ancora meno e che non potevano assolutamente neanche essere testimoni autorevoli di niente dal punto di vista civile … ma Gesù prende queste due donne.

La suocera di Pietro fa del servizio il compito principale della sua vita: Gesù la libera dalla febbre che la teneva in suo potere e ora si può mettere alla sequela di Gesù, imitandolo, perché Lui è venuto tra noi non per essere servito, ma per servire; come può liberamente fare lei.

Vedremo alla fine della vita pubblica di Gesù, un’altra donna … semplice, anziana, che va quasi timorosa davanti alle  anfore che raccolgono le offerte del tempio, quella più piccola e malconcia, e mette senza farsi notare, ma Gesù la vede molto bene, alcuni spiccioli, che non fanno rumore e che però sono tutto quello che ha: non è certo il superfluo, ma il necessario per vivere.

Il regno di Dio che porta Gesù è di questo tipo: non è eclatante, è semplice, nascosto, radicato nel servizio e nella povertà. La casa di Pietro al calar del sole viene invasa da ammalati di ogni tipo, di ogni sofferenza e Gesù si spende per loro senza badare a fatica.

Al mattino presto si ritira in un luogo deserto a pregare: insomma, è l’orario della giornata tipo di Gesù che diventa la giornata tipo del cristiano, che deve annunciare il Vangelo, la Parola, e compiere gesti di solidarietà con i fratelli e di liberazione … e per far questo abbiamo bisogno di una carica di speranza indomabile, di una forza superiore che renda possibile anche l’impossibile.

E dove la troviamo questa forza? Nel dialogo con Dio e quindi nella preghiera, come ha fatto Gesù.

Si pensa sempre che la preghiera sia una fuga dalla vita, una facile evasione dal mondo: Al culmine della nostra attività umana la nostra preghiera non è alternativa al nostro agire.

Il contatto diretto di Gesù col Padre è il sole che illumina il suo cammino e così Gesù ci insegna a pregare, a mettersi in disparte, stare di fronte a Dio, attendere in silenzio e soprattutto ascoltare Dio che ci parla … ed è questo che facciamo quando ci mettiamo in adorazione davanti al santissimo, a quel Corpo che ci rivela Dio Padre.

Non so quanto noi preghiamo, ma se preghiamo poco è perché è venuta meno la relazione filiale dell’uomo con il Padre celeste che è nei cieli, che però affermiamo sempre, senza badarci, ad ogni Padre nostro che recitiamo.

E’ che noi ci dichiariamo troppo autosufficienti, autonomi al massimo, anche se con la Pandemia stiamo abbassando un poco la cresta. Solo che pensiamo solo al vaccino, che risolverà tutto, non a Dio Padre, autore di ogni vero vaccino.

E Gesù dopo aver passato la mattinata nella preghiera non smette di ributtarsi nel contatto con la gente verso cui – vedremo – ha una grande compassione: c’è un movimento anche del suo essere fisico che lo porta a farsi carico di tutto quello di cui ha bisogno l’umanità: non di solo pane, ma anche della sua parola che si farà corpo spezzato e sangue versato, sempre tra di noi fino alla fine del mondo, noi possiamo vivere.

Oggi è la festa della vita: vogliamo mettere al centro della nostra fede e della nostra esistenza il grande dono della vita, che purtroppo oggi non apprezziamo più, riteniamo di  essercela data noi, di farne quello che vogliamo.

Per avere a tutti i costi figli comperiamo anche una mamma che ce li fa e li teniamo noi come se fosse merce di scambio; si mettono assieme persone dello stesso sesso e fanno fare i figli agli altri da cui poi si comperano. Se non vanno bene li possiamo far morire, se soffriamo troppo ci possiamo togliere la vita e obblighiamo i dottori a dare morte invece che curare la vita.

Il Signore dice che la vita è Lui: Io sono la vita.

Ogni vita che disprezziamo è disprezzo a Gesù, è disprezzo di Dio: c’è un fiume di vita che rischia di finire nelle paludi dell’egoismo, dell’indifferenza, del rifiuto, dello scarto.

La vita è un bene concretissimo per ogni persona, il mondo però è segnato da tante guerre contro la vita, da tanti rifiuti, da tanti muri, da tanti ostacoli, da tante disperazioni inascoltate o addirittura sfruttate: sono le paludi in cui va a morire il fiume della vita.

7 Febbraio 2021
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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