E’ così importante toccare?

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6, 53-56)

Audio della riflessione

C’è una parte delicatissima della nostra esistenza che finisce per diventare determinante tutta la nostra vita: la nostra corporeità. La divisione in corpo e anima di tipo platonico, con un certo disprezzo per il corpo, come prigione dell’anima, non fa più parte della nostra mentalità anche se ogni tanto riaffiorano comode semplificazioni … soprattutto quando si invecchia, quando il nostro corpo perde smalto, si appesantisce in malattie insopportabili, la prestanza fisica viene meno e il declino è irreversibile … se poi siamo ancora in pandemia, noi vecchietti abbiamo già un piede nella fossa.

Sappiamo invece che la corporeità e tutto quello che è legato ad essa, fa parte della globalità della persona e, quindi, va recuperata dal suo interno come un “segno”; soprattutto deve diventare lo spazio personalissimo e originale per vivere veri rapporti con tutti e veri rapporti di amore.

In questo contesto dobbiamo collocare la nostra naturale necessità di vedere, toccare, sentire, gustare, far passare per la porta dei nostri sensi anche l’esperienza spirituale, anche il mondo misterioso della fede, anche le nostre liturgie che non devono interessare solo udito e vista, ma anche tatto, gusto, odorato: tutti i cinque sensi.

Evidentemente viviamo in pandemia e soffriamo molto questa mancanza di contatto fisico, ma quando la gente va a qualche santuario vuole “toccare la statua”, vuol vedere, vuol entrare in contatto concreto con qualcosa … e non ci dobbiamo meravigliare, perché questo accade anche quando i giovani vanno a qualche concerto rock: avere una maglietta, un autografo, una bacchetta del batterista, un braccialetto del cantante, una stretta di mano, un bacio è il massimo per sentirsi “dentro veramente” in una esperienza.

Così era la gente che rincorreva Gesù per le strade della Palestina: tutti volevano sentirlo, vederlo, ascoltarlo, ma soprattutto toccarlo.

Aveva fatto di tutto quella donna che toccò il lembo della sua tunica e restò guarita, così vogliono fare tutti quelli che si sentono imprigionati dalla malattia. Il toccare però è vero se si porta dentro una fede profonda: occorre sempre unire l’anima al corpo per unire la speranza al presente, il desiderio alla realtà.

Infatti Gesù offre la sua salvezza se chi lo accosta lo fa con fede, se sa andare oltre il fatto fisico e lo carica di adesione spirituale alla sua persona, lo fa diventare un segno di una fede profonda, di una consapevolezza di mettere al centro della sua vita Gesù.

La forza che promanava da Gesù era la conferma della certezza che Dio è incontrabile nella vita quotidiana perché Lui è l’Emmanuele, il Dio con noi: basta che noi apriamo l’incontro con Lui all’incontro con le persone, i poveri, i malati, i bisognosi, le sue immagini vere e plastiche … e se è vero, che “chi vede me, vede il Padre mio”, come ha detto Gesù a Filippo, allora siamo immersi sempre nella immensità di Dio, nel suo essere ovunque come spesso sant’Agostino affermava e viveva.

8 Febbraio 2021
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

Rispondi