Per essere amici di Gesù non occorre far parte del giro

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 7, 24-30)

Audio della riflessione

Siamo sempre un poco tutti affascinati da persone importanti … il video poi ti costringe quasi a interiorizzarle con i volti, i vestiti, i sorrisi e non c’è più spazio per la fantasia nel rappresentartele; già un poco il personaggio che ti interessa lo hai fatto tuo … incontrarlo è poi il massimo … potergli parlare è una aspirazione forse fatua, ma utile per me, per darmi un po’ di adrenalina, non è solo curiosità.

Ecco … Gesù non era un personaggio televisivo, non bucava il video, ma stanava dai cuori speranza e per questo “non poteva restare nascosto, lo cercavano tutti” – così esplicitamente dice il Vangelo.

C’è tra la folla una donna coraggiosa, decisa – sfacciata, direbbe qualcuno – che bada più alla sostanza che alla forma, anche perché la costringeva ad essere così il dolore che portava dentro: è di origine greca, non è del giro degli ebrei, per questo si sente più libera, ma anche più disperata. Le è stata strappata la figlia dal demonio, le è stata tolto il suo bene sommo: non è più la stessa da quando il demonio gliel’ha stregata, se ne è carpito il corpo, il cuore e l’anima. Le ha distrutto tutti i legami di affetto, si sente in casa non solo un corpo estraneo, ma il male in persona e questo male sta in sua figlia, in colei che ha partorito con dolore e segue con indomabile amore.

Sa che c’è Gesù e va da Lui, non le importa niente delle “convenzioni sociali”, si butta ai suoi piedi, lei, straniera e donna, già due qualità che per gli ebrei non contavano per niente, intrusa e disperata, ma con la speranza puntata in Gesù, e quindi … osa, Osa dire quello che il suo cuore le chiede, quello che da tempo sente di affidargli: “Gesù qui c’è mia figlia, ma il male me l’ha rapita, tu che sei la vita vera, tu che ami la gioia di vivere, tu che non hai niente in comune con il maligno, tu che sei l’innocente guariscila, restituiscila alla vita, alla bontà, non permettere che sia preda di un male più grande di noi e che noi non possiamo vincere”.

Gesù, sepolto dalla folla rumorosa dei suoi connazionali, avverte che c’è una domanda pressante, una umanità ferita davanti a sé: coglie la disperazione, ma sa di essere circondato da una mentalità arroccata su un’alta concezione di sé, della serie “Noi siamo il popolo che ha Dio più vicino di ogni altro popolo, noi siamo popolo eletto, siamo discendenza di Abramo e tu Gesù sei venuto per ricostruire il nostro tempio interiore”.

La gente lo vorrebbe per sé, solo per sé … il cerchio dei buoni si deve chiudere … e Gesù provoca i suoi connazionali per scalfirne la chiusura e fa la commedia; dice alla donna quel che tutti quelli che lo stanno a guardare pensano. Ti rendi conto che stai esagerando, non c’è pane per l’estraneo, per l’intruso. Ci sono figlie e figli che hanno bisogno di ritrovare salute, appartenenza piena al popolo santo di Dio. Che pretendi, tu che non sei dei nostri? E Gesù lo dice anche a noi: lo pensiamo sempre tutti e lo diciamo pure che vogliamo goderci quel che abbiamo e che non ne possiamo più degli intrusi, degli stranieri, degli immigrati, dei poveracci che disturbano la nostra già fragile quiete ed equilibrio: stessero tutti a casa loro, noi vogliamo godere della nostra vita da soli, noi abbiamo sudato il nostro benessere e non vogliamo spartirlo. Non solo non siamo accoglienti, ma ci appropriamo anche di quello che Dio ci ha dato per tutti.

Ma la donna ha una disperazione nel cuore, per lei si tratta di vita o di morte: “Non aspiro al pane, mi bastano le briciole. Non mi arrogo diritti di figliolanza, mi basta fare il cagnolino che gira tra le gambe dei commensali, prendendo qualche volta calci tra i denti. Non ho pretese di privilegi o di doni, mi accontento di ciò che avanza dalla tua mensa, perché per me anche una briciola del tuo amore, fa la mia felicità.”

Questa è fede pura, lo dice anche Gesù e le briciole che la donna sperava si trasformano in pane della vita, e la straniera, la siro-fenicia, la pagana, l’immigrata …  si rivede donata, libera, vera, guarita, ricostruita nella sua dignità e nella sua figliolanza la sua creatura che prima era del demonio: un altro colpo a una “religione di maniera”, a un disprezzo gratuito per chi non fa parte del giro, a una religione ancora più di facciata.

11 Febbraio 2021
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

Rispondi