Il futuro atteso da sempre in due creature non ancora nate

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1, 39-46) dal Vangelo del giorno (Lc 1, 39-56)

In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore …

Audio della riflessione

C’è una forte intesa tra le donne quando si confidano le loro difficoltà, i loro segreti, le esperienze intime della loro vita, le apprensioni per quello che sta accadendo nella loro corporeità, quando sentono di avere in seno una vita che nasce: non è solo connivenza, diventa subito solidarietà, desiderio di aiuto, condivisione dei pensieri e dei timori, delle cure e delle speranze, sogni di una esistenza diversa, nuova, capace di sconvolgere non solo le proprie vite, ma anche quelle della famiglia, del quartiere o del paese e, perché no, anche del mondo!

Chi si trova in questa situazione è una donna avanzata in età: Elisabetta, di origini nobili, della casta sacerdotale, sposa a un ministro dell’Altissimo, a un fedele servitore del tempio. Aveva aspettato tutta la vita un  bambino, l’aveva desiderato tanto come ogni donna che vuol vivere in pienezza la sua vita, ma non le era stata data questa grazia e proprio quando aveva riposto nel cassetto ogni suo sogno si trova a registrare questo fatto sconvolgente, questa gioia incontenibile, questa sorpresa e stupore. Ne nasce però anche il timore: “alla mia età? Che sarà di questo bambino, come nascerà?”

Il marito, il vecchio Zaccaria, era rimasto muto e la confortava con segni e i segni andavano sempre decifrati, capiti, inscritti in un dialogo più grande di loro, nella grande bontà di Dio.

Maria, la madre di Gesù viene a conoscere questa situazione bella e delicata: è Dio attraverso l’arcangelo Gabriele che la coinvolge e decide di portarsi a fianco di Elisabetta per aiutarla a vivere serenamente l’attesa, perché anche lei, Maria, è in attesa, anche lei è stata tirata nel vortice incontenibile della vita divina: è l’incontro tra le due madri è tra le scene più belle della storia umana di tutti i tempi, la giovanissima e l’anziana, il nuovo e il vecchio testamento, il compimento delle promesse e gli ultimi sospiri dell’attesa, la vita di Dio e la vita dell’uomo, l’Ave Maria e il Magnificat.

Sono i due bambini, appena all’inizio della loro vita, che si parlano, che cominciano a sconvolgere il mondo, che esprimono la gioia dell’universo per quello che Dio sta finalmente compiendo.

Una benedizione nasce nella bocca di Elisabetta, un canto di lode in quella di Maria:

“Rallegrati Maria”, dice Elisabetta ….

“L’anima mia esulta nel Signore” dice Maria!

“Benedetto il frutto del tuo grembo, benedetto il figlio di Dio, benedetto il futuro che nasce, dice Elisabetta” …

… “grandi cose ha fatto l’Altissimo”, canta Maria, e noi ne diamo a tutti testimonianza. Dio è grande, Dio è forte, Dio è la pienezza della nostra vita.

31 Maggio 2021
+Domenico

Dio è una comunità di amore che ci manda nel mondo

Una riflessione sul Vangelo del giorno (Mt 28,16-20)

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Audio della riflessione

Che cos’è quella insopprimibile spinta che sentiamo a incontrare gli altri? Perché con tutta la confusione e il frastuono che ci circonda non riusciamo a star chiusi nei nostri comodi loculi, dove ci monta una nostalgia di dialogo, di serenità di solidarietà? Stereo, parabolica, internet, e-mail, fax, che già sono tutti strumenti di comunicazione con l’altro, non ci bastano: sentiamo un bisogno viscerale di contatto, di relazione di stare con qualcuno.

Abbiamo bisogno degli altri per vivere, per crescere, per essere: gli altri sono per noi necessari come l’aria che respiriamo; il nostro cuore non può essere riempito da un bel quadro, da un gatto o da un cane o da un coniglietto che ci portiamo appassionatamente anche in aereo in apposite gabbiette, con tutte le tutele della legge: Sono tutti placebo!

Il cuore vuole in maniera insopprimibile un’altra persona come noi, da guardare da toccare, da incontrare, da amare …. e la gioia comincia a dischiudersi solo quando stiamo con lui, con lei, con loro.

Le immagini, le fiction, le televisioni sono solo simulazioni, strumenti e dei rimandi: è una constatazione molto semplice pure banale, anche se dà ragione della causa di tanta infelicità di bambini che non vedono mai i genitori, di giovani, che sono senza amici, di anziani che possono solo ascoltare una radio, di uomini e donne mature che si incrociano senza incontrarsi … e Dio sa quanto abbiamo  provato questi sentimenti provocati dall’isolamento della pandemia e li vivono tuttora le persone anziane nelle RSA.

Se alziamo lo sguardo a Dio questa nostra sete di relazione assume una sorprendente profondità. Noi siamo fatti a immagine di Dio, e Dio è una comunità di amore. Siamo fatti per dialogare, incontrarci amare perché Dio è Trinità. Il Dio dei cristiani non teme politeismi idolatrici, è un Dio che è Padre, che è Figlio, che è Spirito Santo.

È una comunità di amore, è relazione assoluta, è un dialogo di conoscenza e amore fra tre persone: così ci ha aiutato sorprendentemente a conoscere il volto di Dio, Gesù.

La creazione di Dio Padre, il dono fino alla morte di Gesù, la comunione d’amore che tutto avvolge dello Spirito sono il nostro futuro di uomini e donne, il nostro habitat, la nostra felicità. Il mistero di Dio non è un mistero di solitudine, ma di convivenza, di creatività, di conoscenza, di amore, di dare e ricevere; è per questo che noi siamo come siamo.

C’è un verbo che torna spesso nei vangeli, che in questi tempi viene spesso ripetuto nelle chiese. È un verbo scomodo per chi ha trovato la sua calma dopo tanto errare, è scomodo per chi s’è fatto finalmente il suo mondo, le sue certezze, si è dato i suoi confini, s’è fatto una bella casa, l’ha cinta di un’ottima cancellata. L’ha fatta larga questa casa, ha perfino fatto costruire una tavola per la mensa la più grande che ci potesse stare. Non vuol tenere la casa per sé, vuole un sacco di amici a godere di questa calma, di questa intimità.

Sa che il mondo è spesso un caos e c’è bisogno di offrire delle oasi di pace di tranquillità. Bello, ottimo! l’ospitalità e l’accoglienza sono sacre. Ma il verbo inquietante di Gesù  rimane e lo pronuncia in maniera decisa, perentoria: andate.  È il verbo della Chiesa, dei discepoli, dei cristiani. Quanto stavano bene, si fa per dire con tutte le persecuzioni che dovevano sopportare, quanto stavano bene a Gerusalemme, in Galilea: erano riusciti a costruire piccole belle comunità cristiane.

Ma l’imperativo di Gesù risuona martellante: andate a dire a tutti l’amore del Padre che vi ha creati, la passione del figlio che vi ha guadagnati col sangue la compagnia dello Spirito che vi guarda a vista da qui all’eternità. Non siete soli, ma in compagnia della famiglia di Dio.

Non è la Chiesa della Trinità quella che si chiude nelle sue mura. E’ allora necessario superare i confini abituali dell’azione della comunità cristiana, delle nostre parrocchie per esplorare i luoghi anche i più impensati dove le persone vivono, si ritrovano danno espressione alla propria originalità, dicono le loro attese formulano i loro sogni. E’ il passo necessario proprio perché lo richiede l’aver contemplato la comunione formidabile tra Dio Padre, il Figlio Gesù Cristo e lo Spirito Santo, perché tutti la possano godere.

30 Maggio 2020
+Domenico

Cercare seriamente, affidarsi e decidersi

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 11, 27-33)

Andarono di nuovo a Gerusalemme. E mentre egli si aggirava per il tempio, gli si avvicinarono i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farlo?». Ma Gesù disse loro: «Vi farò anch’io una domanda e, se mi risponderete, vi dirò con quale potere lo faccio. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». Ed essi discutevano tra sé dicendo: «Se rispondiamo “dal cielo”, dirà: Perché allora non gli avete creduto? Diciamo dunque “dagli uomini”?». Però temevano la folla, perché tutti consideravano Giovanni come un vero profeta. Allora diedero a Gesù questa risposta: «Non sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Audio della riflessione

La ricerca della verità nella vita è sempre urgente e sempre faticosa: in una mentalità molto caratterizzata da sequenze numeriche, sequenze razionali, ricerca di prove irrefutabili e inoppugnabili è evidente che esistono esperienze o fatti che non possono rispondere solo alla razionalità.

Noi credenti, per dimostrare la verità della nostra fede, spesso ci prepariamo a rispondere con il massimo di razionalità e onestà, ma ci accorgiamo che in questo modo riduciamo la fede a una somma di verità umane!

Gesù un giorno si è trovato di fronte a una domanda impertinente dei suoi soliti avversari, che avevano la vocazione a giudicare piuttosto che a ricercare la verità … e Gesù, che legge nel cuore di questi uomini, come legge nel cuore di ciascuno di noi, smaschera la comodità dello stare a giudicare senza mai sentirsi coinvolti e li provoca a prendere una decisione: “Chi era per voi Giovanni il Battista? L’avete seguito o l’avete snobbato? Che posizione avete preso di fronte alla sua predicazione? È stato un esercizio di retorica o vi siete lasciati cambiare la vita? Vi siete mescolati alla gente che lo seguiva per farvi vedere e riuscire a stare a galla sempre e comunque, per posa, oppure condividete con il popolo questo slancio di purificazione, questa voglia di ridare vita all’esperienza religiosa?”

Nessuno risponde.

“Siccome non mi date risposta, nemmeno io vi do la mia.”

Nella vita spesso non siamo coerenti, di difetti ne abbiamo tanti, di cose sbagliate per debolezza ne facciamo anche di più … è peggio però non prendere mai una decisione, lasciarsi trascinare dall’opinione corrente!

La vita ha bisogno di essere affrontata prendendo posizione! Navigare a vista aguzza la capacità di adattamento, ma purtroppo sempre al ribasso.

Sappiamo che la fede è sempre un rischio, un salto nel buio, un abbandonarsi, l’appoggiarsi all’amore di Dio che è fedele, nell’oscurità dell’intelligenza tante volte e nel vuoto di ogni sicurezza umana.

I segni che portano alla fede pure ci sono: la realtà è tutta un segno, ma questo segno può essere letto alla luce della fede. Ci si abbandona all’azione trasformante di Dio e si sperimenta di essere nella vita, nella verità e nell’amore e si ha l’esperienza della verità di Gesù Cristo, cosa che gli interlocutori di Gesù non hanno mai voluto fare.

Noi invece ci decidiamo e ci abbandoniamo a Lui.

29 Maggio 2021
+Domenico

Fede, preghiera e perdono

Una riflessione sul Vangelos secondo Marco (Mc 11, 11-25)

11 Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici diretto a Betània. La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: «Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti». E i discepoli l’udirono. Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». L’udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento. Quando venne la sera uscirono dalla città. La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: «Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato». Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».

Audio della riflessione

Ogni brano di Vangelo che ad ogni messa la chiesa ci propone noi lo leggiamo e meditiamo perché è una scuola di vita. Siamo sempre alla scuola di Gesù; oggi ci presenta tre elementi determinanti della nostra  vita cristiana 

Il pretesto lo coglie da Pietro che si meraviglia, come forse abbiamo pensato noi, dell’atteggiamento di Gesù per un fico che viene seccato: il fico seccato è immagine del tempio che verrà ad essere assolutamente inutile per Israele e il suo tempo ormai è finito … e qui si intrecciano fede, preghiera e perdono.

La fede è questa adesione all’uomo Gesù che ci porta a camminare sulle sue orme e non può essere una qualità dell’uomo, che rischia sempre di venir meno perché si scoraggia di fronte alle difficoltà e poi, per come siamo fatti, terminerà alla morte la nostra fede.

Essa è il grande dono di Dio , che ci si dona in Gesù nel suo amore fedele che non viene mai meno; questa fede non solo può smuovere le montagne, ma può scuotere anche l’inerte immobilità dei discepoli e metterli sul cammino di Gesù.

Noi con questa fede possiamo vivere come ha vissuto Gesù: è una fede onnipotente perché tutto le è stato accordato dalla fedeltà di Dio.

Se Dio non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui (Rom. 8, 32).

E qui si inserisce l’altro bel dono che è quello della preghiera: quanto domandiamo nella preghiera siamo sicuri di ottenerla e la otterremo.

Abbiate fede nella preghiera: è una fede che si identifica col  seguire Gesù, è la fonte, la forza, l’impeto di questa sequela.

Quanto è distante da questa preghiera tutto quel mercanteggiare che Gesù si vede davanti nel Tempio, e quindi è naturale la sua riprovazione, perchè richiama il tempio ad essere la casa della preghiera … ma, non si può pregare se non siamo fratelli: tra fratelli c’è sempre lo spazio del perdono vicendevole.

Il fondamento della nostra fraternità che ci permette di pregare con verità è il perdono ricevuto: il Padre ce lo ha donato in Gesù, che è il nuovo Tempio aperto a tutti. Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio abita in noi e noi siamo nel suo perdono e nella sua pace, come il suo amore è in noi nella sua pienezza, e questo perdono dobbiamo viverlo con tutti e sempre: non c’è misura che lo costringa nei limiti della nostra fragilità, è il sangue che Gesù ha sparso per tutti!

Allora siamo istruiti che nella preghiera si dà il primato alla fede intesa come sequela di Gesù, che ci ha amati fino in fondo rendendo possibile il perdono e l’amore.

Questa è la fede che vince ogni ostacolo e questa fede dobbiamo chiederla insistentemente con la preghiera.

28 Maggio 2021
+Domenico

Gettò via il mantello, balzò in piedi, venne da Gesù

Una riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10, 46-52)

E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

Audio della riflessione

Ciechi lo siamo un po’ tutti, o perché non vogliamo vedere tante cose, o perché siamo superficiali, distratti e autocentrati: con molte persone annaspiamo nel buio, di fronte ai bisogni voltiamo le spalle.

Il cieco, che deve per forza udire Gesù, perché urla a più non posso la sua disperazione, è un vero cieco: non vede, ha bisogno di tutti, ha una vita in grigio, studia tutti i piccoli rumori e tutti i passi della gente perché la sua vita dipende in tutto dal loro accorgersi di lui.

Arriva Gesù, sente un vociare di persone, sente nell’aria la sua presenza benedicente e si mette a gridare nonostante tutti cerchino di farlo tacere.

Gesù lo ode e lo fa chiamare. Bellissimo per lui sentirsi dire: coraggio, alzati, ti chiama. La forza della disperazione che aveva in corpo, la condanna al buio che da sempre lo possedeva riesce a fargli godere un contatto, e tre verbi dicono la sua gioia, la sua soddisfazione, il suo slancio, la sua speranza, la fine della sua disperazione: gettato via il mantello, balzò in piedi, venne da Gesù.

Avesse anche la nostra vita questo slancio, questa decisione, questo obiettivo, quando il male ci ammorba, quando le tenebre del male ci opprimono, ci condannano al buio! Quando la pigrizia del quotidiano ci annoia, quando le nostre strade si fanno cattive, quando siamo incupiti nei nostri egoismi.

Le nostre sicurezze false le dobbiamo buttare! I nostri balzi nella vita vera li possiamo mostrare e finalmente saremmo ai piedi di Gesù!

E Gesù gli ridona la vista … ma la cosa più bella che chiude la sventura del cieco di Gerico e lo apre a una decisiva avventura nella vita, è che prese a seguire Gesù: aveva avuto la vista, era stato guarito, ma aveva anche capito che la sua esistenza non poteva ritornare alla strada dell’accattonaggio che aveva sempre fatto, ma alla strada di Gesù, alla strada della vita che è Gesù.

Il cieco rappresenta tutti noi: è l’immagine della nostra comunità cristiana, della nostra parrocchia o della nostra chiesa; il miracolo è quello di aprire a tutti gli occhi, in modo che possiamo vedere il cammino di Gesù e lo possiamo seguire!

Vedere significa credere, significa essere salvi, se come il centurione guardando a Gesù Crocifisso che muore sapremo dire “costui è il figlio di Dio”.

27 Maggio 2021
+Domenico

Sulla via della croce non ci si sente mai scavalcati

Una riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10, 32-45)

Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà».
E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
All’udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione

Siamo sempre tutti orientati a strappare il massimo di soddisfazione, di gioia, di “immagine” da quello che ogni giorno ci capita di fare … ancor più se ne impostiamo noi gli obiettivi, o siamo noi stessi che vogliono sfruttare ogni occasione per “emergere” o per lo meno averne ogni  minimo vantaggio.

Gli apostoli che condividevano con Gesù la sua vita, i suoi spostamenti, le sue peregrinazioni non erano entrati facilmente nello spirito con cui le viveva Gesù, anzi, erano molto contenti di qualche momento di notorietà, talora forse anche di interesse personale da ritagliare per sé, per esempio dopo una moltiplicazione dei pani, tanto che Gesù volle che subito … dopo la raccolta dei resti si imbarcassero per andare altrove, mentre lui si fermava una notte e pregare, perchè loro avevano già paura di essere “scavalcati” da qualcuno nei “posti vicino a Gesù”.

Ecco allora in maniera evidente la prospettiva che Gesù pone a chi gli fa giungere la domanda di un posto privilegiato nel suo regno di cui spesso parla a loro: la vera grandezza del discepolo consiste nel bere lo stesso calice che lui ha bevuto ed essere battezzato dello stesso suo battesimo! Il calice che lui berrà e che, come i suoi discepoli sarà tentato di rifiutare nel Getsemani, è un calice di amarezza, di ira e di furore; è la sua uccisione in croce, è il dono della sua vita, preannunciato nell’ultima cena con le parole “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue dell’Alleanza sparso per voi e per tutti”.

Bere il suo calice è partecipare al suo destino, non è un atto simbolico liturgico, come lo stiamo spesso riducendo noi, ma è diventare suoi discepoli fino alla morte!

Tutto questo i suoi discepoli non lo avevano capito, fino a quella penosa fuga che li dileguò tutti o quasi, non solo dalla partecipazione alla sua dolorosissima passione, ma dalla sola stessa presenza per un minimo di condivisione.

Aver parte alla sua gloria significa, per un suo qualunque discepolo, seguirlo fino al Golgota: era, in altre parole, essere battezzati nel suo battesimo; lo capiranno sicuramente più tardi tutti gli apostoli perché ne condivideranno un cammino di croce e di morte e potranno insegnare a tutto il mondo quale è la vera sequela.

E noi oggi condividiamo tutta la sorte di Gesù nel battesimo, che è immersione sacramentale nella sua morte e risurrezione, simbolo di una vita donata, come deve essere quella di ogni cristiano, che mette la sua esistenza al servizio degli altri, che sa ritirarsi per far crescere.

Il più grande è chi si sente solo servo!

In questo cammino siamo tutti orientati e il tempo cosiddetto “ordinario” della liturgia che comincia dopo la celebrazione dei misteri di Gesù, dopo la discesa dello Spirito Santo, è tutto rivolto a far diventare vita concreta, esperienza quotidiana quello che abbiamo celebrato, contemplato e adorato.

26 Maggio 2021
+Domenico

Hai rinunciato a qualcosa? in verità hai fatto la scelta giusta

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10, 28-31)

Lettura del Vangelo

Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».

Audio della riflessione

Spesso si dice “Ci sarà qualcosa oltre questa vita? C’è qualcosa di là? Stiamo qui tanto a soffrire, a lavorare, a faticare per tutti, ma avremo davvero un premio? O non val forse la pena di fare i furbi come fanno tutti? C’è ‘ste paradiso o è un pio inganno per noi poveracci e sfortunati?”

Impostato così il problema sembra che credere in Dio sia una sorta di commercio: “Io ti do e tu mi dai. Io mi comporto bene e tu mi premi. Io pago la polizza e poi vengo a riscuotere.”

Sembra quasi che la religione sia una assicurazione: se ti comporti bene, se vai a messa tutte le domeniche si abbassa il colesterolo, non  ti viene l’infarto … abbiamo proprio ridotto la fede a quel prodotto che ti allunga la vita, come il telefono.

Se invece credere in Dio è un atto di amore, l’amore si porta dentro la sua gioia e la sua pienezza: la sua gioia, proprio perché è un cuore che ama, non ti pesa quello cui rinunci e non ti pesa quello che fai per vivere bene l’amore che doni.

Da quando in qua due innamorati stanno a farsi rincrescere i tempi dell’attesa, i regalini che si sono fatti, le ansie, i tempi dello stare insieme, l’aver lasciato impegni e amici per potersi incontrare?

Quando cominceranno a presentarsi la lista delle cose che uno ha fatto per l’altra, l’amore sarà già finito da un pezzo. E noi a Dio presentiamo la lista dei meriti? Io ho fatto questo, quest’altro… Io solo, io… C’era nel Vangelo un fariseo che ragionava così, che credeva di poter guardare Dio negli occhi, tanto si sentiva tronfio e gonfio di sé.

Se Dio amore, come ci ha ricordato nella sua prima grande lettera papa Benedetto, è già Lui il centuplo che otteniamo per tutto quello che gli mettiamo a disposizione… e Dio non è un “pidocchioso” – come spesso siamo noi – che stiamo al lesinare, a calcolare, a farci rincrescere tempi e gesti di generosità: Dio si mette in gioco tutto, il premio della nostra fede è Lui, sono le sue braccia, è il suo cuore, la sua pace, la sua bellezza e bontà.

Non sono i suoi vitelli per far festa con gli amici e – magari senza di Lui – che ci interessano, ma è Lui, il Signore, perché è sempre e solo Lui la speranza vera … e quando trovo Lui posso vivere di speranza!

25 Maggio 2021
+Domenico

Maria, madre della Chiesa

Una riflessione sul Vangelo del Giorno (secondo Giovanni: Gv 19, 25-34)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.
Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.

Audio della riflessione

Non è una affermazione devozionale quella che colloca la madre di Gesù ai piedi della croce, come invece lo è la rappresentazione di Gesù in braccio a sua madre dopo la deposizione dalla croce, che ha dato vita a bellissimi capolavori di scultura e pittura delle famosa Pietà, come quella insuperabile di Michelangelo.

Il Vangelo, invece, dice esplicitamente che Maria stava sotto la croce e che Gesù le si rivolse direttamente: la Madonna del magnificat è lì, come a Cana, come sempre nei momenti cruciali della storia della salvezza.

Gesù sente la dolcezza e la tragica dedizione di sua madre … e Gesù ha un desiderio da esprimere a sua madre “Donna ecco tuo figlio”, che io tradurrei alla forma spagnola “Mamma questo che sta qui è tuo figlio”: è una affermazione solenne, che Gesù fa … da un trono di dolore come è quello della croce per affidare Giovanni a sua madre, e questo è vero per ogni giovane, per ogni persona che si è trovata travolta nella sofferenza: malati, anziani, positivi a una pandemia, incidentati e sbalzati da una moto, assassinati in attentati e guerre.

Lui conosce ogni smarrimento di ciascuno di noi e ci affida a sua madre, conosce la superficialità che ci tenta tutti e dice “questi, Mama, così come sono, anche se sono disgraziati, sono tuoi figli”:

  • Quando non riescono ad ascoltare il Signore nel silenzio della preghiera e ad accoglierlo nella sofferenza: Madre sono tuoi figli;
  • Quando non hanno il coraggio di vendere tutto, darlo ai poveri e seguire radicalmente il Signore, madre sono sempre tuoi figli;
  • Quando si lasciano smarrire nei meandri della droga, della delinquenza, dello sballo: madre sono tuoi figli;
  • Quando nella loro vita di giovani sposi non hanno più vino, non sanno più sorridere, hanno perso la gioia della vita, credono di adattarsi a vivere a pane e acqua: Madre sono tuoi figli;
  • Quando per la malattia che li tormenta non riescono a sorridere: Madre sono tuoi figli.

E Giovanni, nella sua giovinezza, nel suo slancio, nella sua ingenuità di sognatore ha bisogno di una madre per non smettere di sognare vita e salvezza. 

E Gesù si rivolge a lui. Figlio ecco tua madre.

Non sarà mai simmetrico un rapporto madre e figlio, perché la mamma sopravanza sempre nell’amore: Tua madre sta qui, puoi sempre contare su di Lei e stalle vicino perché possa essere sicura che ti arriva il suo  amore.

  • Quando la croce che abbiamo  sulle spalle  risulta troppo pesante, guarda che qui c’è tua madre
  • Se la solitudine è insopportabile e l’incomprensione ti disorienta, qui c’è tua madre
  • Se la fame e l’ingiustizia, la paura e la violenza minacciano di spegnerti la speranza, qui c’è tua madre
  • Se i tuoi occhi non scorgono più la bellezza della vita, qui c’è tua madre
  • Se l’incanto del virtuale ti distrae dalla vita vera e te la deforma: qui c’è tua madre
  • Se non riesci a deciderti di fare della tua vita un dono a una persona come te, per sempre, senza tentennamenti, contro tutte le tentazioni di ritornare a casa tua, guarda che qui c’è tua madre.

Maria è una grande consolazione, è una certezza, è un rifugio sicuro, è un punto di riferimento, è un approdo: è questo il testamento di Gesù, è questo che motiva la contemplazione di Maria madre della Chiesa.

Una mamma così non solo assicura la Chiesa di essere nelle sue braccia, ma siccome in ogni Messa, centro della vita della Chiesa, si rinnova quel dono supremo, noi sappiamo che ai piedi di ogni altare anche oggi c’è Maria che si sente dire da Gesù: “sono tuoi figli” e noi siamo confortati perché Gesù ci ripete “qui c’è tua madre”.

24 Maggio 2021
+Domenico

Lo Spirito Santo è la nostra libertà

Una riflessione esegetica sul un brano dal libro dell’ Esodo (19,15-19.20,1-2) e gli atti degli Apostoli (Atti 2,1-5)

Lettura dal libro dell’esodo

15 Poi disse al popolo: «Siate pronti in questi tre giorni: non unitevi a donna».
16 Appunto al terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. 17 Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte.18 Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. 19 Il suono della tromba diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con voce di tuono.1 Dio allora pronunciò tutte queste parole: 2 «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù:

Lettura dagli atti degli apostoli

1 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2 Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. 3 Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; 4 ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. 5 Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo.

Dalla liberazione alla libertà 

Audio della riflessione esegetica

I due brani letti uno del primo testamento e uno del secondo testamento ci riportano a due momenti importanti della storia della salvezza.

Il primo, è ambientato nel deserto sul monte Sinai; Mosè,  si sente ed è guida del popolo ebraico, che è stato condotto nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto, e deve lavorare sodo per fare di un popolo di schiavi un popolo di uomini liberi. Liberati dalla schiavitù dell’Egitto dovevano essere aiutati a vivere da liberi, capaci di gestirsi, procurarsi il cibo, organizzarsi la giornata, di risolvere le questioni tra di loro, poter decidere in ogni controversia chi ha ragione e chi ha torto, ma in base a che cosa? Essere liberati è ben diverso dall’essere liberi. Liberato è chi non ha ceppi, chi non ha manette, chi non è agli arresti domiciliari, chi è fuori dalla galera. Questo è ancora troppo poco per essere e sentirsi liberi. Un alcoolizzato viene liberato dall’alcool che ha ingerito facendogli passare la sbornia. A questo punto è liberato dall’alcool. Adesso è forse libero? Siamo sicuri che se vede una bottiglia di vino non si rimetta a bere ? così è un drogato, così è un ladro o un violento… così potrebbe essere qualsiasi persona uscita di galera, se non è stata aiutata a ricostruirsi la sua dignità umana, se è stato solo punito. Perché possano comportarsi da persone libere dovranno essere molto aiutati a costruirsi una personalità capace di astenersi dai delitti commessi, avere dei valori che li motivano in questo grande sforzo….Dio il suo popolo, lo ha fatto migrare nel deserto un bel po’ di anni, perché prendessero coscienza di essere loro responsabili della propria vita. Alla  fine ha dato apposta i 10 comandamenti che indicano che cosa la gente ha il diritto di fare e che cosa non può fare. I 10 comandamenti sono stati per il popolo di Israele la loro costituzione, punto di riferimento della loro libertà, per sentirsi liberi come popolo.

Così capitò agli italiani dopo la liberazione del 1945; si sono sentiti e comportati da liberi cittadini solo a partire da quella visione di uomo e di donna, di lavoratore e lavoratrice con dei diritti e doveri precisi dettati dai vari articoli della costituzione. Lo stesso sta avvenendo in Cile ed è avvenuto alla caduta del muro di Berlino, del fascismo e del nazismo

Noi eravamo tutti schiavi del peccato. L’umanità era perduta, incapace di vivere la bontà e la libertà… chi ci ha liberati la morte e risurrezione di Gesù. La Pasqua, il passaggio del mar Rosso per gli Ebrei, il passaggio dalla morte del peccato alla Grazia di Gesù. Ma chi è stato colui che ci ha resi liberi, che ha lavorato e lavora sempre di cesello per tirar fuori da trasformare gente peccatrice in gente santa..? lo Spirito Santo, la Pentecoste. Non per caso la scena degli Atti degli Apostoli, descritta da quanto abbiamo letto per il giorno di Pentecoste, richiama moltissimo quello che è avvenuto al Sinai. Rombo di tuono, Fuoco, vento.

Questa volta però non ci è stata data una nuova legge, non c’è stato nessuno che ci ha fatto vedere i nuovi comportamenti da assumere. Già Gesù nel vangelo li aveva illustrati. La nostra nuova costituzione di cristiani liberi dal peccato non sono leggi, ma lo stesso Spirito Santo. E’ Lui la nuova costituzione, è Lui con i suoi doni, con il suo fuoco d’amore che ci fa veramente liberi, che ci scardina dalla mentalità di peccatori, che ci costruisce  e cesella in noi , in ciascuno di noi la figura di Gesù. Non è un’altra legge che ci fa liberi, ma è la presenza nell’umanità e in ogni persona dello Spirito Santo. E lo Spirito Santo non è un libro, non è una legge, non è un monumento, ma una vita esplosiva di amore in ogni cristiano

La Pentecoste dà inizio a questi ultimi tempi del cristianesimo. E sempre sarà il tempo dello Spirito Santo, la nuova presenza di Dio tra noi dopo l’incarnazione di Gesù, che con il Padre e lo Spirito Santo abitano in noi sempre.

Ci sono giornate in cui si ha il morale ai tacchi, in cui senti di non avere energia per affrontare le cose di tutti i giorni. Depressione, la chiamano i medici e sono sempre di più coloro che ne soffrono, che vedono svanire ogni energia dalla loro vita, che non trovano motivi per alzarsi la mattina. Quello che ieri era grinta, oggi diventa  rabbia contro se stessi e impazienza verso tutti. Si pensa che sia solo malattia, da curare con psicofarmaci, o ricostituenti, ma spesso è mancanza di vita interiore, di rapporto con Dio, di preghiera, di consapevolezza di sentirci nelle mani di Dio e di avere una missione da compiere. Non è sempre e solo depressione insomma, ma vuoto interiore, mancanza di ragioni per vivere, forza interiore.

Non dovevano essere molto diversi gli apostoli dopo la grande sofferenza e la grande sconfitta della croce. Il popolo aveva intentato un processo a Gesù, gli aveva preferito Barabba, l’aveva mandato a morte. I primi sconfitti erano loro. Gesù era risorto, ma la forza nuova di affrontare la vita da soli ancora non si manifestava. Erano rintanati sempre nel Cenacolo, avevano paura perché sentivano il fiato della morte sul collo. Gesù aveva promesso di non lasciarli soli: Verrà il Paraclito, la forza, il conforto, l’energia vera, la grazia, la nuova presenza intima di Dio in ogni vita. Colui che aiuterà a cambiare testa, a misurarsi con verità su ogni parola di Gesù, a sentirlo dentro come fuoco d’amore. Il peggio non è ancora passato, perché ora quello che hanno fatto a me lo faranno anche a voi, Anche voi sarete messi a morte nella convinzione di fare piacere a Dio, mio Padre. Vi isoleranno, vi cacceranno, vi scardineranno dalla vostra stessa identità. Non vi lascio soli con voi ci sarà sempre lo Spirito e lo manda. La scena è simile a quella del Sinai quando Dio apparve a Mosè per dargli la nuova legge e nel Cenacolo con la stressa scena di tuono e fuoco manda lo Spirito. Oggi riviviamo ciò che è avvenuto a Gerusalemme nel Cenacolo

Con lo Spirito nasce la speranza che è la prima cura contro la depressione spirituale e lo scoraggiamento. E’ un dono di Dio guardare alla vita ogni giorno che ti alzi con desiderio di vivere, con gioia di ricominciare, con uno sguardo buono su quelli che incontriamo, con un atteggiamento di accoglienza con tutti. Oggi questo Spirito ci viene donato a tutti, oggi questa nuova prospettiva la  apre personalmente per tutti.

D’ ora in avanti è lo Spirito che costruisce la nostra vita interiore che ricarica le batterie per poter comunicare con tutti. Il nostro cellulare è scarico, la nostra comunicazione non raggiunge nessuno, perché è solo mostra di noi stessi, non è ascolto, attenzione, amicizia, ma sopraffazione.

E’ lo Spirito che ci fa capire che scelte fondamentali fare nella vita. E’ con Lui che dobbiamo fare discernimento, è Lui che vi condurrà alla verità intera, non permetterà che siate schegge impazzite di qualche fissazione.

E’ lo Spirito che ci convincerà di peccato, che ci aiuterà a leggere nei nostri comportamenti la grande distanza dall’amore di Dio, dal suo evangelo e ci aiuterà a rileggerlo, a capirlo, a meravigliarci della sua bellezza e della luce che ci dona.

E la storia dei cristiani non è storia di kamikaze, ma di martiri, di testimoni che rispondono a ogni sorta di tormenti con cui i carnefici si divertono, con il sorriso, con il perdono, con la preghiera, senza rabbia. Hanno avuto una grinta interiore che non si sarebbero mai immaginati di poter avere. Dio ama i suoi figli e non li lascia soli. E’ lo Spirito la nuova legge, non più scritta su tavole di pietra, ma definita nel cuore di ciascuno, nella coscienza.

Il completamento della legge del Sinai, non sono le beatitudini, ma la Pentecoste, lo Spirito Santo. Questo ci dà una grande libertà, ma anche una grande responsabilità. Nessuno ha la soluzione della vita in tasca, ma ha la luce e la forza per cercarla continuamente.

Molti ragazzi e ragazze in questo giorno e in questi tempi riceveranno il sacaramento della Confermazione, la Cresima.

Hanno sogni e desideri grandi nel cuore, hanno passioni e voglia di vivere. Hanno una dignità che valica le nostre mura domestiche, non sono riducibili a nessun calcolo o a nessuna proprietà. Piace loro divertirsi come a ciascuno di noi, ma hanno in cuore desiderio di verità. Sono una spanna più alti di quanto pensiamo.

Non mi nascondo le domande che tutti ci facciamo: che sarà di questi nostri ragazzi? Che futuro avranno, riusciranno a passare indenni tra tutte le trappole che la società sta loro preparando per carpirne la bellezza, la voglia di amare? Sono giovanissimi, sono esuberanti, non sono mai stanchi, presto faranno mattina non solo notte. Noi invece cominciamo a invecchiare e forse ci sentiamo deboli nei loro confronti, ma hanno bisogno di noi. Se si annoiano è perché noi non sappiamo caricarli di ragioni vere di vita, se non sanno per che cosa vivere è perché si sono annebbiati anche in noi gli ideali.  Ci vedono smarriti, spesso stanchi, impazienti; ma i figli generati alla vita fisica devono essere generati anche  alla vita morale, alla fede.

Hanno un futuro difficile, più del nostro. Quando eravamo ragazzi noi sapevano che i nostri genitori avrebbero tirato la cinghia per farci riuscire e avevamo davanti prospettive di futuro, la vita si sarebbe fatta più facile e così è stato: abbiamo vissuto meglio dei nostri genitori. Oggi noi non siamo così sicuri che staranno meglio di noi sia materialmente che spiritualmente, sia per la casa e il lavoro che per i valori in cui credere e costruire speranza e vita vera.

Noi oggi abbiamo certezza che il Signore ci dà la forza, la luce per affrontare la vita, ci manda il suo Spirito e lo invochiamo su tutti i ragazzi e i giovani.

23 Maggio 2021
+Domenico

Il grande dono dello Spirito

Una riflessione sul Vangelo del giorno (Gv 15,26-27;16,12-15)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Audio della riflessione

Ce ne è voluta di pazienza e di fatica a Mosè  per riuscire a costruire un popolo  di persone libere. S’era illuso che una volta portati fuori dall’Egitto, tutto fosse già fatto.

Liberazione invece non è sinonimo di libertà. Il carcerato che esce di prigione esulta, è contento, può finalmente vivere come vuole, andare dove vuole, ma se non sta attento l’abitudine, la coscienza della sua schiavitù ha il sopravvento e lo trovi in una grande piazza a disegnare coi suoi passi ancora il perimetro della sua cella.

Per diventare liberi occorre cambiare testa, non rimpiangere più il passato non voltarsi indietro, costruire cose nuove inventare relazioni nuove! Non è stato sufficiente far cadere il muro di Berlino, la cortina di ferro, per essere popoli liberi: Quante involuzioni ancora, quante nostalgie.

La stessa cosa capita a noi cristiani: Siamo stati liberati da Cristo, ma occorre qualcuno che ci rende liberi!

Mosè in una ricorrenza che distava  sette settimane dalla liberazione nel Sinai ha dato al popolo una legge, una costituzione perché si sentissero un popolo non una orda di schiavi.

Gesù, sette settimane dopo la liberazione della Pasqua, ci regala una nuova costituzione per farci vivere da liberi: non è più un codice di leggi in cui potersi riconoscere, ma una persona viva, lo Spirito!

Lo Spirito Santo è la nuova legge scritta nel cuore che ci cambia dall’interno, è il dito di Dio che ci modella e che costruisce in noi i lineamenti di Gesù: è la sua presenza dolcissima che ci sostiene, che rende dura la nostra faccia contro ogni difficoltà – di fatto si chiama Paraclito, consolatore, forza, spirito di verità.

Lavorerà di cesello nella vita dell’uomo per renderlo capace di verità … insomma, la vita cristiana è una vita, con tutte le innumerevoli tonalità, ricchezza dell’umanità, non è o dentro o fuori, o uno stampino che livella tutti; l Spirito ne è l’artista che ci condurrà alla pienezza della verità di Dio e nostra.

Questo artista è una persona viva: abita in  noi, ha un carico di doni inimmaginabili, sette, per dire un numero perfetto che non fa pensare alla qualità, ma alla pienezza che rappresentano per la nostra vita personale, per la nostra chiesa, per la comunità degli uomini e delle donne, per ogni famiglia, per ogni legame di amicizia.

Si inscrive nella vita di ogni cristiano con un sacramento proprio: la Confermazione, immissione dello Spirito in ogni persona, già anticipata nel battesimo, e oggi completata.

E’ un fuoco che deve sprigionare dono e missione in ogni cristiano, testimonianza e per tanti anche martirio, vita donata fino all’ultima goccia come Gesù.

E in questa giornata, in cui si compie la pentecoste, ancora diciamo: Vieni Spirito Santo.

23 Maggio 2021
+Domenico