Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Ci sono delle giornate nella nostra vita in cui … fai fatica a tirare a sera: sembra di non trovare la motivazione vera per affrontare tutte le piccole e grandi difficoltà; tutto ti appare piatto, tutto sempre uguale, senza slanci, senza possibilità di vedere un risultato.
Avevi sognato, ma i sogni si sono confusi e talora infranti, la vita sembra tutto un grigiore … e siccome non siamo capaci di sopportare o ancora peggio di guardare oltre, di salire su un baobab per guardare la vita da un punto di vista superiore, usiamo antidepressivi pensando che la questione sia di tipo chimico.
L’avevano seguito in tanti questo giovane deciso, senza mezze misure, con una visione della realtà e di Dio molto chiara e genuina: non c’era stata tergiversazione, né lui, Gesù, lo ammetteva.
“Avete bisogno di stare a guardarvi un po’ allo specchio? di sedervi a prendere fiato? di fare una rimpatriata consolatoria nelle vecchie abitudini? non siete adatti al regno di Dio, perchè è per gente decisa, che ha grinta.”
Pietro, Giovanni, Andrea, Matteo ci avevano creduto, avevano cambiato mestiere, barca o banca, e avevano costituito una buona compagnia.
A Firenze nel ‘500 c’erano 7 giovani di buona famiglia, con un futuro facile … No! hanno lasciato tutto e tutti si sono messi a vivere assieme, felici da far invidia a tutti, perchè lavoravano e volevano una Firenze meno ossessionata dai commerci, meno spianata nel grigiore e nel torpore.
Così ha fatto S. Francesco: un gaudente invidiabile; così ogni giovane che si lascia attrarre dalla bellezza, dal fascino, dagli ideali.
Non è vero che siamo ottusi: in ciascuno c’è l’attesa di qualcosa di bello … ci vuole solo qualcun altro che accende la scintilla.
Ti capita di stare giorni e giorni a far niente, ad aspettare … il primo amico che osa, ti prende. Gesù era uno che osava e sapeva distaccare la gente dai loculi in cui si rintanava: sa trarre figli dalle pietre, giovani che vogliono smettere dall’ecstasy, dalla alienazione dalle playstation, dallo stesso stordimento del religioso fatto di emozioni esaltanti senza vita.
Pietro, Giacomo e Giovanni erano stati presi così: anche loro spesso erano smarriti; avevano seguito Gesù, li aveva entusiasmati, aveva fatto nascere in loro modi nuovi di affrontare la vita, anche se non aveva nascosto loro previsioni di prova e di dolore.
Avevano bisogno di uno squarcio di cielo nel grigiore della nuvolaglia della vita: questi tre, che poi nel Getsemani non riusciranno nemmeno a star svegli quando Gesù starà soffrendo le pene dell’inferno, prima di essere tradito, li ha portati su un monte, dal quale si domina una bellissima pianura e lì ha mostrato il suo vero volto di figlio di Dio, di uomo perfetto, di culmine della creazione, di connaturalità con Dio: ha anticipato per gli apostoli il paradiso, li ha resi felici, ha squarciato davanti a loro le nebbie del dubbio, della routine, dell’indifferenza e li ha portati per poco nel suo mondo di bellezza.
E’ stato solo per poco. Certo loro volevano che continuasse sempre, ma la pienezza di Dio è oltre la nostra vita.
“Facciamo qui tre tende, ci mettiamo qui con te. Chi ce la fa a tornare a casa con il solito marito, i soliti figli, il solito tran tran? Quanti piatti devo ancora lavare nella mia vita? Quanti treni devo ancora prendere per poter essere felice? Quante liti devo ancora sopportare? Io starei bene qui, fuori dal mondo, a guardarti.”
Proviamo invece a “trapanare” la nostra vita: sotto ci sta la possibilità di contemplare la bellezza del creatore. Abbiamo bisogno sempre più spesso di contemplare il Signore, di metterci in silenzio a comunicare con l’infinito, di fissare il suo volto per poter prendere forza per vivere, nutrire la nostra speranza.
E Gesù, come sempre, sorprende: fa balenare davanti agli occhi la sua miseria fino sulla croce. Ma è troppo buono! Sa che siamo deboli e offre loro uno squarcio di cielo: la trasfigurazione.
Stiamo qui, facciamo tre tende …. no, metterete le vostre tende, con me quando saranno definitive: ora c’è qualcuno sempre sulla strada, in casa, a scuola, nel lavoro che ha bisogno di voi. Ascoltateli!
Non posso non ricordare, oggi, la serena morte il 6 agosto di san Paolo VI, che dal cielo oggi intercede per noi e per il nostro mondo.
6 Agosto 2021
+Domenico