E` vicino a voi il regno di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10,8-9) dal Vangelo del giorno (Lc 10,1-12)

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”.

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Abbiamo sempre bisogno di speranza: la nostra vita spesso si svolge nell’incertezza, nella approssimazione … viviamo di tentativi, di scongiuri qualche volta, di fortuna …        

Gesù invece è venuto con una decisione definitiva: lavorare per il regno di Dio, e in Lui c’era una certezza incrollabile … “è vicino a voi il regno di Dio”.

“Regno di Dio” è una realtà che racchiude in se tutte le attese del popolo di Israele: quando lo udivano dalle labbra di Gesù capivano immediatamente che si trattava della loro grande speranza, della aspirazione di secoli! Per loro era la fine di un incubo, la realizzazione di un sogno di popolo, incarnato in ogni famiglia, in ogni pio ebreo; era la certezza della presenza misteriosa, ma reale di Dio nella storia del popolo e di ogni persona.

Gesù voleva che tutti si orientassero a questa attesa sicura: Dio è fedele, il suo amore è senza se e senza ma; la sua promessa non è vana, non vincerà il male per quanto si faccia forte e usi tutte le astuzie per compiere la sua distruzione.

Riuscissimo a vivere con questa certezza, con la consapevolezza che il Regno di Dio, che la pace, la giustizia, la felicità non sono solo promesse, ma realtà che determineranno per sempre la vita dei giusti, allora avremmo più fiducia nel nostro semplice e povero operare il bene.

Certo, quello che vediamo ci può scoraggiare, ma oggi occorre essere apostoli che testimoniano il grande bene che viene dal basso, che non fa rumore, che non si espone o si auto proclama.

Andiamo ad imparare, ma sappiamo, dalle vite donate di chi soffre, di chi lavora per la giustizia, di chi con semplicità ama i suoi figli, i suoi malati, di chi fa il suo dovere, chi non si dà tregua nella pandemia e in tutte le involuzioni nei nostri egoismi.

Tante cronache dei giornali non sono sempre il diario del regno di Dio, ma ne sono solo il negativo che sta sotto un mare di bene che Dio semina in ogni creatura.

Occorrerebbe andare … occorre andare a due a due a rinfocolare la speranza del mondo, perché Dio sta con noi, è presente più di quanto lo possiamo scorgere nelle pieghe della nostra vita …

… e la memoria che oggi celebriamo della vita entusiasmante di san Girolamo che ha speso tutte le sue energie per scavare nella Parola di Dio la novità della salvezza portata dal Vangelo, e che ha voluto assolutamente riportare alla forza della stessa parlata di Gesù con le sue appassionate traduzioni e la sua vita contemplativa, ci pone davanti l’esempio di una vita fatta parola e della Parola di Gesù fatta vivere.

30 Settembre 2021
+Domenico

Gesù chiama in causa gli angeli

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 47-51)

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Audio della riflessione

Oggi festeggiamo gli arcangeli tra i più nominati nella Bibbia e che fanno parte attiva nella storia della salvezza: l’Arcangelo Gabriele che annunciò a Maria l’Incarnazione di Gesù, l’arcangelo Michele lottatore invincibile contro il demonio e l’Arcangelo Raffaele, medico e salvezza per Tobi e Tobia.

Nel  Vangelo della  Messa ci viene presentata la bella figura di un apostolo, Natanaele, e alla fine una frase che spesso non si commenta e che invece oggi nella festa degli Arcangeli, ci presenta Gesù ancora più centrale e determinato nella vita del mondo.

Eccola: “Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo»“.

Nel testo biblico in genere alcune parole di questa frase sono scritte in corsivo: significa che si tratta di una citazione dell’Antico Testamento.

 È una interpretazione di colui che ha curato la traduzione ed è un modo per aiutare noi lettori a capire che quelle espressioni sono un riferimento a un altro testo: si tratta del riferimento al sogno di Giacobbe che in quella notte a Betel vide il cielo aperto o, meglio, una scala che raggiungeva il cielo e “gli angeli di Dio salire e scendere”.

Nel testo del vangelo di oggi non si parla però di una scala, ma la parola scala è sostituita con “Figlio dell’uomo”: gli angeli di Dio salgono e scendono sopra il Figlio dell’uomo.

Questa è una immagine di Gesù, che Gesù dice di sé, importantissima: Cristo è presentato come la scala di Giacobbe, quello che simboleggiava la montagna cosmica, il tempio con una grande scala che collega cielo e terra, è realizzato pienamente nella persona di Gesù, Figlio dell’uomo, personaggio glorioso e trascendente, ma concretamente umano.

Natanaele, che conosceva la Bibbia, dopo questa affermazione di Gesù non si sarà più permesso di dire “che cosa di buono può venire da Nazaret2! È proprio Gesù, che rivela Dio: il cielo aperto esprime appunto la comunicazione, la rivelazione: Dio apre il proprio ambiente e si comunica.

Gli angeli allora non sono eliminati, hanno una grande importanza nella storia della salvezza e sono messi in rapporto a Cristo.

Il collegamento fra cielo e terra è fatto da Gesù Cristo, Dio fatto uomo, e gli angeli di Dio continuano a salire e scendere su di lui, Quindi, come circondano il Signore delle schiere, così gli angeli circondano il Cristo e lo circondano come collaboratori dell’opera di salvezza, suoi ministri che ascoltano la sua parola e fanno il suo volere.

Un posto così chiaro agli angeli, detto da Gesù, dovrebbe confondere tutti quelli che parlano degli angeli come delle fantasie, pie invenzioni per i bambini.

Qui restiamo confusi come Natanaele forse, ma ci affidiamo agli arcangeli come collaboratori di Gesù e portatori della sua salvezza, segno della protezione e salvezza portata da Gesù.

29 Settembre 2021
+Domenico

Cristiani, vuol dire essere decisi a seguire Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,51-56)

Audio della riflessione

C’è un’arte che sta imperversando ai nostri giorni: quella di non decidersi mai, di tenere sempre il piede in due scarpe – diciamo noi -, di rimandare all’infinito quello che è necessario fare oggi; è indeciso il giovane che non riesce a trovare la forza di distaccarsi dalla sua famiglia per crearsene una nuova, e vuol provare a convivere, perché non si sa mai; è indeciso chi deve orientare una comunità verso mete che esigono prendere o lasciare; è indeciso il politico che cerca di cavalcare tutte le possibilità e stare a galla … sempre, ad ogni elezione che ahimè sono ancora sempre rimandate, è indeciso forse anche chi non ha il coraggio della verità e fa il tappezziere: mette pezze a tutti, accontenta tutti, anche quelli che fanno il contrario.

Sarà forse l’arte di governare, non è certo l’arte necessaria per seguire Gesù!

Ci provano in tre a presentare le loro tergiversazioni, le loro indecisioni a Gesù: “Io ti seguirei… si sta bene con te. Mi piace quello che dici, mi piacerebbe vivere come te” … e Lui “le volpi hanno tana e gli uccelli nidi, con me non c’è nessun loculo protettivo dove puoi stare tranquillo con il tuo stereo, il tuo smartphone, i tuoi followers, l’instagram e la tv a cristalli liquidi”.

E l’altro “ti verrei dietro, ma fammi sistemare i miei affetti, non voglio rompere così di netto, non vorrei ferire. Sono già impegnato in relazioni che mi sono costate e che mi danno anche soddisfazione” … e Gesù “se hai deciso non continuare a voltarti indietro credi di fare il delicato, il sensibile, ma non t’accorgi che continui a rimandare, a lasciarti fasciare, non sei capace di dare un taglio netto a tutto e non sospetti ancora che con me hai davanti il massimo”.

“E il terzo: ho deciso di seguirti, ma prima devo seppellire mio padre” … e Gesù “guarda che la cosa più importante è che tu dia la tua vita per incendiare il mondo non per stare ad aspettare gli eventi. Sei una sentinella del mattino o il becchino di un cimitero?”

Gesù è così: non distrugge i sentimenti, ma non si adatta al buonismo! Non spegne il lucignolo, lo stoppino che fa fatica ad ardere, ma vuole radicalità; non gli vanno le mezze misure, le melasse.

Tutti i giovani ricordano negli anni 2000 quando papa san Giovanni Paolo II li spinse con la frase di santa Caterina da Siena ad essere decisi a incendiare il mondo con la nostra fede, con quel famoso “metterete fuoco in tutto il mondo”.

Essere cristiani ancor di più oggi, anche con la pandemia che non si squaglia ancora, vuol dire essere decisi a seguire Gesù Cristo con gioia e convinzione.

28 Settembre 2021
+Domenico

Con Gesù non ci si salva prevalendo, emergendo, dominando

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 45-50)

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande». Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

Audio della riflessione

Ogni persona desidera realizzarsi, desidera costruirsi una propria identità di cui essere orgogliosi, desidera di avere un minimo di successo nella vita, primeggiare magari: lo si fa con lo sport e sembra una bella, impegnativa e soddisfacente conquista, lo si fa con lo studio e l’impegno nel riuscire ad avere un buon lavoro, una buona qualificazione e specializzazione, per essere più utili alla società, alla famiglia, alla sicurezza della propria esistenza …

La parola primeggiare forse è un poco impietosa, perché nasconde dentro qualche traccia di superbia … i discepoli di Gesù, stanno proprio interpretando così il loro essere il più grande.

Dice il vangelo “entrò in loro una discussione: chi di loro fosse il più grande“.

Tra di loro c’è già una competitività che rasenta il peccato: l’uomo che non si conosce nella propria verità come amato da Dio, perde la sua identità, è niente, ha paura del vuoto e della morte e cerca quindi di salvarsi e questo diventa il suo unico desiderio, questa tensione è la sua salvezza, il suo fine fondamentale, il fine del suo sapere e del suo agire a tutti i livelli.

Lui deve essere egregio, cioè fuori dal gregge dei comuni mortali che guarda dall’alto in basso … è il peccato del fariseo, del fratello maggiore che disprezza il più giovane, magari anche con qualche ragione, perché lui è fuggito a divertirsi, è il peccato dell’uomo in piedi davanti a Dio che  si ritiene giusto e non quel peccatore che sta in fondo alla sinagoga a battersi il petto.

Ma Gesù spera di tirar su una compagnia di discepoli, che non abbia lo stile dei farisei: il loro peccato insidia anche gli apostoli, in maniera ancora più sottile perché per primeggiare non usano cose sbagliate o cattive, ma la fedeltà, il servizio, l’amore, la povertà, l’umiltà, l’essere intimi di Gesù, il seguirlo ogni giorno … questi sono strumenti per primeggiare.

Anche all’interno delle nostre comunità, nella stessa chiesa siamo tentati di costruirci gerarchie di merito, di superiorità, di distacco – Dio non voglia – di disprezzo … e Gesù sa leggere nel loro cuore e non fa molta fatica a capirlo e prende un bambino, che allora, ma anche adesso, rappresentava il senza diritti, il dipendente, una appendice della donna, che a sua volta era una appendice del maschio.

Non conta, non può nulla da sé, è ciò che gli altri ne fanno: Lui è oggettivamente ultimo anche in campo religioso, non merita e non può meritare nulla … e pone il bambino accanto a sé e davanti a loro: è come se lo identificasse con se stesso, gli faccia da specchio e si identifica con Lui in modo originale, come Lui si identifica con Dio Padre che lo ha mandato … e lancia il suo modello di esistenza che è accogliere il bambino, che è come accogliere Gesù e il Signore che lo ha mandato.

Gesù fa del più piccolo fra tutti il grande per eccellenza: accogliere vuol dire dare ospitalità, fare posto in sé stessi, restringere il proprio io e fare di sé la casa accogliente dell’altro.

L’accoglienza è la qualità fondamentale di Dio, che ama e lascia spazio a tutti nel suo grande cuore: per questo il vero essere migliori, essere grande, quella grandezza propria di Dio consiste nella piccolezza, nell’umiltà, nella povertà di uno che ama tutti e tutto e si pone al servizio di tutto e di tutti.

Per questo Dio è apparso in Gesù, si è fatto ultimo e servo di tutti per accogliere tutti, fino a morirne in croce.

27 Settembre 2021
+Domenico

Riflettere, valutare è un bene, tergiversare sempre, no

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9,38-43.45.47-48)

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”. Ma Gesù disse: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue”.

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Deve assolutamente far parte di ogni esistenza, per tutti prima o poi nella vita, il momento in cui non puoi stare più a tergiversare, a tenere il piede in due scarpe, in cui devi decidere, in cui tutti i basta… i ma… i forse… i ci vediamo… lasciano il posto a un sì o a un no: sarà qualche decisione nella propria vita affettiva, può essere nella scuola o nella scelta del lavoro, nell’assumere qualche responsabilità, nell’accoglienza, nel decidersi nella pandemia, nel decidersi per la fede.

La società in cui viviamo non ci aiuta molto, perché tutto sembra reversibile, si può tornare indietro da tutto: matrimonio, figli, impegni … sembra che l’unica cosa inesorabile che continua e che non aspetta le nostre decisioni sia il tempo: ah si, questo va avanti … sembra lento, ma non ti accorgi che passa e porta con sé anche decisioni che non hai preso e alla fine, se tu non hai fatto scelte, le ha fatte la vita per te, ti trovi a vivere situazioni che tu non hai mai voluto coscientemente che ti si impongono.

Gesù non è di questi: è attentissimo alla libertà di ogni persona, accoglie con pazienza tutte le debolezze dei suoi apostoli che cerca di formare ad affrontare la vita con il suo Vangelo, è pieno di compassione con la gente che lo segue e ha fame, con gli ammalati che gli portano … ha pazienza nell’aspettare … ma non si può dire che faccia proposte fumose o incomprensibili come magari noi.

Marco nel suo vangelo, sempre molto essenziale, ci scarica addosso una serie di verbi da farci accapponare la pelle, in quanto a decisioni da prendere: taglia, recidi, cava, butta in mare – vi ricordate, leggete il Vangelo di oggi.

Si tratta di una mano, di un piede, di un occhio, di un corpo … Sì! sono tutte quelle componenti della nostra vita che cambiano la nostra identità, che danno un volto e un indirizzo ai nostri rapporti con gli altri, alle nostre scelte: la mano può accogliere o strozzare; il piede può portare al bene o schiacciare; l’occhio ti può offrire purezza e candore o può essere iniettato di possesso  di vendetta e sangue; il corpo intero può essere a disposizione per offrire ragioni di vita o per essere perfino strumento di morte.

Da che parte collochi tutto questo?

Un po’ di qua, un po’ di là, a seconda delle occasioni, dei contesti dell’utilità, senza mai scegliere? La tua decisione è navigare a vista?

Gesù è una persona decisa: devi scegliere, devi dare alla tua vita la forza indispensabile per esplodere, devi buttarti dalla parte della vita non importa se monco o zoppo o con un occhio solo; la potatura della fede è indispensabile per una vita piena. Certo, ogni scelta è sicuramente una conquista, una vittoria per te, ma anche una potatura di inciampi che hai visto mortificare la tua vera felicità!

26 Settembre 2021
+Domenico

La sofferenza dell’umanità non è mai maledizione

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,43b-45)

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

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Incombe spesso sui nostri giorni la paura di qualche evento tragico, tanto siamo abituati alle disgrazie, a sentire cattive notizie, a sperimentare una estrema fragilità della nostra esistenza … questo sentimento ci prende soprattutto quando pensiamo a persone care in pericolo.

Gesù viveva una intensa amicizia e godeva di una grande fiducia da parte degli apostoli, che gli si erano stretti attorno e condividevano anche i suoi progetti … quel giorno che disse loro che doveva essere messo nelle mani di gente che l’avrebbe ucciso si rifiutarono di capire, ma rimase in loro questo sentimento di paura, che veniva ad interrompere la loro spensieratezza e la certezza di aver scelto una strada definitiva per la propria vita: non sapevano ancora che la strada definitiva del cristiano passa sempre attraverso la croce! Loro neanche lontanamente la immaginavano: l’avrebbero imparato violentemente entro una grande fragilità, che ha provocato la loro fuga. Avevano paura ad affrontare l’argomento “croce”, come abbiamo paura spesso noi quando andiamo a visitare gli ammalati e riempiamo la bocca di tante false promesse, di tanti modi di dire e non abbiamo mai il coraggio di passare assieme a chi soffre attraverso il suo dolore dalla parte della speranza, della consolazione vera, della apertura alla morte redentrice di Gesù.

E’ così anche per noi, per il nostro vivere quotidiano: abbiamo paura di soffrire, ed è giusto, ma non possiamo perdere la speranza noi cristiani, perché la sofferenza non è mai l’ultima parola sulla nostra vita, come lo è stato per Gesù!

Il dolore è un misterioso evento che cambia il nostro cuore, che mentre fa soffrire redime, rinnova … dà saggezza, pace, soprattutto se lo viviamo unti al dolore di Cristo!

Quando soffriamo abbiamo una certezza: siamo in compagnia sempre di Gesù, che ci apre il cielo per dare senso alla nostra terra.  

In questi tempi, in cui ci vogliono insegnare che di fronte alla vita siamo liberi fino a darci la morte, sarebbe sempre da tenere in mente e che sia sempre un pensiero cui torniamo questo del valore della sofferenza, della crudezza di questa prova che non deve farci disperare, ma invocare il Crocifisso, sapendo di poter aggiungere alla sua passione le nostre passioni portandole assieme con Lui per la salvezza del mondo.

25 Settembre 2021
+Domenico

Se Gesù ci chiedesse: Chi sono io per te?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 18-22)

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

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Siamo sempre tutti in cerca di sapere chi siamo per le persone che vivono con noi … e siamo sempre in cerca di conferme: il papà in casa non sa più chi è per i figli, la donna vorrebbe sapere chi è per l’uomo e per la società; la ragazza si domanda chi è per il suo ragazzo; i giovani vogliono sapere che cosa contano per gli adulti e gli adulti vogliono sentirsi dire dai giovani chi rappresentano per loro, se dei matusa, dei soprammobili, gente che è inutile coinvolgere tanto non capirebbero mai … o forse ancora compagni di strada, maestri di vita?

Anche Gesù domanda ai suoi discepoli “la gente chi dice che io sia?”

Chiede anche lui conferme perché si sente insicuro? Gli apostoli credono che sia un sondaggio innocuo e si lanciamo a dare percentuali: al primo posto ti vedono come il Battista, al secondo sembri Elia, a seguire un po’ tutti i profeti… sai, la gente si lascia impressionare da quel che fai, da quel che dici … sono rimasti molto scossi quando hai affrontato con decisione i farisei, quando le hai cantate chiare riguardo alle tasse ai rappresentanti del governo, quando hai messo a tacere chi ti rimproverava che non eri ligio al sabato …

… ma Gesù non sta cercando audience, non ha bisogno di conferme, non dipende dai sondaggi di opinione: vuole sapere se i suoi discepoli hanno scandagliato nella sua vita e l’hanno conosciuto per il Figlio di Dio che è.

“Come faranno ad affrontare tutte le sofferenze che dovranno patire in mio nome se mi ritengono un guaritore, se mi dipingono come un uomo interessante, un buon amico soltanto? Chi darà loro la forza di donare la vita per il Regno di Dio? Chi annunceranno al mondo, che ha sete di infinito? Un altro sforzo titanico non riuscito per vincere il male o l’amore di Dio, mio Padre fatto carne, fatto vita piena per tutti?”

“E voi, chi dite che io sono?”

E’ Pietro che ha intuito tutto, che ha ricevuto in dono da Dio di capire Gesù fino in fondo, dice ” Tu sei colui che aspettiamo da sempre, il Cristo, il Figlio di Dio.”

Sapere chi è Gesù, è entrare nel suo mistero, farsi invadere dalla sua forza e farsi sommergere dai suoi dolori, arrivare fino al Calvario e non scappare.

Pietro ha tentato di scappare e ci è cascato, ma lo sguardo di Gesù e il suo pianto lo hanno fatto incontrare col vero Gesù.

24 Settembre 2021
+Domenico

Vorremmo anche noi vedere Gesù?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,7-9)

In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.

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Quando qualche amico ci parla di una persona in maniera interessante e di lui ci vengono dette cose belle, idee entusiasmanti, fatti sorprendenti, caratteristiche che ci incuriosiscono … la prima cosa che ci viene in mente è quella di poterlo incontrare: lo vogliamo conoscere, gli vogliamo parlare, ne desideriamo sentire le opinioni, sentiamo insomma che potrebbe essere nostro amico e confidente, magari vorremmo apprendere ancor meglio la sua visione di vita e imitarlo pure.

Così era capitato alla gente che aveva sentito parlare di Gesù e incuriositi si rivolsero agli apostoli perché lo potessero vedere … e gli apostoli lo fecero loro incontrare: erano pressoché stranieri, che desideravano confrontarsi con la sua visione di vita … e questa voglia di incontrare Gesù fu anche quella di Erode.

Già questo nome, che fa parte della nostra memoria cristiana, lo sentiamo con sospetto: certo, conoscendo tutta la dinastia c’era sicuramente da temere le intenzioni che poteva avere.

Erode poteva avere intenzioni non troppo pulite con questa sua volontà decisa: aveva da poco ammazzato Giovanni il Battista, non era certo per un tentativo di rinsavimento nel suo modo di governare ereditato da chi l’aveva preceduto; forse vedere Gesù era di pura curiosità, e si capisce che pensiero può essere il successivo.

Erode teme sempre che il potere che ha gli sia sottratto e per evitarlo è pronto a tutto: farà un altro tentativo – se ricordate – con Gesù incatenato, durante lo sballottamento di Gesù da Pilato ad Anna, da Anna a Caifa e pure a Erode per farsi qualche dispetto tra le varie cancellerie … ma non gli verrà data soddisfazione di sentire una parola da Gesù.

E noi vogliamo vedere Gesù: ci nasce in cuore la voglia di incontrarlo, di sentirlo, di metterci in contatto con Lui?

Ma perché lo cercheremmo? Vorremmo toccarlo, vederlo, parlargli, dirgli il nostro amore o avere ancora una qualche dimostrazione razionale della sua esistenza e della sua personalità?

Sappiamo che il suo volto sta nel povero che incontriamo, che la sua parola sta nel vangelo, che la sua forza ci viene offerta nei sacramenti … del  resto dirà Gesù a Tommaso: “beati quelli che crederanno senza aver visto”.

La sua vita, la sua forza ci è mostrata dal coraggio dei martiri anche di questi giorni! Stacchiamoci assolutamente lontani all’infinito dalle intenzioni di Erode nei confronti di ogni volto di Gesù che lui stesso ci fa incontrare nella nostra vita quotidiana.

23 Settembre 2021
+Domenico

Siamo tutti inviati ad annunciare e proclamare il Regno di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,1-6)

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Ci domandiamo spesso che cosa significa essere veri cristiani perché ogni giorno siamo di fronte a qualche sfida, a qualche esperienza umana che sentiamo contraria al messaggio di Gesù … e non sappiamo come far risaltare la bellezza del Vangelo soprattutto sempre dentro di noi, nelle nostre vite, nelle nostre relazioni.

Noi cristiani siamo direttamente coinvolti nel destino di Gesù, nella sua missione: se siamo battezzati siamo associati a Lui nella sua morte e risurrezione, in tutta la sua vocazione di annuncio di un mondo nuovo, di una volontà esplicita di Dio Padre di continuare ad amare gli uomini, a ridare loro la pienezza della vita, drammaticamente violentata con il nostro peccato.

Come ha dato ai suoi apostoli una sorta di breviario di viaggio, Gesù lo dà anche a noi: ci dice cioè come deve presentarsi una persona che dona agli altri il suo Vangelo, come deve fare per essere credibile, e dice perentoriamente “nulla prendete”, un imperativo seguito da una serie di 5 né, “né borsa, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche”; il motivo di questa povertà è solo che Lui l’ha richiesta e l’ha vissuta per primo, e quindi è possibile viverla come suo dono.

Questo dono ci è concesso come grazia Sua: umanamente non saremmo in grado di comprenderla, né di viverla, ma noi sulla sua parola la accettiamo, la amiamo solo per amore suo e nel suo nome.

  • La povertà è necessaria per amare, perché solo quando non hai nulla dai te stesso e non le tue cose, le tue fasciature, i tuoi orpelli;
  • La povertà è segno di gratuità: non chiedi niente in cambio, perché non leghi nessuno con le cose;
  • La povertà è vittoria sull’idolo più grande che ancora esiste, che diventa il nostro dio, il denaro e riconosciamo di aver solo bisogno di Dio;
  • La povertà è necessaria per essere sempre al servizio soltanto del Signore;
  • La povertà è libertà dalle cose, da sé, da abitudini anche inconsapevoli di attaccamento a queste;
  • La povertà costringe a servire gli altri perché dice il vangelo che i poveri devono servire;
  • La povertà porta umiliazione e ci associa alla croce di Cristo;
  • La povertà è quel vuoto che permette di accogliere l’azione del Signore fino a riempircene … a riempirci di Lui.

E’ un imperativo non negativo, ma positivo, perché ci associa alla croce di Gesù, al suo annientamento, che diventa per noi pienezza di vita.

Potrebbe sembrare un discorso duro – me ne rendo conto che è dura anche per me evidentemente – ma ci colloca dentro il cuore della vita di Gesù e solo dal suo cuore può nascere salvezza, scompare in noi ogni seconda intenzione, sparisce l’orgoglio, soprattutto si rafforza la fedeltà al suo messaggio autentico: sarà certo ancora Lui che salverà, non tanto la nostra azione, ma almeno non metteremo ostacoli alla grande e gratuita azione di Dio in ogni persona.

22 Settembre 2021
+Domenico

Una chiamata che ci rivoluziona la vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 9-13)

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Molti di noi hanno sentito nella vita una chiamata che li ha messi in  discussione, in moto, in cammino verso mete impensate: era una momento in cui abbiamo visto davanti a noi una strada … da sperimentare almeno, perché qualcuno ce ne ha entusiasmato … e Matteo, l’apostolo, stava seduto al banco delle imposte,e dava quasi l’idea di uno che non si muove … è come il paralitico del fatto appena raccontato ai versetti precedenti nel Vangelo: Là c’era il paralitico che non si poteva muovere, fissato nel suo male, là c’erano seduti gli scribi e i farisei che criticavano Gesù, qui ci siamo noi forse sempre seduti, statici, adattati, senza grinta, senza speranza, intenti a farci i fatti nostri, a vivere di virtuale, di smartphone, di fiction

Per Matteo era lo spazio di un mestiere di collaborazionista dov’era seduto, con l’occupazione romana, quindi inviso alla gente e irreligioso rispetto al  modello di stato ieratico che esisteva in Israele: era un mestiere facilmente orientato a soprusi e ingiustizie.

Su questa staticità, “stava”, irrompe un verbo perentorio di Gesù: “seguimi!”.

E’ un imperativo risuonato nella vita di tutti i discepoli: “Vienimi dietro, vieni con me, molla tutto e sta con me; ti indico io la strada della vita! La tua ricerca ha un approdo sicuro”.

E’ una parola creatrice che restituisce Matteo a se stesso, restituisce ciascuno di noi alla nostra responsabilità.

Perché chiama? Che possibilità ha? che titoli gli danno questa possibilità? Lui è la via, la verità e la vita!

Questo imperativo deciso e perentorio indica come il seguire Gesù non è una nostra iniziativa, non è un cammino dell’uomo, ma di Dio tra gli uomini, di Dio che ci guarda e chiama, è una risposta a un  invito di Gesù.

Seguire Gesù è vivere secondo i suoi criteri, è smettere di andare per strade di morte e avere sempre davanti Lui, sapere che Lui è una guida sicura: in Lui troviamo le risposte alle domande profonde dell’esistenza, sulla felicità, sul futuro, sul senso della vita.

I pubblicani – peccatori – ai tempi di Gesù, nella sua terra erano esattori di tasse, e non si detesta qualcuno soltanto perché lavora all’Intendenza di finanza, ma gli ebrei, all’epoca, non pagavano le tasse a un loro Stato sovrano e libero, bensì agli occupanti Romani; devono finanziare chi li opprime, e guardano all’esattore come a un detestabile collaborazionista. 

Matteo fa questo mestiere in Cafarnao di Galilea: col suo banco lì ben in vista, con qualche intensa sciabolata di luce che lo mostra ai passanti … Gesù lo vede poco dopo aver guarito un paralitico, lo chiama.

Lui si alza di colpo, lascia tutto e lo segue.

Da quel momento cessano di esistere i tributi, le finanze, i Romani … Tutto cancellato da quella parola di Gesù: “Seguimi”.  E lui alzatosi lo seguì: è il verbo stesso che indica la risurrezione; è la posizione superata, il modo di essere nuovo di una vita, di un uomo piegato in due dal peccato, dalla disgrazia o dalla disperazione, senza dignità.

Questo banchiere, chiamato da Gesù, si erge nella sua pienezza, nella sua pienezza di vita, che il fascino di Gesù gli fa intuire.

Ci facciamo una domanda? Noi, siamo gente in piedi o seduta? Siamo capaci di camminare eretti o siamo piegati in due dalle nostre miserie, i nostri peccati, le nostre difficoltà o malizie o paranoie? Oppure siamo “spaparanzati” nelle nostre noie, nella assenza di grinta, nell’adattamento al ribasso, nel lasciarci vivere da altri?

Seguire Gesù non è tenere il piede in due scarpe, ma deciderci per Lui, così risuonano tutte le risposte alla chiamata di Gesù. Decidendo di seguire Gesù, non dovrà più stare seduto, piegarsi su di sé, ma stare in piedi nella sua dignità riconquistata, regalata e uscire sempre come Gesù.

21 Settembre 2021
+Domenico