Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2, 33-35)
In quel tempo, il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
E’ l’ultima frase della saggezza di un uomo anziano, ma capace di aspettare e resistere a tutte le difficoltà e le delusioni della vita, una fiaccola che ha sempre tenuto acceso la speranza.
Ci sono ancora dei vecchi saggi che non stanno tutti i giorni a lamentarsi, a piangere su questo mondo moderno che va sempre peggio, che prendono spunto da ogni fatto di cronaca nera per dire che siamo alla fine: lui, invece, il vecchio Simeone va ogni giorno al tempio e aspetta giorno dopo giorno che si avverino i suoi sogni, i sogni del suo popolo, le attese delle generazioni che lo hanno preceduto e della sua … e il bambino appare nel tempio: è Gesù portato da Maria e Giuseppe.
“Ora posso morire in pace”, dice, ma la sua attenzione si fissa su questa giovane mamma, su questa ragazzina cresciuta in fretta con la sua maternità, che porta il bambino: “Una spada ti trafiggerà l’anima”.
Tutti ricordiamo di aver visto in qualche chiesa o in qualche processione una madonna vestita di nero, con un fazzoletto bianco tra le mani e con una spada conficcata nel cuore: una scena di dolore, una sofferenza portata con dignità, un pianto amaro in un viso non disperato… e’ l’addolorata, è la madre di Gesù che sola rimane accanto alla croce a sentire nel suo corpo tutti i colpi di disprezzo che infliggono a suo figlio fino all’ultimo colpo di lancia che attesta la morte avvenuta.
Quella lancia aveva già squarciato il suo cuore, era già stata conficcata nel cuore della madre: è l’immagine di tutte le madri che hanno a cuore i propri figli, la consapevolezza elevata a simbolo di una cura, di un legame indissolubile tra la vicenda della propria vita e quella dei figli.
Le donne soffrono nel dare alla luce i propri figli e da quel dolore nasce un patto di acciaio che diventa attesa, difesa, attaccamento, protezione, speranza, apprensione, compagnia.
Quello che passa in quel cuore non è di tutti: quante volte le mamme sono insorte contro le violenze delle guerre, dei soprusi, delle violazioni della vita, delle sparizioni di tante vite! Se la strategia dei popoli lasciasse di più alle madri il potere di decidere le sorti del mondo non saremmo così crudeli e guerrafondai.
L’amore di una madre è speranza di vita come lo è stato quello incrollabile di Maria per il figlio Gesù. Noi ogni giorno questo figlio lo adoriamo, lo assumiamo come nostro vero cibo, lo proclamiamo al mondo intero come salvezza, pienezza, vita e risurrezione.
In ogni adorazione eucaristica ci fa bene fare memoria della mamma, perché veniamo a contatto con un corpo che fu portato per nove mesi nel suo grembo e ci ricorda che Maria ha portato anche noi perché è nostra mamma.
Questo corpo di Gesù è sempre parte del corpo di Maria.
15 Settembre 2021
+Domenico