Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)
Si può stare tanti giorni a vivere in “non luoghi”, dove le relazioni sono funzionali, legate al momento, senza storia … si possono passare periodi di viaggio o di vacanza lontano da tutti, in una sorta di sospensione dalle relazioni fondamentali della vita, senza illudersi di aver trovato la libertà, si può vivere in contesti dove non sei conosciuto, senza amici, senza relazioni profonde; ma … prima o poi è necessario tornare agli affetti, alle relazioni personali, a una casa, a un padre e a una madre, soprattutto se si è giovani.
Gesù quando parla di Dio, ne parla sempre con il bellissimo nome di Padre, di papà: lui vuole sempre vivere la vita a casa, in un rapporto profondo con il Padre celeste; il mondo non sarà mai per Gesù un non luogo, uno spazio di relazioni funzionali, ma sempre uno spazio di relazioni profonde con un papà.
Nei suoi pensieri si sente un piccolo … in cui risuona la bellezza della vita, del creato, la pienezza dell’amore: Gesù non è un sapientone o un personaggio, ma il figlio di un Dio che è Padre.
A noi è dato di scandagliare con la nostra intelligenza il mistero della vita, sondare nell’infinito per farci una idea di Dio: la filosofia ha raggiunto vertiginose altezze di introspezione e di pensiero sull’infinito, ma quello che conta è che per dare un volto a Dio occorre farsi semplici, disposti alla meraviglia, fiduciosi in una Parola più grande di noi, non mettere distanze comode che ci fasciano la vita.
Tornare semplici non significa abbandonare le doti di intelligenza e di ragionamento che abbiamo, ma sapere di stare a cuore a Dio, che prima di essere un eterno, infinito, onnipotente, creatore è un papà.
Questa esperienza Gesù la vive e la vuole donare a tutti gli uomini: vuole che chi si affida a Dio non lo faccia per dovere, non lo pensi come una assicurazione sulla vita, ma come l’abbraccio di un Padre, dal quale è possibile percepire il significato del vivere e del morire, del dolore e dell’amore, guardare a tutti gli eventi con la vera saggezza e sapienza che rivela il gusto del sentirsi creature amate e desiderate.
Vivere una vita cristiana significa sentirsi accolti da un Padre, sentirsi confidenti di Dio sul mistero della vita, poter ascoltare la Parola che salva e che orienta e avere sempre lo sguardo fisso al cielo, sempre abitato da un Padre.
Così viveva la sua esistenza san Francesco che oggi veneriamo e festeggiamo come patrono d’Italia, come un figlio tenerissimo di Dio Padre, come fratello universale, con una umanità dolcissima, amante della vita, della creazione e di tutte le creature, da fare di tutte un canto e una lode all’Altissimo Onnipotente buon Signore in una povertà affascinante, tutta riempita di Dio.
4 Ottobre 2021
+Domenico