Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 1-4)
Pregare è una esperienza umana che ha tante forme, per cui tutti pregano, tutti hanno in cuore qualcosa che prima o poi comunicano a un altro e si fa invocazione, richiesta, cenno di intesa … gli si rivolgono con semplicità, senza pretesa, senza veli, quasi senza accorgersi: è nella nostra natura umana desiderare sempre una relazione con l’altro e spesso è un atteggiamento sereno di affidamento e di domanda, a fior di labbra, nella pace del cuore.
Gli apostoli si sono sempre relazionati a Gesù con domande, spesso con pretese, con meraviglia o con curiosità … li ha sempre però colpiti il suo modo di pregare e gli chiedono esplicitamente “insegnaci a pregare”, e la risposta immediata, semplice, ma rivoluzionaria è “quando pregate dite Padre“.
Gesù questa parola la rivolge a Dio circa 180 volte nei Vangeli: poter dire a Dio “papà”, “babbo” è il grande dono di Gesù all’umanità. Pregando così è come se dicessimo “eccomi” alla nostra verità e dignità di figli, riconosciamo la bellezza che ci definisce nascosta dentro di noi che è il suo amore di Padre verso il figlio.
Abbà, babbo, è tra le prime parole che quando un bambino la balbetta, sorprende, rasserena, commuove tutti: il colore della nostra vita cristiana è il suo sorriso paterno, la sua tenerezza che scatena la nostra fiducia.
Noi eravamo persi, smarriti, lontani perché ci siamo allontanati e il nostro fratello maggiore Gesù si è perduto per noi perchè è venuto a riprenderci e a portarci a casa: è stato come il samaritano che ci ha riportato a casa, dove si impara a conoscere il padre.
E da quando Il Figlio Gesù si è fatto per noi maledizione e peccato, questa invocazione tenerissima “Padre”, la possiamo fare anche da peccatori: il padre non cessa mai di esserci padre.
In Gesù Dio ci ama perdutamente con l’amore totale che ha verso il Figlio: il nostro incaponirci a stare lontani, la nostra piccolezza, il nostro non avere niente di amabile, sono l’unica misura del suo amore.
Non ne ha altra se non il nostro vuoto e quindi il bisogno esistenziale che abbiamo di essere amati: la sua bontà è misurabile solo dalla nostra miseria.
Questa parola abbà è il cuore della vita cristiana e contiene tutto l’affetto del figlio verso il papà. Dio mi è padre non solo come chi una volta mi ha generato.
Mi è sempre padre, perché mi genera sempre, ogni istante della mia vita scaturisce proprio da Lui. Questo Padre ancor prima di essermi utile deve essere lodato, benedetto, amato, tenuto in conto da tutti i figli: questo si intende quando preghiamo che il suo nome sia santificato, e se siamo figli dobbiamo essere orgogliosi che Dio sia amato e lodato da tutti, che si realizzi nel mondo per tutti il suo regno, cioè un mondo fatto di giustizia, di pace, di fraternità, di amore. Un regno di samaritani che si dedicano a dare dignità a chi si trova piegato in due dal dolore, dall’ingiustizia e dal sopruso.
Padre, tu sai che abbiamo bisogno ogni giorno di poter vivere, dacci il pane quotidiano, è un pane nostro, non mio, da condividere in fraternità; Tu sai quanto siamo insolventi nei tuoi confronti, quanto ti offendiamo nelle tue creature, perdonaci e dacci la forza di essere capaci come te di perdonare.
Non ci mettere alla prova, che siamo deboli: ci fidiamo di te, siamo sempre tuoi figli.
6 Ottobre 2021
+Domenico