Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12,35-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».
Noi tutti siamo sempre in attesa di qualcosa, di qualcuno, di cose o di persone, di mete o di rendicontazioni, di imprevisti o – Dio non voglia – di condanne, di concludere qualche causa penale o amministrativa, da cui ci dobbiamo difendere … siamo in attesa anche di fatti belli come una nascita, la conclusione degli studi o della troppo lunga ricerca di un lavoro.
Il tempo dell’attesa non è mai vuoto, anzi si carica di tensioni, ma anche di speranze e spesso diventiamo ciò che attendiamo: chi attende la morte diventa suo figlio e produce morte.
Nell’esperienza religiosa noi attendiamo il Signore come una attesa di colui che deve tornare: Dio spesso si paragona allo sposo … e allora la casa dell’attesa di Dio non è una nostalgia, ma un futuro, perché la nostra casa definitiva non sta qui, ma altrove … e l’attesa è il tempo della salvezza, che è affidata alla nostra responsabilità di credenti.
La nostra vigilanza non è uno scrutare nel buio: è tenere accesa per noi e per il mondo la luce del Signore.
Il Vangelo di Luca ci dice che ci sono tre tempi di attesa delle cose definitive della nostra esistenza (che noi chiamiamo escatologiche):
- uno passato: il mondo è già definito e il Regno è già venuto quando c’era Gesù;
- uno futuro: il mondo finirà e il Regno verrà alla fine del mondo, anticipata per ogni persona quando muore;
- uno presente: il mondo finisce e il Regno viene quando il credente vive l’Eucaristia: questa è il culmine di ogni vita cristiana, e riporta nel presente – quando celebriamo – il passato e il futuro di Gesù.
Il brano del Vangelo ci mette in un clima eucaristico, dove il Signore morto e risorto si fa nostro cibo perché abbiamo tutti a vivere una vita pasquale in attesa del suo ritorno definitivo.
Ecco allora spiegati gli atteggiamenti, le posizioni dei nostri corpi e dei nostri animi:
- lombi cinti – dice il Vangelo – classica tenuta di viaggio, di servizio e di lavoro;
- lucerne ardenti: la nostra vita deve essere luminosa per indicare a tutti lo sposo, il risorto che viene per formare con noi una unica carne, e sulla croce Dio si è fatto una sola carne con noi nella nostra morte, per farci un solo spirito con Lui nella Risurrezione.
Ogni volta che viviamo l’Eucaristia celebriamo questa unione: come nell’ultima cena si mette tra noi come colui che serve.
La nostra vita con tutte le sue difficoltà è ampia come la notte, ma l’Eucarestia, ci rende capaci di far luce nella nostra notte e in tutte le notti degli uomini fino a quando sorgerà il sole delle vita luminosa e pasquale.
Chi fa dipendere la vita da ciò che accumula avidamente, vive la morte come un ladro, che ruba tutto; chi invece attende il Signore, sa che la venuta di questo ladro è l’incontro desiderato con il Signore.
19 Ottobre 2021
+Domenico