Non c’è nessun destino, ma sempre una chiamata

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 4,18-22) dal Vangelo del giorno (Mt 4,21-22) nella festa di Sant’Andrea Apostolo

Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Audio della riflessione

Siamo buttati nel mondo a caso, oppure c’è qualcuno che ci pensa? C’è un destino cieco che determina la nostra vita o possiamo deciderla noi come meglio ci aggrada? Ci industriamo in mille modi per dare alla nostra esistenza la piega che vogliamo noi, oppure siamo come il cane legato a un palo che non può andare oltre il cerchio descritto dalla sua catena?

Ci sono momenti in cui ci sentiamo liberi quasi di volare e altri in cui ci sembra di essere perse­guitati da un cieco destino: in alcuni momenti ci sembra di essere noi che definiamo la rotta della nostra vita, in altri ci sembra di essere elegantemente ingannati … o presi per i fondelli, come si usa dire.

Abbiamo a disposizione intelligenza, volontà, cuore, affetti, amici, amore materno e paterno, amore di coppia: sono tutte energie che ci aiu­tano a definire la nostra vita.

Ci sono anche agenzie specializzate che ci orientano dove piace a loro, vedi per esempio la pubblicità che sta pervadendo ogni nostra scelta senza accorgercene: siamo di fronte a molte opportunità, spesso troppe, per cui non sappiamo da che parte voltarci, quale scegliere.

Gesù si colloca in questa sorta di confusione o di incertezza e ci apre una nuova prospettiva, dicendo che la vita dell’uomo è la risposta a una chiamata: non c’è nessun destino cieco nella vita, non c’è nessuna fortuna o sfortuna, ma la risposta originale a una chia­mata libera.

Gesù era ormai di casa tra quel gruppo di pescatori che ogni giorno incontrava sul lago: giovani, adulti, sposati, garzoni, padroni di una barca … una vita faticosa, il lago non regalava niente a nessuno, molte notti a gettare reti e a ritirare soltanto acqua e sassi – oggi sarebbero bottiglie di plastica – il pomeriggio a ricucire gli strappi, a immaginare il futuro.

Era diventato loro amico: aveva visto nel loro cuore sete di verità, voglia di futuro diverso, desiderio di giu­stizia, aspirazione alla bontà … e li chiama! E loro all’istante abbandonano barca, reti, progetti, padre e madre e lo seguono.

Sentirsi chiamati a qualcosa di bello, di grande, di pulito è ciò che tutti sogniamo … solo che siamo distratti e non ci sentiamo quasi mai interpellati, o siamo interpellati da niente.

C’è invece in tutti una chiamata nella vita: non siamo fatti con lo stampino, ma in maniera originale; nessuno è generico, non siamo clonati, pos­siamo sperare di intravedere ciò per cui siamo nati, costruire la nostra risposta originale.

Questa è una grande speranza per ogni vita e sempre, ogni giorno … e Sant’Andrea, che oggi ricordiamo, è stato chiamato da Gesù a diventare Apostolo e lo ha fatto con una estrema generosità: anche lui, abbandonate le reti, lo seguì, e lo seguì anche in croce.

Ma noi, questa speranza, dove l’abbiamo buttata?

30 Novembre 2021
+Domenico

Non mi sento degno di averti in casa mia

 Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 8, 8-9) dal Vangelo del giorno

Ma il centurione rispose: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa”.

Audio della riflessione

È sempre bello poter ospitare a casa nostra qualche persona, poterla accogliere nell’intimità di un rapporto informale: i rapporti di società spesso sono di ruolo, un po’ distaccati, ma tutti hanno un cuore e non c’è come il clima di una famiglia in una casa che permette di godere dell’amicizia, della familiarità, della distensione, delle confidenze e del rapporto alla pari, senza distanza.

Non è purtroppo sempre così, perché talvolta si invita a casa qualcuno per tendergli un tranello, per renderlo meno libero di fronte alle decisioni, per raccomandarsi, per strumentalizzare o forse anche per umiliare e per creargli imbarazzo di fronte alla nostra ostinazione.

Qualcosa di simile stava sullo sfondo quando Gesù si sente fare un’accorata richiesta da un capitano dell’esercito di occupazione romana, un centurione: “Mi sta male un servo, gli voglio troppo bene per vederlo scomparire dalla vita e per vedermelo soffrire tanto. Tu lo puoi guarire” … e Gesù, immediatamente lo mette alla prova: “Verrò a casa tua e lo guarirò”.  Poteva essere un’ottima occasione per il capitano per farsi un nome, Gesù stava spopolando per tutti i suc­cessi che aveva con la gente, creava invidia nei potenti … averlo a casa era sicuramente meglio di una promozione! Il centurione però si guarda addosso e vede quanto è grande la differenza tra lui, uomo di forza e Gesù, uomo di pace, tra la sua vita di pagano e la nostalgia di Dio che ogni gesto di Gesù innescava anche in lui; sa stare al suo posto, ha ancora da fare tanta strada per entrare in amicizia con Gesù ed esce in quella bellissima preghiera: “Signore non sono degno che tu entri nella mia casa, ma di’ solo una parola è il mio servo guarirà”. Da allora, in ogni Messa la si ripete sem­pre, forse distrattamente, forse solo formal­mente, spesso senza verità dell’essere, perché poi andiamo a fare la comunione senza badare a quanto siamo sbagliati dentro, magari per farci vedere e così strumentalizzeremo l’amicizia sincera di Gesù.

In quel contingente di soldati romani, c’erano senz’altro giovani delle nostre regioni del centro Italia, sotto l’impero romano, e mi piace pensare che il centurione sia uno dei no­stri: uno che ha capito di non usare Gesù per i suoi comodi, ma di desiderarlo come speranza vera della sua vita e dei suoi figli.

E’ questo atteggiamento che dobbiamo maturare nella attesa che ci proponiamo di approfondire di fronte alla accoglienza che dobbiamo a Gesù nella nostra condizione umana.

29 Novembre 2021
+Domenico

Siamo sentinelle, non custodi di un museo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21,25-28.34-36)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Audio della riflessione

Le ultime parole della Bibbia, che si chiude con l’Apocalisse, sono una accorata invocazione: “Vieni Signore Gesù”. È talmente ancora viva l’esperienza di Gesù, che ne nasce una nostalgia … oppure è la consapevolezza che c’è un compi­mento necessario di quanto è iniziato con la sua storia? Abbiamo compreso che tocca a noi svi­luppare questo compito con un’attesa vigile e piena di speranza?

Gesù ritornerà: la storia non continuerà sempre così come va ora, il mondo non sarà sempre così, impossibile da capire, difficile da giustificare nel male che lo segna esageratamente; i popoli non saranno sempre sballottati da potenze egoiste, da interessi economici, da guerre crudeli. La storia avrà una conclusione, il mondo ora non è ancora pienamente orientato a Dio, ma la sua salvezza si compirà: c’è una presenza nelle pie­ghe della storia di qualcosa di nuovo, di bello, di completo e si svilupperà.

Gesù ritornerà: la storia non è fatta di corsi e ricorsi; la terra dopo ogni giro attorno al sole non si troverà al solito posto, ma si avvicina, col sole, con l’universo, sempre più a Dio.

Gesù ritornerà: è bello pensare che quel Gesù che ogni cristiano vive come centro della vita non è il ricordo di un passato, ma è la certezza di un futuro! Allora la nostra vita è l’attesa di una comple­tezza di umanità, è un cammino orientato verso una meta. Allora ci dobbiamo attrezzare per una grande attesa: Siamo tutti sentinelle, come di­ceva Giovanni Paolo II ai giovani di Tor Vergata, non siamo topi di biblioteca o custodi di un ar­chivio. Non siamo chiamati a clonare il passato, ma ad aspettare un futuro nuovo e certo. L’Avvento, che oggi iniziamo, è un periodo interessante per la Chiesa, è l’attesa di qualcuno che viene.

Gesù ritornerà: sarà una festa stupenda se non ci appesantiamo in mille lacci e laccetti del nostro vivere, se non riteniamo definitivo il dolore che soffriamo, se sappiamo credere ai sogni di com­pimento e di novità che la Parola di Dio nutre, se sapremo tenere viva la lampada dell’attesa. La sentinella non dorme, non si adagia, tutto il suo corpo vibra di una tensione che la tiene sveglia e le dà energie insperate.

Gesù ritornerà: È la nostra sicura speranza. Il nostro mondo è ammalato di una malattia mortale. Stiamo correndo ai ripari, siamo consapevoli ancora di più sia per l’aumento dei disastri ambientali, sia per la pandemia che facciamo fatica a vincere per le nostre stoltezze e egoismi che occorre alimentare la speranza.

Il Natale potrà diventarne un segno se  lo sappiamo collocare in un cammino di conversione personale e sociale.

28 Novembre 2021
+Domenico

La vita non è un parcheggio, ma una attesa

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21,34-36)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Audio della riflessione

La vita non è un parcheggio, pieno di distrazioni, non è un deposito di pacchi con scritta da sempre la destinazione, ma … vivere è tendere verso qualcosa di definitivo: la interpreta al meglio non l’adattamento, ma l’attesa, la vigilanza, il sapere che c’è qualcosa di bello, di vero che la compie.

Non è un risultato scontato già previsto, ma la sorpresa di un incontro: le si addice di più l’immagine di una sentinella che continua a scrutare l’orizzonte, che vive di attesa, che non sa darsi pace nella certezza di un compimento … che di una guardia preoccupata che nessuno scippi niente di quello che si ha.

Ciò che si ha non dà nessuna certezza, quello che si è ci costringe ad alzare lo sguardo all’orizzonte: vegliate e pregate.

La dimensione vera della vigilanza del cristiano è quella della preghiera: la sentinella dialoga con chi deve venire, se lo immagina accanto, lo chiama, lo sente già a portata di mano, gli si affida … e l’affidamento è sapere che ci sono braccia pronte ad accogliere, desideri destinati ad essere esauditi, amicizia che riempie di gioia.

Il cristiano attende Dio: non attende un giudice, ma un Padre!

Gesù aveva consumato tutta la vita a cambiare quella falsa idea di Dio che stava nel cuore dei venditori del tempio: Dio si coccola i suoi figli, Dio manda suo Figlio a togliere dal male l’umanità, in questa maniera li coccola.

Dio sa che deve giocare la partita della libertà e dell’amore dentro la vita degli uomini. Questo Dio che ha sognato sempre per noi il massimo del bene è colui che vogliamo vedere apparire all’orizzonte di ogni esistenza, della mia, della tua, della vita dei poveri, dei perseguitati, dei buoni e dei cattivi, degli abbandonati e dei sazi di cattiveria.

Mentre ti attendiamo o Dio noi ci abbandoniamo alla tua volontà, osiamo attenderti oranti, con le braccia allargate come tuo figlio sulla croce, sicuri che il tuo giudizio sarà nell’amore e la nostra vita non dovrà temere se non il nostro egoismo che ancora tu hai il potere di distruggere.

Ti aspettiamo con ansia, siamo già stati per troppo tempo in fuga. Apri il tuo cielo e discendi.  La nostra attesa è fragile, ma con la preghiera diventa la dimensione più bella della nostra vita e della vita del mondo

Ecco … sostenuti in tutta questa settimana dal capitolo 21 del vangelo di Luca, terminiamo oggi l’anno liturgico, con nel cuore una grande speranza,  nell’animo una domanda di perdono e di misericordia per le nostre vite e una preghiera perché il Signore ci liberi dalla pandemia

27 Novembre 2021
+Domenico

Scruta i segni giusti e seguili

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 29-33)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Audio della riflessione

La nostra vita è affidata ai segni: ne hai bisogno quando giri per le strade per sapere la direzione giusta, ti occorrono per intenderti con qualcuno sul da farsi, sono necessari per tradurre i pensieri in uno scritto e comunicarli agli altri, diventano – questi segni – utili a un imprenditore per capire come orientare i suoi capitali, stai ad ascoltare le previsioni del tempo prima di metterti in viaggio … insomma … qualcuno ti manda segni sbagliati per imbrogliarti e devi imparare a difenderti e a farti da solo una tua lettura: aguzzi l’intelligenza, fai confronti, metti in sequenza vari indizi e poi rischi una decisione.

Avessimo conoscenza di alcuni segni inequivocabili per prevenire un terremoto! Potessimo leggere in tempo i segni premonitori di tutte le malattie! Fosse possibile sapere sempre quando la morte è alle porte!

Gesù ci dice che esiste una serie di segni anche spirituali per orientare la nostra esistenza alla pienezza che Lui sogna per noi: ci invita a leggere i segni dei tempi della salvezza, cioè a guardare che cosa nel mondo viene alla luce come segno della sua presenza salvatrice, a vedere la direzione da prendere entro le complicazioni della vita umana per sviluppare e contribuire all’avvento di un mondo più giusto.

Cambiano le stagioni della natura: si avverte l’avvicinarsi della primavera o dell’autunno e ci si attrezza di conseguenza; la vita degli ultimi esprime una sete di salvezza e in quella sete il cristiano deve collocare le sue energie. 

Tutto quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo ancora con la pandemia è sicuramente un insieme di segni che la vita ci dà e che alla luce del Vangelo dobbiamo leggere. Per molti di noi è anche la fine del mondo, nel senso che moriamo; se non lo  è, e sempre lo speriamo per tutti, è  un segno da interpretare.

Abbiamo capito che non siamo onnipotenti, che tutti i nostri progetti di viaggi, di spazi, di programmi abbiamo dovuto cambiarli; abbiamo capito che la stessa economia non è un teorema certo, ma ha molte variazioni sia per gli stati, che per le aziende, che per il nostro bilancio familiare; assistiamo ultimamente alla carenza di tanti cibi nei supermercati o di tanti utensili per la nostra vita quotidiana… insomma dove è finita la nostra sicumera quando pensavamo che tutto doveva procedere come sempre?

Oggi più di ieri si è sensibili alla libertà, oggi più di ieri abbiamo bisogno di speranza: il cristiano allora lavora per la libertà vera, offre la speranza viva che gli mette a disposizione il Vangelo. I segni dei tempi sono una sorta di chiamata di Dio a orientare tutte le nostre energie nella direzione dello sviluppo del suo regno che solo lui determina e orienta.

Fa parte di questo regno vivere sempre tutti da fratelli: Papa Francesco ci aiuta sempre a leggere i segni della pandemia e ci spinge ad essere ospitali, generosi, a non fare muri, ma ponti.

Anche in ogni vita Dio distribuisce dei segni per far capire la direzione giusta della felicità di ciascuno: ogni uomo e donna deve intercettare questi segni per decidere come orientare la sua vita, come rispondere a questa chiamata personale.

Essere capaci di leggere i segni giusti e non farsi incantare da quelli sbagliati è una virtù da acquisire e da chiedere con insistenza e da perseguire con speranza.

26 Novembre 2021
+Domenico

Attendere e sperare, caratterizzano il tempo di fine anno liturgico che stiamo vivendo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 27-28) dal Vangelo del giorno (Lc 21, 20-28)

«Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

Audio della riflessione

“La vostra liberazione è vicina”: è la certezza che Gesù dice per l’uomo che attende la fine dei tempi, l’incontro gioioso con Dio Padre.

Il Vangelo di Luca nel capitolo 21, che scandice le nostre eucaristie di questa settimana, è dedicato ai tempi definitivi: una descrizione piuttosto terrificante degli sconvolgimenti finali, tipica di un genere letterario che ai tempi di Gesù era molto diffuso.

Ogni tanto anche nelle nostre culture si fanno vivi atteggiamenti “millenaristici”: li abbiamo sentiti vent’anni fa nell’avvicinarsi dell’anno 2000, lo vediamo descritto dai giornali quando nel mondo avviene qualche catastrofe climatica … e il Vangelo però ci aiuta ad alzare lo sguardo e a vivere di attesa.

C’è nel cuore dell’uomo una attesa di felicità e di salvezza, di senso e di speranza: spesso questa sete la inganniamo con gli oggetti, con i regali, con le piccole sorprese tra amici, ma è necessario andare oltre per ritrovare la bellezza della nostra umanità e della ricerca esistenziale che la caratterizza.

Tutti cerchiamo felicità, pienezza, appagamento, serenità e pace!

Il nostro mondo, continuamente in guerra e a costruire muri, crede di essere condannato a una perenne conflittualità mortale: si parla di giorni di vendetta che caratterizzeranno la fine dei tempi. Per gli ebrei di quel tempo ci si riferiva anche alla distruzione di Gerusalemme … quella fu una vendetta dei romani, non di Dio, perché il rifiuto di Gesù da parte del popolo di Dio di allora e tutti i nostri rifiuti se li è caricati sulle spalle Gesù morendo in croce, per starci vicino, solidale con l’umanità e per offrirci salvezza.

La storia umana è un tendere inquieto a Dio, nostro luogo naturale: si placa solo nell’incontro con Lui! Siamo fatti per Lui, perché Lui si è fatto per noi.

Questa attesa scritta nelle nostre vite da sempre, raccontata dalle aspirazioni di popoli e profeti, di poeti e di filosofi ha avuto una risposta: il famoso “Bambino di Betlemme”, il figlio di Maria, Gesù di Nazaret, il crocifisso e risorto, una vera alternativa a come e dove si erano attardate le attese della gente, che ancora aspettava la soluzione dei problemi nella potenza, nella ricchezza, nel potere.

Ci avviciniamo a grandi passi a un periodo particolarmente carico di attesa nella nostra cultura: è il periodo dell’Avvento e del Natale, dell’attesa di quella piccola luce che scalda il cuore di tutti.

Gesù è la nostra attesa: è Lui che riempie il cuore degli uomini, è Lui il Dio che non ci abbandona mai.

25 Novembre 2021
+Domenico

Curare e custodire il creato e vivere una fede profonda

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21,16-19) dal Vangelo del giorno (Lc 21,12-19)

Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Audio della riflessione

Abbiamo letto tutti fin dai primi anni di catechismo di martiri, di gente che ha dato la sua vita per testimoniare la fede in Dio, l’amore di Gesù Cristo per tutti gli uomini, la conduzione di una vita integra nei suoi valori … i primi tempi della Chiesa furono tempi di testimonianze fino al sangue.

Oggi però – come spesso dice il Papa – non è cambiato molto: siamo costretti a vedere ancora il dilagare di una cattiveria senza confini. Cristiani vengono uccisi solo perché sono cristiani. Esistono piani di sterminio calcolati a tavolino e attuati senza pietà; vengono rase al suolo chiese, cancellati tutti i segni di una fede anche millenaria, per far scomparire ogni traccia di ricerca di Dio, per avere una piazza su cui fare i propri affari senza nessuno che metta un seme di dubbio nella cattiveria e nell’ingiustizia che copre gli interessi di una dominazione assoluta.

E assistiamo anche a un coraggio indomabile, a persone che sanno perdere tutto per salvare la propria fede in Dio, che non è un fatto intimistico, ma deve essere conosciuto da tutti e provocare cambiamenti di vita, avviare cammini di bontà.

E’ il mistero della grandezza di Dio: “Vi perseguiteranno, metteranno le mani su di voi, vi trascineranno in tribunale, vi giudicheranno, non sapranno guardarvi negli occhi, crederanno di farvi paura.

“Ma io sarò sempre lì con voi.”: Quel Gesù che hanno messo in croce duemila anni fa è sempre di nuovo portato al supplizio nelle vite dei cristiani. E questi hanno una forza indomabile. Vi metto io in bocca le parole, vi do io la forza di sopportare l’esilio, il nascondimento, la perdita dei vostri diritti, la lacerazione dei vostri legami di affetto.

E’ un mistero di dolore che noi cristiani benestanti e benpensanti facciamo fatica a capire: a molti di noi l’essere cristiani non costa niente, ci stiamo adattando a tutto, viviamo di compromessi, abbiamo addomesticato il Vangelo e forse lo usiamo per coprire la nostra ignavia o la nostra infedeltà.

Il nostro è sempre tempo in cui il Vangelo ci porta a riflettere sulle realtà ultime, sul giudizio, sulla tenuta della nostra fede.

Ci è chiesto oggi un minimo: la solidarietà, il sentirci con questi nuovi martiri che rinforzano la nostra fede, un corpo solo, il corpo martoriato di Cristo, destinato sempre alla risurrezione, unito nella preghiera e nella speranza. 

Non abbiamo da temere sconvolgimenti della natura che già aggraviamo noi con la distruzione quotidiana del creato, ma dobbiamo temere la debolezza, la scarsità o l’assenza della nostra fede.

24 Novembre 2021
+Domenico

Gesù sicuramente ritornerà, non per punire, ma per portare a termine la salvezza

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca  (Lc 21, 7-9) dal Vangelo del giorno (Lc 21, 5-11)

Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

Audio della riflessione

Ci facciamo spesso domande sul futuro della terra, dell’universo, della vita del mondo: “Che sarà di noi? Come continuerà a vivere questo mondo con lo scempio che ne stiamo facendo? Che ci sarà alla fine del mondo?”

I primi cristiani credevano che dopo la venuta di Cristo era stata detta l’ultima vera parola e che quindi il mondo sarebbe potuto finire. Gli ebrei stessi avevano presentimenti di una fine, sicuramente politica, legata alla città di Gerusalemme e alla presenza dei romani sempre minacciosi e pagani.

Gesù viveva in questa cultura, ma continuamente alzava gli uomini a vette più alte, a tempi più larghi, soprattutto all’atteggiamento da avere nei confronti del futuro: attesa, vigilanza, occhio limpido, speranza.

Non è nelle nostre possibilità sapere giorno e ora, ma nella nostra coscienza vivere una attesa operosa del Signore che verrà.

Una verità cristiana indiscussa è che Gesù alla fine dei tempi tornerà su questa terra e i primi cristiani continuavano a invocarlo: vieni Signore Gesù. Non era voglia di farla finita, desiderio di fuggire dalla difficoltà presenti, ma orientamento di tutta la storia a Dio, al fine ultimo, al compimento.

Non siamo a questo mondo a caso, la vita non è una ruota che gira sempre su se stessa: vivere significa essere pellegrini verso una meta e occorre sempre averla davanti per correggere la direzione del cammino, per dare slancio e forza per superare le fatiche, per motivare la solidarietà di tutti coloro che sono incamminati. 

Una qualità che non bisogna mai perdere è quella dell’occhio vigile, dell’attesa, del riferimento al futuro e non del ritorno al passato: Dio ci sta davanti e noi ci prepariamo all’incontro con Lui! La vita ha un fine, non una fine!

La vita ha un fine e spesso occorre serrare i pugni per non perdere il desiderio di una meta. Siamo come in una corsa verso un traguardo che esige un colpo di reni. La vita è sempre così, non ci si può adagiare mai: è così per il lavoro, è così per la famiglia, è così per la vita di coppia.

Spesso roviniamo le cose più bella della vita perché crediamo di possederle, invece vanno sempre conquistate.

La fede, per esempio, è un dono ma va sempre accolto come nuovo.

Non lasciamoci incantare dalle sirene, altrimenti non arriviamo da nessuna parte, non crediamo a tutte le semplificazioni e a tutte le scorciatoie della vita: la strada è Gesù, lui dobbiamo seguire perché Dio in Lui non ci abbandona mai.

23 Novembre 2021
+Domenico

A Dio il superfluo, magari ben visibile o il necessario?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 1-4)

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».

Audio della riflessione

A Dio per i suoi poveri occorre non sprecarsi troppo, l’offertorio alla Messa è il rito liberatorio degli spiccioli che pesano sempre troppo … ma questo comportamento se ne porta dentro uno molto più grave, quello di dare a Dio solo i ritagli di tutto: ritagli di cuore, perché gli affetti sono altrove e spesso disordinati; ritagli di tempo, perché per la Parola di Dio non c’è mai tempo, mentre impariamo a memoria le fiction o le promozioni di mercato; ritagli di vita perché il centro siamo noi e non molliamo niente di vero agli altri e tanto meno a Dio; ritagli di preghiera che sgorga solo quando ne abbiamo bisogno… solo e sempre ritagli.

Viene riproposta spesso nelle liturgie la scena di quella donnetta, semplice, schiva, piegata, paurosa della sua stessa ombra, povera e dimessa che transita davanti al tesoro del tempio.

Le televisioni non la riprendono, hanno appena fatto un servizio sui benefattori, i cui nomi finiranno su una lapide a perenne memoria: davanti a lei sono passati ricchi commercianti che hanno buttato nel tesoro pezzi pesanti di oro, forse un talento, possibilmente sminuzzato in tante monete sonanti per far voltare la gente e far nascere ammirazione.

Lei invece, un po’ confusa, scuce le sue ultime monetine, dice il Vangelo “tutto quello che aveva per vivere”, il suo necessario.

Gli altri portano il superfluo: “Tanto in banca ne abbiamo ancora. Abbiamo programmato di fare una elargizione ai poveri, è prevista, ci fa fare anche bella figura. Devono sapere che c’è ancora gente per bene che si ricorda della chiesa, dei poveri”; forse stanno solo restituendo quello che hanno tolto ingiustamente, ma comunque è sempre e solo superfluo e ritagli.

A Dio invece occorre arrivare con tutto il cuore: amerai Dio con tutto il cuore con tutta l’anima e con tutta la mente.

Questo termine “tutta” è stato sempre interpretato in maniera approssimata, con una specie di “si fa per dire”. Invece a Dio non si giunge mai con il superfluo, ma con il necessario.

Abramo con suo figlio sul monte, Gesù sulla croce hanno dato tutto.

Tutto è compiuto.

Hanno dato tutto i martiri, gli apostoli; danno tutto i papà e le mamme nell’allevare ed educare i propri figli, danno tutto tanti lavoratori che amano il loro lavoro, rispettano la natura, sono solidali tra di loro e ci mettono l’anima per difendere diritti e essere fedeli ai loro doveri.

Sono tutte queste decisioni che ci riempiono di speranza e di salvezza … e che il Signore ce ne faccia degni!

22 Novembre 2021
+Domenico

Ecco l’uomo, ecco il vostro re

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 18, 33b-37)

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Audio della riflessione

Che razza di re è Nostro Signore Gesù Cristo? Il Vangelo di oggi ce lo presenta davanti a Pilato che lo canzona con supponenza, lo vorrebbe difendere, ma non ne ha il coraggio, ritiene di essere lui, Pilato, molto più potente di Gesù … e Gesù, con grande dignità, tiene in mano le redini del processo: si attarda a parlare con Pilato, a fargli capire che le parole “re”, “regno”, “potere” non hanno solo il significato della forza, del sopruso, del potere, del ridurre tutti in schiavitù, e nel Vangelo si vede la confusione di Pilato che esce ed entra dal pretorio almeno sette volte, tanto è imbrigliato dalla legge del diritto romano che tenta di rispettare e la legislazione ebraica che non tollera che un ebreo venga giudicato in luoghi profani e tra l’altro deve anche fare i conti con la sollevazione popolare che non riesce più a controllare; è un campo di significati, quello di Pilato, molto limitato e monco, non contiene affatto il significato che dà Gesù al suo essere re e al suo essere uomo: per Pilato l’essere uomo di Cristo è come dicesse “guardate come ve l’ho ridotto, l’avrò ben punito che cosa volete ancora?” Per Pilato dire che Gesù è re, è una burla, una sfida al popolo, che però gliela ritorce contro, richiamando ai romani che il loro re è Cesare, che loro odiano a morte.

Ecco l’uomo: Gesù appare come l’uomo nella sua verità, obbediente a Dio Padre, umiliato, deriso; eppure è l’uomo perfetto nel paradosso dell’evangelista Giovanni.

Gesù ha adempiuto il disegno per cui si è incarnato: è diventato l’Emmanuele, il Dio con noi, si è fatto uomo, il vero uomo è Lui, non Adamo che ha disobbedito.

Ecco il vostro re: Gesù è presentato anche come re, guida dell’umanità, rappresentante del popolo, nonostante il dileggio di Pilato, proprio perché il regno di Gesù è un regno di bontà, di giustizia e di pace, ma soprattutto è un regno che si realizza nel massimo del disprezzo e del dolore, del fallimento e dell’ignominia portata per amore.

Il suo regno non è di questo mondo: Gesù regna se l’uomo sa amare, se l’umanità cambia stile di vita, se il piccolo, il povero diventa re.

Ha sempre sognato di salire sul suo trono, che è il trono del massimo amore: la croce. Questa è una nuova verità che fa impressione a Pilato: da buon romano, abituato a comandare tutti e tutto, non si raccapezza più, già non pensa che ci sia una verità e questa sul significato del regno di Gesù gli sembra ancora di più una pazzia.

Anche noi cristiani  dobbiamo continuamente rifarci a questa croce che è il vero trono da cui Dio parla a tutti gli uomini e li abbraccia nel suo grande amore: solo così regna Cristo e così lo dobbiamo seguire come cristiani.

E’ re nell’Eucarestia, come spesso cantiamo, ma quel pane e vino è segno di un dono senza condizioni fino alla morte. Non è facile accettare questa proposta. Non è facile credere che un uomo inchiodato sulla croce possa essere l’unico vero re della nostra vita, l’unico a cui obbedire perché non ci comanda niente: ci propone soltanto di vivere come lui è vissuto, facendo del bene a tutti!

Ma questa è la condizione per vivere con la schiena diritta davanti a tutti gli altri re, re e reucci che chiedono riverenze, leccate e balzelli; questa è l’unica condizione per non piegare le ginocchia davanti a nessuno, per vivere liberi, convinti che il nostro re è uno solo: Gesù Cristo.

Da Lui in giù è tutta pianura!

21 Novembre 2021
+Domenico