C’è un male più grande di noi, ma sicuramente non di Gesù 

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 5, 1-20)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Audio della riflessione

Non occorre andare troppo lontano per capire che siamo “posseduti” dal male e che ci occorre una grande forza per uscirne: il male molto volte siamo noi con le nostre meschinità volute e programmate … spesso però è anche qualcosa di sovrumano, è il demonio.

E’ fin troppo facile vedere il demonio dappertutto, immaginarcelo ad ogni debolezza della vita, ma è pur vero che c’è un divisore, un personaggio – un angelo decaduto ci dirà la Bibbia – che tormenta la nostra esistenza e ci istiga al male.

Gesù nel Vangelo ha fatto i conti con questo principe della divisione,  della falsità, dell’odio e ha dimostrato la sua grandezza liberando la gente dalla sua possessione. Un giorno si trova sul lago e vede circolare tra le tombe un poveraccio, legato dal demonio e tenuto in una tomba ancora più mortale … è una figura di uomo violento, è indomabile, non è tenuto calmo da nessuno, urla, grida la sua prigionia con la pazzia e percosse di pietre; si fa del male e fa del male a tutti, ha una forza sovrumana.

Qualcuno di noi forse ha potuto sperimentare quanta cattiveria si può costringere nel corpo di un uomo posseduto dal demonio … ebbene, Gesù lo snida, segno che lo vuole individuare personalmente non in modo generico, e ne domanda il nome, lo caccia con un perentorio “esci, spirito immondo da quest’uomo” … e quella belva che l’uomo si dimostrava sotto queste catene del demonio si ritrova seduto sul ciglio della strada, tutto tranquillo e sereno, fatto nuovo dalla liberazione di Gesù. 

Lui, Gesù, non è nuovo a questi fatti: lui calma la tempesta, lui ammansisce quelli che stanno lapidando la donna peccatrice, Lui con gli occhi ferma i compaesani che lo vogliono precipitare dalla rupe; Lui è la salvezza, Lui è ancora e sempre la nostra speranza.

Sicuramente qui siamo qui in terra pagana: l’allevamento di porci per i pagani è un grosso guadagno, che perdono, perché abitati dal demonio annegano nel lago. Da qui anche la volontà della gente che Gesù si allontani da quella regione.

Gesù è il nostro vero difensore da ogni possessione demoniaca, il vero liberatore di ogni uomo da tutto ciò che ci può separare da Cristo, dalla pienezza della sua vita.

Al desiderio dell’indemoniato guarito di stare con Gesù, il Signore risponde inviandolo in missione: egli è diventato apostolo perché è in grado di raccontare ciò che il Signore gli ha fatto.

Il Vangelo è la buona notizia di quanto Gesù ha fatto per noi: l’evangelizzazione non è tanto un’esposizione di dottrina o di idee, ma un racconto di fatti, una narrazione di quanto il Signore ha operato per noi.

Abbiamo bisogno anche nel nostro mondo di oggi di testimoniare che la comunione con Gesù ci rende forti contro ogni male!

Oggi non possiamo oggi dimenticare che la chiesa fa la festa di san Giovanni Bosco, una figura di grande santità e capacità formativa nei confronti delle giovani generazioni: la sua famiglia salesiana porta avanti ancora la sua testimonianza, le sue scelte di stare dalla parte dei giovani … e mentre ne ringraziamo Dio chiediamo che estenda l’intercessione e la protezione di san Giovanni per tutti i bisogni e la sete di vita piena delle giovani generazioni, che anch’esse purtroppo sono falcidiate da questa pandemia.

31 Gennaio 2022
+Domenico

Proibito guardare in alto

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 4,21-30)

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è costui il figlio di Giuseppe?”. Ma egli rispose loro: “Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!””. Poi aggiunse: “In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro”. All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Audio della riflessione

Ha senso ancora oggi avere fede? Non è troppo difficile credere? E’ ancora pensabile oggi, con la capacità di introspezione e di analisi della realtà che abbiamo, rimettere la risposta ai più profondi interrogativi della vita nelle mani di una credenza millenaria, ma proprio per questo troppo arretrata per fare da guida all’uomo d’oggi? Non è ora che ci arrangiamo a trovar risposte per la nostra vita, sulla nostra pelle, senza comodamente abdicare?

La religione cristiana, si dice, ha ormai fatto il suo tempo: è servita per tenere a balia una porzione consistente di uomini che però ora sono maggiorenni e possono bastare a se stessi. Se poi apriamo il nostro orizzonte e lo allarghiamo a 360° su tutto il mondo vediamo bene che il cristianesimo deve fare i conti con altre concezioni e religioni che hanno la stessa pretesa di essere “definitive”.

Ma questo Gesù, non è il figlio di Giuseppe? Non è il solito occidentale che crede di essere il centro del mondo? Che cosa può uscire di buono da questa città di Nazareth dove tutti sanno tutto di tutti e dove Gesù, messo alla prova, non riesce ad essere prodigioso, non fa nessun miracolo, o anche solo un imbonitore come altrove si è dimostrato di essere?

E’ la saggezza di qualche uomo come Lui che deve arrestarci nella via delle ricerche, che deve bloccare le scoperte scientifiche, che deve costringere l’umanità in alcuni tabù che bloccano l’intelligenza dell’uomo?

Potrei continuare … la risposta è nell’aria: l’uomo autosufficiente ha abbandonato l’uomo di Nazareth e ha scelto i maghi, è ritornato a mettere al centro Gea, la dea terra, si nutre di x-files, e di misteri, riscopre miracoli e li crede risposte più vere, anziché delle fiction … inventa l’esoterico e alla fine si costruisce un nuovo vitello d’oro che viene controllato col Dow Jones, col Nasdaq in tempo reale.

Un po’ meno tronfi, veramente ci troviamo oggi nel mezzo di questa pandemia che mette in crisi non solo la fede, ma anche le scienze. In cambio diventano degli assoluti e si mettono al centro i pareri, i talk show, le fake news, le ideologie del tutto private e personali, inventate ad arte per confondere.

La consapevolezza che la morte è normalmente nel panorama di ogni vita, la si nasconde sempre di più, e così avviene degli ultimi interrogativi della vita: è proibito, non politicamente corretto guardare oltre.

Invece Gesù si ripropone nella sua disarmante semplicità e pretesa: “Oggi si è adempiuta questa parola che avete udita. Oggi attraverso di me i vostri interrogativi ricevono risposta, oggi ancora nonostante le grandi scoperte, che potevate fare anche prima se non vi foste applicati a costruire armi, se non aveste investito le vostre energie migliori nel farvi del male, avete bisogno di affidarvi a Dio, di guardare a quel Padre che io sono venuto a farvi conoscere”.

Oggi date voce alla vostra coscienza!

30 Gennaio 2022
+Domenico

La preghiera nella disperazione

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 35-41)

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Audio della riflessione

Ci sono dei momenti nella vita pieni di tensione, di paura, quasi di disperazione che ci costringono a tirar fuori tutte le nostre forze, anche persino di cattiveria: non riusciamo a vedere una soluzione e saltano tutte le nostre difese.

Penso che sia stato un momento così quello degli apostoli sulla barca con Gesù in piena tempesta da temere un naufragio: Gesù dorme e gli apostoli agitatissimi lo svegliano … “No, qui non ci stai a farti i fatti tuoi, ci hai tirato dentro e adesso ti dai da fare con noi! Non ti permettiamo di affogare senza accorgerti, devi vedere anche tu la morte in faccia come la vediamo noi! Non ti importa che moriamo?” … questa è la frase che hanno detto : è un grido e un rimprovero, è una disperazione e una rabbia, è una constatazione e una pressante richiesta.

“Come … Tu sei un palpito del cuore di Dio e vuoi che a me non importi niente di te?  Io ti ho amato fino a morire per te e tu credi che Io abbia abbandonato la mia missione? Tu mi sei stato affidato da Dio, mio Padre, e credi che Io non sia deciso a fare tutto quello che è necessario per te? Sono Io che dormo o sei tu che non hai fede?”.

La preghiera può anche diventare un rimprovero, ma soprattutto una lotta: era stata così anche quella di Giacobbe con Dio la notte piena di paura in cui doveva incontrarsi con suo fratello Esaù a cui aveva fatto il torto più grande della sua vita: lo aveva imbrogliato e gli aveva rubato il diritto di essere il capo, il primo, il fondatore del popolo di Israele, che non è poco …. si era rivolto a Dio dicendo “ho paura di mio fratello” … e incontra di notte un personaggio misterioso e con lui ingaggia una battaglia fino all’alba.

L’uomo esce vittorioso e fortificato da questa lotta nella misura in cui, prendendo coscienza della propria debolezza, dei propri limiti, riconoscendosi bisognoso di salvezza, si apre all’azione di Dio.

Gli apostoli si riconoscono bisognosi di salvezza, per questo svegliano Gesù! L’uomo, la persona, esce vittoriosa e fortificata da questa lotta nella misura in cui si lascia da Lui rinnovare, si lascia cambiare il nome, nella misura in cui depone ogni pretesa di impossessarsi di Dio, come voleva fare Giacobbe, di asservirlo ai propri progetti.

Depongo ogni pretesa di conoscere le intenzioni di Dio, ma ne adoro il mistero, ne rispetto la libertà e mi rendo disponibile a collaborare all’unico progetto che ha senso nella storia, che è il suo: mi rendo disponibile a collaborare al progetto e all’iniziativa salvifica di Dio, l’unica che avrà successo.

La potenza di Dio trionfa sulla povertà dell’uomo, che di fronte a Lui non accampa pretese, non accampa diritti, ma non si chiude neppure nelle false sicurezze di chi proclama la propria giustizia.

Nella misura in cui l’uomo – noi – cessiamo di chiuderci, ma ci apriamo, e chiediamo come Giacobbe la benedizione, ci affidiamo a Dio,  come gli apostoli e Gesù … allora spunta per Giacobbe l’aurora, dove la lotta si placa, e per noi la vita.

Più tardi quando si scatenerà la vera tempesta su Gesù, chi dormiva? Dormivano gli apostoli tutti e una volta svegliati se la daranno a gambe! Quando Gesù suderà sangue e sarà nella tempesta più nera della sua vita, quando vedrà la morte in faccia, loro non ci saranno.

“Non avete vegliato con me un’ora sola?”.

Qui Gesù è calmo, si sente nelle mani di Dio Padre … e allora su quella barca, destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati! ” … il vento cessò e vi fu grande bonaccia

29 Gennaio 2022
+Domenico

La morte e la forza del seme  

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 26-34)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Audio della riflessione

Ogni persona custodisce in se una grandezza unica: ci sembra di essere nessuno, di sentirci pure ignorati o schiacciati, ma ogni persona ha la forza di un seme che il Creatore gli ha posto dentro con amore … e Dio ha tutto un suo modo di coltivare e far fiorire i semi: la sua parola che ci ha scritto dentro ogni vita, l’inizio invisibile del suo regno in noi.

Esso ha l’aspetto della piccolezza, ma la forza di una concretezza: la parola e l’amore diventano storici con una presenza povera, nascosta e silenziosa, come il sale che dà sapore se non è avvertito, come il lievito che fa fermentare la massa se si dissolve in essa e come la luce che illumina senza essere vista, una fiaccola che si accompagna nel cammino spesso tortuoso di ogni giorno; per il cammino della vita in profondità – infatti – non serve un faro che acceca, ma una fiaccola che fa compagnia: così spesso ci dice papa Francesco.

Saper aspettare con pazienza è quello che ci dice Gesù del suo regno, del mondo bello da tutti sognato, della giustizia, della stessa felicità vera: Lui andava per ogni città a predicare, gettava il seme, ma poi si doveva aspettare che la Parola lavorasse con pazienza nella coscienza delle persone … e sembrava che non succedesse niente, che all’orizzonte non si vedesse  nessun cambiamento, che la predicazione di Gesù fosse inutile, anzi la sua vita andava verso una ignominiosa fine: la croce.

Anch’egli doveva morire come il seme, perché Dio Padre gli donasse  vita nuova, esplosiva, imperitura da Risorto. Noi vorremmo vedere subito i risultati, siamo malati di efficientismo, di produttività .. invece occorre sempre agire come se tutto dipendesse da noi, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio.

Questo è vero in tutte le attività in cui viene interpellata la libertà e la coscienza delle persone, soprattutto in campo educativo: educare significa far crescere e la crescita ha sempre il ritmo del seme. L’amore ha il ritmo del seme, del dono paziente e dell’attesa vigile, della accoglienza e della disponibilità.

Una delle cose che mancano di più oggi è proprio la pazienza, la capacità di attendere fiduciosi, la consapevolezza che se si è seminato, i frutti verranno.

Occorre però saper guardare molto in avanti, non avere la vista corta, sempre ripiegata sui nostri piccoli problemi, avere la forza di progettare e non sempre soltanto di farci travolgere dai  problemi dell’oggi. Sedersi assieme genitori e figli e sognare il futuro, mettere le basi di una intesa profonda serve di più che litigare ogni giorno per le incomprensioni che costellano la nostra vita. 

Oggi veneriamo san Tommaso  d’Aquino, un grande Teologo: attorno alla sua cattedra, come contro uno scoglio, si abbatterono non le ondate della persecuzione o della ribellione, ma gli errori, le eresie che sono le cose più ostinate, più insistenti e più logoranti, che in breve tempo o alla lunga rendono ciechi. Serio – lui, Tommaso – sereno, silenzioso, sempre più lucido di mente, di analisi e di sintesi … maestro Tommaso li confutava alla luce della ragione, illuminata dalla fede. Così molto presto, Alberto Magno, già suo maestro, lo chiamò «splendore e fiore del mondo».

28 Gennaio 2022
+Domenico

Verrà in luce a suo tempo il bene che Dio vuole all’umanità

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 21-25)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».

Audio della riflessione

E’ molto naturale che si voglia diffondere il bene che riusciamo a capire, a sviluppare e a vivere nelle nostre vite: è evidente che se uno ha una fede non deve nasconderla o se ho una verità non la debba seppellire come una luce sotto un coperchio o sotto il letto.

Gesù però, come sempre, va più in profondità: questa luce deve essere accesa sulla sua Parola, sul messaggio che Lui è per il mondo al momento giusto, entro condizioni adatte, dentro un minimo di maturazione di colui che ne viene a contatto … e Gesù descrive una “strategia” di esplosione della Verità con le sue parabole, i suoi gesti, i fatti che propone agli apostoli … Per esempio: quando si rivelerà ai tre discepoli con la Trasfigurazione – ricordate? – “ordinò di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti”.

Si percepisce che Gesù ci tiene a un certo “segreto messianico” – lo chiamavano – e le due parabole del moggio, letto, lucerniere, e nascosto-messo in luce definiscono questa strategia: è la stessa strategia del seme, che prima di irrompere con il suo stelo, la sua spiga alla vista di tutti, deve marcire, scomparire e morire.

Il segreto di Gesù cesserà quando sarà “ innalzato”: allora sarà manifestata a tutti la sua Luce, sarà posto sul candelabro adatto, vero, decisivo, evidente a tutti e questo candelabro è la sua croce; contro ogni logica umana, sarà il nascondimento della sua morte che lo manifesterà.

La luce di Gesù di rivelerà solo a chi lo avrà contemplato sulla sua croce, proprio come capitò al centurione che dopo averlo visto morire così ignominiosamente, ma nella sua dignità di offerta di sé fino alla fine esprimerà la sua scoperta della luce che Gesù è per tutta l’umanità: “Veramente quest’uomo era figlio di Dio!”.

Gesù è quindi Luce e, che va colta nel suo nascondimento: è il grande mistero del Regno di Dio.

L’esplosione della luce vivissima che è Gesù non è sicuramente una azione dimostrativa di potenza, di imposizione, ma di umile ricerca e di umile accoglienza.

Da buon bresciano non posso oggi non proporre a tutti una luce che ha illuminato nella storia la bontà di Gesù: sant’Angela Merici, bresciana di nascita e di vita; tenuta in gran concetto di santità, ovunque era chiamata a consolare, a comporre dissidi, a richiamare sulla via della virtù anime perdute. Affamata del pane degli Angeli, si accostava spesso alla sacra Mensa, con tale infuocato amore da essere spesso rapita fuori dei sensi, e intraprese un giorno con somma devozione un viaggio in Terra Santa. Approdata all’isola di Candia, divenne cieca; nel ritorno, alla stessa isola, miracolosamente riebbe la vista – immaginate – tutto il tempo “interessante” senza vedere niente; sfuggì ai Saraceni, e da sicuro naufragio. Desiderosa poi di venerare il papa e di lucrare l’indulgenza del Santo Giubileo, andò a Roma e si portò a piedi dal Papa Clemente VII, che insisteva perché lei stesse a Roma a fare quello che faceva di gran bene a Brescia, invece ritornò a Brescia, e qui stabilitasi presso la chiesa di Sant’ Afra, nel centro della città, diede inizio nel 1535, alla nuova congregazione detta delle “Orsoline”, congregazione innovatrice rispetto al mondo femminile religioso del  tempo. Le diede una sicura disciplina e regola di vita santa e la pose sotto il patrocinio di Sant’Orsola – ecco perché si chiamano “Orsoline”. Molte furono le vocazioni, così che in breve tempo le Orsoline si diffusero in Italia ed in tutta Europa e poi anche oltre oceano. Loro scopo è l’educazione delle ragazze. Il suo corpo oggi è venerato nella chiesa di sant’ Afra a Brescia.

27 Gennaio 2022
+Domenico

Operatori di bene, anche se poveri

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10,1-9)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Audio della riflessione

La nostra vita spesso si svolge nell’incertezza, nella approssimazione: viviamo di tentativi, di scongiuri qualche volta, di fortuna ….

Gesù invece è venuto con una decisione definitiva: lavorare per il regno di Dio e in Lui c’era una certezza incrollabile, “è vicino a voi il regno di Dio”.

Regno di Dio è una realtà che racchiude in se tutte le attese del popolo di Israele, ma anche tutte le attese dell’umanità. Quando lo udivano dalle labbra di Gesù capivano immediatamente che si trattava della loro grande speranza, della aspirazione di secoli: per loro era la fine di un incubo, la realizzazione di un sogno di popolo, incarnato in ogni famiglia, in ogni pio ebreo; era la certezza della presenza misteriosa, ma reale di Dio nella storia del popolo e di ogni persona … e Gesù voleva che tutti si orientassero a questa attesa sicura.

Anche noi credenti oggi dobbiamo avere questa certezza: non è vero che il mondo va verso il peggio, che la vita diventa sempre più impossibile, che il male è destinato ad avere il sopravvento, che stiamo andando verso la barbarie. Non è vero che ci stiamo allontanando dalla salvezza. Dio è fedele, il suo amore è senza se e senza ma. La sua promessa non è vana, non vincerà il male per quanto si faccia forte e usi tutte le astuzie per compiere la sua distruzione. Riuscissimo a vivere con questa certezza, con la consapevolezza che il Regno di Dio, che la pace, la giustizia, la felicità non sono solo promesse, ma realtà che determineranno per sempre la vita dei giusti, avremmo più fiducia nel nostro semplice e povero operare il bene.

Certo quello che vediamo ci può scoraggiare, ma abbiamo bisogno di apostoli che parlano del grande bene che c’è nelle vite donate di chi soffre, di chi lavora per la giustizia, di chi con semplicità ama i suoi figli, i suoi malati, di chi fa il suo dovere. Tante cronache dei giornali non sono sempre il diario del regno di Dio, ma solo il negativo che sta sotto un mare di bene che Dio semina in ogni creatura. Occorre andare a due a due a rinfocolare la speranza nel mondo, perchè Dio sta con noi, è presente più di quanto lo possiamo scorgere nelle pieghe della vita.

Timoteo e Tito che oggi ricordiamo sono stati fedeli servitori e annunciatori del vangelo e hanno permesso con la loro santa vita e testimonianza di superare la famosa controversia degli inizi della chiesa, cioè  se si dovevano circoncidere i pagani prima di battezzarli, cioè farli diventare ebrei e poi cristiani

Timoteo era figlio di una donna israelita e di padre gentile, cioè pagano. Egli rappresentava in qualche modo un punto d’incontro e d’intesa tra le due tendenze. Per rispetto al padre, la madre non l’aveva fatto circoncidere. Quando San Paolo giunse in Asia Minore, a Listra, patria di Timoteo, convertì la madre e battezzò il giovane, promettente figlio.

Tito, a sua volta, era proprio uno di quei pagani della Siria che, convertito da San Paolo, era entrato a far parte della Chiesa di Antiochia. Quattordici anni dopo, Paolo lo portò con sé a Gerusalemme, proprio nel momento cruciale della controversia circa il battesimo dei Gentili. L’Apostolo si oppose risolutamente alla circoncisione del cristiano di Antiochia, e Tito divenne così il vivente simbolo del valore universale del Cristianesimo, senza distinzioni di nazionalità, di razza e di cultura.

26 Gennaio 2022
+Domenico

Andate: il Vangelo deve contare sulle ali di chi lo vive

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 16, 15-18)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

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L’uomo è per sua natura un pellegrino, un viaggiatore: lo è stato nei secoli più antichi, quando c’era solo il cavallo o la barca, lo è oggi con tutti i mezzi di trasporto più moderni … fa parte della sua natura essere cercatore, scopritore, contemplatore del creato, della natura … soprattutto, siamo viandanti perché abbiamo dentro di noi una forza incoercibile che è quella di far sapere, di comunicare, di rendere partecipe l’altro della gioia che viviamo.

L’uomo non è fatto per tenere per sé, ma per offrire … e trova la sua gioia nel  condividere! Per questo alla fine del Vangelo di Marco c’è un comando perentorio di Gesù, un comando che destabilizza, che non permette di stare chiusi nel proprio egoismo, ma apre all’inedito di Dio, alla sua novità assoluta: Andate! Non si può star fermi quando hai visto che è giunta la pienezza dei tempi!

Gli apostoli hanno fatto molta fatica a entrare in questo ordine di idee: già era sembrata di averla scampata bella quando hanno saputo che Gesù era vivo, che il Sinedrio non aveva detto l’ultima parola su di Lui … grazie a Dio lo avevano incontrato risorto, dopo i giorni bui della passione e della morte.

“Ecco – si dicono i discepoli – adesso le cose sono state ben sistemate: si sa chi ha colpa, si sa che Gesù è risorto e questo ci dà una grande serenità. Il male non vince, gli inferi sono spalancati per i cattivi … questo Gesù ci ha veramente riconciliati con le nostre radici e ci ha anche aiutato a dare alla nostra vita la sua serenità.”

In questo stato d’animo si sarebbero adagiati i discepoli se non avessero avuto questo comando perentorio “Andate!”.

“Non sono venuto al mondo solo per aggiornare la vostra vita religiosa, sono venuto a portare un fuoco e voglio che divampi! I confini del popolo di Israele sono troppo angusti, occorre prendere il largo! La mia casa è il mondo, la Parola  deve correre ovunque, la salvezza è per tutti!”.

Gli apostoli capiranno come obbedire a questo comando dalla vita, dalle persecuzioni … Paolo lo capisce quando in un processo che volevano intentargli i giudei si dichiara cittadino romano e per questo ha diritto di essere giudicato a Roma dall’imperatore, e parte per Roma, dove annuncerà Gesù, dove il Vangelo prenderà  casa, nel cuore del mondo di allora.

Il mandato di andare è la scelta di Dio di abitare il mondo, dimostrando di non abbandonare nessun popolo, nessuna nazione … e oggi vogliamo ricordare e celebrare questo cambiamento radicale di Paolo che da persecutore diventa perseguitato per amore di Gesù, da nemico acerrimo del Vangelo diventa un suo instancabile annunciatore, fino alla prigionia a Roma e fino al suo martirio.

Ogni vita è un dialogo serrato con Gesù, che non ci molla mai, che ci ama e che da ciascuno di noi si aspetta apertura al suo messaggio, a quel che dice: amore a tutti i fratelli e dedizione alla causa del Vangelo.

E se è cambiato radicalmente Paolo, che da crudele nemico di Gesù, se ne fa portatore instancabile fino al centro della civiltà di allora, Roma, non ci deve essere niente che ci impedisce di cambiare vita e di seguire Gesù.

25 Gennaio 2022
+Domenico

Di buon senso si può morire, Gesù è il vero centro della vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3, 22-30)

In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».

Audio della riflessione

Se ne sentono tante di idee oggi in giro anche riguardo alla religione: ti sembrava di avere acquisito qualche buona idea, qualche saggio comportamento legato alle tradizioni, al buon senso, ad abitudini collaudate e invece senti dire che non va più bene questo, non è più esatto quello, occorre comportarsi in maniera diversa … ogni tanto appare un predicatore che ti sconvolge e non sai più a chi credere … se resti abbarbicato alle tue idee passi per sorpassato, non all’altezza dei tempi moderni; se cambi e ti adatti, ti sembra di aver tradito qualcosa di grande che ti aveva permesso di vivere con onestà … insomma …

Era capitato qualcosa del genere alla gente che ascoltava Gesù: si domandavano: “Ma questo che dice? Ci fa nascere speranza quando parla, ma non è proprio come quello che noi comunemente ci siamo imparati nelle nostre frequentazioni della sinagoga. E’ un insegnamento che esige una conversione dai nostri modi di pensare. Ma prima di cambiare dobbiamo vedere bene di che si tratta. Potrebbe essere anche il demonio che ci tenta”.

Ecco la prima grande accusa: “Gesù è un demonio che ci porta al male”. Forse perché era scomodo ascoltarlo, forse proprio perché metteva in discussione il loro modo di aver ingabbiato Dio nelle loro abitudini … e Gesù con pazienza a far capire che è troppo comodo chiamare demonio il suo invito alla conversione, è una buona scusa che non ti permetterà mai di uscire dalle tue sicurezze, dai tuoi peccati, dalle tue posizioni errate.

Dire che Gesù è un demonio è una bestemmia imperdonabile!

Capita anche a noi oggi per le nostre comodità di opporci a ogni cambiamento in meglio della nostra vita, di adagiarci sul buon senso, che è anche un buon maestro, ma non è sufficiente a offrire ragioni vere di vita.

Di buon senso si può morire! Il “buon senso” ti dice che se non vai d’accordo in casa puoi separarti, se trovi che un’altra persona ti rende felice e invece tuo marito no, puoi tranquillamente cambiare; che se non puoi mantenere un altro figlio, puoi tranquillamente abortire; che se hai una buona occasione per far soldi, basta che non si veda anche se è disonesto e lo puoi fare; che se hai occasione puoi sempre “arrotondare”, che qualche avventura sentimentale è permessa, ti muove un po’ la vita …

Secondo voi questo sarebbe cristianesimo?

La speranza nostra è un’altra: è di poter avere qualcuno che ci dà luce, convinzioni difficili da vivere, ma vere. Gesù in quella sinagoga aveva fatto balenare davanti ai suoi compaesani la bellezza del Vangelo che portava a compimento e a un grande cambiamento le loro abitudini pur belle, ma non più sufficienti per la ventata di novità che Gesù portava Lui stesso.

Siamo oggi molto arrabbiati con la vita, con la pandemia che non ci dà tregua, con la chiamata a ritrovare ragioni vere di vita e difenderci dagli imbrogli collettivi; abbiamo detto troppo presto andrà tutto bene per farci quel coraggio che nemmeno pensavamo di dover faticare a costruircelo interiormente. Temiamo di essere “mutati” dalle medicine o controllati da un grande padrone del mondo, ma siamo già mutati nella nostra incoerenza, nella nostra cocciutaggine e sfiducia in tutti.

Stiamo forse tornando all’homo homini lupus, cioè un uomo è sempre un lupo per il suo simile, ma Dio non demorde, non ci lascia e non ci abbandona.

24 Gennaio 2022
+Domenico

La presenza di Gesù, qui e ora

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1, 1-4. 14-21)

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.

Audio della riflessione

Capita a tutti nella vita di trovarsi un giorno o l’altro a rovistare tra vecchi bauli in soffitta o in qualche scatolone nel fare un trasloco e trovare un qualche album di fotografie del nonno o del papà quando erano piccoli o un plico di lettere ben conservate, quelle del nonno scritte alla nonna quando era lontano per la guerra o per il servizio militare. E’ una bella sorpresa, soprattutto diventa una forte emozione. Entri nella storia che ti precede, vieni a conoscere i sentimenti che hanno costruito la storia dei tuoi genitori e la tua stessa storia.

Del resto tutti leggiamo con curiosità i diari di qualche personaggio, proprio per entrare nel suo modo di pensare, per capire che cosa ha costruito nella sua vita. Se poi il personaggio è la persona che ci ha sempre entusiasmato o a cui ci ispiriamo per trarre indicazioni per la nostra vita allora siamo coinvolti anche spiritualmente. Oggi qui siamo messi di fronte a alcuni fatti che hanno segnato  e stanno segnando la nostra vita.

Da una parte c’è un popolo, quello antico di Israele: un popolo bastonato sempre da tutti, ma tenace. Ritorna dall’esilio, l’avevano deportato, portato via per sfruttarlo, impadronirsi delle sue risorse e dominarlo. Avevano tentato di fare pulizia etnica, distruggendone soprattutto le radici, tentando di cancellarne la memoria. Un popolo senza memoria è una massa, non ha ideali, è facilmente controllabile, conquistabile; un popolo senza una sua cultura è muto. Nella gioia del ritorno prova lo smarrimento della distruzione, ma tra le macerie del tempio trova un rotolo della Bibbia e fanno festa, trovano la loro storia, sanno da chi provengono, si sentono leggere la storia lunga dell’amore di Dio per loro, vogliono riascoltarla, farsela spiegare e si commuovono e fanno festa.

Alcuni secoli dopo un altro fatto ancora più importante caratterizza il popolo di Israele. Questa volta siamo nella routine di un sabato qualunque, una domenica qualunque diremmo noi. La gente va in Sinagoga ad ascoltare la Parola di Dio, si tira fuori dalle sue solite preoccupazioni, perché vuol alzare lo sguardo, vuol offrire alla sua mente uno squarcio di eternità. Non si adatta a vivere di rimedi, di talk show, di pubblicità. Ha bisogno di respirare aria pulita. Ci va anche Gesù e siccome è un personaggio noto e famoso, che sta facendo parlare di sé ovunque, i suoi concittadini lo incaricano di tenere la predica, diremmo noi. Legge e commenta. La scena è troppo significativa per essere ridotta a una fotografia di un avvenimento. In essa sono concentrati i simboli della maestà di Dio. Legge, tutti ascoltano, si siede. Questo sedersi è la tipica posizione dell’insegnare con autorità. Siederà alla destra del padre, siederà sulle nubi del cielo, siede a insegnare. Gli occhi sono fissi su di lui. Se Lui parla noi lo ascoltiamo.   Il parallelismo con Esdra è troppo evidente, e diventa evidente che Gesù si propone come il nuovo maestro, che mentre dice rende vero, palpabile sperimentabile quello che dice.

Definisce il regno di Dio che si sta realizzando: i sordi odono, i ciechi vedono… Questi sono segni che indicano un cambiamento radicale. Quello cui aspirate nel profondo del vostro cuore Dio lo realizza in me.  Se questo è vero dobbiamo cambiare vita e credere a questa novità assoluta: Dio è tra di noi, Dio non ci ha abbandonati, non è vero che siamo nostalgici, che siamo soli: Dio è con noi.

Questa è l’esperienza che deve vivere ogni cristiano, che dobbiamo tutti rivivere nelle nostre messe domenicali. Immaginiamo sempre che ci sia Gesù tra di noi. Lui è veramente presente, fa le nostre file ai tamponi e ai vaccini, ai cimiteri e alle RSA, Vede oltre la maschera il nostro dramma e soprattutto ci legge nel cuore e esprime sempre massima comprensione, misericordia e perdono.

Il messia è pazzo

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3, 20-21)

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”.

Audio della riflessione

Un gruppo di giovani un giorno s’è inventato una fantomatica “gazzetta del Giordano”, datandola Anno 31esimo, dal 12 al 17 febbraio del 31.

Il primo articolo a tutta pagina era così: “Il Nazzareno pronuncia un discorso scandaloso. Il profeta è pazzo!” … e sottotitolo: “Su un colle vicino a Cafarnao: farneticazioni riguardo la felicità. Gesù viene presentato come il chiacchierato figlio di un carpentiere che da qualche mese predica la venuta del regno di Dio e l’amore fra le genti, e che ora è ricercato dal Sinedrio dopo il suo discorso intitolato: Le beatitudini”.

Fin qui la fantasiosa “gazzetta del Giordano”.

Se ascoltiamo però bene le parole di Gesù, la sua parola è follia pura, non può essere ridotta a buon senso, a cose che stanno “nella media”: esige uscire da sé per capirlo, uscire dal perbenismo per ascoltarlo!

Quanti tentativi facciamo per rendere spiegabile la persona di Gesù, per abbassarlo al nostro buon senso, per stringerlo nei nostri piccoli orizzonti e, meno male, che non ci riusciamo! Gli apostoli sono anche costretti a pensarlo così perché Gesù prima di entrare in casa è pressato da molta folla e lui quasi non s’accorge … certo non prende precauzioni, perché una folla grande non è mai governabile … Lui guarda negli occhi a uno a uno e ciascuno è suo interlocutore, come lo è stato per il cieco, il lebbroso, il malato, l’indemoniato.

Papa Francesco, in questo lo imita molto bene: per lui nessuno è folla, sono tutte persone e ha due occhi sempre sorridenti, che sembrano due scanner, tanto è capace di individuare, ricordare e coinvolgere e confortare.

Gesù è deciso: Gesù non si presenta più come il placido giovane di paese che passa il tempo senza grandi ideali, senza affanni, pur nella serenità di una bella vita … gli brucia dentro un fuoco, una passione: questo regno di Dio è imminente nella sua manifestazione definitiva che inizia proprio con Lui e occorre risvegliare la gente, il popolo eletto, le persone, ciascuna con la sua storia. Ha uno sguardo da sentinella, un cuore incontenibile, un dialogo costante con il Padre. Ha imparato sicuramente da Giovanni il Battista: di lui ha sicuramente preso il testimone di una urgenza, che non è fretta, non è disprezzo per le persone fragili che hanno bisogno di tempo per decidersi, e questa lo brucia, lo travolge e vorrebbe travolgere con essa per il Regno di Dio tutti quelli che incontra.

Non per niente si è trasferito sulle rive del lago, su questa via delle genti, autostrada di incontri di popoli, di idee, di merci, di contratti e di contatti, proprio per svegliare coscienze, allargare orizzonti, uscire – direbbe papa Francesco che ha imparato benissimo la lezione.

Noi come rispondiamo a questa decisione radicale di Gesù, da rasentare la pazzia? Mettiamo il silenziatore a tutte le sue parole, non solo alle beatitudini, non solo ai molteplici guai che lancia ai perbenisti, non solo alle frequentazioni con Zaccheo, all’accoglienza dell’adultera, al dialogo imbarazzante con la Samaritana, all’abbraccio dei lebbrosi, ma anche alla sua via Crucis. Ci lasciamo ancora scandalizzare e riteniamo alcuni suoi gesti davanti a Pilato, alle accuse false presso i sacerdoti del tempio, ostinata sicurezza su quello che è e che dice.

Questa pazzia non è una pazzia da malati di mente, ma è una risposta definitiva a una fede che ti prende tutta la vita e che noi spesso tratteniamo per noi, per i nostri interessi, per coprire la nostra mancanza di fiducia in Dio.

Nella fede in Dio occorre buttarsi decisi!

La pandemia che ci opprime, ci allontana anche da Dio invece che vederla come uno spazio di solidarietà con i malati, con il corpo sanitario, l’organizzazione delle vita pubblica.

Può essere uno spazio di rinsavimento dalla nostra sicumera o dalla nostra incoscienza, o dalla nostra autosufficienza e nello stesso tempo disperazione e solitudine! Da quando abbiamo buttato fuori Dio dalla vita e dalla nostra ragione, restiamo tremendamente orfani.

Non abbiamo però da andare a piangere sul nostro fondatore defunto, ma sulla breccia di ogni vita a vegliare per l’aurora del suo perenne ritorno tra di noi.

22 Gennaio 2022
+Domenico