Giovane, ricco, onesto, ma ingessato

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10, 17-27)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Audio della riflessione

Ti può capitare talvolta di avere finalmente chiaro in testa che se vai avanti così la felicità non ce l’avrai mai: l’hai inseguita, qualche volta ti è sembrato di averla raggiunta, ma era un altro inganno … allora decidi di farti aiutare da chi se ne intende …hai pur approvato a chiedere a qualche amico che sembra avere successo, ma vi siete trovati tutti e due con una birra in mano seduti di notte sugli scalini di un pub a consolarvi per l’ultimo abbaglio.

Il giovane di cui parlano i Vangeli invece va dalla persona giusta: va da Gesù! Chi più di lui può dirgli il segreto della felicità? Lui è sempre contento, dovunque va riesce a dare speranza, chi lo incontra ritorna cambiato dentro, chi soffre riesce a sorridere, chi cerca presso di lui trova e cambia vita.

“Vado anch’io: non mi bastano più i miei quattro soldi! Ho una vita al di sopra della media, ma quanto a gioia solo più depresso dei pezzenti e dei barboni che corrono dietro a Gesù. Che devo fare per star bene come te? Per appagare questa sete di pienezza che mi sento dentro, per non svegliarmi tutte le mattine con questo buco nell’anima? Sono un ragazzo pulito: non rubo, non mi drogo, c’ho un bel rapporto con papà e mamma, prego pure, non faccio carognate agli amici, non vado a donne… ma sento che mi manca qualcosa. Che cosa mi manca per essere felice?”.

Gesù gli va dritto al cuore: lo guarda fisso negli occhi, gli vuol leggere nell’anima la sincerità di una vera ricerca di felicità … non è il solito studente che i farisei gli mandano per farlo cadere in qualche diatriba legalistica, è un ragazzo sincero: sa quello che chiede … e Gesù, che pure vuol bene anche a un peccatore, a un delinquente, a un’indifferente come noi, a questo giovane dà il suo cuore e alza il tiro: la sua vita ha bisogno di un colpo di reni, come la nostra che spesso si addormenta. E gli spara quella famosa raffica di verbi: va, vendi, regala, vieni e seguimi.

E lui, non ha il coraggio. Ha paura che gli manchi la terra sotto i piedi. Non si vuol staccare da quel che possiede. È schiavo della sua HarleyDavidson, del suo conto in banca, delle sue comodità, di se stesso, aveva in mano la speranza e l’ha buttata, si è abbarbicato al fumo.

Le ricchezze sono un grave ostacolo per entrare nel Regno dei cieli, dice Gesù ai suoi discepoli che si meravigliano, perché è più difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli che un cammello infilarsi nella cruna di un ago.

Allora non c’è scampo?  No! Impossibile agli uomini, ma non a Dio!

Gesù non costringe nessuno a una povertà assoluta, Infatti Pietro era capo di una azienda di pescatori, Lazzaro, Maria, Marta erano persone “agiate” … ma quello che Gesù vuol far capire è che fuori di Dio nulla sia assolutizzato, neppure una cosa così sostanziale come la povertà, perché i farisei avrebbero potuto pensare che bastasse osservare certe regole determinate di povertà  per assicurarsi in automatico la vita eterna.

28 Febbraio 2022
+Domenico

Guide cieche di altri ciechi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 39-45)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”.

Audio della riflessione

Se incontri per strada un cieco, che si appoggia ad ogni sporgenza, che fa fatica a fare il suo percorso, subito hai l’istinto di aiutarlo, o ad attraversare la strada o a trovare un indirizzo che cerca, e non ti verrebbe nemmeno in mente se hai problemi di vista di fare da guida.

Questo esempio che porta Gesù sembra evidente: non vorresti mai causare danni certi, se anche tu non ci vedi bene.

Non si tratta però soltanto di una vista e di una strada, ma anche di una “cecità dell’essere”, del proprio comportamento e l’insana pretesa di giudicare l’altro e pretendere di fargli da guida morale.

Qui saremmo tentati di fare i superficialoni e quindi i disonesti se avessimo la superbia di giudicare inadempiente l’altro e tirarlo dentro nella nostra leggerezza, superficialità e forse anche inganno: due povertà, messe assieme, fanno la miseria non la solidarietà.

Gesù però va ancora più a fondo: può capitare che siccome mi sento sempre superiore agli altri io mi permetta di giudicare aspramente il comportamento dell’altro e nello stesso tempo non vedere la gravità del mio.

I potenti di questo mondo si arrogano il diritto di determinare il bene e il male per gli altri; i governi esercitano il potere giudicando i sudditi; coloro che hanno una autorità la impongono a quelli che sono loro sottomessi.

Essere capaci di capire la nostra cecità è un dono da chiedere sempre a Dio … e la tentazione grande è quella del giudizio, del giudicare: con gli altri siamo tremendamente impietosi. I difetti altrui li fotografiamo da artisti … primi piani, zoomate, particolari, sezioni, visioni dall’alto, dal basso, angolature ardite.

Senza metterci troppo impegno siamo dei lucidi spettatori, ma proprio per questo siamo drammatici attori … avessimo la stessa lucidità nel guardare la nostra vita, come vediamo quella degli altri: non potremmo più guardare in faccia nessuno, dovremmo girare col bastone bianco o il cane per ciechi.

Vedi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non t’accorgi della trave che occupa il tuo … ed è da noi che spesso nascono i rapporti sbagliati con gli altri, proprio quando non siamo capaci di verità con noi stessi.

Come possiamo allora ottenere una relazione tra persone che ci metta in comunione e non in prevaricazione anche solo di giudizio su un altro in cui nessuno domini su nessuno?

L’unica via è l’amore, che ha sempre il suo massimo nell’amare anche i nostri nemici, come stava molto a cuore a Gesù.

27 Febbraio 2022
+Domenico

Vogliamo un mondo a misura di bambini

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10, 13-16)

In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.

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I bambini sono delicati, i bambini sono indifesi, i bambini sono innocenti e hanno diritto ad essere messi al centro della vita dell’umanità. Purtroppo in questi tempi molti di loro vengono sfruttati, fatti soffrire, maltrattati, arruolati per uccidere e per fare i kamikaze, non rispettati nel loro corpo.

Ricordiamo tutti la netta condanna del papa nei confronti degli ecclesiastici pedofili: è una condanna che dovrebbero avere nel cuore tutti.

Molti bambini vengono venduti o fatti schiavi, uccisi sotto le rappresaglie dei bombardamenti indiscriminati, fatti morire di fame. La grande emergenza alimentare che vede in questi tempi gli aumenti vertiginosi dei prezzi di riso e cereali sta colpendo soprattutto i bambini, che delle volte sono ridotti ad armi per destabilizzare stati e confini.

Gesù sta dalla loro parte, li accoglie, li accarezza, li mette al centro del suo regno: dice molto chiaramente che non si va in cielo se non si vive, non si pensa, non si guarda alla vita come i  bambini. Se non prendiamo da loro esempio, non diamo alla nostra vita la bellezza necessaria per far parte del suo Regno.

“Chi è il più grande nel regno dei cieli?”, si domanderà in un’altra occasione … la risposta è “il bambino”. Non è un discorso romantico o sentimentale, ma è andare al cuore della vita cristiana. Il bambino è il centro e l’esempio del regno, perché non possiede nulla, non conta niente, ogni bambino si affida soltanto a suo papà.

Il Regno di Dio è fatto da gente che si mette con tutta la fiducia possibile nella mani di Dio Padre: si abbandona a lui, fa la sua volontà, si sente  a casa solo tra le sue braccia, sa di avere il lui la forza della vita e ne sperimenta la consolazione.

Gesù stava con i bambini: li prendeva in braccio e li benediceva. Il bambino al tempo di Gesù era ritenuto poco più di niente, non entrava nei pensieri della gente che conta, era secondario alla concezione dello stato e della cosa pubblica, per Gesù invece è il prototipo degli appartenenti al suo Regno.

Ancora, Gesù capovolge il modo di pensare comune.

Anche oggi le città non sono fatte a misura di bambini, le trasmissioni televisive ancor meno. Possiamo far nascere maggior rispetto se tutti imitiamo Gesù, se alziamo lo sguardo a quel cielo da cui Dio Padre non fa mancare il suo sguardo paterno per tutti.

Oggi ancora di più non si generano bambini e perdiamo fiducia nella vita: per la pandemia siamo stati tentati di privarli pure della scuola, anche se oggi ce ne siamo vergognati e siamo corsi ai ripari

26 Febbraio 2022
+Domenico

L’amore tra uomo e donna è per sempre

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10, 1-12)

In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

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E’ sotto gli occhi di tutti il cumulo di sofferenze che molti vivono nella loro vita affettiva: avevi sognato da giovane di poter trovare l’anima gemella, metterti assieme, formare una bella famiglia, sono bastati alcuni anni, tante volte alcuni mesi e tutto si è sfasciato … qualcuno ha cominciato ancora durante il viaggio di nozze, eppure sembrava vero amore, almeno secondo le indicazioni dei talk show, delle televisioni, degli stessi amici. Ma tutti ancora ci si ritrova da soli a dover ricominciare, calcolando di più, certo forse non sempre amando di più. Chi si sposa ormai deve mettere in conto il fallimento: per molti non si tratta di fallimento, ma di un inevitabile cambiamento.

Gesù nel Vangelo è molto preciso: Lui che di solito di fronte alla legge è abbastanza capace di leggervi lo spirito profondo anche oltre la lettera, riguardo al matrimonio, proprio per questa profondità di penetrazione nella legge di Dio ne mette in evidenza l’assolutezza. Di fronte a chi riteneva, come noi oggi, che il matrimonio deve durare fin che è possibile, fino a quando uno dei due decide che l’esperienza si può concludere, dice chiaramente “ci stiamo sbagliando alla grande, all’inizio non era così: i due saranno una carne sola, sicché non sono più due, ma una sola carne. Dunque ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi”.

“Come? con tutti i torti che mi ha fatto, con tutta l’incompatibilità di carattere, con i soprusi, con i dispetti, con la cattiveria”… potremmo continuare a “censire” i motivi per dire che abbiamo ragione, ma quando ci si sposa è Dio che entra in azione, quasi per una nuova creazione, è Lui l’autore di quel dono e se lo custodisce come un bene prezioso.

Forse … non l’abbiamo capito fino in fondo, quando ci si stava preparando a sposarsi: ci si preoccupava di tutto fuorché del vero amore, si stava giocando, non si immaginava che occorreva partire dal grande amore di Dio, prima che dai nostri balbettii per capirne la portata, per trovarne l’ispirazione e la forza. Due che si preparano al matrimonio sono “palpiti del cuore di Dio” che tentano di battere assieme e occorre stare cuore a cuore a Dio per imparare.

Ma non disperiamo: il dolore di un fallimento non è mai una condanna, può diventare la ricerca di una breccia nel cuore di Dio che non manca mai.

25 Febbraio 2022
+Domenico

Chiediamo allo Spirito di farci cristiani decisi

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 41-50)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».

Audio della riflessione

Dobbiamo fare, tutti noi cristiani, i conti con le nostre fragilità e “la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza” – dice il Concilio – “anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente … e in loro intende servire a Cristo”.

Lo scandalo che si può dare oggi ai piccoli e agli umili è la controtestimonianza di molti fra noi cristiani: il nostro scarso senso sociale, la nostra etica individualistica e altre incoerenze che danno un contributo non trascurabile al sorgere dell’ateismo in molte persone.

Arriva per tutti prima o poi nella vita il momento in cui non puoi stare più a tergiversare, a tenere il piede in due scarpe, in cui devi decidere, in cui tutti i basta.. i ma… i forse.. i ci vediamo.. lasciamo il posto a un sì o  un no: sarà qualche decisione nella propria vita affettiva, può essere nella scuola o nella scelta del lavoro, nell’assumere qualche responsabilità, nel decidersi per la fede.

Gesù non è di questi: Marco nel suo vangelo, sempre molto essenziale, ci scarica addosso una serie di verbi da farci accapponare la pelle, in quanto a decisioni da prendere: taglia, recidi, cava, butta in mare. Si tratta di una mano, di un piede, di un occhio, di un corpo … Sì! Sono tutte quelle componenti della nostra vita che cambiano la nostra identità, che danno un volto e un indirizzo ai nostri rapporti con gli altri, alle nostre scelte: la mano può accogliere o strozzare; il piede può portare al bene o schiacciare; l’occhio ti può offrire purezza e candore o può essere iniettato di possesso  di vendetta e sangue; il corpo intero può essere a disposizione per offrire ragioni di vita o far affermare motivi di morte. Di fronte a queste alternative  la tua decisione non può essere “navigare a vista”!

Gesù è una persona decisa: devi scegliere, devi dare alla tua vita la forza indispensabile per esplodere, devi buttarti dalla parte della vita non importa se monco o zoppo o con un occhio solo: la potatura della fede è indispensabile per una vita piena! E per far questo, perché ci vuole tanto coraggio, abbiamo a disposizione il sale che è il fuoco dello Spirito che ci sostiene

24 Febbraio 2022
+Domenico

Noi cristiani non abbiamo l’esclusiva della bontà, della verità, dell’amore

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 38-40)

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».

Audio della riflessione

La tentazione di avere noi in tasca la chiave della verità sulla vita, sulla stessa fede, sulla bontà, è sempre una grande tentazione: vogliamo essere noi il criterio di verità, il criterio di ciò che è bene e di ciò che è male … e quando vediamo altri che con convinzione propongono le loro idee, li facciamo nostri nemici! Forse sarebbe proprio meglio guardare alla sostanza delle cose, valutare con serenità le nuove o diverse prospettive che si presentano … altrimenti le differenze diventano contrapposizioni, i pareri sinceri un attacco, le visioni di mondo diverse una lite: sotto ci sta sempre la falsa coscienza che noi siamo la verità e che gli altri si devono adeguare al nostro modo di pensare.

Anche gli apostoli stavano entrando in questo modo di pensare: a di fuori della loro cerchia stavano avvenendo cose straordinarie che solo Gesù sapeva compiere… “Maestro, noi glielo abbiamo vietato: Gli abbiamo intimato di non permettersi più di fare cose in tuo nome.”

Abbiamo noi il brevetto, il bene deve passare solo da qui! E Gesù, sempre comprensivo: “Hanno fatto del male? Sono stati ingiusti? Hanno perseguitato qualcuno, lo hanno fatto soffrire? No! Lo hanno liberato da un demonio, e allora? Perché vi deve dare fastidio se qualcuno compie del bene, anche se non ha il vostro marchio? Chi è l’autore di ogni bene, se non Dio? Chi non è contro di noi, contro la bontà, la liberazione dal male, contro il Regno di Dio, è per noi”.

Una lamentela simile l’avevano rivolta – nell’antico testamento – a Mose, la gente preoccupata che qualcuno avesse il dono della profezia al di fuori della “cerchia istituzionale” … e Mosè uscì con quella bellissima aspirazione: “fossero tutti profeti in Israele”.

Fossero tutti gli uomini, le donne, i giovani e gli adulti, gli stessi bambini portatori di bontà nel mondo! Lezione semplice, che potremmo applicare a tanti nostri arroccamenti e irrigidimenti.

Il nostro sogno è che la bontà scoppi nel mondo, non importa da quale persona nasca! E’ sempre Dio che semina bontà nei cuori: è Lui la sorgente della bontà. Nessuno ne ha l’esclusiva!

Fossimo capaci di mettere insieme tutte le forze che fanno del bene veramente, che non fingono o non strumentalizzano, ma danno il contributo della loro generosità al bene di tutti. Questo può essere un buon principio anche per il dialogo tra le varie religioni: massimo rispetto, identità precisa di ciascuno e grande collaborazione a costruire un mondo di pace e di giustizia.

Non è andato per questo San Giovanni Paolo II quando fece ad Assisi l’incontro tra le varie religioni sul tema della pace? Aveva un cuore evangelico, come Gesù: faceva di tutto perché chi aveva a cuore il bene dell’umanità potesse guardarsi in faccia, essere incoraggiato da tutti e decidere di porre al centro della propria religiosità la fratellanza universale, la pace nel mondo. 

Questa unità apre il cielo e ne fa partire una luce per tutti.

23 Febbraio 2022
+Domenico

Una cattedra amata e onorata in ogni “cattedrale” diocesana e oggi a Roma nella basilica vaticana

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 16, 13-19)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

I romani avevano una bella abitudine nelle pratiche con cui esprimevano il culto dei morti: si portavano presso la tomba del loro congiunto e si sedevano attorno al tumulo a conversare tra di loro, a ricordare la vita del defunto, con l’avvertenza di lasciare una sedia vuota come se su quella sedesse il loro caro.

La tradizione assunse un significato ancora più profondo a mano a mano che si consolidò nella chiesa la necessità del servizio di unità e di governo che il successore di Pietro era chiamato ad esercitare da Roma per tutta la Chiesa: la sedia allora non era solo la sedia su cui si rendeva presente il defunto, ma divenne la cattedra, il segno dell’autorevolezza e autorità dell’insegnamento del papa.

 La “cattedra”, letteralmente, è il seggio fisso del Vescovo, posto nella chiesa madre di una Diocesi, che per questo viene detta “cattedrale”, ed è il simbolo dell’autorità del Vescovo e, in particolare, del suo “magistero”, cioè dell’insegnamento evangelico che egli, in quanto successore degli Apostoli, è chiamato a custodire e trasmettere alla Comunità cristiana.

Quando il Vescovo inizia ufficialmente il suo servizio pastorale in una chiesa particolare che gli è stata affidata, egli, portando la mitra e il bastone pastorale, si siede sulla cattedra: da quella sede guiderà, quale maestro e pastore, il cammino dei fedeli, nella fede, nella speranza e nella carità.

Ancora più piena di significato è la cattedra di san Pietro, collocata nell’altare di fondo della basilica romana di san Pietro: dobbiamo esserne orgogliosi e degni. Questa fede in Gesù come la espresse Pietro nella sua vita, questo attaccamento al Papa, successore di Pietro, vogliamo esprimere ogni volta che ne visitiamo la basilica vaticana.

Ma anche a noi oggi vengono poste le domande che Gesù fece ai suoi discepoli: “Voi che pensate di me? Secondo voi, chi sono io? Che idea vi siete fatti di me? Avete capito che cosa mi sta a cuore, quale è la  passione della mia vita tra di voi?”

Gesù era preoccupato che gli apostoli lo confondessero con un mago, un uomo strano, potente, un uomo fuori dal normale, con poteri del tutto particolari: temeva che lo scambiassero per uno dei tanti che percorrevano la Palestina ad infiammare gli animi, promettendo il cielo.

  • Sono le domande che tutti abbiamo fatto nella nostra giovinezza al papà, alla mamma: “chi sono io per te?”.
  • E’ la domanda che gli stessi genitori fanno ai figli: “chi siamo noi per te? Siamo i padroni di un albergo?”.
  • Sono le domande che si fanno tra loro due innamorati: “chi sono io per te?”.

La risposta decide sempre il tipo di relazione, spesso decide la felicità di una persona, la sua sicurezza, la sua dignità, il riconoscimento del suo valore. 

Lo chiedevano i giovani kazaki a papa Giovanni Paolo II: “chi sono io per te papa Giovanni” e Lui rispondeva “Tu sei un palpito del cuore di Dio, tu sei un pensiero di Dio”.

E’ lo slancio ancora di Pietro per Gesù che si ripete sempre per la bocca del papa:è solo Pietro che di slancio dice la vera percezione di Cristo, una certezza che gli viene donata da Dio, e come a quelle domande di Cristo ha risposto nella pienezza della verità, questa non le mancherà mai più.

Pietro non potrà sbagliare nell’indicare la strada del Regno di Dio a tutti gli uomini: questo significa infallibilità, non onniscienza, ma sicurezza nell’indicare ai cristiani la strada della salvezza! Pietro sarà da allora la guida sicura verso Dio. Il papa sarà garante dell’ascolto autentico delle verità del Vangelo.

Gesù ha scelto bene: non ha scelto un perfetto, un uomo tutto d’un pezzo la coerenza fatta persona, ha scelto chi è più capace di farsi costruire da Cristo, di lasciarsi plasmare da Lui, di esserne sempre in ascolto … e Pietro oggi conferma la nostra fede, conferma il cammino di crescita di ogni comunità, delle famiglie e delle associazioni.

Il centro è sempre il Vangelo, perché il Vangelo è la stessa persona di Gesù.

22 Febbraio 2022
+Domenico

Aiutami, faccio fatica a credere fino in fondo 

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 14-29)

In quel tempo, [Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, scesero dal monte] e arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!».
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando, e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.
Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».

Audio della riflessione

C’è un padre disperato che un giorno va da Gesù e gli consegna suo figlio: per lui è un figlio perso, è intrattabile, non capisce ragione, è senza senso morale, ha perso ogni serenità, è condotto qual e là come uno straccio; non ha personalità, completamente dipendente da una cattiveria inspiegabile.

Ha tentato di tutto, ma il male che abita nel figlio è più forte di qualsiasi ragionamento, di qualsiasi affetto: “Le ho provate tutte, ma non ci riesco, l’ho fatto incontrare anche dai tuoi amici intimi, dai tuoi apostoli, ma non ho ottenuto nulla. Forse solo Tu puoi fare qualcosa!”.

Sembra la descrizione attuale di tanti rapporti tra genitori e figli, soprattutto quando nei figli entra un male che pare incurabile, una dipendenza che non si può vincere solo con la buona volontà, una assuefazione che ti si scrive nella carne, ti crea una natura somatica diversa come la droga o la dipendenza dai “followers”.

Questo figlio però non è drogato, è molto di più: è indemoniato, è posseduto da un male incurabile con le classiche medicine, è un diavolo che lo possiede. E non c’è che da andare da Gesù. 

Il papà che le ha provate tutte ingenuamente dice a Gesù “se puoi fare qualcosa”: non sa che ha davanti il figlio di Dio, ma il suo cuore disperato può anche non saperlo, gli si affida lo stesso. Ha consapevolezza di non avere fede, o per lo meno di far fatica a credere, come tanti di noi, ha bisogno di rigenerare la sua fede che si è affievolita, si è a mano a mano spenta, divorata dalle preoccupazioni, dalle cose, dal consumo, pure dalla pandemia che gli ha tolto ogni solidarietà di amici, dalla vita dura che vive e che non ha mai avuto il coraggio di mettere nelle mani di Dio con la preghiera; forse anche per questo suo figlio è in queste condizioni, non ha mai avuto una parola di speranza … e la va- il papà – a cercare da Gesù.

Gesù dice che queste vite dei vostri figli si possono aiutare spesso solo con la preghiera: è una preghiera viva, di fiducia, insistente, fatta anche di lacrime.

Chi non ricorda le lacrime di Santa Monica, la mamma di S. Agostino, che è riuscita a ottenere da Dio il dono della sua conversione? La speranza può tornare a far fiorire rapporti belli tra genitori e figli se si ha il coraggio di pregare!

E il suo quasi dubbioso, ma per disperazione “se puoi fare qualcosa, ma mi metto nelle tue mani”,  provoca quel “spirito che impedisci di parlare e di ascoltare, esci da questo ragazzo e non tornarci più“. Il demonio lo lascia morto, ma Gesù lo prende per mano e lo tiene dritto di fronte a tutti, al padre e alla vita nuova.

21 Febbraio 2022
+Domenico

Controcorrente, se vuoi essere cristiano!

Un a riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 31-33) dal Vangelo del giorno (Lc 6, 27-38)

E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso.

Audio della riflessione

La violenza sta segnando di sé sempre più pesantemente la vita sia familiare che sociale: ce ne danno l’esempio tanti personaggi pubblici, viene continuamente mostrata in televisione, e lentamente vi ci stiamo abituando: i sentimenti forti, le passioni esagerate, le emozioni gridate sono il clima in cui si inscrive la nostra vita di relazione! I ragazzi stessi organizzano “spedizioni punitive” violente, talvolta ci scappa addirittura il morto e i genitori a non rendersi conto dell’odio che si instilla anche nel loro figlio.  La violenza è esaltata anche nelle canzonette dei big, viene coltivate nei tik tok con i ragazzini: così prendono il sopravvento le vendette sulle relazioni umane, sul gioco.  

L’amore va conquistato con la violenza, va punito col femminicidio … l’odio è tollerato come forma di difesa e opinione dovuta: l’immagine della società è spesso così connotata, anche se nella vita lavora ed è presente Dio e tante persone sono buone e giuste e realizzano il suo progetto di umanità.

La domanda però che ci dobbiamo fare è: che cosa deve portare di necessario il cristiano a questa società? Il Vangelo ha delle pagine molto semplici e impegnative: “Amate i vostri nemici… benedite coloro che vi maledicono … prestate senza sperare di ricevere… non giudicate… date a chiunque chiede…”

Ragazzi, non c’è spazio per nessuna spedizione punitiva: l’amore della ragazza si conquista con l’amore non con le botte al tuo concorrente!

Il cristiano è come tutti, ma ha un cuore grande come quello di Gesù: in questa società violenta è chiamato a offrire pace, perdono, solidarietà! Non avremo mai fatto abbastanza per realizzare nella vita i sentimenti del cuore di Gesù. 

Non vogliamo dirci più bravi di tutti, ma che abbiamo una vocazione originale, quella della croce, del perdere per ritrovare la forza, del morire per risorgere, del pagare anche per gli altri, perché Dio accetta chi si sacrifica per il bene di tutti.

Il male che c’è nel mondo è troppo grande … e come si può uscire da questa spirale? Non certo limitandoci a comportarci bene! Occorre un di più di amore, occorre sradicare il male mettendo in campo la capacità di assorbirlo su di sé e distruggerlo.

La sofferenza, se è sopportata a causa di Cristo, appare come grazia, dono di salvezza, segno concreto che si è chiamati alla salvezza e a portar salvezza.

Occorre che qualcuno si addossi l’infelicità degli altri e la cambi in amore: questa è stata la scelta di Gesù, questa deve essere la scelta di chi lo vuol seguire! Gli apostoli lo hanno capito tardi, ma hanno dato tutti la vita per Gesù!

Noi siamo chiamati a mettere a disposizione un comportamento controcorrente  perché la vita e il mondo siano più abitabili: era un insegnamento costante – me lo ricordo sempre – di papa Benedetto: controcorrente, contro la corrente del male, del ribasso, dell’egoismo, del disprezzo della vita, della deturpazione del creato, della vendetta, della legge del taglione, del cuore sporco di ogni compromesso.

E Il Dio che non ci abbandona mai, non ci lascerà soli.

20 Febbraio 2022
+Domenico

Non servono antidepressivi, ma contemplazione

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. entre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elìa e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui».

Audio della riflessione

Ci sono delle giornate nella nostra vita in cui fai fatica a tirare a sera: sembra di non trovare la motivazione vera per affrontare tutte le piccole e grandi difficoltà … tutto ti appare piatto, tutto sempre uguale, senza slanci, senza possibilità di vedere un risultato … avevi sognato, ma i sogni si sono confusi e talora infranti …. la vita sembra tutto un grigiore … e siccome non siamo capaci di sopportare o ancora peggio di guardare oltre, di salire su un baobab per guardare la vita da un punto di vista superiore, usiamo  antidepressivi pensando che la questione sia di tipo chimico.

Per un cristiano l’albero alto da cui guardare la vita sempre è la fede, che non disprezza le medicine, ma se che certi mali sono dello Spirito e vanno affrontati con la preghiera.

Anche i discepoli di Gesù spesso erano smarriti: avevano seguito Gesù, li aveva entusiasmati, aveva fatto nascere in loro modi nuovi di affrontare la vita, anche se non aveva nascosto loro previsioni di prova e di dolore.

Avevano bisogno di uno squarcio di cielo nel grigiore della nuvolaglia dell’esistenza: un giorno ne ha presi tre, i tre che nel Getsemani non riusciranno nemmeno a star svegli quando Gesù stava soffrendo le pene dell’inferno, prima di essere tradito; ebbene questi tre li ha portati su un monte, dal quale si domina una bellissima pianura e lì ha mostrato il suo vero volto di figlio di Dio, di uomo perfetto, di culmine della creazione, di connaturalità con Dio. Ha anticipato per gli apostoli il paradiso: li ha resi felici, ha squarciato davanti a loro le nebbie del dubbio, della routine, della indifferenza e li ha portati per poco nel suo mondo di bellezza. E’ stato solo per poco … certo loro volevano che continuasse sempre, ma la pienezza di Dio è oltre la nostra vita.

“Facciamo qui tre tende, ci mettiamo qui con te! Chi ce la fa a tornare a casa con il solito marito, i soliti figli, il solito tran tran? Quanti piatti devo ancora lavare nella mia vita? Quanti treni accelerati o ad alta velocità, devo ancora prendere per poter essere felice? Quante liti devo ancora sopportare? Io starei bene qui, fuori dal mondo, a guardarti!”.

Proviamo invece a trapanare la nostra vita: sotto ci sta la possibilità di contemplare la bellezza del creatore! Abbiamo bisogno sempre più spesso di contemplare il Signore, di metterci in silenzio a comunicare con l’infinito, di fissare il suo volto per poter prendere forza per vivere, nutrire la nostra speranza … certo occorre almeno sospettare che la nostra vita va sempre guardata verso ciò che sta oltre.

19 Febbraio 2022
+Domenico