Non siamo noi gli artefici della nostra vita, ma Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 16-21) dal Vangelo del giorno (Gv 6, 16-21)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

Audio della riflessione

La nostra vita è proprio una barca che solca mari, fiumi, torrenti, oceani a seconda della capacità di libertà che ci creiamo, a seconda della vocazione che ciascuno vive o delle situazioni che la vita ci costringe spesso ad affrontare. Qualche volta sembra tutto tranquillo, altre volte ci si sente buttati in problemi più grandi di noi, spesso ci si sente alla deriva, senza mete e certezze. La nostra vita, la nostra barchetta deve destreggiarsi in mezzo a tante situazioni difficili. La meta è il porto della felicità, ma la barca non scivola da sola verso la felicità, va orientata, occorre tenere il timone nella direzione giusta. E spesso il timone si rompe o scende la nebbia a occultare la meta e rischiamo di perderci. Spesso siamo senza bussola, nessuno ci può indicare la strada.

Gli apostoli un giorno partono da soli e prendono il largo, non c’è Gesù. Infuria una bufera che mette a repentaglio la loro vita. Continuano a fare miglia e miglia senza toccare riva, senza arrivare al porto, girano su se stessi. Scorgono Gesù da lontano che li incoraggia, lo prendono con sé e rapidamente la barca toccò la riva. Contro la loro fatica inutile, con Gesù riescono con rapidità a giungere alla meta.

E’ troppo evidente il significato. Con Gesù nella barca della nostra vita non dobbiamo temere niente, non giriamo a vuoto, non torniamo disperati sui nostri passi, come quando si perde la strada; non lavoriamo per niente,  non ci perdiamo d’animo, né  ci possiamo scoraggiare. Lui è il Signore della vita, Lui ci ha creati e ci ama ad uno ad uno, Lui ci può salvare.

Il nostro unico impegno è di fidarci di Lui, di affidarci alla sua potenza e alla sua bontà. Sembrerebbe facile, ma occorre una grande fede, una profonda fiducia, un taglio alla radice delle nostre false sicurezze, cui ci abbarbichiamo, che difendiamo pur sapendo che non portano a niente. Crediamo di essere noi gli artefici della nostra vita, invece è Lui.

Avere fiducia in Dio non significa abbandonare la lotta o consolarsi della debolezza, ma avere la certezza che il cielo non è vuoto e che le nostre strade sono illuminate dalla sua presenza infallibile. Questo ci dà forza e decisione, ci fa affrontare i pericoli che rimangono sempre da superare, ma senza paura perché c’è Lui. Si presenta anche come il pane della vita, quel corpo donato e fatto diventare nostro cibo, nostro nutrimento indispensabile, necessario, centro e forza di ogni esistenza.

30 Aprile 2022 – Tempo di Pasqua
+Domenico

Qui da me c’è spazio per tutte le vostre fatiche e insuccessi

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 25-30)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dàteci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compràtevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, àprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.

Audio della riflessione

La fatica della vita spesso è tanta e non ne vedi un sollievo: la casa, i figli, il lavoro, lo studio, le avversità, le incomprensioni, le sventure e quando ti sembra che tutto fili liscio, la malattia o la morte. Altre volte invece c’è serenità, gioia, comprensione, collaborazione, intesa, amore. Purtroppo sembrano più frequenti le sfortune che le fortune.

I discepoli di Gesù da un po’ di tempo stanno con lui e cominciano a sentire la dolcezza della sua persona e l’arditezza dell’impegno che loro chiede e si avventurano da soli per le strade della Palestina a predicare, a preparare la via a Gesù. Tornano stanchi e desiderosi di parlare, di confidarsi, di confrontarsi con Lui, di sentire il suo sostegno. Il vangelo è così difficile da annunciare? Perchè incontriamo tanti ostacoli? Non stiamo parlando e offrendo pace e serenità, vita serena e amore di Dio? Perché troviamo persecuzioni e molestie? Il male viene sconfitto, ma il mistero del male non vuol cedere e scatena nell’uomo tutte le reazioni possibili. La vita è una lotta continua. Il male non vince il bene perché Gesù lo ha già sconfitto, ma  vincere le resistenze del cuore è una scelta di libertà che parte dalla convinzione della persona.

Gesù si pone come interlocutore della fatica del vivere e della lotta contro il male. Lui è forza e balsamo, ristoro e serenità, fiducia e consolazione. Se avete qualcosa che vi pesa nella vita io vi aiuto a portarla, non vi lascio soli, non vi lancio appelli, non vi faccio una video conferenza dal cielo, ma sto con voi; non vi seguo dall’esterno dei problemi e della vita, ma mi accompagno ai vostri passi. Vedrete poi che il mio giogo è lieve e la vita cristiana una fontana di luce e di gioia. Se siete stanchi passate da qui, Io non ho altro che accogliervi e farvi dimorare con me. Anch’io mi sento sempre accolto dalla braccia forti e sicure, amorevoli e rappacificatrici del Padre mio.

Star dietro a me può sembrare difficile, ma questa è la strada della felicità; le difficoltà le semina nel vostro cuore il principe del male, vi ho dimostrato che lo posso vincere. Fidatevi di me. Mitezza, umiltà, semplicità, povertà, la stessa vostra debolezza sono titoli di assoluta presenza mia nelle vostre vite. E con me si sperimenta che Dio non vi abbandona mai.

Oggi celebriamo la festa di santa Caterina da Siena, patrona d’Italia. La santa si diede ad un’intensa attività caritatevole verso gli ultimi e – in un’Europa dilaniata da pestilenze, guerre, carestie e sofferenze – divenne un punto di riferimento per uomini di cultura e religiosi che, assidui frequentatori della sua cella, saranno ricordati come caterinati. I più intimi fra loro la chiamavano “mamma e maestra” e si fecero trascrittori dei suoi tanti appelli ad autorità civili e religiose: esortazioni ad assunzioni di responsabilità, talvolta rimproveri o inviti all’azione, sempre espressi con amorevolezza e carità. Tra i temi affrontati nelle missive: la pacificazione dell’Italia, la necessità della crociata, la riforma della Chiesa e il ritorno del papato a Roma per il quale la santa fu determinante recandosi nel 1376 in Provenza da Papa Gregorio XI.

Caterina non ebbe mai paura di richiamare il Successore di Pietro, da lei definito “dolce Cristo in terra”, alle sue responsabilità: ne riconobbe le manchevolezze umane, ma ebbe sempre grande riverenza del papa, così come di tutti i sacerdoti. Dopo la ribellione di una parte di cardinali che diede inizio allo scisma di occidente, Urbano VI la chiamò a Roma. Qui la santa si ammalò e morì il 29 aprile 1380, come Gesù, a soli 33 anni. Le parole dell’apostolo Paolo “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”, si incarnano nella vita di Caterina che nel 1375 ricevette le stimmate incruente rivivendo, raccontano testimoni, la Passione ogni settimana.

L’appartenenza al Figlio di Dio, il coraggio e la sapienza infusa sono tratti distintivi di una donna unica nella storia della Chiesa, autrice di testi come Il Dialogo della Divina Provvidenza, l’Epistolario e la raccolta di Preghiere. In ragione dell’alta statura spirituale e dottrinaria Paolo VI nel 1970 l’ha proclamata Dottore della Chiesa. Innamorata di Gesù Cristo, Caterina scriveva: “Niente attrae il cuore di un uomo quanto l’amore! Per amore Dio lo ha creato, per amore suo padre e sua madre gli hanno dato la propria sostanza, egli stesso è fatto per amare”.

29 Aprile 2022
+Domenico

Dobbiamo guardare in su, vedere oltre

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3, 31) dal Vangelo del giorno (Gv 3, 31-36)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti.

Audio della riflessione

Occorre spesso un colpo d’ali per alzarsi in volo sulla nostra vita e coglierne le dimensioni infinite che si porta dentro. Siamo troppo appiattiti sulla terra, troppo ingolfati nella materia. Con la scusa che dobbiamo risolvere i nostri problemi, che tutto quello che diciamo deve avere un riscontro concreto ci siamo abituati a calcolare tutto secondo un interesse materiale: quanto costa? a che cosa serve? Che cosa mi viene in tasca? Alla fine che cosa mi porto a casa? Sono le domande più normali con cui affrontiamo la vita. Poi, grazie a Dio ci accorgiamo che ci sono realtà importanti che non stanno in questi angusti schemi: il gioco, la musica, la bellezza, l’amore, lo spirito. La religione deve essere di questo tipo, deve aiutarci a librarci nel cielo della gratuità di Dio.

Chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra, dice il vangelo; invece noi sappiamo che veniamo dal cielo, che il nostro futuro, il nostro passato, la nostra prospettiva è più grande. Si usano termini come terra e cielo non per disprezzare il creato in cui viviamo e nemmeno per illudere di un posto diverso, astratto in cui dobbiamo vivere, ma per dare alla nostra vita una dimensione più completa, più vera. Se c’è un difetto nel nostro tempo è proprio quello di aver appiattito tutto sulla percezione dei nostri sensi; quello che non vediamo e non tocchiamo non fa più parte del nostro orizzonte. Invece Gesù è venuto a presentarci un mondo altro, una vita futura, un Padre nostro che sta nei cieli. Curiamo il corpo, ma sappiamo bene che è la faccia di un’anima che non muore mai, che non si può costringere sulla nostra terra.               Tanta nostra infelicità è dovuta all’appiattimento, alla prigione che ci siamo costruiti. Ci siamo collocati in un bicchiere d’acqua e continuiamo a sbattere contro le pareti, mentre il nostro vero habitat è il vasto mare della vita che viene dall’alto, dal misterioso mondo di Dio. C’è un vento dello Spirito che soffia su di noi e dà vita vera. La creazione lo ha atteso, Gesù lo ha inviato. Abbiamo bisogno di un’anima per tutte le cose. Quest’anima viene dall’alto. La risurrezione ha aperto i nostri confini, ha offerto gli orizzonti infiniti di quel Dio che anche in questo non ci abbandona mai.

In questo tempo pasquale possiamo addentrarci anche noi in un dialogo serio con il Signore come ha fatto Nicodemo con Gesù; anche noi abbiamo bisogno di rigenerare la nostra fede. Il nostro è un tempo che ci chiede di uscire allo scoperto, di prendere decisioni, di stare della parte della verità, di contemplare il Signore, ascoltare la sua parola

Ci possiamo domandare: come mai ci sono stati anni in cui la nostra vita cristiana è implosa, anziché esplodere? Forse perché non abbiamo contemplato, ma solo organizzato o custodito, abbiamo dato alla preghiera il significato solo di un dovere, di un compito da fare

Non vogliamo più nasconderci nessuna delle domande profonde di umanità, dobbiamo percepire la sete dell’uomo di oggi, constatare il fascino di un mondo male orientato; oggi c’è una pervasività  del male e delle tenebre come dice il vangelo di Gv  che esige lo sbilanciamento dalla parte della luce. Il primo nostro scopo è di contemplare

La contemplazione è luogo di ricerca, spazio in cui ci si fanno domande, non si dà niente per scontato, dove c’è posto per il dubbio, la dialettica, il lavoro della ragione e dei sentimenti, delle emozioni e dei comportamenti. Vogliamo scavare in profondità, a far emergere tutte le riserve umane che nascono nei confronti della fede, del mondo religioso, della propria appartenenza alla chiesa. 

Questi giorni pasquali sono un tempo in cui è possibile l’ascolto, il confronto, lo studio, l’incontro con Gesù, nel silenzio del raccoglimento o nella ricerca comune, nella preghiera o nel dialogo.

Ogni tanto è utile una visita al cimitero, dove sono sepolti i nostri avi, quelli che ci  hanno passato il testimone della fede, che nei secoli hanno tenuta viva la luce della fede e ce l’hanno tramandata, hanno creato esperienze di vita cristiana, hanno affrontato la vita con la speranza del Signore risorto.

Vogliamo guadagnarci una nuova adesione, anche sofferta, ma decisa e felice alla vita di fede. Vogliamo confessare che Gesù è il Figlio di Dio. Dobbiamo tornare da Gesù a dire quel “Mio Signore e mio Dio”, dell’affidamento, della preghiera, della celebrazione, della vita sacramentale, dell’accostamento ai tesori della Chiesa.

Allora la Chiesa prenderà nuovo slancio, la nostra comunità diventerà casa abitabile da tutti, soprattutto dai giovani, che sono sempre il nostro futuro.

28 Aprile 2022 – Tempo di Pasqua
+Domenico

A cose grandi e definitive ci chiama Gesù

Uma riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,16-21)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Audio della riflessione

La nostra ricerca della verità della vita è sicuramente un far lavorare l’intelligenza nel chiedere alla saggezza umana tutto quanto può saziare la nostra sete di verità. Era la passione di Nicodemo nei suoi dialoghi notturni con Gesù; questa ricerca però non ci impedisce di fare un salto con la nostra intelligenza in qualcosa di veramente nuovo. E’ la risposta di Gesù a Nicodemo, che ne rimane sconvolto. A un rabbino Gesù non poteva non tirare in ballo un esempio dell’AT, quando Mosè innalzò un serpente di bronzo nel deserto, perché chi lo guardasse fosse guarito dal veleno del morso dei serpenti. Gesù dice quel serpente di bronzo sono io, io sarò innalzato da terra su una croce  e porterò su di me tutto il male dell’uomo per amore. Sarò colui che dona e perdona, che ama con lo stesso amore del Padre, sarò colui che vi farà capire che Dio vi ama infinitamente, fino a dare la vita per voi. Qui Gesù ci fa capire la nostra identità, siamo realmente figli di Dio. Essere figli non è qualcosa da rubare, è un dono che ci mette in comunione diretta con chi perdona, con Dio.

L’errore fondamentale che noi facciamo è sempre stato quello di pensare a un Dio giudice a un Dio cattivo. Può darsi che abbiamo alle spalle una esperienza negativa dei nostri genitori. Tutto il nostro conflitto è con la sorgente della vita, a partire da Dio. Se non accetto il Padre non  mi accetto come figlio. Il serpente era il simbolo del male, del veleno. Ne nasce una vita di menzogna, una vita avvelenata. Che cosa farà invece Gesù, il Figlio dell’uomo. Lui guarisce chi guarda, non verrà a punire i malfattori, ma sarà lui come il serpente di bronzo a portare su di sé sulla croce tutto il male che facciamo. La croce è tutta la maledizione dell’umanità. Gesù è il maledetto, si è fatto peccato e maledizione. E’ vedendo lui che ci ama fino al punto di identificarsi con il nostro male, senza giudicarci, senza condannarci, lasciandosi piuttosto uccidere che condannarci, che comprendiamo finalmente chi è Dio. Bisogna capire questo mistero. Attraverso la croce rivela la sua essenza, lì, quel Dio che mai nessuno ha visto, si rivela. Lì appare fino in fondo l’amore di Dio per noi. Qui rinasco veramente dall’alto.

Quando c’è un cuore che ti accoglie, che ti lascia vivere come sei, allora esisti e nasci per la prima volta, quando realmente ti senti amato. Che cosa doveva fare il Signore per dirci che ci vuole bene? Questa è la generazione dall’Alto: l’essere generati dalla ferita del cuore di chi ti ama. Ed è il guardare questo amore che ti fa vivere, ti fa respirare liberamente. Allora so chi sono. Il famoso Sacro Cuore squarciato non è una devozione sadica, ma il sentirsi amati da Dio al massimo.

27 Aprile 2022
+Domenico

La risurrezione è una nuova effusione dello Spirito nelle sacre scritture

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3, 7-15)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

Audio della riflessione

Ci capitano alcune volte delle esperienze di vita in cui diciamo “mi sembra di rinascere”, “mi sento rinato a una vita diversa”: può essere l’aver trovato un lavoro, l’essere uscito dall’incubo di una malattia di cui non si vedeva la fine, l’esperienza gratificante dell’aver incontrato la persona a cui dedicare l’amore della nostra vita, una forte esperienza spirituale …. ecco, nel discorso notturno tra Gesù e Nicodemo si parla proprio di questo vento misterioso dello Spirito che entra nella vita di una persona inaspettatamente e la cambia: nNicodemo era andato da Lui di notte, lui era un rabbino, ma forse incapace di aprirsi alla nuova effusione di Spirito che Gesù annuncia e che dichiara di sperimentare …  forse la sua “posizione di prestigio” nel Sinedrio non gli permetteva di avere contatti ufficiali, o forse voleva tenere per sé e non sbandierare a tutti i tentativi di ricerca della verità per trovare quella felicità cui tutti siamo chiamati; sicuramente Gesù lo aveva incantato e in Lui era sicuro di trovare risposta a tutti i suoi perché. 

La risposta non si fa attendere: occorre rinascere!

La vita va riportata a un nuovo inizio: non si può vivere di restauri, di pezze, di “aggiustamenti” … occorre affrontarla ex novo, da un altro punto di vista!

Capita spesso così anche a noi, quando vediamo che non ce la facciamo a cambiare, a dare una svolta positiva al nostro continuo tornare nel peccato, nel vizio, sulle strade dello spacciatore o del venditore di illusioni, del gioco o dell’alcool: occorre rinascere, affidarsi allo Spirito!

Gesù si propone a Nicodemo – e anche a noi – come chi fa esperienza dello Spirito, e lo Spirito apre alla risurrezione, che ancora sta al centro della riflessione e della esperienza pasquale che stiamo vivendo: è questa novità che dobbiamo abituarci a fare nostra!

Non siamo destinati, ma chiamati!
Non siamo abbandonati, ma ricuperati!
Non siamo condannati, ma salvati!

La tentazione di vivere come se non fossimo destinati alla risurrezione è grande: la nostra scarsa fantasia prevede sempre che tutto sia come prima, che si tratti di piccole correzioni di rotta, di qualche sentimento un po’ più buono che dopo Pasqua possiamo nutrire … invece è una vita nuova che deve risorgere! E’ una vera conversione! Questa forse è la parola che più permette di capire che cosa Dio sta scrivendo nelle nostre vite: un cambiamento, una nuova meta, una vita del tutto diversa, un insieme di desideri e di ideali alti cui sempre occorre rispondere.

E’ lo Spirito che soffia dentro le nostre vite e le lancia su nuovi orizzonti, gli orizzonti di quel Dio che non ci abbandona mai.

26 Aprile 2022
+Domenico

Andate, uscite, portate e fatevi un futuro di pace

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-20) nella Festa di San Marco Evangelista

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Audio della riflessione

L’uomo è per sua natura un pellegrino, un viaggiatore, lo è stato nei secoli più antichi, quando c’era solo il cavallo o la barca, lo è oggi con tutti i mezzi di trasporto più moderni. Fa parte della sua natura essere cercatore, scopritore, contemplatore del creato, della natura. Soprattutto è viandante perché ha dentro di sé una forza incoercibile che è quella di far sapere, di comunicare, di rendere partecipe l’altro della gioia che vive. L’uomo non è fatto per tenere per sé, ma per offrire e trova la sua gioia nel  condividere.

Per questo alla fine del vangelo di Marco, che leggiamo anche oggi che è la sua festa, c’è un comando perentorio di Gesù, un comando che destabilizza, che non permette di stare chiusi nel proprio egoismo, ma apre all’inedito di Dio, alla sua novità assoluta: andate. Non si può star fermi quando hai visto che è giunta la pienezza dei tempi.

Gli apostoli hanno fatto molta fatica a entrare in questo ordine di idee. Già era sembrata di averla scampata bella quando hanno saputo che Gesù era vivo, che il Sinedrio non aveva detto l’ultima parola su di Lui; grazie a Dio lo avevano incontrato risorto, dopo i giorni bui della passione e morte.

Ecco, si dicono i discepoli,  adesso le cose sono state ben sistemate. Si sa chi ha colpa, si sa che Gesù è risorto e questo ci dà una grande serenità. Il male non vince, gli inferi sono spalancati. Questo Gesù ci ha veramente riconciliati con le nostre radici e ci ha anche aiutato a dare alla nostra vita la sua serenità. In questo stato d’animo si sarebbero adagiati i discepoli se non avessero avuto questo comando perentorio: andate. Non sono venuto al mondo solo per aggiornare la vostra vita religiosa, sono venuto a portare un fuoco e voglio che divampi. I confini del popolo di Israele sono troppo angusti, occorre prendere il largo; la mia casa è il mondo, la Parola  deve correre ovunque, la salvezza è per tutti. Non è questo oggi il continuo invito di papa Francesco?

 Lui proprio perché ci vede rinchiusi nei nostri spazi che rischiano di essere solo loculi continua a ripeterci “uscite”. Gli apostoli capiranno come obbedire a questo comando dalla vita, dalle persecuzioni. Paolo lo capisce quando in un processo che volevano intentargli i giudei si dichiara cittadino romano e per questo ha diritto di essere giudicato a Roma dall’imperatore e parte per Roma, dove annuncia Gesù, dove il vangelo prende  casa, nel cuore del mondo di allora.

Noi forse oggi dovremmo seguire di nuovo ancora questo invito, perché siamo in un mondo che vive ancora di guerre, che fa morire la gente di fame e di bombe ed essere anche solo annunciatori e operatori di pace, capovolgendo la corsa alle armi in corsa da chi muore ancora per fame. Non dobbiamo essere chiamati a combattere, ma a condividere, supplicando Dio e sua madre Maria di lasciarci ancora qualche spiraglio di pace, di non violenza, di perdono e di conversione.

Il mandato di andare è la scelta di Dio di abitare il mondo, dimostrando di non abbandonare nessun popolo, nessuna nazione.

25 Aprile 2022 – Festa di San Marco Evangelista
+Domenico

A Tommaso, la verità gli scoppia dentro

Una riflessione sul Vangelo della Domenica in Albis (secondo Giovanni : Gv 20,19-31)

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Audio della riflessione

“Non è ancora conclusa la giornata più confusa per quel manipolo di sprovveduti e impauriti che sono gli apostoli dopo che gli è stato ammazzato il capo”: così potrebbe scrivere un cronista impietoso e distaccato del lunedì, il giorno dopo il sabato, ancora per non molto, per i giudei.

E’ una giornata “strana”: si rincorrono le voci, chi dice di aver visto la tomba vuota, chi racconta di averlo incontrato di persona di avergli parlato … sono quasi tutti a raccontarsi una speranza difficile a crescere; è troppo lo sforzo del cuore per passare da quella tremenda visione del Calvario, da quel grido finale, da quella invocazione, per molti più disperata che fiduciosa, che avevano udito anche da lontano dove si erano nascosti: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”

Alla nuova notizia di averlo visto vivo, che si fa sempre più sentita, ripetuta, “scandagliata”, all’entusiasmo di Pietro e Giovanni, alla concitazione di Maria di Magdala che dicono, che squarciano il dubbio e aprono a una nuova certezza, ma stavolta piena, definitiva, perché nel cuore lentamente affiorano le parole di Lui, che parlavano di risurrezione e che per troppo tempo erano rimaste incomprensibili.

Era molto difficile far crescere questa speranza … a sera sono lì a farsi crescere l’un l’altro la speranza e arriva Lui: “Pace a voi!”.

Non è una rimpatriata dopo qualche grave incidente, ma è un inizio di vita nuova; non è assolutamente nemmeno una resa dei conti: ogni resa dei conti era lontanissima, anzi inesistente nel modo di pensare e sentire di Gesù, che invece rilancia di nuovo: “Adesso tocca a voi essere quel che io sono stato e sono per voi! Vi do’ il mio Spirito, che vi cambia dentro radicalmente! Vi do’ il mio cuore, vi trasmetto il mio miracolo di perdono. D’ora in poi sarete voi ad avere le chiavi del cuore, potrete distruggere il peccato, cosa che soltanto Dio può fare …

Ma non c’è Tommaso: è fuori ancora disperato, ancora chiuso nella sua desolazione. Entra, li vede tutti esaltati, gli si fanno attorno, non smettono di riferirgli con gli occhi, con il cuore, con il sorriso l’esperienza profonda del Risorto, che hanno fatto domenica scorsa (noi lo possiamo già dire, perché verrà chiamata  così sempre in futuro il primo giorno dopo il sabato) … e Lui: “a quel che dite, neanche se mi ammazzate ci credo. Siete tutti esaltati!” E’ una euforia collettiva che vi siete dati per sopravvivere, per eccesso di disperazione.

Qualche tempo dopo in piazza avrebbero detto di questo entusiasmo degli apostoli che erano già ubriachi di buon mattino … ma otto giorni dopo Lui, Gesù, il Cristo ritorna e guarda subito a Tommaso: volevi mettermi il dito nel posto dei chiodi? Volevi puntarmi la mano nello squarcio della lancia? Eccomi!

Da una parte Gesù che ama, capisce, si offre, dall’altra noi con la nostra dialettica, i nostri dubbi, i nostri continui ripensamenti, le emozioni contrastanti che oggi ci portano a credere e domani a rifiutare, con il velo pesante dei nostri comportamenti errati che ci tolgono la visione della verità, con le nostre fughe per non pensare, con le nostre fasciature fatte di ricchezze e egoismi, con le nostre intelligenze sviate …

E’ un attimo intenso quello di Tommaso: la verità gli scoppia dentro e si fa atto di purissima fede: “mio Signore e mio Dio!”. E’ fede pura, non è soprattutto e solo constatazione. Constatava davanti ancora un corpo con i segni della passione; Gesù risorto gli si dava a vedere e per Gesù era importantissimo che lo vedesse come il Crocifisso risorto. La fede nella risurrezione comincia proprio da qui. Tommaso dovrà fare ancora tanta strada come del resto tutti gli apostoli, per riorientare la propria vita alla fede nella Risurrezione. Colui che vede non è Gesù come prima anche se è il Gesù di prima. San Giovanni paolo II  alla GMG del 2000 ha chiamato questo incontro: laboratorio della fede, un laboratorio che è partito da una esperienza di impatto crudele con il Crocifisso a una apertura unica, nuova, definitiva del Risorto. San Tomaso, trascina anche noi con te e aiutaci a fare il salto dal Crocifisso al Risorto a vita definitiva nel Padre.

23 Aprile 2022 – Domenica in Albis
+Domenico

Il linguaggio della risurrezione -5 : testimoniate, andate, riempite il mondo di questa assoluta novità!

Una riflessione sul Vangelo del Sabato dell’Ottava di Pasqua (secondo Marco : Mc 16, 9-15)

Lettura del Vangelo secondo Marco

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.
Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.
Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».

Audio della riflessione

E’ scritto nel linguaggio della Risurrezione esigere un non fermarsi, non adagiarsi, non stare ad attendere, ma andare. Gesù  nel momento conclusivo della sua vita dice perentorio a tutti: andate. La vostra casa è il mondo. La gente di ogni razza si attende di incontrare la salvezza che voi avete incontrato. C’è un avvenimento sconvolgente che deve essere vissuto da tutti: il vangelo è una speranza per ogni uomo.

Nella intensità di un serio lavoro di ricostruzione della interiorità di ogni cristiano, in ogni cammino di conversione si deve inscrivere un movimento missionario, una andata nel mondo ad annunciare, proprio perché è Gesù che vogliamo imitare. Sono solito dire che il vangelo che abbiamo non è quello che abbiamo imparato o studiato, ma quello che sappiamo portare agli altri. A questo tende l’ultima riforma della curia romana fatta da papa Francesco. Per seguire il comando di Gesù: andate, occorre vita interiore, preghiera prolungata, affidamento totale alla misericordia di Dio, contemplazione di Gesù, conversione profonda che aiuta ad avere fiducia solo in Dio, che permette di approfondire le ragioni della propria fede, trovare la sorgente di speranze decisive per la vita di tutti. Noi crediamo nella risurrezione, per questo non temiamo la morte; noi sappiamo che Dio è somma giustizia, per questo amiamo gli ultimi; noi osiamo non spaventarci della croce, per questo sappiamo anche soffrire per una causa o una vita!

Beati tutti quelli che sanno prendere posizione per me: sarete insultati, messi fuori giro, davanti a voi spegneranno le dirette televisive, non sarete “trendy”, dovrete sempre ricominciare da capo … ma sappiate che io sarò sempre lì con voi, Io! Nella mia vita ho sempre fatto così e voglio essere la vostra felicità. Io, non le mie cose, o i miei pensieri, io nel massimo dell’intimità con le vostre vite. Sappiate che nel vostro andare c’è sempre la mia presenza: il cielo non è mai vuoto è sempre aperto sui vostri cammini in tutto il mondo.

Se siamo convinti che dobbiamo aprirci alla missione ci nascono allora alcune domande impegnative:

  • Che Chiesa è quella capace di spingere i credenti fino agli estremi confini?
  • Che formazione e celebrazione  deve offrire perché i giovani e gli adulti di oggi siano lanciati sugli orizzonti della missione? Quali sono gli assopimenti del mondo cristiano provocati dalla formazione e dalle celebrazioni che li costringono nei confini del gruppo e della parrocchia?
  • Chi insinua la mancanza di coraggio, il nascondersi dietro un dito, il mimetizzarsi di fronte alle responsabilità per un futuro di pace e di Vangelo, per un annuncio coraggioso di fede?
  • Che felicità offre la chiesa a questi giovani di oggi, spesso annoiati, diffidenti, pieni di domande, desiderosi di risposte e in fuga dalle comunità cristiane?
  • Che comunità cristiana deve essere? Quali percorsi può intraprendere, che figure educative deve avere? Quali aperture deve coltivare assolutamente necessarie e normali nella vita di una comunità cristiana, parrocchia o insieme di parrocchie?
  • Che libertà deve scavarsi dentro le nostre strutture per spaziare oltre i confini?

Ecco … se rispondiamo decisi e generosi a queste domande sogniamo il volto della chiesa e il ritratto del giovane e dell’adulto credente, perché la missione non sta dalla parte delle attività, ma dell’essere configurati a Cristo, dal viverne a fondo il mistero, dal far diventare esperienza vissuta la sua Incarnazione.

23 Aprile 2022 – Sabato dell’Ottava di Pasqua
+Domenico

Il linguaggio della Risurrezione 4: Tornare a vivere, ma più come prima

Una riflessione sul Vangelo del Venerdì dell’Ottava di Pasqua (Secondo Giovanni: Gv 21, 1-14)

Audio della riflessione

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Audio della Riflessione

Erano tornati a pescare …. è finito il tempo della avventura con Gesù: storditi dalla morte e dal dileggio dei benpensanti che vedevano negli apostoli dei poveri illusi avevano ripreso la vecchia amicizia e il vecchio sodalizio del lavoro … occorreva tornare a vivere! Avevano dentro la certezza della risurrezione, ma ancora non riuscivano a capire che toccava a loro fare quel che aveva fatto il maestro, che non potevano starsene più a casa loro a ridirsi “che bella esperienza che abbiamo fatto” e a sentirsi gratificati di una bella avventura che avevano vissuto … erano certo contenti di aver superato le umiliazioni e le frustrazioni interiori della Passione e morte di Gesù, il disprezzo e il senso di fallimento di quei tristissimi giorni, ma non era ancora nato in loro il futuro.

Cominciavano forse troppo presto ad aspettare il suo ritorno, come aveva sempre promesso e se lo immaginavano imminente, quasi a riempire il loro futuro … ma Gesù non li lascia soli, ritorna a definire mete grandi e a condurre la loro vita al largo: Gettate le reti dall’altra parte!

“Come? abbiamo lavorato tutta notte da professionisti, abbiamo raschiato inutilmente il fondo di questo lago e non abbiamo ricavato niente … adesso viene lui, questo turista sconosciuto, a darci consigli.”

La forza del comando di quell’uomo però li ha stregati … della serie “le abbiamo tentate tutte possiamo tentare anche questa” … non si erano accorti che era Gesù! Il primo ad accorgersene è Giovanni il più giovane, quello che ne era innamorato perso: l’amore pulisce la vista sempre, ti fa guardare col cuore, trapassa tutte le nebbie e le oscurità … quel che occhio non vede, cuore sente!

E Sono ancora loro due alla ricerca del risorto, sono ancora il vecchio e il giovane a ripetere la gioia di Pasqua, ma ora a definire le mete future: stavolta Giovanni intuisce e vede, e Pietro si tuffa nel mare e a nuoto arriva a Gesù: chi nuota concentra tutte le sue energie verso la meta, i suoi muscoli, la sua intelligenza … la sua forza, il suo sguardo, tutto il suo copro sono tesi verso il punto di arrivo: è una immagine della nostra vita che tende a Gesù … forse però noi impegniamo tutte le energie per fuggirne, per altre cose che crediamo felicità invece sono inganni.

A Pietro non sembrava vero di poterlo rivedere: era ormai lontano il tempo del tradimento; la fiducia che Gesù gli aveva dimostrato aveva già invaso la sua vita e … segnato il suo futuro; la speranza era diventata realtà e si cambiava in nuova speranza ogni giorno.

Mi permetto di dire – alla mia maniera: la presenza di Gesù era “in prestito”, perché la sua missione era finita con la Pasqua … per gli apostoli era quasi una preparazione agli “esami di riparazione”: uno scavare nel profondo per far posto alla irruzione dello Spirito o un allenamento ad udirne  la sua ispirazione che già lavorava nelle loro vite, nelle loro predicazioni e testimonianze, e aspettavano la partenza.

22 Aprile 2022 – Venerdì dell’Ottava di Pasqua
+Domenico

Il linguaggio della risurrezione – 3 :  Il risorto è il Crocifisso

Una riflessione sul Vangelo del Giovedì dell’Ottava di Pasqua (secondo Luca: Lc 24,35-48)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Audio della riflessione

Gesù risorge, è glorificato mentre risorge e già abita in Dio, ancora il giorno di Pasqua! La sua permanenza “da risorto” nella vita degli apostoli e della prima comunità cristiana ha uno scopo molto importante: insegnare il linguaggio della risurrezione, non tanto per capire – nel senso di possedere, chiudere nei nostri significati e menti – il Risorto, quanto per aiutare meglio a mettersi in relazione con Lui, con il Risorto.

La prima tentazione umana era quella di pensare a un Gesù che vive “in spirito” come continuazione della vita dell’anima che avviene per ogni creatura: sicuramente diverso da prima, entro una dimensione spirituale … il fatto invece incontrovertibile, necessario, pena rendere “evanescente” la risurrezione di Gesù, è che il Risorto è proprio colui che è stato Crocifisso, per cui appare con i segni della passione e per far capire questo si rimette come loro a mangiare e a seguire la pesca.

Il risorto è l’elevato, il “trasfigurato”: la risurrezione dai morti è “essere elevato”, quindi non è un ritorno alla vita terrena! Potremmo dimostrare con tanti testi scritturistici che elevazione e risurrezione non sono sinonimi, ma che l’elevazione è la meta e lo sviluppo della Risurrezione.

Si riesce a capire meglio quel che Gesù dice a Maria Maddalena: “non mi toccare perché non sono ancora salito al Padre mio” … risorgere vuol dire essere in cammino verso la elevazione, ma l’elevazione prende corpo già nella risurrezione.

In conclusione, si può dire che con la Risurrezione di Gesù Dio ha strappato al dominio della  morte Colui che è morto sulla croce ed è stato sepolto, e lo ha innalzato alla potenza e alla gloria della vita in assoluto, quindi la risurrezione di Gesù Cristo è l’ascesa di Gesù Cristo morto alla potenza della vita di Dio.

Con la consapevolezza che i Vangeli sono stati scritti dopo la Risurrezione di Gesù, Luca ha buon gioco a presentare Gesù per quel risorto che è, e quasi – dico io – si diletta a riproporre fatti che avevano caratterizzato la sua vita di prima del Calvario, la comunione con i suoi apostoli, la costante compagnia con la gente, gli stessi tentativi di Gesù di far capire ancora prima degli eventi che sarebbe stato ucciso, ma che sarebbe stato il risorto, l’”elevato”, il “trasfigurato”.

La risurrezione dai morti è essere “elevato“, quindi non è un ritorno alla vita terrena!

21 Aprile 2022 – Giovedì dell’Ottava di Pasqua
+Domenico