La fede può avere una malattia: oligopistia, fede piccina,piccina

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 14, 28-31) dal Vangelo del giorno (Mt 14, 22-36)

…Pietro allora gli rispose: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Ed egli disse: “Vieni!”. Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”. E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.

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Ti capita spesso di partire deciso, spavaldo, senza calcoli, convinto e poi perdere ogni ragione valida del tuo percorso. Resti fermo a metà strada, perdi ogni stimolo, cerchi invano motivi, ti senti vuoto e ti fermi. E’ il classico mettere mano all’aratro e voltarsi indietro. Pietro l’aveva provato sulla sua pelle quel giorno che deciso aveva chiesto a Gesù di poterlo raggiungere camminando sull’acqua; lo guardava fisso ed era talmente intenso lo sguardo, l’attrazione, il fascino che non ammetteva distanza o separazione da Gesù. Era stato in intimità con Gesù, aveva capito quanto fosse grande la sua forza e l’entusiasmo si cambiò in domanda, la domanda in passi sicuri. Aveva in breve tempo risposto alla sua domanda o meglio alla sua sfida: se sei tu. Aveva sperimentato che era lui, aveva dato risposta a una sua curiosità, diventata provocazione, assolutamente molto lontana ancora dalla fede, da quell’abbandono fiducioso senza riserve, senza se e senza ma, affidamento di un figlio al Padre. In questa fede da sfida si nasconde già il suo possibile tradimento nel cortile del pretorio. Questa fede approssimata non lo tiene a galla abbassa gli occhi su di sé, si trova quel pover’uomo che siamo tutti e comincia ad affondare. Si sente davvero quel fragile uomo che è e si mette a gridare. Ora è il grido della fede e non della sfida o della pretesa o del miracolismo.

Solo una vera fede in Gesù poteva sostenerlo. Ma poco a poco è venuto meno quello sguardo fiducioso, si è incrinata la certezza, si è inscritto il dubbio. E Gesù, non solo in questa occasione, ma anche altre volte gli si rivolge, e si rivolge a tutti noi, chiamandolo uomo di poca fede. E’ una malattia che abbiamo tutti: in greco i vangeli la chiamano oligopisti’a, fede piccola, piccola. Siamo malati di poca fede, quando ci vogliamo sostituire a Dio, quando crediamo di essere noi i padroni della nostra vita, quando ci sentiamo il centro di tutto. Siamo malati di poca fede quando la riduciamo a ricetta per risolvere i nostri mali, a scaramanzia per le possibili disgrazie, ostentazione delle nostre sicurezze. Allora svanisce l’abbandono in Dio,  non abbiamo più lo sguardo fisso su Gesù, lo abbassiamo alle nostre debolezze, ci fa paura l’impegno, ci assilla la sicurezza e cediamo. Ci rintaniamo nelle nostre visioni da miopia. Pietro forse voleva tentare il Signore, mettere in campo un po’ di spavalderia, ma Gesù lo prende sul serio, rende vero l’impossibile se tu ti abbandoni in Lui. La fede non è una quantità, ma un modo di collocarsi nei confronti di Dio, una dimensione profonda dell’esistenza che non si misura a chili, ma a gesti di affidamento totale, a dialoghi fiduciosi, ad abbandono convinto senza riserve, a fiducia in un papà. E noi vogliamo sempre sentirci amati da Dio, affidati a Lui, fiduciosi del suo aiuto, accarezzati dalla sua mano, affascinati dalla sua bontà che non ci abbandona mai.

2 Agosto 2022
+Domenico