L’ amore e la fede non sono mai una abitudine

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10, 13-16)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».

L’abitudine è una grande facilitazione nella vita, ma è anche un grosso rischio e pericolo. E’ chiaro che ogni giorno dobbiamo fare press’appoco le stesse cose; ci vediamo, ci salutiamo, ci diciamo i nostri bisogni e sentimenti, parliamo dei nostri interessi comuni. Mettiamo spesso il pilota automatico per fare le stesse cose ogni mattina: levata, colazione, bacetto, automobile, giornale, caffè, coda, entrata in cantiere o in ufficio, saluto, tuta, cartelle o attrezzi, lavoro…

Sarebbe impossibile tutti i giorni fare queste cose se ad ognuna di esse dovessimo pensare, ragionare, decidere scegliere. Se ogni mattina il papà o la mamma dovesse sedersi ai bordi del letto, farsi portare una margherita e stare a strappare petalo dopo petalo per decidersi se andare o no a lavorare. Ci sono delle leggi che abbiamo scelto di seguire ragionevolmente e che poi diventano una sana abitudine della nostra vita.

 Non è così invece dei sentimenti, dell’amore, della fede. Sono realtà che hanno bisogno di essere sempre di più portate a coscienza altrimenti non esprimono più la verità dei loro significati. Non ci si può abituare ad amare una persona, occorre vederla sempre con occhi nuovi, non si può mettere il pilota automatico alla fede altrimenti diventa solo ritualismo.

Ai compaesani di Gesù era capitato così del rapporto con Dio: si sentivano di avere Dio in tasca, pur sempre con il grande rispetto tipico della loro sensibilità religiosa. Non avevano più le orecchie attente alla Parola, non era disponibili più a lasciarsi sorprendere dalla bontà e dalla creatività di Dio. Il rapporto con Lui era in certo modo ingessato, come lo è per tanti di noi la vita di coppia, la vita di famiglia, le relazioni con i colleghi, la stessa pratica religiosa.

La fede, l’amore hanno sempre invece bisogno dell’intelligenza, della dedizione, della capacità di dare il meglio di sé. Se certe famiglie potessero godere di condizioni di vita affettiva come ce n’è in tante sarebbero felici, invece in molte le stesse condizioni portano alla noia. Se a Tiro e Sidone, due città del Libano, fossero capitate le cose che avvenivano a Nazaret, si sarebbero mobilitate per dare spazio alla novità che era Gesù. Invece la nebbia della autosufficienza o della routine lo hanno emarginato. Noi abbiamo speranza di essere sempre nuovi, perché la fede in Gesù ha questa carica quotidiana di novità e quindi di rinnovamento della vita.

30 Settembre 2022
+Domenico

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Gesù chiama in causa gli angeli

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 47-51)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Audio della riflessione

Oggi festeggiamo gli arcangeli, tra i più nominati nella Bibbia, e che fanno parte attiva nella storia della salvezza: l’Arcangelo san Gabriele che annunciò a Maria l’Incarnazione di Gesù, l’arcangelo Michele lottatore invincibile contro il demonio e l’Arcangelo Raffaele, medico e salvezza per Tobi e Tobia.

Nel  Vangelo della  Messa ci viene presentata la bella figura di un apostolo, Natanaele, e alla fine una frase che spesso non si commenta e che invece oggi nella festa degli Arcangeli, ci presenta Gesù ancora più centrale e determinato nella vita del mondo.

Eccola: “Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».”

Nel testo biblico in genere alcune parole di questa frase sono scritte in corsivo: significa che si tratta di una citazione dell’Antico Testamento! E’ un modo per aiutarci a capire che quelle espressioni sono un riferimento a un altro testo. Si tratta del riferimento al sogno di Giacobbe che in quella notte a Betel “fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa” (Gen 28,2.

Nel testo del Vangelo di oggi non si parla però di una scala, ma la parola scala è sostituita con “Figlio dell’uomo”.

Gli angeli di Dio salgono e scendono sopra il Figlio dell’uomo. Questa è una immagine di Gesù, che Gesù dice di sé, importantissima: cristo è presentato come la scala di Giacobbe. Quello che simboleggiava il tempio con una grande scala che collega cielo e terra, è realizzato pienamente nella persona di Gesù, Figlio dell’uomo, personaggio glorioso e trascendente, ma concretamente umano! E’ Gesù che collega cielo e terra e gli angeli sono al suo servizio.

Natanaele, che conosceva la bibbia, dopo questa affermazione di Gesù non si sarà più permesso di dire che cosa di buono può venire da Nazaret

Proprio perché è Gesù, che rivela Dio: il cielo aperto esprime appunto la comunicazione, la rivelazione: Dio apre il proprio ambiente e si comunica.

Gli angeli allora non sono eliminati, hanno una grande importanza nella storia della salvezza e sono messi in rapporto a Cristo.

Il collegamento fra cielo e terra è fatto da Gesù Cristo, Dio fatto uomo, e gli angeli di Dio continuano a salire e scendere su di lui.

Quindi, come circondano il Signore delle schiere, così gli angeli circondano il Cristo e lo circondano come collaboratori dell’opera di salvezza, suoi ministri che ascoltano la sua parola e fanno il suo volere.

Un posto così chiaro agli angeli, detto da Gesù, dovrebbe confondere tutti quelli che parlano degli angeli come delle fantasie, pie invenzioni per i bambini.

Qui restiamo confusi come Natanaele forse, ma ci affidiamo agli arcangeli come collaboratori di Gesù e portatori della sua salvezza, segno della protezione e salvezza portata da Gesù.

Molti oggi, con questo Vangelo, celebrano soprattutto la figura dell’arcangelo san Michele che è colui che ha ingaggiato una guerra contro gli angeli disobbedienti che furono sconfitti e diventarono demoni e lui è sempre rappresentato con ai piedi il capo dei demoni  e con una spada in mano per distruggerlo, tenerlo a bada.

Molte parrocchie hanno voluto dedicare a lui la chiesa, la parrocchia, prendersi il nome, proprio per volersi difendere sempre dal demonio, dallo spirito del male, che ancora oggi nel mondo porta un mare di guai.

Non diciamo questo per non prenderci le nostre responsabilità: siamo sempre noi che cediamo alle tentazioni, ma abbiamo bisogno di essere sostenuti e difesi.

Ci sono dei mali inimmaginabili umanamente, eppure persone umane li escogitano e mettono in atto con cattiveria efferata: la colpa è nostra, ma la tentazione ci viene anche da questo spirito del male da cui proprio con molta preghiera possiamo difenderci.  

Fino a pochi anni fa dicevamo sempre alla fine di ogni Messa:

San Michele Arcangelo, difendici nella lotta;
sii nostro aiuto contro la cattiveria e le insidie del demonio.
Che Dio eserciti il suo dominio su di lui,
supplichevoli ti preghiamo:
tu, che sei il Principe della milizia celeste,
con la forza divina rinchiudi nell’inferno Satana
e gli altri spiriti maligni
che girano il mondo
per portare le anime alla dannazione.
Amen.

Sicuramente avete fatto una volta nella vita un pellegrinaggio al bellissimo e antico santuario di san Michele Arcangelo in Puglia, in quella grotta sotto la roccia dove si venera il prototipo delle statue di san Michele Arcangelo, meta di tanti pellegrinaggi fin dall’antichità.

La leggenda dice che c’è una misteriosa e suggestiva Linea Sacra di San Michele che  taglia l’Europa per oltre 2.000 km, collegando sette monasteri dedicati all’Arcangelo.

I tre monasteri più importanti sono quelli di Mont Saint Michel in Francia, la Sacra di San Michele in Val di Susa e il Santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano, che peraltro sarebbero tutti posti alla stessa distanza.

29 Settembre 2022
+Domenico

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Che significa allora seguire definitivamente Gesù?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 57-62)

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Audio della riflessione

Mettersi sulla strada della imitazione di una persona che ci ha entusiasmato, che abbiamo capito essere il nostro tipo, colui che ci dà vera soddisfazione esige certo degli impegni e se vogliamo essere come lui ci tocca fare talvolta i salti mortali. E’ così per diventare uno sportivo di valore, un atleta, uno scalatore, uno scopritore di invenzioni utili all’umanità, un pittore, un poeta…

Luca ci aiuta a seguire fino in fondo Gesù. A chi crede che seguire Gesù sia come andare a una festa, lui stesso ci dice “Il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Ogni persona ha un suo posto nel mondo, la tana la volpe, il nido l’uccello, un maestro garantisce il successo a chi frequenta le sue lezioni… solo Gesù ha l’audacia di chiamare tutti e non offre a nessuno una ricompensa in questo mondo, perché la sua vita è diretta al Calvario. Non è possibile conciliare la sua sequela con i vecchi obblighi di questo mondo: aver cura del padre e comportarsi bene in famiglia. La risposta è tagliente: seguire Gesù comporta un sì assoluto, incondizionato, totale.

La verità delle nostre realtà mondane e la verità del Regno non si possono conciliare come due elementi di un’unica verità più ampia. La vocazione cristiana è l’invito per tutti ad avere in dono il regno di Dio e ad assumersi il suo destino di fedeltà e sofferenza. A chi ha il coraggio di accompagnarlo Lui offre quello che ha: la via della croce, la solitudine la sofferenza.

Il regno è superiore alla famiglia; l’amore di Dio sorpassa tutti gli strati dell’amore per i fratelli, per i genitori. Di fronte a Gesù occorre superare tutti gli strati dell’amore  per i fratelli, per i genitori, tutti i piani della vita dell’uomo nel mondo.

Solo quando si sarà scoperto questo mistero. Quando l’amore e la sofferenza del regno proposto da Gesù, il famoso regno di Dio, appariranno nella loro profondità trasformante e salvatrice, si comprenderà il valore del padre e della madre; allora non si offrirà loro il semplice affetto biologico e chiuso di una famiglia in questo mondo, ma tutto il mistero dell’amore profondo e distaccato che Gesù ci volle trasmettere.

Lo stesso vale per il mettere mano all’aratro che significa in gergo decidersi in modo totale e definitivo. Il regno di Gesù non è un miscuglio fra il si e il no, ma un accettare il rischio, il rischio del vangelo. Se si accetta questo rischio allora si può riconquistare la vera famiglia, per amare con tutto l’amore e il sacrificio che la via di Gesù ci ha offerto.

Il regno di Dio è una prospettiva di vita che non cancella i nostri sentimenti, gli affetti semplici e naturali, ma li fa più forti e più veri; questo solo vuol dire “più cristiani”. Sappiamo tutti che una vera vita di famiglia trova prima o poi il suo Calvario e lì c’è sicuramente Gesù che non ci lascia soli e senza grinta.

28 Settembre 2022
+Domenico

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Viene anche per Gesù la stagione delle scelte definitive

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 51-56)

Lettura dle Vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Audio della riflessione

In ciascuno di noi, in ogni uomo o donna esiste un tempo della nostra vita cui ci si prepara con tanto impegno di energie, di tempo, di lavoro o studio, di passione. E’ un momento decisivo che ti fa percepire che c’è di mezzo il senso di tutta la tua esistenza. Spesso ce ne accorgiamo molto dopo che era una esperienza definitiva e rimpiangiamo o di non esserci ben preparati o di non averle dato tutta l’importanza che meritava.

 Per Gesù fu molto chiaro il momento di accelerare i tempi e di arrivare a concentrarsi  tutto alla vera meta della sua vita: andare a Gerusalemme e lì subire i processi del mondo religioso e politico, dare la propria vita fino all’ultima goccia di sangue e ricevere in dono la Risurrezione. Tutto per il bene, la salvezza, di ogni creatura, uomo o donna, orientale o occidentale, ricco o povero, intelligente o con scarsissime qualità intellettuali.

Luca nel suo vangelo lo fa percepire con queste semplici parole: mentre stavano per compiersi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme. Nella esigenza di dedicarsi totalmente alla sua missione nella povertà di trovarsi solo e indifeso di fronte alla morte si è realizzata la vera missione di Gesù; la sua squadra di apostoli che si era scelto rischieranno anche loro di soffrire per gli altri e di dedicare la loro vita al lavoro cominciato da Gesù.

Il vangelo di Luca, da questa frase in poi, è dedicato a dare una struttura sempre meglio definita al lavoro degli apostoli sullo sfondo concreto del cammino di Gesù, verso la morte. Solo su questo sfondo acquistano il loro vero senso la sequela, la speranza, la povertà e l’amore che si volge agli altri, la contemplazione della grande misericordia del Padre, la consapevolezza di stare a cuore a Dio Padre, la decisione di mettersi nel suo progetto… E questo deve essere il tipo di formazione di ogni cristiano che decide di imitare Gesù nella sua missione.

Comincia il cammino di Gesù e devono imparare a sopportare la sofferenza con pazienza accettando il rigetto dei samaritani, che non li vogliono accogliere, mentre loro i discepoli li vorrebbero bruciare. Giacomo e Giovanni strumentalizzerebbero anche il fuoco del giudizio di Dio per far prevalere la loro forma di condanna sul mondo. Ciò non ci scandalizza se vediamo ancora tanti cristiani che di fronte alle grandi ingiustizie sociali, il male e l’iniquità dilagante chiedono la punizione divina.

 Dimentichiamo troppo presto che la via di Gesù è diversa: non si tratta di far soffrire gli altri, ma di accettare il nostro dolore come contributo alla loro salvezza, non si tratta di sradicare il male, ma di trasformarlo in bene per mezzo della  Croce. L’unico fuoco che è stato offerto a noi per il giudizio sul mondo è quello dell’amore verso gli altri fino alla fine, proprio come ha fatto Gesù.

27 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica

Chi è il più importante nella  chiesa?  E chi ne è fuori?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 46-50)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

Audio della riflessione

Secondo una mentalità del tutto “normale” e mondana … è più importante chi ha maggior responsabilità, chi ha funzioni chiave … in uesta oganizzazione, chi sta ai vertici della organizzazione…

… invece Gesù, come sempre, è tagliente: il più importante è semplicemente il più bisognoso, il bambino, l’indifeso! I bambini non sono più importanti, perché sono più buoni, innocenti, perché fanno tenerezza, ma perché sono “poveri”: hanno bisogno degli altri, non possono provvedere a se stessi e così sono più importanti i più dimenticati, indifesi, i poveri! Sono quelli che sono al centro delle preoccupazioni dello stesso Gesù e continueranno ad essere il centro della sua Chiesa.

Questo significa che la Chiesa non è fondata sul valore delle persone che la compongono, ma sulle necessità e la miseria di coloro che hanno bisogno di aiuto!

Il movimento fondamentale che la sua Chiesa deve avere è quella forza di espandersi che la costringe ad uscire da se stessa e offre il suo aiuto a coloro che ne hanno bisogno, dentro e fuori le sue file.

E’ grande chi si è fatto piccolo: vuol dire che chi aveva la capacità di agire per cercare il suo bene e mirare al suo vantaggio, ha lasciato tutto e si è fatto piccolo per servire gli altri.

Insomma, chi sta dalla parte di Gesù è uno che ascolta la sua parola e riceve l’aiuto che Dio gli offre e nello stesso tempo è uno che aiuta i piccoli: li aiuta e li accoglie e vive con la preoccupazione degli altri e si fa piccolo per servirli.

 In questa prospettiva si capisce ancora meglio che chiunque vive così, anche se non fa parte della Chiesa, fa parte del regno di Dio!

Il Vangelo è un dono aperto: tutti hanno la possibilità di viverlo!

La Chiesa è serva non è padrona del messaggio di Cristo: importante non è il trionfo della Chiesa o il vantaggio che ne deriva ai cristiani, quello che vale è che la forza e la verità del regno di Dio si propaghino fra tutti gli uomini e le donne del mondo, quindi chiama in causa continuamente la nostra apertura, la nostra capacità di essere luce, il nostro dovere di proporre a tutti la bellezza della vita di Gesù.

26 Settembre 2022
+Domenico

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L’evidenza del nostro futuro è affidarsi alla  Parola di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 16, 19-31)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Audio della riflessione

Che cosa può aiutare l’uomo a capire che deve impostare la sua vita sull’eternità e non sulla caducità? Come si può insegnare saggezza a chi è sepolto nella superficialità e non vede oltre le proprie soddisfazioni materiali? Come perforare il quotidiano e vedervi le tracce della vita piena, eterna, nelle braccia di Dio? Esiste davvero un al di là o è la proiezione dei nostri desideri e delle nostre frustrazioni ? E’ possibile fare un viaggio in questo regno misterioso, per toccare con mano ciò che ci aspetta. Perché l’uomo deve sempre vagare in questo buio e in questa indeterminatezza? E’ l’eterna domanda: Dio esiste? È un padre buono? Dove sta? Come possiamo incontrarlo? C’è una giustizia a questo mondo? Chi ne fa il garante?

La tentazione subdola è quella di pensare che per dare risposta alla nostra vita ne dobbiamo uscire; non ci basta quello che siamo, ma vogliamo il meraviglioso, il sorprendente, il miracolistico. La nostra tendenza è sempre quella di non usare la nostra libertà, di cercare evidenze a basso prezzo; è la ricerca della verità a buon mercato, è rinunciare alla forza della nostra umanità che ha in se la capacità di leggere con acutezza i segni della vita.

Il ricco sfondato, non chiamato nemmeno per nome, di là sarà senza scorta e senza banca, il poveraccio Lazzaro, che tutti scartavano, sarà nel seno di Abramo, dice il vangelo. Ma questa non è una fantasia o un pronostico, è la verità più consistente della nostra vita. Proprio perché nell’eternità è Dio il centro e la pienezza, il regno di Dio è già descritto bene dalla Parola di Dio. E questa a noi basta; chi non sa fidarsi della Parola di chi gli vuole bene, ha scritto nella sua coscienza l’affanno e la disperazione.

Sperava di cambiare prima o poi, ma alla fine la vita ha deciso per Lui, si è ritrovato con la sola compagnia dei suoi soldi che di là proprio non servono, serve solo essersi abituati a confidare nelle braccia del Padre e quelle sicuramente le trovi sempre pronte a riceverti. Questo è il premio: non dobbiamo aspettarci nessuna rivendicazione, nessuna offerta di pan per focaccia, ma la certezza di essere amati da Dio. E questo colma ogni attesa e ogni sofferenza umana. Questo non è frutto di miracoli o di magie, di apparizione di morti che vengano a convincerci dell’aldilà. Ci abitueremmo anche a quelli, ce ne vorrebbe uno ogni giorno a dirci che stiamo sbagliando e non ci crederemmo. E’ come nell’amore: la richiesta di un segno speciale, di una prova per avere la certezza dell’amore, distrugge l’amore, proprio perché lo mette nel circuito del possesso e non del dono. La parola di Dio invece è sempre tra noi e fa crescere ogni giorno di più la speranza di poterlo godere nell’infinito che ci attende.

Il ricco epulone, vuole che anche i suoi fratelli siano ingannati come lui, perché chiede le cose miracolose che si illude possano far cambiare la testa  e non l’hanno cambiata nemmeno a lui.. Anche Gesù nel deserto fu tentato dal diavolo, che nella sua strategia stravolgeva anche la Parola di Dio, per far prevalere la tentazione del potere. La Parola di Dio invece nella sua semplicità ci garantisce che Dio è sempre fedele. Le prove cercano certezza non verità.

25 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica

Il messia non è senza sofferenza, ma ne è sicuramente la fine

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 43b-45)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

Audio della riflessione

Incombe spesso sui nostri giorni la paura di qualche evento tragico, tanto siamo abituati alle disgrazie, a sentire cattive notizie, a sperimentare una estrema fragilità della nostra vita. Questo sentimento ci prende soprattutto quando pensiamo a persone care in pericolo. 

Gesù viveva una intensa amicizia e godeva di una grande fiducia da parte degli apostoli, che gli si erano stretti attorno e condividevano anche i suoi progetti. Quel giorno che disse loro che doveva essere messo nelle mani di gente che l’avrebbe ucciso si rifiutarono di capire, ma rimase in loro questo sentimento di paura, che veniva ad interrompere la lor spensieratezza e la certezza di aver scelto una strada definitiva per la propria vita. ma la strada definitiva del cristiano passa sempre attraverso la croce.

Loro non lo sapevano … l’avrebbero imparato entro una grande fragilità, che ha provocato la loro fuga: avevano paura ad affrontare l’argomento “croce”, come abbiamo paura spesso noi quando andiamo a visitare gli ammalati e riempiamo la bocca di tante false promesse, di tanti modi di dire e non abbiamo mai il coraggio di passare assieme a chi soffre attraverso il suo dolore dalla parte della speranza, della consolazione vera, della apertura alla morte redentrice di Cristo.

Dio è diverso da quello che ordinariamente pensano gli uomini: la rivelazione di Dio nella sofferenza di Gesù scandalizzò allora i suoi discepoli e non ci meravigliamo se noi oggi continuiamo a scandalizzarci.

E’ così anche per noi, per il nostro vivere quotidiano: abbiamo paura di soffrire … ed è giusto, ma non possiamo perdere la speranza noi cristiani, perchè la sofferenza non è mai l’ultima parola sulla nostra vita, come lo è stato per Gesù.

Il dolore è un misterioso evento che cambia il nostro cuore, che mentre fa soffrire redime, rinnova, dà saggezza e pace, soprattutto se lo viviamo unti al dolore di Cristo.

Quando soffriamo abbiamo una certezza: siamo in compagnia sempre di Gesù, che ci apre il cielo per dare senso alla nostra terra.

24 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica
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La pienezza della speranza è la sofferenza, morte e risurrezione di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 18-22)

Lettura del Vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Audio della riflessione

Ogni persona, soprattutto se si fa cristiano si pone la domanda: chi è Gesù per me? su che cosa o soprattutto su chi imposto la mia vita? Oggi c’è un massimo di indeterminatezza che noi chiamiamo libertà di credere o non credere,  ma soprattutto una tendenza a fare a meno di Dio e di Gesù. Gesù fece questa domanda ai suoi discepoli, a chi ne era attratto e lo seguiva. Cominciò in maniera leggera chiedendo: la gente che dice di me? per loro chi sono?

Non voleva certo sapere l’indice di gradimento o fare una indagine sulla sua popolarità, ma arrivare a far dire a loro chi era Lui per ciascun discepolo; se lo relegavano ancora al passato pure glorioso del popolo di Israele, sempre in attesa del messia, su un piano senza Pasqua o sul piano vero del messia non più atteso, ma sperimentabile in carne e ossa in Lui. Certo a questa collocazione mancava la dura consapevolezza che Gesù, il messia, avrebbe sofferto la durissima opposizione del Sinedrio, dei capi del popolo, degli scribi e farisei e, sobillati da questi, anche del popolo. Doveva loro annunciare la sua passione, morte e risurrezione, la sua vera identità di messia. Questa conoscenza e consapevolezza esigeva una fede cristallina, forte, piena nella persona di Gesù.

La parola messia in Lui cambiava senso, non più un trionfatore, un vincitore nelle battaglie della vita, uno che annienta nemici personali su cui comandare e imporre leggi e costrizioni, e far capire che Dio manifesta la sua presenza attraverso la via di fedeltà umana di Gesù in cui solo attraverso l’accettazione della sofferenza e della morte acquista senso la pienezza della speranza che è la Risurrezione.

E’ validissimo ancora il titolo di Messia, ma va completata con l’espressione Figlio dell’uomo, che in questo contesto significa che Dio si china su di noi, si mette nella nostra vita e prende su di sé la sofferenza degli uomini e la trasfigura dal di dentro. Non significa allora confessarlo semplicemente Messia come ha affermato Pietro, ma è necessario seguirlo sulla via della fedeltà in mezzo alla sofferenza e fino alla morte.

Gesù è un Salvatore non attraverso trionfi imperiali, ma attraverso il dono della vita per le persone umane da salvare, una consacrazione nel sangue e nella croce. Essere cristiani è vivere una vita in salita, coraggiosa, decisa, alla poratat di tutti perché Gesù non fa mancare il suo personale aiuto e forza.

23 Settembre 2022
+Domenico

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Questo Gesù chi è? La risposta non può essere di incasellarlo nei nostri loculi del passato

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,7-9)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.

Audio della riflessione

Tornato nel paesello in cui sono nato dopo più 25 anni di assenza, non conoscevo più nessuno delle giovani generazioni … l’unica possibilità era di scorgere nei volti dei giovani o dei ragazzi la somiglianza con il papà o con il nonno o gli zii, ma questo me li ha fatti incasellare nei miei “moduli conoscitivi”.

Solo con la frequentazione e l’ascolto sono potuto entrare in una passabile conoscenza, buttando via i miei facili schemi e caratterizzazioni.

Capitava questo anche alla gente che vedeva e sentiva parlare di Gesù … e alla sua domanda “chi dice la gente che io sia” le risposte facevano la panoramica nelle “caselle” che ogni pio ebreo aveva costruito dei personaggi cui si ispirava o che avevano detto nella loro vita o fatto predicazioni apocalittiche, di interpretazione del futuro: è il caso della attribuzione a Gesù di essere il profeta Elia! Il carattere di Gesù, la  predicazione di Elia , la sua missione assomigliava a quella di Gesù, lo rendeva molto simile a lui … o l’attribuzione ad altri personaggi dell’Antico Testamento o delle tradizioni giudaiche che non sarebbero morti. Queste attribuzioni sicuramente non erano il parere della prima comunità cristiana, ma delle comunità giudaiche che tentavano di chiudere Gesù nei loro piccoli e persistenti gruppi religiosi, scartando ogni novità che potesse esprimere Gesù con il suo messaggio, intestardendosi a negare la sua divinità! La stessa equiparazione al Battista – a Giovanni il Battista – al suo slancio profetico interrotto dal suo assassinio è un tributo al Battista come profeta escatologico, ma non l’immagine più vera di Gesù.

Erode non ci crede, ma trema a dover pensare che Gesù sia il vendicatore del Battista!

Gesù, nella sua domanda, voleva arrivare a sentire che cosa pensassero di Lui i suoi discepoli e gli apostoli: tutte le difficoltà  a far capire loro che sarebbe morto, avrebbe patito, sarebbe stato condannato non potevano essere risolte se in loro non fosse esaltata – direi – la sua figura di Figlio di Dio.

A ciascuno di noi l’impegno a scrutare i vangeli, pregare lo Spirito perché scriva in noi l’immagine più vera di Gesù, Figlio di Dio, come dirà Pietro!

Anche noi ci teniamo i nostri dubbi, le nostre tergiversazioni, dopo due millenni di cristianesimo! Dobbiamo invece sentirci chiedere da Gesù “Io per te chi sono?” e rispondere sempre con la nostra vita.

22 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione televisiva
Trasmissione Radiofonica

Gesù chiama, sconvolge, scandalizza, ma non impone e insegna sempre

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 9-13)

In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Audio della riflessione

Come sempre una chiamata personale, proprio a te, ti destabilizza, ti sorprende, ti spinge a pensare, a prevedere nuovi scenari per la tua esistenza, a calcolare le tue forze, a misurarti con te stesso, a cercare di capire il perché proprio te hanno chiamato… penso ai giocatori per una squadra importante, a un giovane che ha fatto richiesta di lavoro, a una proposta di amicizia, soprattutto a una richiesta di matrimonio già nell’aria, ma mai confermata… insomma venire chiamato per essere coinvolto è qualcosa che tutti ci aspettiamo nella vita.

Gesù fa così con ciascuna creatura e  ha fatto così con l’apostolo Matteo: era un pubblicano, che per gli ebrei era sinonimo di peccatore, proscritto dalla società giudaica come una delle persone che si erano “vendute a Roma”, un collaborazionista, segnato a dito quando passava per le strade, da non frequentare affatto! Un peccatore pubblico riconosciuto come tale dal popolo.  

Sicuramente senza i presupposti psicologici sui quali noi insistiamo tanto, aveva anzi i presupposti contrari! Si vede ancora di più la ragione determinante sempre di Dio quando chiama, quando fa l’elezione, le scelte dello stesso suo popolo e anche di tante persone destinate ad assumere una particolare missione: nella Bibbia è sempre così! E’ la legge dell’amore che comanda, senza meriti precedenti che la possano giustificare … e la risposta viene data nella piena libertà e ubbidienza che diventa l’ubbidienza della fede.

Ecco del perché dello scandalo dei farisei, quando videro Gesù seduto a mensa in mezzo a loro: che credenziali poteva avere Gesù di fronte al popolino, con queste frequentazioni? Soltanto le nuove credenziali dell’amore di Dio! Dio, come Gesù si dà pensiero del peccatore più che del giusto, e noi siamo tutti peccatori.

Qui non c’è un inno al peccato né una giustificazione del peccatore: Gesù vuole liberare e perdonare il peccatore,  non considerarlo come un nemico, come facevano i teologi del tempo.

Gesù chiama nella massima libertà di Dio, e l’uomo – in questo caso Matteo – risponde liberamente nella profondità della sua umanità.

21 Settembre 2022
+Domenico