Fatti dono sempre e Dio ti colmerà della sua vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc, Lc14)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse poi al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

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Sappiamo dalla storia e dalla nostra esperienza che le persone sono soggetti attivi, stabiliscono relazioni vicendevoli, ci si aiuta e si diventa un poco tutti interdipendenti. Gesù ci dice che in questi scambi e relazioni, in questa festa della vita la legge definitiva non può mai essere lo scambio, un “do ut des: ti invito perché anche tu mi inviti, ti aiuto, perché prevedo di averne bisogno anch’io di te. Questi atteggiamenti trasformano il mondo in un affare, in un continuo scambio obbligato di favori e piaceri, se non addirittura un mercanteggiare su tutto. Gesù invece dice che i nostri rapporti devono essere incentrati sull’amore. Invita quelli che non potranno mai restituirti il favore, aiuta il povero, offri quello che hai senza pensare a una qualche ricompensa.

Se agirai in questo modo, avrai l’impressione di aver perduto qualcosa, mentre invece stai creando attorno a te l’immagine di quel regno decisivo, che è il dono di Dio che guarisce, un dono di Dio che offre tutto quello che ti fa star bene, un regno di Dio che offre tutto quello che ha ai diseredati. Chi si offre solo in maniera mercantile ti dirà che sei pazzo, che non sai vivere con i piedi per terra. Gesù invece ci dice che questo tuo gesto porta la verità del regno di Dio che non ha fine.

Gesù da una parte ci invita a superare l’egoismo che ci fa diventare noi il centro della vita degli altri. Chi cerca la sua giustizia, il suo vantaggio, la sua pienezza, si perde come essere umano, non ha compreso la verità di Cristo che sulla croce offre la sua esistenza per gli altri. Soltanto chi dà senza calcolare  un qualsiasi ritorno per sé getta nel mondo il suo seme che poi germoglierà. Come Cristo ricupera nella gloria della risurrezione quello che ha perduto per dare vita agli altri, così anche il cristiano ricupera in modo eminente in  Dio quello che ha saputo dare agli altri.

Se questa diventa la norma della nostra vita, dei nostri rapporti in famiglia, sul lavoro, a scuola, nelle mansioni o ministeri che viviamo in parrocchia, nei dibattiti pure pubblici, produciamo nella nostra società una inversione di tendenza, diamo con umiltà una testimonianza del vangelo. I gesti parlano più delle parole, i fatti costruiscono più dei pareri, il vangelo viene letto di più se ne viviamo lo spirito e la lettera.

31 Ottobre 2022
+Domenico

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Se riusciamo a cambiare, saremo più felici

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 19,1-10)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Non vi è mai capitato nella vita di non stare del tutto bene di spirito, di sentirvi scontenti, insulsi e di domandarvi il perché? Allora si passa subito in rassegna la vita: “non ho fatto del male a nessuno, non mi mancano gli amici, il lavoro va bene …. anche se potrebbe darmi qualche soddisfazione in più, gli affetti sono soddisfacenti … eppure manca qualcosa o c’è qualcosa di nascosto che mi tarpa le ali”. Si ha l’impressione di condurre una vita col pilota automatico inserito, senza gloria e senza infamia. Qualche tuo amico è finito sul lettino dello psicanalista per cercare più in profondità: è riuscito a darsi un po’ di smalto in più, ma le cose sono … quelle!

Zaccheo un ricco sfondato non solo di soldi, ma anche di amici, di fortuna doveva stare pressappoco così, quando sentì anche lui parlare di Gesù … anzi si è informato dei suoi spostamenti: ormai Gesù è diventato un personaggio pubblico: dove passa spopola … e lui, Zaccheo,  per un giorno vuole disinserire il pilota automatico: si dà da fare, si guarda dentro, si scopre un borghese piccolo piccolo e vuole vedere Gesù.

La gente lo ha sempre creduto un po’ stravagante: a Zaccheo  interessavano solo i soldi … era piccolo e spuntava appena appena dietro la cassa, ma tanto poco lo si vedeva e tanto più riscuoteva con furbizia e con inganno calcolato.

Siamo un po’ tutti stravaganti e originali, soprattutto “fissati” su qualcosa che ci incatena; gli amici che ci vedono con un po’ di distacco sanno già le nostre prossime mosse: “Vedrai” – dicono – “lui gira, si volta, dice, promette, parla, spiega, si eclissa , ma te lo troverai sempre là!”.

Se sei un lazzarone, se ti piace sballare, se  vivi di avventure, se pensi solo ai soldi, se vedi gli altri come strumenti da usare, se coltivi “malanimo”, vai e vai  ti ritrovi là…

Zaccheo in questo tran tran, quotidiano, ha uno scatto: vuole vedere Gesù!

Sale su una pianta – ve lo immaginate il direttore di banca in giacca e cravatta, il  professore con borsa e cappello, l’ingegnere, il monsignore, la parlamentare salire su un platano?

Zaccheo rischia … e Gesù, come sempre, non si lascia solo vedere, ma vuol entrare nella sua vita e immediatamente risponde: “vengo a casa tua”.

La gioia che ne segue è esplosiva: forse intuisce che può averne un vantaggio la sua azienda, ma immediatamente si accorge che a Gesù non interessa la sua azienda, ma la sua vita: la pienezza della sua felicità portata a livelli più alti di quanto pensava salendo a fatica su quell’albero.

La vita di Zaccheo cambia, muta la ricchezza che si è procurato con l’inganno in  fonte di investimento e promozione gratuita: “Se ho frodato qualcuno” – dice – “restituisco quattro volte tanto!” …  ma quel che mi colpisce di più è la gioia: la vita cambia solo se in noi esplode la gioia, se siamo contenti, se ci lasciamo affascinare e riempire di gioia per qualcuno. se smettiamo di presentare quella faccia da bull dog che ci caratterizza ogni mattina e che non cambiamo prima delle 10 o del secondo caffè!

Zaccheo è stato irrimediabilmente affascinato da Cristo … chissà se capiterà anche a noi qualche volta!

30 Ottobre 2022
+Domenico

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Invita sempre, aspettati solo il rifiuto e sii sempre contento

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-11)

Lettura del Vangelo secondo Luca

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Audio della riflessione

Come sempre Gesù nel suo parlare, che è sempre vangelo, buona notizia, prende spunto da una normale esperienza del nostro vivere: il sedersi a tavola per consumare un pasto. La mensa è una immagine della vita. In una famiglia a seconda di come si sta a tavola, capisci che vita di famiglia è: capisci chi è disponibile o chi si fa solo i fatti suoi; se c’è rispetto per i nonni, se sei in pace con tutti, se vuoi dialogare, se pretendi solo. In tante famiglie oggi non si mangia mai assieme, sono diventate un ristorante. Se fate parte di un consiglio di amministrazione, a tavola sarete schierati come al lavoro, preoccupati dei posti, dei vicini. Infatti sono due le cose che Gesù prende ad esempio per darci i suoi insegnamenti: il posto e gli invitati. Gesù ha spesso usato il momento del consumare un pasto, proprio perché è immagine della vita, per insegnarci a vivere e per donarci la sua stessa vita.

Il posto. Non scegliere i primi posti, quando sei invitato. E’ sempre imbarazzante trovare il posto giusto; ci gioca delicatezza, buon senso, pretesa, darsi importanza. Tanto che per evitare fastidi e caricarli tutti sull’ospite si scrivono nomi su bigliettini collocati al posto giusto. Il vangelo di Gesù però non è un testo di galateo è sempre vita bella, buona, beata. Il cristiano non prende i primi posti perché è uno che serve; il fondamento del suo vivere non ce l’ha in se stesso, nelle cose che fa, in quel che pensa la gente di lui, ma soltanto in Dio. Tutto quello che noi siamo è per grazia, anche eventuali autorità che rivestiamo, sono doni che Dio ci dà per servire il suo Regno. I suoi doni di cui colma ogni vita non possono essere usati per fare la differenza, ma per cementare una comunione.

Il posto che prendiamo alla mensa della vita indica il cumulo di responsabilità di cui dobbiamo rispondere davanti a Dio. Non si negano le qualità, i doni che Dio ci ha dato, ma si deve avere la coscienza chiara che più doni abbiamo, più Dio si aspetta da noi, più amore dobbiamo esprimere.

Gli invitati. Chi inviti a pranzo? Quelli che ti saranno utili, quelli che ti danno soddisfazione, quelli che vengono coi regali, quelli che ti servono per sentirti importante? Chi apprezzi nella vita? Chi fa parte del tuo giro? Il tuo amore ed è questa la domanda di fondo, è un vero amore? Se inviti sempre solo persone che poi vorrai che ti invitino a loro volta, non stai certo esprimendo il massimo di amore. Invita chi non potrà mai ricambiarti, Già l’invitare è un atto buono. Dio ha sempre fatto così e purtroppo siamo noi che non abbiamo mai voluto accogliere questo invito. Chi invita rischia sempre il rifiuto, ma proprio per questo ama lo stesso. Ma tu comincia a invitare “poveri, storpi, ciechi e miserabili”, gente che non ha mai ricevuto un invito da qualcuno e che non ti potrà mai invitare. E spera che accolgano il tuo invito che non farai mai per pietà, ma per puro amore.

29 Ottobre 2022
+Domenico

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Siamo tutti chiamati, nessuno di noi è generico

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 12-19)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

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Ti capita qualche volta di dover fare delle scelte difficili, soprattutto quando hai bisogno di collaboratori, di amici che condividono con te parte della vita o una missione. Spesso vuoi affidare incarichi delicati, devi scegliere gli educatori dei tuoi figli o i compagni di una attività, i membri di una compagnia, i lavoratori di una azienda, i componenti di una cooperativa. Allora ci mettiamo a prendere informazioni, a fare ricerche, a leggere attentamente i curriculum, a fare rassegne e concorsi..

Ecco, anche Gesù aveva da scegliere un gruppo di uomini decisi a tutto, a fare da nucleo di predicatori del vangelo, della bella notizia. E che ha fatto? Si è messo in orazione tutta notte. Si è messo in dialogo col Padre, in contemplazione della profondità dell’amore che sgorga dal cuore della Trinità per leggere in essa le vite di questi dodici uomini, le loro libertà, i loro sogni, i desideri di spendersi per gli altri. Immagino la preghiera per Pietro, per tutti i suoi slanci e le sue debolezze, la preghiera per Giovanni, il ragazzo entusiasta e fragile, deciso e bisognoso di cura, di sostegno, di fiducia come tutti i giovani, penso alla decisione di assumersi il rischio di scegliere Giuda. Lo vedeva entusiasta per una causa, lo sapeva legato a una visione di mondo violento, ma ha voluto rischiare nel dialogo profondo con Dio di puntare sulla sua libertà. Li ha scelti, ma non li ha forzati, li ha amati in Dio Padre e non li ha plagiati. Ciascuno ha presentato a Gesù la sua vita aperta al suo messaggio e nella propria libertà ha risposto.

Non siamo nel mondo a caso, ma soprattutto non siamo cristiani a caso, siamo sempre oggetto di nella scelta personale di  Gesù. Per noi c’è un piano suo, una vocazione, una vita da vivere in un certo modo. Lui ci ha pensati per la nostra missione in una notte di preghiera, sempre, con quel Dio che non ci abbandona mai

Oggi è la festa di due apostoli: San Simone era soprannominato Cananeo o Zelota, e san Giuda, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo.

Di Simone sappiamo che era nato a Cana ed era soprannominato lo zelota, forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli zeloti. Secondo la tradizione, subì un martirio particolarmente cruento. Il suo corpo fu fatto a pezzi con una sega. Per questo è raffigurato con questo attrezzo ed è patrono dei boscaioli e taglialegna

Di Giuda sappiamo che si chiama Taddeo, un soprannome che in aramaico significa magnanimo. Secondo san Giovanni, nell’ultima cena proprio Giuda Taddeo chiede a Gesù: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». Gesù non gli risponde direttamente, ma va al cuore della chiamata e della sequela apostolica: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». L’unica via per la quale Dio giunge all’uomo, anzi prende dimora presso di lui è l’amore. Il  cuore magnanimo di Giuda aveva, probabilmente, intuito la risposta del Maestro. Come Simone, egli è venerato come martire, ma non conosciamo le circostanze della sua morte. Secondo gli Atti degli Apostoli, però, sappiamo che gli apostoli furono testimoni della resurrezione, e questa è la gloria maggiore dell’apostolo e di ogni discepolo di Gesù.

28 Ottobre 2022
+Domenico

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Gesù si incammina definitivamente verso il compimento della sua missione

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 31-35)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: “Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere”.
Egli rispose loro: “Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!””.

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Ognuno di noi, a mano a mano che prende coscienza di sé, della sua famiglia, del suo vivere, dei rapporti che gli si impongono con le persone che incontra o con cui vive, tenta di farsi un progetto per il suo futuro di uomo o di donna: ha desideri, sogni, intenzioni e cerca di comporre assieme una propria vita originale, dare senso compiuto e soddisfacente al tutto.

E’ tipico della vita umana non crescere a caso, ma secondo un progetto personale che si chiarisce giorno dopo giorno … noi cristiani la chiamiamo vocazione, perché sappiamo di essere destinatari di una chiamata di Dio alla vita e a una nostra vita.

Gesù è consapevole della strada da fare: sa che è a Gerusalemme, che essa si compie e le trame di Erode non gli interessano! Sa che è una volpe, cerca con astuzia il suo vantaggio, minaccia Gesù, sperando che taccia o che esca dal suo territorio, la Galilea … e Gesù risponde con lo stile degli antichi profeti: non c’è alcun re o potente che si può opporre alla sua missione di annunciare il Regno, non ha bisogno di permessi o vantaggi per annunciare la verità e non cambierà condotta di fronte ad ogni minaccia.

Come vero profeta Gesù deve collocarsi al centro del suo popolo, non morirà certo in Galilea, perché la sua missione può essere decisa solo a Gerusalemme.

E’ sicuro che verrà la terra nuova, ma come in ogni crescita deve passare attraverso i dolori del parto. Sappiamo dal vangelo che Gesù è morto perché le autorità del suo popolo lo hanno ucciso e fu lo stesso Gesù a decidere di presentarsi al grande confronto che si concluderà sul Calvario.

La sua morte che avverrà a Gerusalemme non sarà frutto del caso, ma l’effetto di un calcolo politico: la sua morte sarà la conseguenza di uno scontro con le autorità religiose del suo popolo, che con Lui completerà la sua storia di uccisione di profeti e resta abbandonato come popolo di Dio definitivamente.

Bella la frase “quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia …e voi non avete voluto”: sono le parole di Gesù Crocifisso che piange la sorte del suo popolo. Finisce la storia antica, finisce la via di Israele, ma sulle rovine della vecchia città dei profeti si eleva il segno della salvezza universale che è per tutto il mondo il Gesù Crocifisso e vivo nella Pasqua.

Non c’è più un solo popolo eletto, ma tutto il mondo è scelto e chiamato!

Non è nessuna condanna definitiva di persone, ma un cambio di cuore necessario per tutto il genere umano nel definitivo nuovo Regno di Dio, e noi vogliamo scoprire Gesù come l’autentico profeta e lasciarci coinvolgere nel messaggio della sua vita.

27 Ottobre 2022
+Domenico

Non si sa se il paradiso è pieno o vuoto, ma che la porta è stretta

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13,22-30)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

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Alla fine della vita che ci sarà? Questo uomo o donna che sono ha un futuro oltre la vita terrena? Siamo destinati a scomparire nel nulla o c’è qualcosa dopo la morte? Essere persone è sentire che nel pieno dello star bene ti assale un voglia di oltre, di completezza, di pienezza che non riesci a sperimentare. Hai un cuore che si allarga sempre più, le esperienze fatte non sono capaci di colmarlo. E’ alzarti un giorno e domandarti, ma dove sto andando, che faccio della mia vita, chi mi può riempire il cuore? Posso realizzare questi quattro sogni che ho dentro, c’è qualcuno che lassù  mi ama? Che futuro ho davanti? E’ avere una sete che non ti passa con la birra; è forse  aver rotto tutti i tabù di ogni tipo spinello, coca, ragazzo, ma sentire ancora un vuoto.

A queste domande che ogni tanto ci facciamo siamo abili nel metterci un silenziatore, perchè sono domande imbarazzanti, sia per noi che ci disperiamo di fronte alla morte, sia per la fede che dovremmo dimostrare nei confronti di chi vive con noi. Abbiamo paura del dileggio dei benpensanti, degli ideologi che sanno tutto, che conoscono per filo e per segno anche il nostro futuro, magari si affidano di più agli oroscopi che a qualche uso dell’intelligenza più consono alla dignità umana.

La nostra fede ci dà la certezza che la nostra vita sulla terra si conclude e continua nella braccia di un Padre, nella fratellanza di un Figlio che ci ha salvati, nella luce e nel fuoco d’amore dello Spirito che non permette alla nostra vita di afflosciarsi su di sé nel nulla.

Una domanda pressappoco uguale alla nostra la ponevano a Gesù i suoi contemporanei. Erano sicuri che ci fosse un futuro, ma non sapevano se la salvezza fosse garantita a tutti. Cercavano forse solo garanzie, quasi che una volta avuta l’assicurazione la vita smettesse di essere in salita e la certezza prendesse il posto della verità, dell’amore da vivere ogni giorno. Credevano che si potessero mettere in atto automatismi comodi di salvezza, privilegi per i furbi. Gesù dice papale papale: la porta è sempre stretta. Dio ci salva, ma l’amore è esigente. Non c’è nessun privilegio o raccomandazione su cui contare, non c’è nessun automatismo nell’amore, c’è sempre e solo la disponibilità ad accogliere, l’ardore di una volontà decisa a lasciarsi trasformare, la bellezza di un abbandono nelle braccia di Dio Padre, una fraternità da vivere e mostrare ai poveri: insomma un vangelo da vivere e incarnare.

La porta è stretta non per tirchieria di chi la apre, ma per la crescita  in bontà della coscienza dell’uomo, per l’approfondimento della sua dignità, che è poco meno degli angeli, coronato di onore e grandezza da riconquistare e sempre da implorare.

Per la porta stretta non si fa una selezione, di diritti, ma un discernimento di bontà, una scala di amore, una precedenza di santità.  Altrove dice il vangelo: i ladri e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli, quindi nessuno pensi di avere una assicurazione, ma sempre e solo un invito esigente.

E’ bello sapere comunque che là siamo destinati e il paradiso non può essere che traboccante se è costato la morte di Gesù per aprirlo.

26 Ottobre 2022
+Domenico

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Il seme del regno di Dio  e già stato gettato nel solco e nulla potrà soffocarlo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 18-21)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

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La nostra mentalità moderna punta molto sullo spettacolare, sul grandioso, sulle manifestazioni di potenza e spesso cancella le piccole tracce di umanità e di bontà che sempre resistono nella vita delle persone: si vorrebbe che il bene trionfasse con i criteri dei mass media, si pretende di fotografare ogni attimo della vita per mandarlo in diretta, si crede che si esiste solo se ci si può far vedere … invece il mondo non va avanti cosi! La vita degli uomini è frutto dell’apporto di ogni esistenza umana, semplice, dedicata; è collocata dentro un tessuto di amore che non ha bisogno di apparire per essere vero, anzi esige interiorità, silenzio, umiltà.

Il regno di Dio, proprio quel progetto profondo di vita vera che deve pulsare nel mondo, è di questo tipo: è un granello di senapa, una manciata di lievito … non si impone per la maestosità o grandezza della sua consistenza, ma per la forza interiore regalata da Dio, che nessuno può vincere!

Il sogno di Dio sull’umanità si realizza nella debolezza e nella disponibilità alla volontà di Dio: le nostre megalomanie sono un ostacolo al Regno di Dio; la nostra frenesia di potere non è imparentata con l’avvento del Regno di Dio; il chiasso, l’esposizione sulla scena che conta, gli apparati non sono parte del regno di Dio: ne sono spesso un intralcio!

Il lievito tende a scomparire per fermentare tutta la pasta; il granello di semente muore per dar vita a qualcosa di impensabile!

Dio opera soprattutto entro la nostra inconsistenza: la fionda del ragazzetto Davide, portava solo un sasso e il gigante si è schiantato a terra; Gesù era un uomo buono senza legioni: è stato ucciso come un delinquente; la sua estrema debolezza di fronte al potere è stata la sua forza, perché si gettato nelle braccia del Padre.

Lo sparuto gruppo di apostoli, dispersi e perseguitati, cacciati e sopraffatti, è diventato il seme di un nuovo mondo: la stessa Chiesa ha conosciuto la massima sua diffusione per il sangue dei martiri, degli sconfitti!

E’ più regno di Dio il costruirsi giorno dopo giorno che il dispiegamento di una organizzazione: nella storia, quando la Chiesa si è appoggiata sul potere è sempre stata meno credibile, ha sempre perso!

Dio opera così, in questo modo si “costringe” a non lasciarci mai soli e a non abbandonarci mai.

25 Ottobre 2022
+Domenico

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Nessun ritualismo deve accecare l’umanità

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 10-17)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

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C’è sempre qualcuno che vuol salvare Dio con le sue intransigenze, quasi che Dio abbia bisogno di Lui per esistere o per operare nel mondo. Capita così che qualcuno inventa una guerra in nome di Dio, sancisce condanne di persone in nome di Lui, perpetra torture, fa leggi che tolgono la libertà e la dignità alle persone, mantiene nella sofferenza anziché offrire gioia e libertà. Certo è difficile riuscire a far maturare la propria coscienza e quella dell’umanità che oscilla sempre tra la negazione di Dio e l’assolutizzazione dell’idea che noi abbiamo di Lui.

Oggi nel nostro occidente è più facile vedere una esclusione di Dio dalla vita, mentre in Oriente sembra che prevalga il talebanesimo, cioè una imposizione su tutti di una irrazionalità ceca o ritualismo assolutizzato nelle esperienze religiose.

Il responsabile del culto che ha incontrato Gesù quel giorno nella sinagoga era di questo secondo tipo. Gesù ha davanti a sé una donna piegata da un male, che da troppo tempo la teneva nell’infelicità, tanto più che era dovuta a una presenza demoniaca, di sabato la guarisce e la restituisce alla gioia di vivere. E’ una liberazione trascendente, non si tratta semplicemente di alleviare una infermità fisiologica, ma di “sciogliere da Satana”, cioè liberare nel senso più profondo della Parola. E una liberazione, come un segno e  riassunto di tutta l’opera di Gesù, è superiore a tutto il ritualismo israelita

Il sabato è un giorno sacro, dice il capo della sinagoga; la sinagoga non è un ambulatorio, non è di sicuro il luogo in cui si può andare contro la legge di Dio. Ma tu Gesù che tanto tieni a che il nome di Dio sia lodato e benedetto, tu che vedi quanto la gente si stia allontanando da Dio, anche tu vieni a mescolare il profano col sacro, vieni a far crescere la magia, a far correre la gente in sinagoga a trasformare la religione in un placebo per disperati. Dio va lodato e benedetto, non servito con medicine e chirurgie. Il capo della sinagoga neanche lontanamente pensava di avere davanti a sé il Figlio di Dio e lo ha trattato come un guaritore da quattro soldi. Non vedeva la sofferenza umana e nemmeno immaginava che avesse una origine sovrumana tanto era accecato da suo ritualismo

Quello che Gesù invece vuol far capire guarendo questa donna, ammalata da 18 anni, è di tenere in grande dignità e considerazione la vita umana. Non ci può essere contrasto tra la vita piena e la legge di Dio, non ci può essere subordinazione della persona  alla legge, né contrapposizione tra  i precetti e la sete di felicità vera che ha l’uomo. Sarà Lui con la sua morte in croce a rimettere al centro della vita dell’uomo la vera libertà e il vero culto a Dio: liberazione dal male, comunione con Lui e solidarietà con i fratelli.

24 Ottobre 2022
+Domenico

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Mi sento un pubblicano, uno senza legge, né costumi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 18,9-14)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Audio della riflessione

Non sono certo un fariseo, perché proprio non mi sento molto giusto e non ho pretese di fronte a Dio: non ho mai detto che io riesco a guardare Dio negli occhi, che io e lui ce la intendiamo, che sono diverso da quella “feccia che rovina la vita a tutti” …. non mi sono mai permesso di ritenermi uno a posto; mi sento un pubblicano, uno senza legge né costumi, tante ne vado combinando. Avevo cominciato a vivere abbastanza bene: oratorio, associazione, animazione, campiscuola … poi ho deciso: “cambio aria, me ne vado”. Non sapevo ancora bene che cosa volevo dalla vita, mi sembrava di avere le ali tarpate, la davo per scontata, riempita di pose e maschere … e ho cominciato a fare la vita: le ho provate tutte! Solo non ho ammazzato mia madre e mio padre, anche se sono stato schifoso pure con loro. Il mio dramma è che me ne vanto; sono un pubblicano fariseo che si vanta di essere fuori ogni legge.

Non so se è una nuova categoria che ho inventato solo io, ma il mondo in cui mi trovo mi ha distrutto tutti i sentimenti più tenui. Peccato? l’ho cancellato dal vocabolario e soprattutto dalla testa. Rimorso? è una debolezza che ho superato da un pezzo. Fede? mi sembra un discorso da mentecatto. Amore? una finta che tutti tentiamo di tenere per vera sapendo di non crederci.

Ma Dio … avrà un orecchio anche per me?

Certo noi immaginiamo sempre che chi ha bisogno di Dio, sia un peccatore incallito, ma tutto sommato, con sentimenti nobili, che ti impietosiscono; un volto da delinquente, ma con dentro la consapevolezza dell’abisso da cui vuol riemergere; una vita da dimenticare insomma, ma appesa a una speranza; un povero di tutto, ma delicato nel domandare. Ci siamo fatti anche la poesia del male, tanto non lo riusciamo a vedere con gli occhi di Dio.

Invece a Dio basta un dubbio, un sospetto, una sciabolata di incertezza che si incunea anche solo per un istante nella tua vita, per dirti che le sue braccia sono già aperte: gli basta che tu sia capace di sospettare che c’è qualcosa che va oltre la tua vita, perché Lui la riempia di sé.

Dio è amante della vita: qualunque vita sia la accoglie e la rende piena.

Non fa l’amniocentesi per vedere di poterla rifiutare in tempo, non chiede occhi azzurri e capelli biondi per decidere di custodirla, non si spaventa se è “down”, non teme di essere incastrato per sempre, perché l’amore non chiede di più che di essere dedicato totalmente: questo è Dio e noi lo abbiamo capito in Gesù Cristo, l’abbiamo sperimentato in quel corpo spezzato e sangue versato, in quel luminoso mattino di risurrezione.

Il pubblicano in fondo alla Chiesa è chiunque è riuscito a guarire dalla malattia della autosufficienza: potrai essere un pubblicano fariseo che si vanta, ma se ti sei chiesto almeno una volta nella vita se Dio ha un orecchio per te, hai trovato sicuramente ascolto.

23 Ottobre 2022
+Domenico

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Dio non vuole il male dell’umanità, ma che si converta e viva

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Audio della riflessione

Il  male che c’è nel mondo ci meraviglia sempre, soprattutto ci stupiscono e ci lasciano senza parole le disgrazie, le morti sul lavoro, gli incidenti stradali, le persecuzioni, le pazzie di uomini e donne che scaricano la loro demenzialità sui figli innocenti. Le crudeltà della guerra I giornali impietosamente ci mettono di fronte a pagine di cronaca nera che si distruggono spesso la stessa fiducia nella vita. Il pensiero nostro allora spontaneamente va a Dio. Lo mettiamo alla sbarra perchè lo riteniamo l’autore di ogni disgrazia che capita, di ogni dolore innocente che ci affligge. Perchè Dio deve permettere questo? Dove è Dio quando un lavoratore che fa il suo dovere viene travolto da una frana, da un crollo, da un incidente mortale? Perchè deve scoppiare una pazzia e andare ad abbattersi su figli innocenti?  Perché il potente risponde alle provocazioni distruggendo città e villaggi, aprendo fosse comuni su torturati e civili e facendo morire persone innocenti, deportando famiglie e bambini. Ai tempi di Gesù erano capitate disgrazie inspiegabili che avevano coinvolto persone estranee: il crollo di una torre, la violenza truce di Pilato che aveva mescolato innocenti e colpevoli in una strage. La gente si domandava perchè?

Gesù dice perentorio se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo. Che significa? Che Dio sta col fucile spianato ad aspettare la gente che sbaglia, che pecca, per castigare, fare giustizia, creare terrore, vendicarsi? Dio è infinitamente buono; non c’è alcun dubbio, anche per tutto l’insegnamento della bibbia, non per nostre visioni di convenienza o di rispetto, che Dio non abbandona il suo popolo, che Dio ci ama tutti e ci porta sul palmo delle sue mani. Ma Dio non può non farci prendere coscienza che al fondo di ogni male c’è un peccato. Dentro ogni disgrazia c’è la mano dell’uomo che scatena il suo male sugli altri, dentro ogni disgrazia c’è una assurda faciloneria nell’esporre la vita delle persone al pericolo, magari per risparmiare soldi, per incoscienza del proprio dovere, per faciloneria. Se un bullone si allenta, ci sarà qualcuno che con faciloneria ha lavorato o qualche altro che ha voluto rubare sulla qualità del materiale. Dietro tanti incidenti c’è gente ubriaca e drogata.

Se non ci convertiamo, tutti periremo allo stesso modo. L’uomo è invitato e lo siamo tutti a guardare alla vita con impegno, a difenderla e a metterla al primo posto. Se si abbandona la legge di Dio, non è che Dio si vendica, siamo noi che ci affossiamo con le nostre mani. Dio ha previsto un uso esigente della nostra intelligenza per il bene di tutti, e non la furbizia dello stolto che per egoismo mette sicuramente la vita degli altri in una inevitabile disgrazia. Il mondo deve tornare a convertirsi al bene, ad usare l’intelligenza e le risorse umane per la sicurezza, non per l’arricchimento di qualcuno. Convertirsi, non vuol dire solo pregare, ma rimettere al centro la nostra dignità umana e non i nostri interessi.

Non possiamo oggi dimenticare i grandi insegnamenti di san Giovanni Paolo II nel giorno del ricordo di lui che la chiesa fa nella liturgia, impetrandone la potente intercessione e la forza di tutti i suoi innumerevoli interventi sugli stati per comporli nella pace

22 Ottobre 2022
+Domenico

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