Gesù, dove passa, crea speranza e gioia di vivere

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (MC 5,21-43)

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Audio della riflessione

Ci sarà mai nella vita una persona che ti dà serenità, pace, voglia di bene? Saremo sempre destinati a sopravvivere, a campare di rimedi, anche se economicamente possiamo star bene? Non mi sento mai autosufficiente. Ho bisogno di aria fresca, di panorami ampi! E se fosse proprio Gesù questa persona?! Guardiamo una volta almeno come si presenta Gesù nei vangeli. Lui ha un suo cammino deciso e travolgente. Dove passa crea speranza, scuote le persone dubbiose, trascina chi sa sognare. Così chiama i suoi collaboratori, che lasciano, case, campi, barche, mestiere e lo seguono. La sua visione della vita è affascinante, la sua capacità di leggere le aspirazioni profonde del cuore è sorprendente.

Ti senti interpretato dalla sua visione della vita, vieni trafitto dai suoi sguardi intensi, ti senti scosso dalle sue invettive, dai progetti, dalla novità delle sue intuizioni e visioni di futuro. Alla gente non par vero di potersi togliere dal torpore di una vita monotona, dalla stessa cappa di una religiosità ridotta a riti scontati, a ripetitività di formule che lentamente hanno nascosto il volto di Dio.

Ebbene attorno a Gesù si fa calca, né lui fa qualcosa per schivare la gente. Si ferma, dialoga, ascolta, alza la voce, richiama, conforta. C’è pure una donna tra la gente che accorre a lui: è afflitta da una maledetta malattia: perdita di sangue.

Per questo tipo di malattia la legge è molto dura e categorica: è una situazione di impurità e deve assolutamente evitare ogni contatto umano. Per la donna è una situazione invivibile. Ha fatto di tutto per uscirne, per ricuperare salute e soprattutto possibilità di vivere una vita normale nella società, nel mondo delle relazioni umane: ha speso tutti i suoi soldi. Niente! Condannata all’isolamento oltre che alla sofferenza.

Ma quando sente parlare di Gesù, di questo regno, di un Dio che non ha creato la morte, che non gode per la rovina dei viventi, che ha creato tutto per l’esistenza e che ha fatto in modo che tutte le creature del mondo siano portatrici di senso e di salvezza, si fa un suo progetto: «con questa malattia la legge mi imprigiona e non mi permette di toccare nessuno: ma questo Gesù è la salvezza: lo devo toccare, non oso parlargli, non sono all’altezza di una richiesta, ma non è giusta la prigione in cui sono chiusa: mi basta toccare la sua veste, il suo mantello».

E quel tocco la guarisce: Gesù, che non sta facendo servizi davanti alle telecamere, ma che sta incontrando la grande sete di un Dio vero, si accorge e le dice che non è avvenuto niente di magico in lei: la chiama “figlia” annullando ogni distanza. Quel che è avvenuto è dovuto al coraggio della sua fede.

Celebriamo oggi san Giovanni Bosco, ricordiamo da qui la decisa collocazione  nella massima fedeltà al papa che sempre insegnerà e sempre vivrà. Tanto che sono numerosissimi i colloqui suoi con Pio IX  e i papi e altrettanto cordiale e libero il ricorso dei pontefici all’opera di san Giovanni Bosco; non ultimo, l’affidamento del completamento della basilica del Sacro Cuore di Gesù, di Via Marsala, di lato alla stazione Termini di Roma, che stentava ad essere terminata per l’annessione di Roma al regno d’Italia. La posa della prima pietra l’aveva fatta il beato Pio IX nel 1870 e lui la concluse.

31 Gennaio
+Domenico

È assurdo aver paura di Cristo perché scaccia i demoni.

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 5,1-20)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione –  gli rispose –  perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Audio della riflessione

Non occorre fare troppi ragionamenti per dire che esiste il male nel mondo. Il male molto volte siamo noi con le nostre meschinità volute e programmate, spesso però è anche qualcosa di sovrumano, è il demonio. È facile vedere il demonio dappertutto, immaginarcelo ad ogni debolezza della vita, ma è pur vero che c’è un divisore, un personaggio, un angelo decaduto ci dirà la bibbia, che tormenta la nostra esistenza e ci vuol portare al male. Gesù nel vangelo ha fatto i conti con questo principe della divisione, della falsità, dell’odio e ha dimostrato la sua grandezza liberando la gente dalla sua possessione. Però i cittadini Gerasèni, che  avevano visto Gesù con potenza scacciare una legione di demoni e calmare due indemoniati pericolosi, hanno avuto paura di Gesù, come spesso tanti uomini hanno paura di Lui.

 Chi è questo Gesù che sconvolge la natura e la vita? Che potere ha se i demoni gli obbediscono? Che cosa può provocare in  noi che stiamo tutto sommato bene dove siamo, senza lode e senza infamia? Perché esporci al rischio di vederci la vita trasformata. Aver paura di Gesù è un sentimento più diffuso di quanto pensiamo e capace di venire a galla alla nostra coscienza nelle forme più impensate. Ben lo sapeva san Giovanni Paolo II, quando appena affacciato sulla Piazza di San Pietro alla sua elezione, gridava: non abbiate paura, spalancate le porte a Cristo.

Purtroppo, abbiamo paura di Cristo. Hanno paura i potenti perché Gesù mina alla radice il male nel quale si sono cullati, abbiamo paura di Gesù, perché vuole da noi dono, amore e non egoismo e interesse; abbiamo paura di Gesù perché ci chiama a deciderci per il vangelo, perché ci fa proposte impegnative, perché se seguiamo la sua strada ci porta alla croce, perché non ci lascia in nessuna depressione e acquiescenza al male. Gesù ci vuole decisi e generosi, purtroppo invece il male che sta in noi ci vuole insipidi e autocentrati. Abbiamo paura noi come i Gerasèni quando non vogliamo mai sentire parlare di demoni, ne neghiamo l’esistenza, li riteniamo una favola per spaventare i bambini e non crediamo al vangelo, che è una potente battaglia contro il demonio.

I dittatori sanno che la fede in Gesù non permetterà loro di stare sicuri al potere soprattutto se è un potere che distrugge anziché servire. A mano a mano che nella persona crescono le convinzioni, si affina l’intelligenza, si purificano le intenzioni, si scoprono le qualità che Dio ci ha dato si scatena la sua luce, il suo ardore, la sua visione di vita, il suo Regno. I cristiani sono i rivoluzionari di Dio, non sono rivoluzionari della violenza o della guerra. Sanno farsi ammazzare per la fede, per questo sono imbattibili, non temono le difficoltà, sanno scavare come una goccia per portare alla luce la sorgente della vita.

Forse nessuno ha più paura dei cristiani, perché non dicono niente a nessuno. Vuol dire che abbiamo annacquato il cristianesimo. Questa è la prima arma che si usa per vincere la paura dei cristiani e purtroppo spesso è un’arma letale per tanti tiepidi e indifferenti. Lui invece ci aiuta a guardare al cielo e a vedervi la pienezza della sua presenza per la vita della nostra terra. Vale la pena non di aver paura dei cristiani, ma dei demoni di cui sono schiavi tanti uomini e donne.

30 Gennaio
+Domenico

Vi dico io dove sta la vera felicità

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12a)

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Audio della riflessione

Le persone importanti, quando iniziano la loro campagna elettorale o di vendite cercano di rifarsi al meglio la loro immagine: Quale sarà quest’anno il modello vincente, la tendenza che spopolerà le spiagge, le discoteche, i campi di calcio, le curve del gran premio? Sono più attraente in questa posa, con questo angolo di luce, con questo foulard o meglio seduto in diagonale? Non sono sempre delle grandi novità, si gira costantemente attorno a soldi, forza, fascino, sex-appeal, fortuna, sorriso, linea, successo, promesse a non finire sul taglio delle tasse o sui benefici che ne avranno gli elettori o i compratori…

Lui, Gesù, anche qui va controcorrente. Ha trovato nove strade di vera felicità e le propone, convoca una conferenza stampa, non nella solita hall di un albergo, ma su una collina, nell’erba alta, crea una nuova tendenza, le televisioni devono arrancare in un luogo un po’ fuori mano, lontano dalla strada, ma il panorama è stupendo.

Laggiù si distende il lago. Qui c’è una pace infinita e comincia:

beati i poveri, la prima felicità, sono padroni del cielo e della terra;

beati gli afflitti, sì proprio quelli che non riescono mai a tirare il fiato perché subiscono una disgrazia dietro l’altra;

beati i miti, quelli che non sanno arrabbiarsi mai, perché se hanno qualcosa da rimproverare è solo a se stessi;

beati gli affamati, che non trovano niente che li sazi, per loro non c’è nessuna situazione umana che realizzi piena giustizia;

beati i misericordiosi, quelli che hanno un cuore in cui tutti possono scavare amore, perdono, comprensione;

beati i puri, quelli che ti guardano negli occhi, sanno stare mano nella mano, ti sanno coccolare, non stanno a sfruttare l’occasione, a indovinare le debolezze per rubarti la vita, non sono partiti con un progetto in cui devono inscatolarti;

beati quelli che portano pace, quelli che non temono di sfilare sotto nessuna bandiera purché finiscano le guerre, si spengano gli odi, si blocchino le ritorsioni, vadano in bancarotta i fabbricanti di armi, quelli che sanno far pace nel loro cuore e tendono al cuore di tutti e sanno pagare e passare per imbecilli pur di spuntare anche solo un coltello;

beati quelli che sono sempre presi di mira e privati della propria libertà, subiscono persecuzione, perché sono dei veri trasgressivi dell’ingiustizia;

beati tutti quelli che sanno prendere posizione per me: sarete insultati, messi fuori giro, davanti a voi spegneranno le dirette televisive, non sarete trend, dovrete sempre ricominciare da capo.

Ma sappiate che io sarò sempre lì con voi, Io nella mia vita ho sempre fatto così e voglio essere la vostra felicità. Io, non le mie cose, o i miei pensieri, io nel massimo dell’intimità della vita. Queste nove felicità non sono le mie idee, ma sono io stesso, la mia persona, la stessa Trinità che regola l’universo.

29 Gennaio
+Domenico

Noi vogliamo sempre e ancora credere, oltre ogni paura

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4,35-41)

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Audio della riflessione

Di fronte a una realtà sconosciuta che ci sta capitando addosso siamo assaliti da paure e angosce. Possono essere le difficoltà della vita, le conseguenze di qualche nostro comportamento non ben valutato nella sua portata e nelle sue conseguenze, un pericolo imminente che non possiamo evitare, una malattia che riteniamo incurabile. Abbiamo la sensazione che quel che avviene sia più forte di noi. La morte soprattutto ci fa paura. Ecco possiamo mettere tutto questo e anche molto di più su quella barca che hanno preso gli apostoli e che si trova in mezzo al lago e che viene colta da una forte tempesta.

Gli apostoli sono accompagnati da Gesù, lo hanno con sé, ma non sono ancora capaci di fidarsi, di essere certi che con lui non c’è pericolo che possa sopraffarlo. Lui Gesù, colui che li ha scelti a uno a uno, colui a cui mettono in mano le loro vite, i loro sogni, le loro volontà di bene, però dorme tranquillamente. A loro non sembra più di poter contare su di lui; anzi nasce una sorta di invidia o delusione, disappunto per il male che può succedere: affogherà senza accorgersi senza aver provato le loro paure.

 È la disperazione massima condita di cattiveria perché almeno lo vogliono svegliare perché condivida con loro le paure e la disperazione. Non hanno ancora capito che Gesù vuole loro tutto il bene che si può avere nella amicizia che ha dichiarato a tutti e ad uno ad uno. Ha dei progetti grandi su di loro. Li ha appena coinvolti nel fine ultimo della sua vita: l’annuncio e la inaugurazione del Regno di Dio. Il sonno di Gesù è una prova ancora più grande della solitudine che provano di fronte ai pericoli.

Il silenzio di Dio è il fatto più tragico e reale del nostro tempo. Perché oggi Dio tace? Dove è la sua capacità di salvezza, dopo che ha liberato il popolo di Israele dall’Egitto e ha fatto risorgere Gesù da morte? Possiamo sperare che questo mondo cambi, divenga più giusto, viva finalmente in pace? Lascerà che questo mondo venga distrutto e noi con esso, dalle bombe atomiche con cui si misurano i muscoli i potenti della terra, che potenti non sono proprio, perché si stanno scavando la fossa?

Gli apostoli non potevano ancora contare sulla impensata e verissima esperienza della risurrezione di Gesù, sulla parola fine detta dalla cattiveria degli uomini su Gesù, che sarebbe stata ribaltata dal Padre che lo ha risuscitato.

A noi oggi è permesso di mettere in atto un “tuttavia”, un “ciò nonostante”,  noi vogliamo ancora e sempre credere, avere fiducia massima in Dio che non ci lascerà mai soli in preda a forze più grandi di noi. Tarderà un quarto d’ora per sottrarsi al nostro possesso, per vedere se siamo ancorati a una forte fede come Abramo, ma sicuramente non cancellerà il suo progetto e la sua decisione di amore definitivo per ciascuno di noi e per l’umanità intera. Non cadremo mai al di fuori delle sue braccia. Quella barca, quasi sparita fra le onde riprenderà la sua rotta. È la vita, è la chiesa è il nostro futuro che ci verrà regalato eterno e felice in Dio.

28 Gennaio
+Domenico

La crescita ha il ritmo e la forza del seme

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4,26-34)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Audio della riflessione

Ogni persona custodisce in se una grandezza unica. Ci sembra di essere nessuno, di sentirci pure ignorati o schiacciati, ma ogni persona ha la forza di un seme che il Creatore gli ha posto dentro con amore. E Dio ha tutto un suo modo di coltivare e far fiorire i semi, la sua parola che ci ha scritto dentro ogni vita, l’inizio invisibile del suo regno in noi.

Esso ha l’aspetto della piccolezza, ma la forza di una concretezza, la parola e l’amore diventano storici con una presenza povera, nascosta e silenziosa, come il sale che dà sapore se non è avvertito, come il lievito che fa fermentare la massa se si dissolve in essa e come la luce che illumina senza essere vista, una fiaccola che si accompagna nel cammino spesso tortuoso di ogni giorno; per il cammino della vita in profondità non serve un faro che acceca, ma una fiaccola che fa compagnia, così spesso ci dice papa Francesco.

Saper aspettare con pazienza è quello che ci dice Gesù del suo regno, del mondo bello da tutti sognato, della giustizia, della stessa felicità vera. Lui andava per ogni città a predicare, gettava il seme, ma poi si doveva aspettare che la Parola lavorasse con pazienza nella coscienza delle persone. E sembrava che non succedesse niente, che all’orizzonte non si vedesse  nessun cambiamento, che la predicazione di Gesù fosse inutile. Noi vorremmo vedere subito i risultati, siamo malati di efficientismo, di produttività. Invece occorre sempre agire come se tutto di pendesse da noi, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio.

Questo è vero in tutte le attività in cui viene interpellata la libertà e la coscienza delle persone, soprattutto in campo educativo. Educare significa far crescere e la crescita ha il ritmo del seme. L’amore ha il ritmo del seme, del dono paziente e dell’attesa vigile, della accoglienza e della disponibilità. Una delle cose che mancano di più oggi è proprio la pazienza, la capacità di attendere fiduciosi, la consapevolezza che se si è seminato, i frutti verranno.

Occorre però saper guardare molto in avanti, non avere la vista corta, sempre ripiegata sui nostri piccoli problemi, avere la forza di progettare e non sempre soltanto di farci travolgere dai  problemi dell’oggi. Sedersi assieme genitori e figli e sognare il futuro, mettere le basi di una intesa profonda serve di più che litigare ogni giorno per le incomprensioni che costellano la nostra vita. 

27 Gennaio
+Domenico

Il regno di Dio non è solo promessa, ma realtà

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10,1-9)

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Audio della riflessione

Abbiamo sempre bisogno di speranza, La nostra vita spesso si svolge nell’incertezza, nella approssimazione. Viviamo di tentativi, di scongiuri qualche volta, di fortuna.

          Gesù invece è venuto con una decisione definitiva: lavorare per il regno di Dio e in Lui c’era una certezza incrollabile: è vicino a voi il regno di Dio. Regno di Dio è una realtà che racchiude in se tutte le attese del popolo di Israele. Quando lo udivano dalle labbra di Gesù capivano immediatamente che si trattava della loro grande speranza, della aspirazione di secoli: per loro era la fine di un incubo, la realizzazione di un sogno di popolo, incarnato in ogni famiglia, in ogni pio ebreo. Era la certezza della presenza misteriosa, ma reale di Dio nella storia del popolo e di ogni persona. Gesù voleva che tutti si orientassero a questa attesa sicura.

          Anche noi credenti oggi dobbiamo avere questa certezza. Non è vero che il mondo va verso il peggio, che la vita diventa sempre più impossibile, che il male è destinato ad avere il sopravvento, che stiamo andando verso la barbarie. Non è vero che ci stiamo allontanando dalla salvezza. Dio è fedele, il suo amore è senza se e senza ma. La sua promessa non è vana, non vincerà il male per quanto si faccia forte e usi tutte le astuzie per compiere la sua distruzione. Riuscissimo a vivere con questa certezza, con la consapevolezza che il Regno di Dio, che la pace, la giustizia, la felicità non sono solo promesse, ma realtà che determineranno per sempre la vita dei giusti, avremmo più fiducia nel nostro semplice e povero operare il bene.

          Certo quello che vediamo ci può scoraggiare, ma abbiamo bisogno di apostoli che parlano del grande bene che c’è nelle vite donate di chi soffre, di chi lavora per la giustizia, di chi con semplicità ama i suoi figli, i suoi malati, di chi fa il suo volere. Le cronache dei giornali non sono il diario del regno di Dio, ma solo il negativo che sta sotto un mare di bene che Dio semina in ogni creatura.

Tante nostre vite di fede sono stanche senza senso perché quando abbiamo dubbi anziché metterci a confronto, anziché osare di coinvolgere altri nella nostra faticosa adesione al vangelo, ci mettiamo allo specchio e continuiamo a guardarci addosso. La fede cresce se la doni,  il Vangelo diventa luce anche per te se lo poni sulla finestra perché tutti lo vedano Occorre andare a due a due a rinfocolare la speranza nel mondo, perché Dio sta con noi, è presente più di quanto lo possiamo scorgere nelle pieghe della vita.

26 Gennaio
+Domenico

Missione è essere configurati a Cristo e viverne a fondo il mistero

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-18)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Audio della riflessione

Papa Francesco usa alcuni verbi molto più di tanti altri: uscite, andate, non state al balcone. Se qualcuno pensa che essere cristiani significa trovarsi una bella isola su cui stare tranquilli, pur molto spirituali, ha sbagliato e non è nemmeno il cristiano come lo vuole Gesù. San Paolo, la cui conversione festeggiamo oggi, non lo ha più fermato nessuno nella corsa del vangelo.  

Il comando di Gesù: andate, esige vita interiore, preghiera prolungata, affidamento totale alla misericordia di Dio, contemplazione di Gesù, conversione profonda che aiuta ad avere fiducia solo in Dio. Questo è anche approfondire le ragioni della propria fede e trovare la sorgente di speranze decisive per la vita di tutti. Noi crediamo nella risurrezione, per questo non temiamo la morte; noi sappiamo che Dio è somma giustizia, per questo amiamo  gli ultimi; noi osiamo non spaventarci della croce, per questo sappiamo anche soffrire per una causa o una vita. Beati tutti quelli che sanno prendere posizione per me: sappiate che io sarò sempre lì con voi, Io nella mia vita ho sempre fatto così e voglio essere la vostra felicità. Io, non le mie cose, o i miei pensieri, io nel massimo dell’intimità della vita. Sappiate che nel vostro andare c’è sempre la mia presenza, il cielo non è mai vuoto è sempre aperto sui vostri cammini in tutto il mondo.

Ci nascono allora alcune domande impegnative. Che comunità cristiana è quella capace di spingere i credenti fino agli estremi confini? Che formazione e celebrazione  deve offrire perché i giovani e gli adulti di oggi siano lanciati sugli orizzonti della missione? Dove viene coltivata la mancanza di coraggio, il mimetizzarsi di fronte alle responsabilità per un futuro di pace e di vangelo? Dove vengono distrutti gli ideali di apertura, di libertà, di dono?  Che felicità offre la chiesa a questi giovani di oggi, spesso annoiati, diffidenti, pieni di domande, desiderosi di risposte e in fuga dalle comunità cristiane?  I giovani temono di più la mediocrità che il sacrificio. Forse stiamo abbassando gli ideali al perbenismo.

Il Sinodo dei giovani ci ha dato molte risposte e prospettive indicando anche quali percorsi può intraprendere, che figure educative deve avere, quali aperture coltivare assolutamente necessarie e normali nella vita di una diocesi, che libertà deve maturare entro le strutture della comunità cristiana per spaziare oltre i confini. Sulla risposta decisa e generosa alle domande possiamo sognare il volto della chiesa e il ritratto del credente, declinato nella cultura, nell’allargamento dello spazio della razionalità e della carità. Però con una certezza:

La missione non sta dalla parte delle attività, ma dell’essere configurati a Cristo, dal viverne a fondo il mistero, dal far diventare esperienza vissuta la sua Incarnazione. Questa configurazione non è un insieme di tentativi di imitazione lasciati all’intraprendenza umana, ma una struttura di nuova personalità definita in noi dallo Spirito con il battesimo, con la Confermazione, con l’Eucaristia. È Lui che delinea in noi i tratti della missione di Gesù, come li ha delineati nella vita degli apostoli.

25 Gennaio
+Domenico

La vera parentela è fare la volontà di Dio Padre

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3,31-35)

In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.
Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».
Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

Audio della riflessione

Titolo di consanguineità è essere figli della stessa madre o dello stesso papà … spesso però è anche far parte dello stesso popolo, della stessa famiglia, della stessa terra, delle stesse tradizioni … è fare esperienze comuni, incontrarsi, essere amici, lavorare o studiare assieme, far parte della stessa squadra … ti basta spesso avere una foto assieme a una persona importante per gloriarti con gli amici della tua dimestichezza con lei.

La gente pensava che anche nei confronti di Gesù bastassero titoli di consanguineità per far parte della sua squadra, per sentirsi legati a Lui, come biglietto da visita da presentare … “Se sono del suo giro, se appartengo al suo gruppo, posso accampare alcuni privilegi e alcuni diritti su di Lui. Posso rivendicare una maggiore intimità, magari anche qualche potere di raccomandazione o diritto di precedenza” …

Arrivano infatti la madre e i parenti e la gente crede che Gesù debba far loro posto nel suo programma di annuncio, debba in qualche modo mostrare deferenza, sospendere la sua predicazione per una simpatica rimpatriata …

… Gesù invece dice che il legame più vero e più bello che si può avere con Lui non è tanto la consanguineità o la parentela, ma il fare la volontà di Dio, cioè l’impostare la vita sul progetto di Dio nella storia.

Si entra nell’intimità con Gesù non richiamando parentele, ma facendo un salto di qualità nell’abbandono nelle braccia di Dio!

Nessuno davanti a Dio è garantito per elementi esterni, perché magari va in Chiesa o fa parte della parrocchia, o bazzica sempre negli ambienti ecclesiali, perché conosce un cardinale o un vescovo, o ha parlato col papa, ma solo nella coscienza di lavorare assieme a Dio per la costruzione del suo piano d’amore.

La sua volontà è soltanto quella di far trionfare l’amore!

Diventi suo vero consanguineo se scorre nella tua vita la sua stessa linfa, la sua stessa parola, il suo piano di salvezza per tutti gli uomini.

L’atteggiamento dell’ascolto della Parola ci rende fratelli di Gesù; la ricerca di Lui, l’atteggiamento di chi si converte interiormente a Lui, ogni giorno, perché ogni giorno dice “sia fatta la tua volontà” e in questo modo sperimenta un Dio che non ci abbandona mai.

24 Gennaio 2023
+Domenico

Non basta il  buon senso per vivere da cristiani, occorre sempre il vangelo!

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3,22-30)

In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito.
Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.
In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna».
Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».

Audio della riflessione

Se ne sentono tante di idee oggi in giro anche riguardo alla religione. Ti sembrava di avere acquisito qualche buona idea, qualche saggio comportamento legato alle tradizioni, al buon senso, ad abitudini collaudate e invece senti dire che non va più bene questo, non è più esatto quello, occorre comportarsi in maniera diversa. Ogni tanto appare un predicatore che ti sconvolge e non sai più a chi credere. Se resti abbarbicato alle tue idee passi per sorpassato, non all’altezza dei tempi moderni; se cambi e ti adatti, ti sembra di aver tradito qualcosa di grande che ti aveva permesso di vivere con onestà.

Era capitato qualcosa del genere alla gente che ascoltava Gesù. Si domandavano: ma questo che dice? Ci fa nascere speranza quando parla, ma non è proprio come quello che noi comunemente ci siamo imparati nelle nostre frequentazioni della sinagoga. E’ un insegnamento che esige una conversione dai nostri modi di pensare. Ma prima di cambiare dobbiamo vedere bene di che si tratta. Potrebbe essere anche il demonio che ci tenta. Ecco la prima grande accusa: Gesù è un demonio che ci porta al male. Forse perché era scomodo ascoltarlo, forse proprio perché metteva in discussione il loro modo di aver ingabbiato Dio nelle loro abitudini. E Gesù con pazienza a far capire che è troppo comodo chiamare demonio il suo invito alla conversione, è una buona scusa che non ti permetterà mai di uscire dalle tue sicurezze, dai tuoi peccati, dalle tue posizioni errate. Dire che Gesù è un demonio è una bestemmia imperdonabile, proprio perché non crediamo che Gesù possa perdonare, se è un demonio.

Capita anche a noi oggi per le nostre comodità di opporci a ogni cambiamento in meglio della nostra vita, di adagiarci sul buon senso, che è anche un buon maestro, ma non è sufficiente a offrire ragioni vere di vita. Di buon senso si può morire. Il buon senso ti dice che se non vai d’accordo in casa puoi separarti, se trovi che un’altra persona ti rende felice e invece tuo marito no, puoi tranquillamente cambiare; che se non puoi mantenere un altro figlio, puoi tranquillamente abortire; che se  hai una buona occasione per far soldi, basta che non si veda, anche se è disonesto o è un furto, lo puoi fare; che se hai occasione puoi sempre arrotondare, che qualche avventura sentimentale è permessa, ti muove un po’ la vita. Questo sarebbe cristianesimo?

La speranza nostra è un’altra: è di poter avere qualcuno che ci dà luce, convinzioni difficili da vivere, ma vere. E questa speranza ce la dà solo Gesù come è presentato dalla Chiesa, dal papa, dalla vita cristiana quotidiana, dalla carità verso i poveri, fatta perché amiamo  Dio senza condizioni o sconti.

23 Gennaio
+Domenico

Subito, senza tentennamenti, in una missione nuova e impossibile

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 4,18-22)

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

Audio della riflessione

Si può stare giorni e giorni ad aspettare che la vita si risolva da sola … si può pensare che non ci sia mai niente di nuovo sotto il sole e adattarsi a sopravvivere … si può invece tendere la vita a tutto quello che la realtà ci propone e cercare di capirne il mistero: talvolta è un amico, talvolta una situazione, spesso è una chiamata precisa, che ti si impone.

Così è capitato ad Andrea il fratello di Simone, mentre stavano pescando nel lago di Tiberiade; vita dura, tensione, attesa, delusione, sorpresa erano i sentimenti che si susseguivano ogni giorno nel loro lavoro. Gesù li aveva osservati tante volte e aveva capito che erano gente decisa, rotta alla fatica, resistente e li ha chiamati perentoriamente come spesso faceva Lui: “Seguitemi!”.

Non ha detto “vi andrebbe di.. che cosa pensate se… chissà che possa interessarvi…”, ha detto “:”Seguitemi, vi farò pescatori di uomini. Non siete fatti per stare a consumare la vita su queste barche, dentro questo lago, a gettare e ritirare reti. Voi siete fatti per un piano più grande, il piano di Dio che vi vuole decisi a coinvolgere gli uomini nella gioia del Vangelo”.

Aveva visto bene Gesù: aveva intuito che ci sono uomini che si lasciano prendere da ideali alti, da missioni impossibili. Gesù quando chiama a collaborare chiede il massimo, mai il minimo, anche se sa rispettare i tempi di crescita.

Andrea non sta a tergiversare … c’è un avverbio che dice la sua decisione: “subito”, una decisione senza ripensamenti: “lasciate le reti e i loro progetti lo seguirono”; gli andarono dietro, stettero con lui, si misero a condividere i suoi sogni oltre che i suoi passi.

La vita è così: intercetta una chiamata e si butta a seguirla. Il cammino che faranno sarà lungo e faticoso, non sempre lineare: difficoltà, scoraggiamenti, incomprensioni, gelosie, dubbi, domande saranno pane quotidiano – è mica così anche la nostra vita – ma cambieranno la loro vita.

Andrea si immedesimerà nella missione di Gesù: porterà a Lui altre persone, sarà attivo nella moltiplicazione dei pani, quando ha portato a Gesù il ragazzo con i cinque pani e due pesci; darà la vita per Gesù! Era stato lui a portare a Gesù il fratello Simone, aveva intuito che su Gesù si poteva scommettere … e gli aveva messo tra le mani la vita.

Quel pomeriggio era stato un gran pomeriggio: quella sera sul lago non c’era stata incertezza, calcolo, pronostici o tergiversazioni, ma decisione e fiducia, generosità e abbandono nelle mani di Dio che avrebbe sicuramente sempre riempito la sua vita senza mai abbandonarlo anche nel dono totale di sé su una croce – ricordate -, la croce decussata come sempre viene rappresentata la morte di Sant’Andrea.

22 Gennaio 2023
+Domenico