Voglio toccare Gesù, non solo ascoltarlo

Una riflessione sulVangelo secondo Marco (Mc 6,53-56)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Audio della riflessione

C’è una componente delicatissima della nostra esistenza che finisce per diventare determinante tutta la nostra vita: la nostra corporeità. La divisione in corpo e anima di tipo platonico, con un certo disprezzo per il corpo, come prigione dell’anima non fa più parte della nostra mentalità anche se ogni tanto riaffiorano comode semplificazioni, soprattutto quando si invecchia, quando il nostro corpo perde smalto, si appesantisce in malattie insopportabili, la prestanza fisica viene meno e il declino è irreversibile. Sappiamo invece che la corporeità e tutto quello che è legato ad essa, fa parte della globalità della persona e, quindi, va recuperata dal suo interno come un “segno”; soprattutto deve diventare lo spazio personalissimo e originale per vivere veri rapporti con tutti e veri rapporti di amore.  

In questo contesto dobbiamo collocare la nostra naturale necessità di vedere, toccare, sentire, gustare, far passare per la porta dei nostri sensi anche l’esperienza spirituale, anche il mondo misterioso della fede. 

Quando la gente va a qualche santuario vuole toccare la statua, vuol vedere, vuol entrare in contatto concreto con qualcosa. E non ci dobbiamo meravigliare, perché questo accade anche quando i giovani vanno a qualche concerto rock; avere una maglietta, un autografo, una bacchetta del batterista, un braccialetto del cantante, una stretta di mano, un bacio è il massimo per sentirsi dentro veramente in una esperienza. 

Così era la gente che rincorreva Gesù per le strade della Palestina. Tutti volevano sentirlo, vederlo, ascoltarlo, ma soprattutto toccarlo. Aveva fatto di tutto quella donna che toccò il lembo della sua tunica e restò guarita, così vogliono fare tutti quelli che si sentono imprigionati dalla malattia. Il toccare però è vero se si porta dentro una fede profonda. Occorre sempre unire l’anima al corpo per unire la speranza al presente, il desiderio alla realtà. Infatti, Gesù offre la sua salvezza se chi lo accosta lo fa con fede, sa andare oltre il fatto fisico e lo carica di adesione spirituale alla sua persona, lo fa diventare un segno di una fede profonda, di una consapevolezza di mettere al centro della sua vita Gesù. La forza che promanava da Gesù era la conferma della certezza che Dio è incontrabile nella vita quotidiana perché Lui non ci abbandona mai. 

6 Febbraio
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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