Vuoi liquidare la coscienza? Fatti una mentalità da lapidazione

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 10,31-42)

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». 
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. 
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Audio della riflessione

Purtroppo, qualche volta sentiamo cronache di mondi antichi che parlano di lapidazione; ancora ci sono persone che vengono uccise da questo selvaggio scatenarsi di cattiveria. Ciascuno si arma della sua pietra, la sceglie più acuminata e pesante possibile, prende la mira e si convince che giustizia sarà fatta se il suo colpo sarà determinante. Giustizia sommaria o esecuzione calcolata, ma sicuramente scatenamento di violenza e assassinio nel nome forse di Dio.  
Al tempo di Gesù era una pratica consolidata e frequente. Stavano lapidando l’adultera e Gesù li ha fermati, ora vogliono lapidare anche Lui, anche Lui deve essere fatto tacere per sempre perché la sua parola è insopportabile e altamente corrosiva delle convinzioni religiose del popolo. Lui si fa Dio, bestemmia, deve essere lapidato. Non c’è da ragionare, non c’è da capire, c’è solo da sopprimere. 
Vi ho fatto vedere molte opere buone per quale di esse mi volete lapidare? Riconoscono anche loro che le opere sono ben fatte, vedono che Gesù sta ridando speranza a chi l’ha persa, dona vita, apre il cuore alla bontà, svela i pensieri malvagi del male, libera dalla schiavitù del demonio, sta dando vita a un nuovo modo di aspettare il messia, il Signore. 
Ma chi detiene il potere si sente destabilizzato, gli viene sottratto dalle mani il controllo delle coscienze, che non è mai stato un compito di nessuna religione, tanto meno di quella ebraica. Il Regno che porta Gesù non è un regno sulle coscienze, ma un regno delle coscienze. Credere in Lui è aprire la coscienza al massimo di libertà, al massimo di promozione della vita delle persone, a un modello di società che fa crescere l’uomo e non lo soffoca o domina. 
Chi porta libertà e chi tenta di scoprire il vero volto di Dio, va lapidato. Ci costringe a cambiare dentro e noi non vogliamo, ci mette in discussione, ma si dice che il popolo ha bisogno di principi indiscutibili. Oggi come ieri qualcuno prenderebbe in mano volentieri delle pietre per fermare la bontà, per non sentirsi mai costretto a rivedere la sua vita. 
Gesù va accolto per quello che è e le sue opere sono sempre il segno che Dio non ci lascia mai soli.

31 Marzo
+Domenico

Una Parola che vince la morte

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 8, 51-59)

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».
Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: ”È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».
Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Audio della riflessione

La morte è triste certezza di ogni nostra vita. Per molti è la fine di tutto, per il cristiano è un passaggio, una trasformazione: la vita non è tolta, ma trasformata. Questa non deve farci paura, anche se provoca dolore e distacco. Ma c’è un’altra morte che dobbiamo temere di più, quella della disperazione, del nulla, della lontananza da Dio, la morte del peccato.  
È una parola che non va tanto di moda, ma noi sappiamo che ci sono atti, gesti, modi di vivere che producono solo morte, ci allontanano da Dio, spengono in noi la felicità, distruggono le relazioni con gli altri, seminano odio, fanno soffrire innocenti, tradiscono l’amore, rendono schiave le persone, tolgono la vita stessa. Se guardiamo il male che c’è nel mondo e lo guardiamo con gli occhi di Dio, noi vediamo che dietro ciascuno di questi non c’è la fatalità, il caso, la disgrazia, ma il male, quello personale o quello sociale, la nostra cattiveria, o la somma delle piccole cattiverie che abbiamo accumulato e fatto crescere. 
L’unico modo di evitare questa morte, dice Gesù, è osservare la mia Parola. È guardare Gesù, che è la Parola vivente, è contemplarlo perché se ci lasciamo guardare negli occhi da Lui, veniamo cambiati e viene distrutta ogni piccola e grande morte dentro di noi, ascoltare la sua Parola è vederla all’opera nella chiesa, nei sacramenti che sono parole di salvezza e di grazia, osservare la sua parola è metterla al centro della nostra vita.  
La Parola di Gesù è quella luce nitida e gioiosa, che si è accesa per dono di Dio nella nostra vita e che offre orientamento e infonde forza, che si fa compagnia fedele e coinvolgente. Prendere in mano il vangelo, accoglierlo nella nostra mente e nella nostra vita ogni giorno, è cercare la guarigione dai nostri mali che ad ogni alba che nasce rischiano di cambiare la nostra amicizia in abitudine, il nostro amore in possesso, il nostro lavoro in affanno, le nostre attese in angoscia, la nostra vita quotidiana in sopportazione, la nostra creatività in capriccio, i nostri dialoghi in processi, le nostre stesse preghiere in lamenti.  
Sono tutti piccoli assaggi di morte, ma che possono essere sconfitti perché Dio con la sua parola ci sta addosso e ci fa liberi.

30 Marzo
+Domenico

Signore Gesù, sii sempre per noi libertà vera

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 8,31-42)

In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro».
Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro».
Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato».

Audio della riflessione

Essere liberi è l’aspirazione di ogni persona, non è il fine, ma sicuramente una componente necessaria per giungere alla felicità e all’amore. Viviamo tante esperienze anche belle di liberazione, ma poche di libertà. Liberazione è aver distrutto le catene, avere i polsi liberi dai ceppi, ma non necessariamente avere la testa di un uomo libero. Sentirsi liberi è seguire la verità a tutti i costi, è il massimo della fedeltà al vero, al bene. Essere liberi non è fare quel che piace anche perché tante volte non abbiamo niente che ci piace da fare e passiamo le giornate nella noia. Se invece in noi splende una verità, una parola sicura, allora siamo trascinati nel goderla e realizzarla. 
 
Gesù dice che la libertà è fedeltà alla sua Parola, è conoscere la verità. Siamo tutti e sempre imbrogliati, ingannati. Spesso sono piccoli inganni come quelli della pubblicità, altre volte sono i tollerati inganni degli oroscopi e passiamo tutta la giornata ad aspettare che si avverino se sono buoni o a premunirci perché non ci capitino, se sono cattivi per noi. Stiamo in tensione, legati a quella falsità. Spesso gli inganni sono ancora più grandi: sono ideologie, filosofie che ti trascinano in un vortice pure di violenza; ti incatenano, perché esigono tutto.   
 
Quanto invece è più distensivo l’abbandono alla Parola di Dio, la consapevolezza che quello che Lui ci dice è per il nostro bene; la verità che la Parola di Dio ci offre ci allarga gli orizzonti, ci libera dai compromessi, scioglie i nostri legacci. Sapere di poter contare su una Parola che non inganna, che dirada le nebbie del dubbio, dell’incertezza è la prima gioia di una giornata.  
 
Allora sgorga la preghiera perché la verità allarghi in noi spazi di libertà e esperienze di dono. Questa libertà è soprattutto interiore, può esserci anche se esternamente vivi incatenato al tuo letto di dolore, a una situazione di vita difficile, a rapporti di coppia spesso insopportabili. Se tu vivi secondo verità, secondo la Parola di Dio, la libertà ti nasce da dentro ed è capace di cambiare anche le situazioni più difficili, perché la verità della sua Parola è il segno che Dio opera in noi

29 Marzo
+Domenico

Non riduciamo Dio e Gesù a persone come noi

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 8,21-30)

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?».
E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati».
Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre.
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui
.

Audio della riflessione

Sono sempre meno coloro che sono nati in contesti religiosi e cristiani e accolgono il dono della fede attraverso l’ambiente sociale in cui vivono, anche se la tentazione di poter guardare Dio negli occhi e abbassarlo al livello delle proprie pulsioni, dei propri desideri, delle proprie miserie è molto diffusa. Se non è come noi, poco manca. Senza accorgerci perdiamo il senso della sua alterità, della sua grandezza, della sua irriducibilità alla nostra vita. Sappiamo che Dio si è fatto uomo, e lo fissiamo nel nostro mondo. Tentiamo continuamente di rendere passabile, ragionevole ogni Parola di Dio. 
Allora facciamo fatica a capire il vangelo. Lo vorremmo ridurre al diario di un uomo e tutto ciò che vi si racconta e che noi non possiamo fare o essere lo diciamo solo fantasia e devozione, mito e leggenda. Guardiamo al mondo, lo vediamo cattivo e sconvolto e pensiamo che Dio abbia sbagliato qualche conto e gli chiediamo ragione del male, lo mettiamo alla sbarra come si fa con un qualsiasi delinquente. Il criterio di verità che usiamo è il nostro, il criterio di giustizia è il nostro, l’esperienza dell’amore è solo quella che a noi pare bene vivere. 
 Invece spesso nel vangelo e nella bibbia si fa notare che c’è una assoluta diversità, che il farsi uomo da parte di Dio è per elevare l’uomo alla grandezza di Dio, non per ridurre Dio all’orizzonte umano. Le mie vie non sono le tue vie. C’è una apertura verso l’oltre che deve sempre aprire la nostra intelligenza. Il mondo che il vangelo ci presenta sta stretto sempre nelle nostre eventuali realizzazioni di esso.  
Questa alterità di Dio era molto avvertita dal pio ebreo, tanto che di Dio non si poteva fare nessuna rappresentazione iconografica e non si poteva pronunciare il suo nome. Erano persino esagerati, proprio perché dovevano combattere l’idolatria, la elevazione di sé stessi e delle creature a divinità. 
Noi oggi non siamo tentati di costruirci idoli verso i quali esercitare un culto, ma molto più ingannevolmente facciamo diventare Dio le cose, il denaro, il divertimento, il successo. Ci facciamo una religione su misura. Ma Dio non è di questo mondo. Lui non ci abbandona mai non per livellarci al ribasso, ma per esaltarci e portarci nella sua pienezza.

28 Marzo
+Domenico

Molla a terra ‘sta pietra

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 8,1-11)

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una a sorpresa in adultèrio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Audio della riflessione

Una pietra l’abbiamo sempre in mano tutti da scagliare contro qualcuno per punirlo, per cancellarlo dalle nostre vite, per dire il nostro disprezzo, dall’alto di un perbenismo che vuol mostrare di avere niente a che fare con le debolezze e gli sbagli altrui. Giustizialismo si chiama l’atteggiamento di chi si crede di essere padrone delle coscienze e si erge a giudice implacabile di errori e di persone, non guardando spesso nella propria vita per vedere i propri sbagli.  
Pietre avevano in mano quegli scribi e farisei, quegli intellettuali e osservanti, che volevano dare una lezione di moralità a tutti, lapidando, uccidendo a sassate una donna, trovata inadempiente in maniera grave alla legge e ai sentimenti che regolano le relazioni umane. È una donna usata e buttata, come spesso capita a tante donne. E il mondo maschilista in cui vive addebita solo a lei la colpa che sicuramente ha da dividere con un uomo.  
Gesù viene messo in mezzo perché Lui sta predicando un rinnovamento, sta offrendo criteri nuovi di interpretazione della stessa legge. Finché afferma che il sabato va interpretato in favore dell’uomo e non di un rigido ritualismo, potrebbe essere un fatto popolare per accattivarsi la gente semplice. Ma vediamo che sa fare il maestro di fronte a questo peccato che distrugge la famiglia, snatura le relazioni di base della vita sociale ed è gravemente diseducativo? 
Non avevano fatto i conti con la sapienza e la bontà di Gesù, certo con la sua integrità di osservante della legge, ma anche di scrutatore di coscienze. Chi è senza peccato scagli per primo la pietra.   Uno sguardo preciso alla tua interiorità è il primo momento necessario per fare qualunque azione che coinvolge gli altri, soprattutto se è una condanna. Guardati dentro, vedi chi sei, affonda lo sguardo nella tua vita, nel tuo rapporto con la giustizia, nella tua situazione di perdonato senza merito da Dio. Non sei un giudice investito di autorità, ma sei un uomo come tutti e non disprezzare né mai giudicare.  
Che sai della coscienza delle persone? che conosci della vita disperata di tanti? Disapprova il peccato, ma non permetterti mai di giudicare il peccatore, guardati dentro, conta i tuoi peccati e molla ’ste pietre. E le pietre cadono con un tonfo sordo sul terreno di sabbia, su cui Gesù stava scrivendo in attesa che la sua voce calasse nelle coscienze di ciascuno. Rimane solo la donna e Gesù non la condanna, ma la invita a non peccare più. Ha una esistenza da cambiare, non la sua vita da seppellire. Il cielo, Gesù in persona, si apre sulla sua vita desolata e le dà la pace. 

27 Marzo
+Domenico

La morte, mistero inquietante, ma non per Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 11,1-45)

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.
Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Audio della riflessione

La morte resta sempre un mistero inquietante, di fronte alla morte siamo tremendamente impotenti, la nascondiamo più che possiamo, ma è l’unica certezza che sperimentiamo per tutti. Gesù si trova di fronte alla morte di un amico. È Lazzaro, colui che con le sue sorelle dà vita a una casa accogliente, dove Gesù passa spesso a riposare per tirarsi fuori dalla bolgia delle feste che si vivono al tempio nel frastuono e nei subbugli. Due atteggiamenti vengono messi in risalto da parte dell’evangelista Giovanni.  
Il primo è commozione profonda e turbamento, fremito del cuore e dell’intelligenza e sdegno. La morte, il male, la condanna che viene dal maligno è ancora lì a punire, a deturpare, a squassare la vita, il bene sommo di cui Dio è Signore. Nella potenza tragica della morte si annida il male oscuro e cieco dell’umanità. Gesù ha quasi una ribellione nei confronti di quella potenza beffarda che gli ha tolto l’amico, come tutti noi che non riusciamo a comprendere la morte dei nostri cari. La morte continua ad essere uno scandalo, un controsenso, una realtà incomprensibile; quando capita a noi, ai nostri amici o ai nostri cari facciamo sempre fatica a darcene una ragione. 
L’altro atteggiamento è il pianto. È lo sfogo dell’amico, il pianto liberatorio della partecipazione all’evento, la solidarietà con il dolore. Gesù è un uomo con tutti i più ricchi e delicati sentimenti delle esperienze più belle dell’umanità. L’amicizia è una di quelle. È la compagnia, il sostegno, lo scambio, il riferimento, l’affidarsi vicendevole, il farsi coraggio a vicenda. Ora, l’amico, che dava serenità ai ritorni snervanti dalla vita di Gerusalemme, non c’è più. Non risuona più la sua voce che lo rincuorava e gli dava forza per riprendere all’indomani un’altra battaglia nel tempio. 
Ma il pianto si cambia in lotta, in un grido liberatorio. Gridò a gran voce perché tutti lo sentissero, anche quelli che stavano a dirgli: bell’amico che sei stato! Non ti costava niente se lo salvavi prima. Ormai! 
Per Gesù non c’è nessun ormai: la vita deve sempre scoppiare e Lazzaro riprende vita e si sciolgono le bende. Gli ha ridato vita, ma per dare un segno di quella vita infinita che dopo la sua risurrezione diventerà patrimonio di tutti, di quel cielo che lui abiterà per dare alla terra la luce esplosiva del Risorto.

26 Marzo
+Domenico

Annunciazione del Signore e solitudine di Maria

Una riflessione sul vangelo secondo Luca (Lc 1,26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Audio della riflessione

Maria è visitata dall’arcangelo Gabriele, dice il suo si generoso con una grande fede. È un mistero che abbiamo spesso meditato; oggi ci portiamo a meditare sulla conclusione di quella pagina di vangelo determinante la vita del genere umano e della nostra salvezza:   
E l’angelo si partì da lei, si allontanò da Maria.  
Quando siamo coinvolti in eventi importanti per la nostra vita o siamo caricati di qualche grande responsabilità accanto alla sorpresa di una fiducia immeritata che ci sentiamo regalata, sentiamo il bisogno di un aiuto, di una solidarietà, di una compagnia. È la compagnia del padre o della madre, dell’amico o del superiore, del datore di lavoro o dell’insegnante, dell’amico o del collega. Prima o poi però resti solo con la tua decisione e la tua responsabilità. Così leggo quel semplice versetto del vangelo: e l’angelo si allontanò da lei. Maria resta sola ad affrontare le conseguenze della sua grande decisione di mettersi a disposizione di Dio.  L’angelo se ne va proprio quando ne avrebbe bisogno 
per confermare a lei stessa la verità di quell’incontro, indeducibile, inimmaginabile, dolce, irruento. per spiegare ad Anna, a Gioacchino cosa le stava accadendo, chi le stava crescendo in seno.  
Per dire a Giuseppe, sposo profondamente amato, sposo che l’amava teneramente, che quel Figlio che le sbocciava in grembo non era il frutto di un tradimento ma il frutto della più alta fedeltà che una creatura umana potesse vivere e immaginare.  
Ne avrebbe bisogno per tenerle alta la testa di fronte agli sguardi curiosi (maligni?) delle vicine di casa che l’avrebbero vista ingrossarsi, che non avrebbero potuto trattenersi dal commentare mormorando e sorridendo.  
Per difenderla da una legge che la chiamava a rispondere della propria verginità e della propria fedeltà di fronte a Dio e di fronte agli uomini, pena una pioggia di sassi che l’avrebbe inchiodata a terra, lei e il suo Figlio.  
Maria resta sola, come capita alla nostra umanità e alla nostra fede. È la solitudine non disperata, ma difficile di ogni credente e lo sarà poi di ogni cristiano. È quella solitudine nel profondo della nostra coscienza in cui nessuno può entrare e che nessuno può violare: soli con il nostro Dio, soli a dire il nostro sì, a godere di questa compagnia intima e non disponibile a baratti, a incursioni esterne: grande forza e grande solitudine.  
Maria resta sola con la domanda tutta umana sulla consistenza di quella visione, di quelle parole. Col bisogno tutto umano di meditarle, di capirle fino in fondo. Con la certezza che quelle parole generavano in lei qualcosa di più di un buon pensiero. Generavano il lei il corpo, il sangue, l’anima di colui che tutta la storia stava attendendo. Altro che buoni pensieri. Un torrente di vita, una cascata di sole si erano riversati in lei e da lei dovevano riversarsi nel cuore di ogni uomo. Da lei. Da una piccola grande donna. Altro che buoni pensieri: pura, bellissima, difficile vita.  
Maria resta sola.  
Sola, con una storia personale che ha trovato in Dio, nella chiamata di Dio un punto di non ritorno di ogni suo pensiero, sentimento, gesto di amore totale.  
Sola, con il peso della sua responsabilità di fronte a tutta la storia di Israele che da sempre attendeva il messia.  
Sola, di fronte a tutto il male e a tutto il bene di ogni creatura umana. 
Sola, davanti ad ogni uomo e ad ogni donna che si chiedono se la propria vita ha un senso.  
Sola, portando in grembo la risposta ad ogni domanda. 
Sola, con quel Figlio radicalmente totalmente inatteso che iniziava a crescerle nel grembo.  
Resta sola davanti a Dio di cui si fida e proprio per questo immediatamente si mette a servire, va da sua cugina Elisabetta che vive la sua tarda maternità nella solitudine e canta la sua gioia, la gioia di avere creduto a Dio e di avere in grembo la vita di Gesù; prima di mettersi al lavoro perché l’aiuta, si mette a disposizione, canta. La mia anima è piena di gioia, non sono fantasie quelle dei profeti. Lui ha proprio mandato i ricchi a mani vuote, ha umiliato i superbi, ha riempito di gioia i poveri. Ha detto che non ci avrebbe mai abbandonato. Ora è qui, ve lo porto io.  
Essere la serva del Signore significa essere al servizio della speranza e del bene di tutti, anche di noi.

25 Marzo
+Domenico

Non darmi per scontato

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 7,1-2.10.25-30)

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi  di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercarono allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

Audio della riflessione

Il difetto più comune nella vita di relazione è dare le persone per scontate. Spesso si vive assieme per tanti anni, si va a scuola a assieme, si gioca assieme, si lavora insieme, ci si diverte pure insieme eppure le persone che abbiamo a fianco non le conosciamo. Si crea una sorta di tacito consenso sulla propria vita e si pensa che l’aver a che fare con qualcuno significhi automaticamente conoscerlo.  
Il problema sta nel concetto di conoscenza che noi senza accorgerci facciamo crescere nei rapporti con le persone: la scambiamo per un possesso, crediamo che le informazioni che abbiamo di qualcuno ci permettano di mettercelo in tasca, è un conoscere più per difendersi che per aprirsi. 
Invece la vera conoscenza di una persona è sempre un ascolto, un essere disponibili alla novità, allo stupore, alla meraviglia, è permettere agli altri di non stare imbrigliati nei nostri schemi, nelle nostre fissazioni, nelle pur vere esperienze che abbiamo fatto e che però non tengono conto che la persona è viva, è più futuro che passato, è sempre aperta a nuovi contatti.  
È così di Gesù, il galileo, quello che viene da Nazaret, da dove non può uscire niente di buono, è quello che va in giro a predicare e crea scompiglio. Nessuno magari si è preoccupato di sentirlo, è già stato incasellato in uno schema; è un bestemmiatore, è un insolvente nei confronti della legge, è un rivoluzionario; suo padre e sua madre sono qui tra noi, sappiamo tutto di lui: vita opere e miracoli.  
E Gesù invece dice: voi non sapete niente, credete di sapere, avete esercitato sulla mia vita il vostro superficiale controllo, ma non siete ancora riusciti a liberarvi da voi stessi.  
È la situazione di tanti cristiani nei confronti di Gesù, nei confronti della vita cristiana, del vangelo. Cose vecchie! Cose risapute, frasi mandate a memoria, niente di nuovo. 
È la sicumera dell’ignorante, di colui che tratta le persone a pregiudizi e a esteriorità, di colui che non sa mettersi ad ascoltare. Invece Gesù è da ascoltare, il suo vangelo è sempre nuovo, la sua vita è una sorgente, non uno stagno, è un fiume non una pozzanghera. È vita, ma è sempre vita nuova inesauribile. È sempre più in là di dove lo vogliamo fermare. Ci trascina fuori dalla nostra inerzia e pigrizia, perché Lui è il Dio che non ci abbandona mai e ci dà sempre forza

24 Marzo
+Domenico

Venite a me per avere la vita vera

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (GV 5,31-47)



In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?»

Audio della riflessione

Sentirti dire da chi ti conosce bene, che non sei onesto, non sei corretto, non hai un cuore capace di amare, sei autoreferenziale, ti sei trovato amici che ti adulano e ti nascondono la verità, è una bella batosta. Dovresti farti un serio esame di coscienza, una buona autocritica e invece spesso sei nel massimo della tua superbia e gli occhi ti restano chiusi sulle cose più evidenti della tua vita perché ti fanno male e non hai il coraggio di ammetterlo per cambiare. 
Nel serrato confronto tra i giudei e Gesù avviene proprio questo. Loro sono sicuri di essere nel giusto e decidono continuamente di combattere Gesù, soprattutto quando tenta di smascherare i loro atteggiamenti ideologici. Dove sta la vera vita? Dove sta la salvezza? Che atteggiamento di accoglienza avete nei confronti del mistero di Dio? Quanto siete disposti a darmi fiducia? Potete alzare lo sguardo dai vostri interessi e dalle vostre comode ideologie che vi impediscono di cercar la verità? È un rimprovero, sono domande che il Signore può fare a ciascuno di noi oggi. Ci diamo ragione gli uni gli altri, senza cercare la vera ragione che è Lui. Crediamo di avere in mano la vita e di poterla manipolare, mentre la vera vita è Lui. Abbiamo collocato la nostra salvezza in alcuni nostri principi minimali, ma non ci accorgiamo che la loro fonte e la loro completezza sta in Gesù. 
Giovanni, il Battista ha avuto il coraggio di mandare i suoi discepoli da Gesù per mettersi in dialogo e ricerca con Lui, dopo aver detto loro solo la cruda verità: lui era solo il precursore e un altro doveva venire dopo di lui. Ma a me che sono stato indicato da Giovanni voi fate continua opposizione preconcetta, senza lasciarvi interrogare dalla Parola, dalla buona notizia. Per voi tutto è come sempre, il tempo che viviamo non ha niente di sconvolgente da parte di Dio. Voi non volete venire a me per avere la vita, vi accontentate di imitazioni, di inganni, non siete disposti a darmi fiducia.  
La nostra vita spesso è così: ci lasciamo incantare da tante cose e perdiamo di vista l’essenziale, siamo più disposti a credere al caso che a Dio, a fidarci dei venditori di felicità a buon mercato piuttosto che di Gesù. Lui invece è l’amore, è la vita, è uno squarcio nel cielo per aprirci alla verità in questa nostra terra spaesata.

23 Marzo
+Domenico

Si può essere trasgressivi e sognatori?

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 5,17-30)

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

Audio della riflessione

La trasgressività è quell’atteggiamento che soprattutto provi nel sentirti quasi braccato dalla vita, dall’adulto, dagli anziani, dalle strutture, da volerle infrangere per desiderio di libertà, di vita più autentica. È un atteggiamento che spesso non è capito, sotto cui si nascondono anche debolezze e ingenuità, ma va colto nella sua tensione positiva. In questo senso Gesù è un “trasgressivo”, un giovane che non si adatta all’idea di Dio che i benpensanti del tempo imponevano, al tempio come borsa valori, all’uomo come strumento della legge e non soggetto di un dialogo con Dio.  
Gesù ha preso tante decisioni controcorrente, e sono come boccate di ossigeno in una società del politicamente corretto, perché capaci di ridare al vangelo la sua forza dirompente, che spesso nella vita concreta è stata mortificata. Il sogno è parente stretto della trasgressività. Essere giovani, vuol dire essere sognatori 
Il sogno è sinonimo di libertà, di intuizione, di vedere prima e lontano, di tenacia contro ogni avversità o difficoltà, di non adattamento, di superamento della gravità dell’essere, di superamento dei paletti, di speranza, di vocazione, di progetto, la bocca fino alle orecchie dalla meraviglia, l’amore e le sue sorprese. 
Il contrario è razzolare come un pollo, la legge del più forte, la materialità, l’evidenza, la delusione, l’adattamento, una faccia da bulldog, l’isolamento, la solitudine, vivere nel loculo della tua stanza… A Gesù hanno rovinato il sogno che aveva sempre avuto; glielo aveva insegnato sua madre fin da bambino quando stava a raccontargli una storia completamente diversa da quella che vedeva e che le cronache del tempo facevano capire. Da una parte i telegiornali gli facevano vedere Erode che aggiungeva una crudeltà all’altra e dall’altra parte sua madre gli cantava il Magnificat. 
Ha ribaltato, ha mandato a mani vuote ricchi, ha zittito superbi, ha ricolmato gli affamati oltre ogni misura. Mio padre non è quello che voi dite, non sta dietro l’altare a vedere se gli animali che gli offrite sono zoppi, ma vi guarda il cuore. E gli scoppiò dentro questa certezza. Il Regno è qui, è dietro l’angolo, non è come la contestazione del ’68 o del ’77 o dei no global o degli anarchici. È proprio qui, un investimento unico di tutte le forze del creato che mio Padre ha pensato da sempre. Il Padre è disposto a tutto pur di inaugurarlo e io mi ci metto dentro, costi quel che costi. Se volete stare con me dovete lasciare i vostri loculi, i vostri cellulari, i quintali di gel che avete accumulato sulle mensole dei vostri bagni e buttarvi nella vita. Vi sembrerà di fare poco, di essere solo una goccia nell’oceano. Mio Padre fa il Regno con le gocce.  

22 Marzo
+Domenico