Un aiuto vicendevole tra Maria ed Elisabetta al servizio del Messia

Una riflessione sul vangelo secondo Luca (Lc 1,39-56)

In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Audio della riflessione

C’è una forte intesa fra le donne quando si confidano le loro difficoltà, i loro segreti, le esperienze intime della loro vita, le apprensioni per quello che sta accadendo nella loro corporeità, quando sentono di avere in seno una vita che nasce. Non è solo connivenza, diventa subito solidarietà, desiderio di aiuto, condivisione dei pensieri e dei timori, delle cure e delle speranze.  

Chi si trova in questa situazione è una donna avanzata in età, Elisabetta, di origini nobili, della casta sacerdotale, sposa a un ministro dell’Altissimo, a un fedele servitore del tempio. Aveva aspettato tutta la vita un bambino, l’aveva desiderato tanto come ogni donna che vuol vivere in pienezza la sua vita, ma non le era stata data questa grazia e proprio quando aveva riposto nel cassetto ogni suo sogno si trova a registrare questo fatto sconvolgente, questa gioia incontenibile, questa sorpresa e stupore. Nasce però anche il timore: alla mia età? Che sarà di questo bambino, come nascerà? Il marito, il vecchio Zaccaria, era rimasto muto e la confortava con segni e i segni andavano sempre decifrati, capiti, inscritti in un disegno più grande di loro, nella grande bontà di Dio.  

Maria, la madre di Gesù viene a conoscere questa situazione bella e delicata, e decide di mettersi a fianco di Elisabetta per aiutarla a vivere serenamente l’attesa, perché anche lei è in attesa, anche lei è stata tirata nel vortice incontenibile della vita divina. E l’incontro tra le due madri è tra le scene più belle della storia umana di tutti i tempi: la giovanissima e l’anziana, il nuovo e il vecchio testamento, il compimento delle promesse e gli ultimi sospiri dell’attesa, la vita di Dio e la vita dell’uomo, il Magnificat e l’Ave Maria.  

Sono i due bambini, ancora all’inizio della vita, che si parlano, che cominciano a sconvolgere il mondo, che esprimono la gioia della terra per quello che Dio sta finalmente compiendo. Una benedizione nasce nella bocca di Elisabetta, un canto di lode in quella di Maria. Rallegrati Maria, dice Elisabetta; l’anima mia esulta nel Signore dice Maria. Benedetto il frutto del tuo grembo, benedetto il figlio di Dio, benedetto il futuro che nasce, dice Elisabetta; grandi cose ha fatto l’Altissimo e noi ne diamo a tutti testimonianza. Dio è grande, Dio è forte, Dio è la pienezza della nostra vita, dice Maria. La preghiera più nota che noi cristiani recitiamo, l’Ave Maria è stata iniziata dall’angelo Gabriele e continuata da Elisabetta e per noi è dolce completarla con la nostra consapevolezza di peccatori (prega per noi peccatori) per avere Maria a custodirci fino all’ultima ora della nostra esistenza. 

31 Maggio
+Domenico

Abbiamo lasciato tutto, ci rimani solo Tu, Gesù  

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10,28-31)

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi»
.

Audio della riflessione

Ci nasce spesso la domanda: tutto quello che sto facendo, i sacrifici che affronto nella vita quotidiana, l’alzarsi presto al mattino, andare a lavorare, affrontare ogni giorno qualche nuovo dolore, impegno, districare vite che si ingarbugliano, mettere al mondo figli, faticare per farli crescere, non avere un minuto di tempo per me che vantaggio mi porta? ne avrò un qualche bene? Sarò prima o poi felice? C’è davvero di là un paradiso, o è un tipico inganno per non farmi riflettere e tenermi soggiogato da doveri, morale, comportamenti che farei saltare molto volentieri?  

Gesù, noi abbiamo lasciato tutto per venirti dietro. Avevamo un buon lavoro, avevamo una vita decente, anche se un po’ insoddisfacente, avevamo un mestiere, degli affetti. Sei passato tu, ci hai incantati e ti abbiamo seguito; abbiamo fatto tanta strada con te, ci hai scaldato il cuore, abbiamo capito tante cose, ma che ne sarà di noi? C’è qualcosa di più bello e di più grande che raggiungeremo? Questa gioia, che promana dal tuo volto, sarà anche la nostra? 

Che cosa ci si guadagna a essere cristiani? È una domanda giusta? Certo tutti vogliamo sapere che se quello che facciamo ha un valore, porta a dei risultati per i quali vale la pena di sacrificarsi, vogliamo avere certezza di non aver speso la vita invano. 

E Gesù non si tira indietro. Non c’è nessuno che abbia lasciato padre, madre… abbia impostato la sua vita sulla mia parola, abbia fatto della fede l’investimento più grande della vita che non abbia ricevuto in dono la felicità. Incontrerà anche persecuzioni, come le ho dovute affrontare io, ma non vi rendete conto di quanto grande sia la pienezza di vita che vi spetta.  

E, se siamo sinceri, vediamo che i nostri stessi sacrifici, già ora diventano gioie e soddisfazioni. L’aver la coscienza pulita, proprio perché l’onestà ci è costata, è già in sé una felicità. Poter alzarsi tutte le mattine, anche presto per andare a lavorare, ma con la coscienza che non ti rimprovera niente, con la sensazione vera che stai nella bontà di Dio e che non hai mai fatto male a nessuno, è una forza di vita incalcolabile. E Dio, che non ci abbandona mai, non mancherà di essere tutta la nostra felicità 

30 Maggio
+Domenico

Grazie Signore dello Spirito Santo, e non farci mancare mai tua madre

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,25-34)

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.

Audio della riflessione

Muore Gesù, è una morte efferata, è un supplizio assurdo. È l’immagine di tutte le morti atroci, ingiuste, violente; è il bisogno di purificazione delle nostre tragiche condotte, la ricerca di una innocenza che abbiamo perduta.  

Lui arranca con quella croce sulle spalle per quelle strade distratte e piene di commerci della vecchia Gerusalemme, tra il fastidio della gente che viene disturbata nelle sue spese per la festa imminente. Tra poco chiudono i negozi, si entra nel grande sabato, occorre far presto, occorre far presto anche a uccidere un uomo innocente, perché sia finalmente chiusa la sua vicenda che ha già avuto troppa sopportazione da parte del potere. E Lui, solo, martoriato, fa il suo cammino, entra nella vita di un contadino ignaro che lo aiuta a portare il supplizio, nella compassione di una donna che gli deterge il viso, nel pianto delle mamme che rivivono le tragedie dei figli.  

Lo accompagna sua madre e un ragazzino che si era entusiasmato di Lui, della sua forza d’amore, del suo messaggio, Giovanni. Sognava ancora, ma gli stavano spegnendo i sogni nel pianto. Epperò resisteva. Lo vedrà morire, si sentirà donare l’ultimo affetto che il condannato a morte si teneva per affrontare il dolore: sua madre. Ecco tua madre. 

Signore abbiamo sempre bisogno di guardarti morire, ma dacci tua madre per avere una spalla su cui piangere e attendere la tua risurrezione, è il pegno che mentre muori, tu stai sempre con noi. Non solo, ma questa tua madre ci è necessaria perché nel tuo spirare, nelle ultime gocce di sangue e acqua tu fai nascere un altro grande regalo: la tua Chiesa e tua madre ci è necessaria perché ne è immediatamente la madre che sta lì sotto la croce e genera oltre che noi tuoi figli, anche la nostra madre chiesa.  

Lo Spirito ieri a Pentecoste ha riempito le nostre vite; purtroppo, di coraggio ne abbiamo troppo poco e non siamo capaci ancora di seguirti, abbiamo paura di noi stessi, dei nostri tradimenti, abbiamo paura dei tuoi nemici e ti ringraziamo che oggi ci doni ancora Maria che diventa per noi la madre di una chiesa colma di Spirito Santo e dei suoi doni.

29 Maggio
+Domenico

Non solo liberati, ma pienamente liberi

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-23)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Audio della riflessione

Ubriachi sembravano, ma erano solo le nove del mattino, ci tenne a precisare Pietro, nel suo primo discorso urbi et orbi dalla loggia del cenacolo. Quel gruppetto di impauriti e rintanati a leccarsi le ferite della morte di Cristo non sembrava più quello: coraggiosi, decisi, entusiasti, sciolti di lingua, comprensibili, audaci. Non c’era più niente che li assimilasse a quattro poveri pescatori. Gesù non c’era più, l’avevano sperimentato risorto, ora toccava a loro, ma erano abitati da una nuova presenza: lo Spirito. 

Dio non solo aveva creato e amato da Padre amorevole ciascuno di loro, non solo aveva generato il Figlio Gesù, che aveva coltivato ciascuno di loro in una tenera amicizia e aveva per loro offerto la sua vita; ora entrava a forza in ciascuno come vento che scuote, come energia che rinnova, come Spirito che ridà la vita. La liberazione dal peccato era avvenuta, ma la mentalità da galeotto non li aveva ancora abbandonati; un conto è essere schiavi liberati, un altro è avere la mentalità da figli. Si può stare in casa ad aspettare solo l’eredità o fuggire a sperperarla, a lasciarsi fasciare dalle cose o a deglutire amaramente infelicità. È il cuore che deve essere cambiato. 

Questo è compito dello Spirito. Dio manda lo Spirito che permette di rivolgerti al Padre non con la rivalsa di ottenere “ciò che mi spetta” o ciò che non mi hai mai dato, ma con la tenerezza di un dialogo di amore: Papà, Abbà. È lo Spirito che delinea in ogni persona i tratti della figliolanza i lineamenti dell’umanità di Gesù. È questa l’unica forza che farà di ogni pescatore di Galilea un vero apostolo, un altro Gesù Cristo.  

Il Cristo ora siete voi; a voi tocca mettere la vita a disposizione del Regno. A voi il delicatissimo e prezioso compito di rimettere i peccati. Non lo potreste fare se lo Spirito non avesse dimora in voi. Non siete più soli, ma abitati, accompagnati, ricostruiti nel profondo. 

Lo Spirito rinnova a tutti i doni che ci ha fatto alla Cresima: Saggezza (Sapienza), vista lunga (Intelletto), dritte per vivere bene (Consiglio), energia e forza nel combattere ogni paura (fortezza), Intuizione e capacità di non farsi imbrogliare (scienza), capacità di pregare per voi e per gli altri (Pietà) senso di rispetto (Timor di Dio). Sono il regalo dello Spirito Santo. 

28 Maggio
+Domenico

Pietro, tu seguimi!

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 21,20-25)

In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Audio della riflessione

C’è sempre nella vita un qualche commiato che dobbiamo prenderci o dagli amici, o dalla famiglia, comunque sempre da una consuetudine cui ci eravamo abituati e da cui spesso ci siamo sentiti fasciati: è una partenza per scelte definitive di vita come il matrimonio o una vocazione di consacrazione, oppure è una scelta che credi momentanea come quella degli studi e che poi si cambierà in definitiva, è una decisione che ci porta a cambiare luoghi e spazi di condivisione. Tutti abbiamo alle spalle un passato, un arrivederci che si cambia in addio senza ritorno.  

Gesù conclude la sua vita terrena e chiama a sé Pietro per caricarlo della responsabilità della chiesa. Gli affida agnelli e pecore, gli domanda di pascerle e governarle, come ha fatto lui, il buon pastore. E dopo domande scottanti (ricordiamo tutti quelle tre domande sempre più intense che noi pensiamo essere un immergere fino in fondo il coltello nella piaga del tradimento e invece una appassionata fiducia nonostante tutto) mi ami? Mi ami davvero? Sei proprio sicuro di amarmi? gli dice un perentorio seguimi, stai dietro a me, vienimi appresso, non ti staccare da me, non perderti ancora nelle tue debolezze.  

A distanza c’è Giovanni, il discepolo più giovane. Ormai tra lui e Pietro si è stabilita una forte condivisione di tutto. Dalla morte di Gesù in poi sono sempre assieme. Assieme corrono al sepolcro, assieme vedono la tomba vuota e credono, assieme sono sulla barca e scorgono Gesù, assieme ora si accomiatano da Gesù.  Giovanni a distanza è presente all’investitura del futuro papa e Pietro si preoccupa di lui. Signore, e lui? 

Anche lui seguirà Gesù, ma ora le strade si dividono, come sempre nella vita. Ciascuno ha una sua vocazione, un suo compito. Ciascuno nel piano di Dio è scelto a vivere in pienezza la sua vita, ha un suo personale tracciato, ha la sua responsabilità di risposta. Ciascuno di noi deve essere consapevole che è lui in prima persona che deve decidere e dire il suo sì. Molti ti possono aiutare, ti mettono a disposizione la loro amicizia, ma tocca a te deciderti, e rispondere personalmente alla chiamata. Pietro arriverà a Roma e qui morirà martire, Giovanni vivrà più a lungo, avrà una sua missione, racconterà a tutti del suo amatissimo Gesù col suo quarto vangelo e ci permetterà di scandagliare nel suo cuore, di avere la certezza che il cielo sopra di noi non è vuoto, ma pieno della sua presenza, che si allargherà in un abbraccio della Trinità per questa nostra umanità per sempre. 

27 Maggio
+Domenico

Sbagliando non si smarrisce la carità, si trova invece l’umiltà

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 21,15-19)

In quel tempo, quando [si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore».
Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi»
.

Audio della riflessione

Tante volte oggi i capi si improvvisano, segnalati solo da una popolarità spontanea, Dio non voglia, imposti da superpagate raccomandazioni, che hanno il sapore della corruzione. Questo avviene in tutti i campi delle autorità e ne consegue che non hanno un minimo di autorevolezza nonostante debbano comandare, decidere, determinare tante vite e relazioni di altri. Oggi quasi nessuno ha fatto la gavetta se non quella del portaborse e non ha potuto guadagnarsi sul campo e con una interiorità profonda la stima e soprattutto la capacità di porre al servizio le sue competenze imprenditoriali e spirituali.  

La figura di Pietro viene iniziata al governo della chiesa forse impietosamente, ma sicuramente con tutto l’amore di Gesù. Per dirigere gli altri bisogna prima di tutto dare la prova di un amore più grande perché è troppo facile dire ti amo può essere una dichiarazione fatua, può essere anche una dichiarazione sincera, ma che nasce dall’entusiasmo e dalla presunzione di sé. Pietro, al quale Gesù riserva un ruolo, che richiede soprattutto un grande amore una grande fedeltà, si era speso troppo facilmente a questo proposito, giurando una fedeltà e un amore, che, alla prova dei fatti, si sono dimostrati fragili e incerti.  

Gesù non vuole con le sue domande ricordare a Pietro l’episodio increscioso del suo tradimento, ma deve sapere che la sua vocazione al primato pastorale sulla chiesa non dipende e non è legata al suo merito, ma alla scelta di Dio. È Dio stesso che lo ha eletto nel primo conclave. Per questo dovrà amare di più.  

Anche il suo rinnegamento è una lezione: da cui non ha disimparato l’amore di Cristo, ma ha imparato il timore di sé. Non ha smarrito la Carità, ha trovato invece l’umiltà. Da sempre allora l’amore a Cristo e ai fratelli guida il Papa nel suo servizio pastorale. Gesù alla fine aggiunge la profezia sulla futura morte di Pietro e già si respira la venerazione dei primi Cristiani per il martire Pietro. Testimone fino al sangue come deve essere ogni autorità nella chiesa.  

Questo dà ragione delle innumerevoli volte che papa Francesco ci dice alla fine di ogni suo saluto dalla finestra del palazzo papale: e non dimenticate di pregare per me, con un augurio di buon pranzo per tutti.

26 Maggio
+Domenico

Tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,20-26)

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Audio della riflessione

Noi non siamo proprio fatti per vivere da single. La nostra struttura di persona, il nostro stesso corpo, la grande tristezza in una solitudine troppo lunga sono segnali evidenti che la nostra vita è felice se si rapporta con gli altri, se il cuore che governa i nostri sentimenti, trova di esprimersi in un amore tangibile con le altre persone. Non siamo orsi, anche se spesso ci isoliamo, pensiamo che gli altri siano un disturbo. Talvolta preferiamo un cane o un gatto alla compagnia di una persona. Già nella creazione dell’uomo ci è stato dato un grande segnale di apertura verso gli altri, quando alla fine della creazione Dio domandò all’uomo se fosse felice. Belle le piante, simpatici, di compagnia e utili gli animali, meravigliosi i panorami, ma Adamo fu felicissimo, quando Dio gli fece trovare la donna, carne della mia carne, ossa delle mie ossa. E la creazione fu completa, l’uomo finalmente era l’immagine di Dio, Trinità, comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo.  

Abbiamo scritto nel nostro DNA questo istinto del vivere assieme, perché ce lo ha determinato lo stesso nostro Creatore. Ci ha fatti a sua immagine; lui è una famiglia, è una relazione continua, e soprattutto all’interno di questa straordinaria famiglia, ci tiene tantissimo che nel nostro mondo di relazioni includiamo in forma strettissima anche Lui. Ma ancora di più: in Dio non ci uniamo come atomi, separati, come grani pure dello stesso frumento, ma come pane, in grande unione e unità tra di noi. Non per niente Gesù s’è fatto pane per noi. I padri della chiesa dei primi secoli ci tenevano a presentare la comunità cristiana come un grano macinato, magari con il martirio, molto unito per farsi come il pane che è Gesù. 

L’unione tra Gesù e il Padre, gli apostoli lo sperimentavano quando vedevano Gesù in preghiera, quando parlava di Dio sempre e solo come Padre. Ci ha insegnato una bellissima preghiera che ad ogni messa facciamo nostra dietro un invito molto esplicito del prete celebrante: obbedienti alla Parola del Salvatore osiamo dire: Padre nostro.  È la nostra più bella definizione di fratellanza, assoluta condizione per ricevere il corpo di Cristo. Ecco allora il desiderio che si fa ancora preghiera di Gesù accorata al Padre per tutti coloro che lo seguono e seguiranno: Che siano una cosa, come te e me e lo siano con noi. Siamo in un abbraccio di bontà, felicità, eternità, che va oltre il nostro peccato, oltre la nostra fragilità, la nostra boria di autosufficienza miope, oltre ogni tentativo del maligno di separarci, di fare il Divisore. In Dio e nella comunità cristiana non c’è spazio per nessun Divisore.  

Il primo compito del cristiano allora è dimorare unito a Dio, stare tutti coralmente con Lui. Tanta nostra testimonianza di cristiani nel mondo, tante battaglie per far vincere il bene non hanno risultati perché mettiamo al centro noi e per di più ciascuno per conto suo, se non in contrapposizione assurda. Il male più grande per l’uomo è la divisione e noi stiamo diventando specialisti di essa. Supplichiamo Dio che ci liberi dal maligno, che è lo specialista della divisione.

25 Maggio
+Domenico

Ci sentiamo pensati e amati da Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,11b-19)

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

Audio della riflessione

Abbiamo tutti negli occhi il volto sorridente di un bambino, la contentezza di un giovane, la soddisfazione più compiuta, ma non meno profonda di un adulto che stanno vivendo un momento bello della loro vita: la gioia di stare con veri amici, il sogno di un amore che sconvolge e si irrobustisce, la intima serenità e felicità di un papà e di una mamma che vedono la famiglia crescere nella concordia e presagiscono un futuro pulito e sicuro per i figli. La gioia è una esperienza profonda del cuore umano, è sovrabbondanza di bontà, è sentirsi amati, è amare la vita e goderne l’intima bellezza. Gesù è abitato dalla gioia, è la gioia in persona.  

La sua presenza tra gli uomini, la sua intimità col Padre, la consapevolezza del compimento della sua missione, il desiderio di salvezza e di perdono che legge nel cuore degli uomini, il loro bisogno di un Padre, di una casa, di una liberazione dal male sono tutti motivi che risuonano nel cuore di Gesù come pienezza di vita, come amore dilatato, come gioia piena. E questa gioia la vuole per tutti coloro che lo seguiranno. La chiede insistentemente al Padre.  

Voglio che abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia. Chi mi segue deve sapere che la strada è difficile, che la croce sta già piantata lungo ogni sentiero, ma deve sentirsi inscritto in maniera indelebile nel cuore il tuo dolce amore di Padre, che sei la pienezza della mia gioia.  

Essere cristiani è sentirsi pensati e collocati dentro questa accorata preghiera di Gesù, tenere per certo che Gesù non ci lascia mai soli, continua a farci crescere, a riempirci di doni, di consolazione, di sicura speranza, di dolcezza intima. Ogni uomo e donna deve sentirsi pensato da Gesù, deve provare la gioia intima di essere sempre nella sua preghiera al Padre. Ci ama a uno a uno, pensa a tutte le traversie della nostra vita, registra le nostre debolezze, conosce le nostre infedeltà, intuisce anche solo un minimo desiderio di autenticità e verità, ed è desideroso che siamo pieni della sua gioia, una gioia interiore profonda che si chiama Spirito Santo, il Consolatore, colui che nella quotidianità dei giorni ci tiene aperto il cielo e ci guida per le nostre buie strade della vita. 

E noi sempre siamo  a sentirci dire di questa gioia dalla esperienza drammatica di Pietro. Aveva tradito, che riferimento poteva essere per una chiesa che nasceva fragilissima? Eppure, Gesù, lo ha scelto e lo Spirito Santo lo ha purificato e reso forte. Aveva sbagliato, ma la roccia che era stato chiamato ad essere non si è infranta per la forza dello Spirito. Siamo anche noi a chiedere a Dio la forza di diventare testimoni coraggiosi di Lui, di accoglierci tra di noi perché siamo stati prima di tutto accolti da Lui. Nessuno di noi è accolto a caso, siamo tutti dentro questa grande preghiera di Gesù a Dio Padre e per questo chiamati alla sua gioia. La dignità di cristiani non ce la dona l’indice di gradimento o la simpatia degli amici, ma lo Spirito di Gesù, come fu data a Pietro che è la roccia della chiesa nella persona di Papa Francesco ancora oggi.  

Maria Ausiliatrice che oggi celebriamo ci accompagni sempre e ci sostenga nel quotidiano cammino credente. 

24 Maggio
+Domenico

In Gesù conosciamo Dio che è Vita piena

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,1-11b)

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».

Audio della riflessione

Siamo tutti e sempre in cerca di vita piena. Molti giovani fanno esperienza della noia del vivere. Niente li soddisfa, niente riesce a colmare quella sete che ciascuno si porta dentro. Non è un vuoto creato da illusioni, da sogni di paradisi artificiali, lo può essere, ma ci si accorge prima o poi che siamo stati ingannati. Hai la sensazione invece di aver dentro un pozzo senza fondo, una capacità quasi impensabile, una sete che solo Dio può aver collocato nella vita di ogni uomo. La vita se non è piena non è felice; se non si apre a qualcosa di grande, non ti soddisfa. L’esistenza di ogni giorno allora è una ricerca, è un cammino, è un pellegrinare o andare randagi, vagare in cerca della pienezza.  

Era stato così anche quel giovane ricco che si era presentato a Gesù e nella sua ingenuità, ma pure nella sua profonda consapevolezza di essere fatto per cose grandi gli va a chiedere: voglio avere vita piena, le mezze misure non mi bastano, la mediocrità mi avvelena la vita.  

Sono stati così i discepoli di Gesù che hanno abbandonato tutto per seguirlo; avevano intuito che la pienezza stava dalla parte di Gesù, provavano ogni giorno più che Gesù riempiva il loro cuore: le sue parole, i suoi gesti, la sua preghiera, il suo sguardo, la sua attenzione a ciascuno, la sua energia li avevano incantati. Stavano provando che cosa significa avere una sete e aver trovato la sorgente, avere un vuoto e aver trovato la pienezza. La vita piena è questa: conoscere Gesù e il Dio vero, unico che lo ha mandato. 

Stiamo a cercare in tante direzioni, eppure sappiamo che per un uomo la felicità è conoscere Dio e contemplarne il volto invisibile in quello fatto di carne dell’umanità di Gesù. Molti santi hanno abbandonato tutto, sono vissuti nella solitudine, hanno passato moltissimo del loro tempo in preghiera, assorti, concentrati, orientati alla conoscenza di Dio. Così fu San Francesco, lo fu San Benedetto, lo sono stati tanti santi immersi nel mondo a sollevare dolori e a dare speranza, ma sempre a partire dalla contemplazione di questo volto. 

La nostra vita trova il segreto della sua felicità nella contemplazione, nello stare faccia a faccia a contemplare Dio, a scrutarne la bontà, a tentare di conoscerne la bellezza e la bontà. I cristiani sanno che questo volto non si sottrarrà, perché Dio non ci abbandona mai. 

23 Maggio
+Domenico

Coraggio! La battaglia l’ho vinta io per tutti voi

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,29-33)

In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

Audio della riflessione

Se poniamo mente a tutto quello che sta capitando nel mondo, ci assale talvolta una tale delusione da stroncare ogni cauto ottimismo. Il male sembra sempre esorbitante, più grande, più forte, più pervasivo del bene. Le cronache purtroppo hanno deciso, forse per natura loro, di fare colpo solo con le notizie cattive. Ma il male veramente c’è. Ogni secolo ha la sua barbarie, ogni uomo è capace di mali impensati, di crudeltà inaudite. La paziente arte di chi vuol cambiare, aiutare il bene ad emergere è sempre soffocata da grandi malvagità. Non è raro il caso che proprio le persone che darebbero un contributo determinante a processi di pacificazione vengano uccisi. È il regno delle tenebre che vuole imporsi.  

Gesù dice perentorio: In questo mondo avete da soffrire, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo. Sembrano riecheggiare in questa parola di Gesù quegli innumerevoli: non abbiate paura di Giovanni Paolo II che hanno dato tanto coraggio ad ogni persona o chiesa impaurita. La paura non è un atteggiamento cristiano; l’idea anche lontana che c’è qualche difficoltà che non possiamo superare nell’impostare una vita buona o nel fare del bene non deve avere spazio nella vita di nessuno. È come se avessimo da fare una battaglia decisiva, determinante, conclusiva e che già ci sia chi l’ha vinta per noi. Questa è la forza del cristiano.  

Il mondo è cattivo? È pieno di malvagità? Non temere, io ho vinto il mondo. 

Il mondo è il regno degli egoismi e dell’ingiustizia? Non temere io sono l’amore che li distrugge. 

Il mondo è una guerra infinita? Non temere io vinco soprattutto le guerre. 

Il mondo è un male che si insinua nelle pieghe della tua vita interiore? Non temere io sono la luce che lo dissolve. 

Il mondo è dolore e disperazione? Io sono amore e speranza. 

Non aver paura è importante, ma non perché è una bella frase, ma perché è una forza interiore che ci viene regalata dalla fede in Dio, dal saperci amati oltre ogni immaginazione, dalla certezza che il male non può vincere Dio. Diventa allora una forza nuova e un segnale che passa nelle nostre vite come speranza quotidiana.

22 Maggio
+Domenico