Parole belle e sagge, determinazione, ma anche soprattutto i fatti

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 8,1-4)

Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì.
Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita.
Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

Audio della riflessione

Una persona la stimi se ha un pensiero che racconta a parole molto giusto, saggio, convincente, ma è importante prima o poi che si arrivi alla prova dei fatti. Buona la predicazione di Gesù, commovente il discorso della montagna, saggia la sua mente nel dirimere le questioni di fede. ora l’evangelista Matteo ci presenta un Gesù che sa dimostrare con i fatti la forza della sua dottrina e la verità della sua persona. 

 Inaugura questa nuova figura di Gesù, un lebbroso, una persona confinata ai margini della vita pubblica, relegato e prigioniero di un male contagioso e pericoloso. Balza all’improvviso e con coraggio davanti a Gesù e gli grida: Signore, se vuoi, puoi guarirmi. Il titolo con cui lo invoca è un atto di fede, come lo è il prostrarsi ai suoi piedi. Già crede che Gesù sia imparentato con Dio. Sappiamo tutti che i vangeli sono stati scritti dopo la morte e risurrezione di Gesù, nella luce del fatto pasquale. Gli apostoli erano entro questa difficile, ma necessaria prospettiva di fede e dicono al mondo la grandezza di Gesù.  

“Gesù è il Signore” è stata la prima formula di professione di fede. Al se vuoi del lebbroso Gesù risponde perentorio “Io voglio”. Gesù agisce con autorità propria, parla della sua dignità, non si appella anche solo alla Scrittura come facevano i dottori della legge. Nello stesso tempo Gesù dice al lebbroso guarito di andare dai sacerdoti a dichiarare il fatto e presentare l’offerta prescritta da Mosè. Gesù sta alle leggi del suo popolo, non è un sovvertitore di esse come poi lo accuseranno falsamente nel processo in cui lo condanneranno a morte. In questo modo Gesù si pone con verità al compimento della legge, non alla sua sovversione, e nella pienezza della rivelazione. 

Vorremmo anche noi oggi prostrarci ai piedi di Gesù e dire con tutta la nostra fede, supplicandolo che ce la rinforzi, Gesù tu sei il Signore della nostra vita e della storia, sei la nostra salvezza, sei il Figlio di Dio, sei il Salvatore del mondo, sei la pienezza della nostra vita. 

Anche noi vorremmo sentirci dire sulla nostra esistenza, sui nostri mali, sulle nostre infedeltà, sulle nostre cattiverie, su tutto quello che distrugge la nostra vita interiore, sui nostri peccati: lo voglio sii mondato. Ti tolgo dal cuore il male che ci sta dentro da troppo tempo. Ti immagino e ti faccio diventare pulito, la tua carne diventa fresca come quella di un bambino, la tua vita diventa innocente come la sua. 

30 Giugno
+Domenico

Chi sono io per te Pietro? E per voi? 

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 16,13-19)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Audio della riflessione.

Chi sono io per te? È la domanda che forse in questi tempi ci facciamo sempre di più. Sarà la confusione in cui siamo immersi per la velocità dei cambiamenti in cui siamo collocati, sarà la fragilità della percezione del nostro ruolo, sarà anche l’abituarci spesso come al colore delle pareti, sta di fatto che ci darebbe maggior grinta e serenità nel compiere il nostro dovere se fossimo più percepiti per quello che siamo e magari noi fossimo anche più chiari nel metterci in relazione con tutti.  

La domanda che Gesù fa: chi sono io per te? per Gesù non era certo un problema di consapevolezza della sua identità o della sua missione, ma era l’amore verso le persone che lo ascoltavano, che lo seguivano, che mettevano in Lui massima fiducia e la percezione che la sua figura di Figlio di Dio, di Messia, di unto del Signore, fosse sempre messa in sordina perché ciascuno si ritagliava ogni giorno quella facciata di Gesù che più gli serviva e stentava ad entrare nella missione decisiva di Gesù nella vita del mondo e nella vita personale di chi lo frequentava.  

È la domanda che fa Gesù ai suoi discepoli. È passato un po’ di tempo dall’inizio entusiasta dell’avventura, quando li aveva chiamati a uno, a due, insieme e aveva scatenato in loro entusiasmo decisione, radicalità. Da allora li aveva curati, amati, coccolati, aiutati a guardare alla vita in un altro modo. Aveva insegnato loro a chiamare Dio con il dolce nome di Padre, li aveva istruiti e aiutati a sognare un modo diverso di Dio di stare con gli uomini, li aveva innamorati del Regno.  

Ma di lui, di Gesù che cosa pensavano? C’era ancora un elemento chiave, decisivo, assolutamente necessario da cogliere. Lui, Gesù, non poteva essere scambiato per un profeta tra i tanti: giusto, bravo, superiore alla media, vero interprete di Dio, deciso, tutto d’un pezzo, autorevole… ma pur sempre un profeta. È questo che va dicendo in giro la gente. Non ci sono dubbi sulla sua collocazione dalla parte di Dio, nemmeno sulla vita rischiosa che sta facendo.  

Se lo paragonano a Giovanni il Battista, hanno ben in mente la fine che ha fatto e Gesù vi si sta incamminando troppo velocemente. Ma non è quello che Gesù è. Voi chi dite che io sia? Chi sono per voi? Da quell’intimità con cui ci siamo legati avete capito il segreto intimo della mia vita? 

È Pietro che, come sempre, esce con quella solare professione di fede, che neanche Lui riesce a tenersi dentro e forse non sa nemmeno da quale certezza gli viene. “Tu sei il mandato da Dio, sei suo figlio”. È una verità che non è risultato di congetture. È una fede che si trova dentro come dono, è solo la luce che viene da Dio che è in grado di far comprendere il mistero profondo di Gesù. 

E per noi, per noi uomini di oggi, per noi che ogni tanto ci sintonizziamo sul Vangelo, troppo raramente da percepirlo come una eco di altri mondi, chi è Gesù per noi? Ci avessimo la luce che ha illuminato Pietro! La chiediamo come regalo di san Pietro. 

29 Giugno
+Domenico

Da terreno di rovi possiamo diventare terra buona

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 7,15-20)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

Audio della riflessione.

Il mondo ci mette sempre davanti novità, scoperte, racconti di varia natura che ci attraggono e che nello stesso tempo ci chiedono adesione, coinvolgimento, operatività. Ciascuno di noi ha i suoi criteri di verità, per discernere quello che gli viene proposto, capire se val la pena di fare nostre queste nuove prospettive e impostare pure la vita in maniera diversa.  

Un esempio eclatante è la grande rivoluzione nelle comunicazioni. Tutti siamo coinvolti in Internet, in reti social, in un nuovo modo non solo di comunicare, ma anche di essere.  Gesù ci dà un aiuto per trovare le risposte che ci interessano:” Dai frutti li riconoscerete: ogni albero buono produce frutti buoni” (Mt 7,16-17). Papa Francesco spesso ci aiuta ad affrontare con sapienza anche il nuovo ambiente delle comunicazioni in cui viviamo, ci da alcuni buoni principi di discernimento sulla rete, perché possa essere una nuova risorsa per le nostre esistenze e l’esistenza delle nostre comunità.  

Se il criterio dei frutti lo applichiamo non alle cose, ma alle nostre vite allora il discorso si fa intrigante, pesante perché ci possiamo sentire oppressi e scoraggiati: Chi oserebbe sentirsi “albero buono”? Umanamente nessuno: sappiamo di essere spesso piante che al posto di uva danno frutti che sono spine e siamo terreno pieno di rovi. Ma alziamo lo sguardo a Gesù, contempliamolo, perché la contemplazione di Lui diventa sempre feconda in noi. Il suo volto crocifisso e coronato di spine è quell’albero straordinario che dalle spine è stato capace di produrre vino nuovo, sangue di vita: il suo amore infinito per noi! Siamo di fronte a un albero dalle cui spine si raccoglie uva: è la croce.  

In forza di quest’albero anche noi, da rovi, possiamo diventare terra buona che produce. Davvero le sue spine hanno il potere di guarire le sue ferite, di far fiorire le nostre! Quello che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. Il nostro discernimento allora deve sempre ispirarsi a Lui, alla sua luce, ai suoi insegnamenti, alle strettoie durissime che lo chiudono e lo intristiscono. Ma se la croce diventa albero buono, che fa frutti perenni e innovativi, allora non ci possono più scoraggiare se affrontiamo fatiche di relazione con le persone, fatiche di comprensione e fatiche con noi stessi. 

28 Giugno
+Domenico

La regola d’oro di Gesù: tutto ciò che volete gli uomini facciano a voi, voi fatelo a loro

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 7,6.12-14)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

Audio della riflessione.

Parole difficili da comprendere ci sono anche nei vangeli se ci si ferma alla prima impressione che suscitano le stesse parole. Il santo e le perle nell’estimazione umana sono cose preziose e simboleggiano probabilmente il vangelo, l’annuncio della buona novella. I cani e i porci sono tutti coloro che, a qualsiasi popolo appartengano, mantengono nei confronti della Parola di Dio, volutamente e con perseveranza l’atteggiamento di incomprensione, il rigetto e il disprezzo che i porci, quasi ne fossero consapevoli, hanno per le cose preziose. Una esagerazione per far capire che vi sono atteggiamenti di autosufficienza, di chiusura assoluta, di fronte ai quali l’unica posizione possibile è quella del silenzio- 

Immediatamente dopo c’è l’enunciazione della famosa regola d’oro “Tutto quanto volete che gli uomini facciamo a voi, anche voi fatelo a loro”, rivoltando la regola del giudaismo e di altre culture religiose, che è formulata in forma negativa: Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te.   La differenza può essere oltre ogni dubbio importante e sta nel fatto che Gesù eleva questa regola a principio universale, “così dovete trattare gli altri” Gesù sa che l’uomo ama sé stesso più di ogni altra cosa; e allora stabilisce il bene che ognuno vuole a sé stesso come termine di rapporto con gli altri: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. È un punto di partenza per arrivare alla carità disinteressata, all’amore senza misura che sta al centro di tutto il suo messaggio… È una enunciazione diversa del precetto della carità. Quindi per Gesù costituisce, come un riassunto della legge e dei profeti, una sorta di sommario ben preciso della rivelazione del Signore. 

Gesù poi usa un’altra argomentazione classica tra i moralisti del tempo: la scelta tra due vie quella degli empi e quella dei giusti e anche qui con un cambiamento; alla via Gesù sostituisce o aggiunge l’immagine della porta: una che si apre sulla vita e l’altra sulla perdizione. Parlerà anche un’altra volta della porta stretta. La porta e la via stretta le conosciamo come caratterizzate dalla sequela, dalla croce, dalla persecuzione dalla stessa tentazione e sappiamo che queste si aprono alla vita piena, la vita di Gesù e l’altra invece alla perdizione. È la porta stretta per la quale entreranno tutti quelli che riescono a capire fino in fondo il suo messaggio di amore. 

27 Giugno
+Domenico

Cuore pulito, occhi puliti

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 7,1-5)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Audio della riflessione.

Ti capita qualche volta in giornate di vento improvviso che alza polvere e ti butta negli occhi tutto quello che può sollevare, di trovarti con qualcosa negli occhi di molto fastidioso che ti fa persino lacrimare. Allora fai di tutto per tentare di togliere dagli occhi la pagliuzza, direbbe il vangelo. Te li sfreghi, vai allo specchio, riesci a vedere che cosa è che ti procura il fastidio, ti lavi, tenti con un fazzoletto di pulire… insomma siccome è impossibile tenersi negli occhi un tale attentato alla vista fai di tutto per liberartene. Buon per te se c’è qualcuno che ti aiuta a fare l’operazione. Quello ti guarda con più calma, non prova fastidio e ci riesce.  

Nel vangelo Gesù usa questa semplice esperienza quando dice: perché osservi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi di una trave che è nel tuo? Hai visto un altro in difficoltà, ma non riesci a vedere che anche tu sei nelle stesse condizioni, anzi stai anche peggio. La pagliuzza è il male, è il comportamento scorretto, sono i nostri difetti, le inadempienze della vita, il male che abita nelle nostre esistenze. Spesso proviamo un fastidio insopportabile nei confronti dei comportamenti altrui, li giudichiamo, facciamo di tutto per stigmatizzarli, li fotografiamo pure bene, ci sembra di fare cosa buona, ma stiamo solo fuggendo da noi. Abbiamo trovato un alibi per non guardarci dentro, per non fare i conti con la nostra vita disordinata. Pensiamo che la colpa sia sempre degli altri, che gli altri non siano buoni, che il male sia solo stato provocato da altri.  

Invece ne siamo noi la causa, siamo stati noi a creare tanti fastidi, a mettere in difficoltà e in discordia. Ci siamo incuneati nella vita degli altri, degli amici e ci crediamo autorizzati a giudicare, a ferire, a rimproverare. Facciamo girare gli altri attorno a noi, mentre invece tutti dobbiamo girare attorno a Cristo. Lui solo è giudice e prima di tutto dobbiamo vedere il suo giudizio su di noi. L’aiuto dato agli altri per uscire dal male è basato sulla intensità della conversione dal nostro male.  

È sempre e solo offerta di speranza e mai condanna, proprio come desideriamo che ci sia speranza di perdono su tutta la nostra vita. 

26 Giugno
+Domenico

Non vergogniamoci di credere di avere un’anima

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 10,26-33)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geenna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

Audio della riflessione.

Viviamo fortunatamente in tempi in cui c’è molta attenzione generalizzata per il nostro corpo: igiene, palestra, sport, prevenzione, lifting, ginnastica, misure ecologiche, abbattimenti di barriere architettoniche in favore degli handicappati, controlli periodici della salute. Ottimo! ce ne vorrebbe ancora di più e meglio per tutti. Ma contestualmente non è che ci prendiamo cura dell’anima. Quella è un sovrappiù. Trovi allora giovani palestrati, belli, atletici senza un minimo di spiritualità; ragazze da schianto senza una dimensione interiore; uomini e donne mature senza un minimo di valori in cui credere; politici affermati, ma senza l’abbiccì di una passione interiore. 

Molti pensano che l’anima sia cosa da preti, da religione, da debolezze infantili e le preoccupazioni vanno tutte al corpo e solo di esso ci si preoccupa, si sta in ansia. Allora si scambia il sesso per amore, una nascita per una fecondazione, il valore di una vita con l’età. 

Dice Gesù: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo. Uccide l’anima chi odia, chi scandalizza i piccoli, chi insegna il male; chi toglie con la droga l’uso della intelligenza; chi spegne la sete di Dio; chi toglie speranza e ruba il futuro; chi insegna a disprezzare la vita; chi compera la coscienza del povero. Potremmo continuare. 

E capita che se non difendiamo l’anima non si salvano neanche i corpi come lo dimostra la guerra, gli assassini, l’aborto e gli stessi incidenti stradali che non sono frutto di inevitabili casualità. 

È Dio che ci difende e corpo e anima. Non temete voi valete più di molti passeri. La nostra vita non è abbandonata al caso. Stiamo a cuore a Dio. Perfino i capelli del nostro capo sono contati. Dio ha in mano la vita del povero Dio protegge l’innocente, è Lui la forza del debole.  

A molti pare di potere decidere la sorte degli uomini perché ne possono controllare i corpi, ma la vittoria di Dio non è segnata nel calendario dei prepotenti. La nostra vita è un pezzo della sua e la nostra anima è l’ancora che la tiene unita a Lui, e che dà personalità al nostro corpo. 

25 Giugno
+Domenico

Giovanni il Battista nasce per preparare l’umanità ad accogliere Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1,57-66.80)

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Audio della riflessione.

Quando siamo invitati dai Vangeli a riflettere su un personaggio decisivo per la storia di Gesù, dobbiamo aspettarci non i resoconti di un registro, ma la convergenza di attese, promesse, vicende regolate dal Signore. Oggi al centro ci sta la nascita di Giovanni Battista; di solito dei santi si celebra la morte, ma il Battista è un uomo chiave della storia di Gesù. Per lui che nasce a questo mondo intervengono due fattori: la realtà biologica dei genitori che si amano, che desiderano che questo amore si concretizzi in una nuova creatura e nello stesso tempo un intervento di Dio che guida la storia dell’umanità. Infatti, i suoi genitori sono già da molto fuori età per un concepimento e la nascita di un figlio. Dio è intervenuto a dare a due anziani Elisabetta e Zaccaria la gioia di essere padre e madre. Il tempio in cui faceva servizio Zaccaria è stato il luogo dell’annuncio di questa nascita.  

Ora il bimbo è nato e va iscritto nella vita del popolo ebreo attraverso un nome, e la circoncisione. Zaccaria è il primo nome che viene in mente a tutti, seguendo la tradizione della famiglia; i genitori però sanno proprio per come è avvenuto l’annuncio che se anche il figlio appartiene loro, è soprattutto un dono di Dio e che Dio lo ha chiamato a compiere un’opera unica nella storia dell’umanità.  

Nella bibbia molti personaggi hanno scritto nel loro nome la propria vocazione: Abramo, Pietro, lo stesso Gesù. Giovanni quindi con questo nome si presenta come un eletto che deve compiere una missione che Dio gli ha affidata. Interessante anche il fatto della mutevolezza del papà Zaccaria: davanti alla presenza di Dio la realtà umana deve tacere, lasciare da parte le obiezioni, superare le resistenze, come segno dell’opera di Dio, che quando agisce mette a tacere le cose di questo mondo. Non pensiamo che la mutevolezza sia stato un castigo per le obiezioni di vecchiaia che Zaccaria aveva espresso all’apparizione dell’angelo. Ora che l’opera si compie, con l’imposizione del nome Zacaria ritorna a parlare.  

La presenza di Dio non ha distrutto la realtà umana di Zaccaria, ma la arricchisce perché lo stesso Zaccaria prorompa in quel cantico di lode che ogni giorno ancora oggi la chiesa eleva al Signore. Benedetto il Signore Dio Di Israele… si è ricordato della santa Alleanza, del giuramento fatto ad Abramo…verrà un sole dall’alto a rischiarare quelli che stanno nelle tenebre… 

Giovanni avrà il compito di preparare il popolo di Israele e l’umanità ad accogliere Gesù.  

24 Giugno
+Domenico

Devi deciderti ad usare il tuo occhio solo per il bene

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 6,19-23)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».

Audio della riflessione.

Ogni uomo aspira a diventare ricco o per lo meno a darsi una sicurezza, a mettere da parte un gruzzolo che tolga le preoccupazioni principali di una vita e di una famiglia. C’è chi va oltre il gruzzolo e pensa proprio alla ricchezza, che diventa potenza, superiorità talvolta immagine, vanagloria, superbia pure, ma tiene i piedi per terra e cerca la sicurezza contro disavventure, fallimenti e la possibilità di avere tutte le soddisfazioni che il benessere economico può dare.  

Il crinale tra la giusta preoccupazione per i beni materiali e un pensiero anche ai beni spirituali si fa spesso più labile a seconda del tipo di preoccupazione che si nutre. Qualche schiavitù la sperimentiamo tutti nonostante quel tanto di fede che ci fa pensare come dice papa Francesco che il sudario (così lui chiama il vestito del morto), non ha tasche e non si è mai visto dietro un funerale una ditta di traslochi. 

La ricerca egoistica dei beni materiali sottrae tempo ed energie all’acquisizione dei beni del cielo e rende l’uomo schiavo delle cose che possiede e desidera. Diamo per saggio che ciascuno deve avere qualcosa o qualcuno a cui dedicare le sue attenzioni e le sue forze. Il problema è la scelta di questo qualcosa cui il cuore in qualche modo si attacca. Noi sappiamo che tendenzialmente diventiamo quello che mettiamo al primo posto. Se ci mettiamo le cose diventiamo come le cose, se amiamo Dio ci avviciniamo a Lui. 

L’uso delle cose è buono fino a quando non diventa ostacolo per seguire Cristo e amare i fratelli. Il cristiano non può essere schiavo di nulla e di nessuno perché “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Gal 5,1). Il cristiano sì distacca e dona l’avere per ottenere l’essere: essere come il Padre. 

E qui Gesù mette in campo l’occhio, che sta come simbolo del cuore. L’occhio buono è quello che accoglie la luce che gli viene da Gesù; mentre l’occhio cattivo, il cuore cattivo rifiuta Gesù. È evidente che l’occhio o il cuore che non lasciano entrare questa luce immergono tutta la persona nelle tenebre.  

Il cuore dell’uomo dev’essere orientato a Dio e vivere nella ricerca che non si ferma alla ricchezza, ma sa andare oltre verso le braccia di Dio, allora tutto l’uomo è nella luce. Se invece si perde nella ricerca dei beni materiali diventa cieco e tutta la sua persona si scava il vuoto e le tenebre. Occhio non ottenebrato e cuore sono espressioni che indicano la giusta relazione con Dio, dal quale ogni persona viene totalmente illuminata. L’occhio cattivo invece è simbolo dell’invidia, dell’avarizia, dell’egoismo ed è l’anticamera della tenebra totale e definitiva, espressione che non attenua molto l’idea di una perdizione eterna.  

Il Signore purifichi sempre i nostri occhi perché siano abilitati a contemplare la bontà di Dio e aiutare i fratelli a farsi un modo più pulito di guardare alla vita. 

23 Giugno
+Domenico

Dio nostro, tu ci sei proprio un papà

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 6-7-15)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Audio della riflessione.

La preghiera è un atteggiamento tipico di ogni uomo. Ciascuno di noi prega qualche volta nella vita. È una reazione spontanea a un momento di dolore, un canto per un momento di gioia. Sentiamo che la vita non ce la siamo data noi, il mondo non è opera nostra; ci sentiamo regalati in ogni momento. Chi pensa al caso forse può fare a meno di pregare, allora si affida spesso alla scaramanzia, alla magia, a qualche pratica irrazionale.  

Gesù pregava molto e passava notti in dialogo con Dio. Faceva impressione ai suoi discepoli vederlo assorto e beato in Dio, tanto che gli hanno chiesto: insegnaci a pregare. E ne è nata una preghiera che abbiamo imparato e che a fior di labbra ogni tanto diciamo.  

Padre nostro, né solo mio, né solo tuo, ma di tutti noi che viviamo su questa terra, di coloro che ci hanno preceduto e che ci seguiranno. Per noi sei un papà; ci sentiamo bisognosi di essere sorretti dalle tue braccia forti e amorose, ci possiamo perdere, ma vogliamo essere sicuri che fuori dalle tue braccia non cadremo mai. Abbiamo un padre e una madre che tu ci hai regalato, che ci sostengono nella vita, ci accompagnano, ma poi ci devono lasciare soli; anche noi diventiamo padre e madri a nostra volta, facciamo fatica ad esserlo sempre come vuoi tu, per questo delle tue braccia solide abbiamo sempre bisogno.  

Sappiamo di stare a cuore a te, sappiamo che non ci abbandoni, anche quando non riusciamo a capire che cosa ci capita nella vita, quando siamo provati da sofferenze che pensiamo ingiuste e inutili, insopportabili e esagerate. Ma sappiamo che anche tu da padre hai visto soffrire tuo figlio e non lo hai abbandonato, lo hai sorretto e gli hai dato la risurrezione, gli hai regalato una vita piena, inimmaginabile, la vita che vuoi dare a tutti noi. Non conosciamo la tua volontà, tu reggi il mondo, tu non sei amato da tutti, molti ti odiano e ti offendono, ma sappiamo che tu vuoi a tutti solo bene e la tua volontà è sempre e solo amore nei nostri confronti anche se non riusciamo a capirla e a viverla.  

Siamo sempre in attesa di un mondo nuovo che vogliamo costruire assieme con te e che tu ci regali oltre ogni nostro merito. Ci sentiamo debitori di tutto con Te, ma tu ci immergi nel vortice del tuo perdono, perché anche noi diventiamo capaci di perdonarci gli uni gli altri Tu tienici sempre come tuoi figli, conosci le nostre fragilità, non ci lasciare impantanati in esse. Noi ci fidiamo di te, e sappiamo che ci liberi tutti dalla presa del male su di noi. 

22 Giugno
+Domenico

Stiamo davanti a Dio e a noi stessi

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 6,1-6.16-18)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. 
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Audio della riflessione.

Il culto della immagine è una sorta di malattia del secolo, anche se, per come ce ne parla il vangelo, è una tipica trappola tesa ad ogni uomo di ogni tempo. Fare del bene per farsi vedere, fare gesti buoni per accreditare una immagine bella di sé, fare elemosina per commuovere e ottenere riconoscimento, pregare per dare l’idea di essere religioso, evidentemente solo là dove questo atteggiamento è valorizzato. La tentazione costante è quella di uscire da sé non per altruismo, ma per un bisogno di riconoscimento. Se non hai l’approvazione di chi sta fuori di te non ti muovi, non osi andare controcorrente, tutto deve essere omologato da altri. È la tentazione di un adolescente che sta ore allo specchio per immaginare che cosa gli altri penseranno di Lui, che non riesce ad andare contro la banda.  È una vita controllata, senza interiorità, senza spazio intimo di crescita e di dialogo con la propria coscienza, con quel sacrario interiore che giudica la nostra vita nella sua profondità. È un atteggiamento subdolo di idolatria, perché si mette al centro se stessi e a sé stessi si sacrificano tutti i nostri pensieri e per il nostro vantaggio si intessono relazioni e calcoli. E da idoli, si subiscono i ricatti degli altri che diventano tiranni da servire. 

Gesù è di altro avviso: non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra; quando fai elemosina non suonare la tromba, quando digiuni non presentare una faccia triste, ma profumati il capo e le vesti. Non è l’occhio dell’altro il tuo specchio, ma l’occhio di Dio, quello che ti penetra fin nel midollo, quello che sprofonda nella tua interiorità. Noi dobbiamo scegliere da chi farci giudicare. Non sono le lapidi l’attestato del nostro operare e della nostra vita. Quelle servono forse a fare la storia dei grandi, ma non il tessuto d’amore che tiene assieme la vita del mondo.  

Siamo sempre chiamati a stare davanti a noi stessi e a stare davanti a Dio. Lui è il nostro giudice, Lui è da contemplare per avere luce e discernimento su ogni nostra azione, Lui è il Signore di tutto e di tutti, Lui è la nostra felicità, Lui è anche la nostra strada della vita. Lui ha detto: io sono la via la verità e la vita. Non è un riferimento esterno, una indicazione di come orientarci, ma la certezza di una compagnia nell’esistenza di tutti i giorni. È il cielo aperto su di noi e dentro di noi sempre. 

21 Giugno
+Domenico