Una riflessione sul vangelo secondo Marco (Mc 12,35-37)
In quel tempo, insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo:
“Disse il Signore al mio Signore:
Siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
sotto i tuoi piedi”.
Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?».
E la folla numerosa lo ascoltava volentieri.
Audio della riflessione.
Fa parte di un buon modo di pensare, abbastanza accettabile anche nelle relazioni quotidiane il credere che Dio esista, pensare di non essere a questo mondo a caso, ma entro un sapiente piano di un Dio che ha creato cielo e terra. L’uomo è naturalmente religioso. È un Dio che sta bene ci sia, che entra abbastanza facilmente dentro i nostri modi di pensare, quasi una componente necessaria al funzionamento dei nostri ragionamenti.
A un cristiano però è chiesto un passo più in profondità, è richiesto di pensare e di credere che questo Dio che sta al principio di ogni cosa, che dà identità al nostro stesso essere, è quel Gesù di Nazaret di cui parlano i vangeli, che è vissuto concretamente in un determinato popolo, entro le esperienze della nostra esistenza umana.
Se non si sta attenti noi cristiani adoriamo sempre un Dio che ci costruiamo noi con le nostre fantasie, con le nostre devozioni, con i nostri sentimenti. La bibbia dice chiaramente che Dio nessuno lo ha mai visto. Non si dà a vedere, non è frutto di congetture umane, né di raffigurazioni esaltanti. L’unico che ce lo può mostrare è Gesù di Nazaret, questo uomo che fu crocifisso.
L’atto di fede che ogni giorno siamo chiamati a fare è credere che il mio Signore, il senso della mia vita e della storia, l’unico in cui c’è salvezza, la roccia su cui poggiare la vita intera non è un’idea o un principio, anche molto nobile come la giustizia, la libertà, l’uguaglianza, ma è questo uomo di Nazaret, questo Gesù che nella sua morte da maledetto, nella sua vita normale e umile, ci rivela il volto di Dio, la sua grande bontà e la sua dedizione alla felicità di ogni uomo.
In questa direzione andavano le diatribe che i farisei facevano con Gesù e lui si è dedicato a chiarire questo con un linguaggio molto popolare e che la gente seguiva volentieri. Dice il vangelo: e la numerosa folla lo ascoltava con gusto. Certo ti fa piacere che qualcuno faccia luce nei tuoi pensieri, ti aiuti a svelare il senso della vita.
Qualcuno purtroppo crede ancora che queste cose siano un di più: quello che conta è avere un lavoro, aver salute, avere soldi sufficienti per vivere, possibilmente anche un po’ di più per stare bene. Crediamo che la fede in Dio sia un soprammobile. Invece credere nel Dio di Gesù Cristo ci permette di collocarci al posto giusto nella vita, di definirci chi siamo, di guardare con speranza al nostro futuro, di dare senso alle cose che ci capitano tutti i santi giorni del nostro pendolarismo esistenziale.
S. Giovanni Paolo II è stato un uomo che a Gesù ha dedicato tutta la sua vita che si è speso per riaccendere le speranze di tutti in lui, non nella magia, non nel devozionismo, non nelle belle maniere, ma in Lui, morto e risorto, sofferente e gioioso.
09 Giugno
+Domenico