La vita in sé stessa si porta dentro il suo futuro  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,31-35)

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

Audio della riflessione

La vita in sé stessa si porta dentro il suo futuro, la sua pienezza, la sua meraviglia, lo stupore e la gioia piena. È tutto lì in un piccolo seme, in un ovulo e uno spermatozoo, con una forza incoercibile seppur fragile; tutti la possono cancellare, distruggere sfruttare per altro. La vita però vince, ha dentro la forza di Dio. Attorno a questo granello ci stiamo noi, ci sta la nostra voglia di vivere, ci stanno tante persone, una cultura, un orizzonte, un amore tenace, un papà e una mamma, un amico, un prete, una religiosa. Questo piccolo seme si trova al crocevia delle autostrade dell’esistenza. All’inizio è puro dono, pura gratuità, invocazione, attesa poi un po’ alla volta ha dentro di sé capacità di decisione, di risposta, di accoglienza, di affidamento. A chi affidiamo la nostra vita? In che mani la mettiamo ogni giorno che comincia?  

Questo seme però, proprio perché è vita, ha dentro una legge di crescita assolutamente strana: si sviluppa, cresce, diventa albero se si dona, se si apre, se si decentra da sé, se è capace di spendersi, non di trattenere, di accogliere non di confiscare. Per chi vogliamo spenderla? Di chi diventa casa, rifugio, ristoro, consolazione? 

Gesù la sua vita l’ha vissuta così: piccolissima, nella provincia più fastidiosa e improbabile dell’impero; in un paese da cui far uscire qualcosa di buono era una pietosa bugia; in una vita del tutto misurata da quotidianità ripetitiva. Coltivava dentro di sé una tensione costante, aveva attorno gente di fede, abbandonata alla grandezza di Dio e ai suoi sogni, non certo attaccata ai suoi progetti che pure occorre avere. Maria e Giuseppe custodivano questo piccolo seme, ignari del suo futuro, ma sicuri di avere tra le mani la grandezza di una vita, che è sempre il respiro di Dio. 

Il regno dei cieli, il meglio della vita, il suo segreto, la sua grandezza è un lievito, è un disturbo alla statica, alla consumazione degli equilibri, all’adattamento; è una forza interiore che solleva, alza, allarga; è un vento che gonfia le vele della vita e la fa correre per il mondo. È sempre soprattutto una forza interiore. 

Lavorare per l’interiorità è lavorare per la vera forza, il vero cambiamento, l’energia necessaria. La mia mente ritorna a quel ragazzo di cui ho commemorato la morte proprio nel luogo dei suoi ultimi momenti di vita, in cui ha lanciato a tutto il suo piccolo mondo il suo dono: offro la mia vita per l’AC e per l’Italia: viva Cristo Re. Era un ragazzo di venti anni Gino Pistoni. Una persona non si attarda a scrivere con il suo sangue sul sacco dei viveri questa decisione se non l’ha maturata nella sua vita ogni giorno, se non ha lievitato in lui il soffio dello Spirito. Una crescita così non è mai a caso, ma è sempre un dono da custodire e coltivare. In questa estate i giovani alla GMG di Lisbona si stanno dicendo una regola, uno stile; lo esige il regno dei cieli, lo esige il piccolo seme che sono e il tocco di lievito che si portano dentro; altrimenti perdono vita e forza, grinta e decisione, abbandono e speranza. 

E chi partecipa alla GMG non è piccolo seme frustrato in attesa di esplodere; il regno dei cieli è sempre seme e lievito. Il mondo, la realtà diventerà grande, ma noi vogliamo fare da seme e lievito, essere pronti a realizzare quello che Dio vorrà.

31 Luglio
+Domenico

Il fascino del Regno di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-52

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Audio della riflessione

Il miraggio di un colpo di fortuna, dell’affare straordinario, colpisce sicuramente tutti una volta o l’altra nella vita. È il turista sprovveduto che nelle aree di servizio dell’autostrada si fa rifilare un mattone ben confezionato dopo che gli hanno presentato in tutti i particolari una cinepresa o videocamera a prezzi stracciati. Oppure è l’agricoltore che viene abbindolato a impegnare tutti i suoi soldi sul valore straordinario di un francobollo o di un quadro falsificato alla perfezione. Fa parte della nostra vita, è scritta nel suo DNA l’attrazione irresistibile verso qualcosa o qualcuno che si intuisce fonte di gioia, capace di appagare desideri e di liberare felicità.  

È l’esperienza cui si rifà Gesù per spiegare il fascino del regno di Dio e i dinamismi che deve scatenare nella nostra vita. Un uomo ha trovato, in un campo che non è suo, un tesoro e un mercante è riuscito a mettere gli occhi su una perla di inestimabile valore. Non stanno più fermi, non si danno pace finché non possono mettere le mani su tesoro e perla. Hanno una gioia nel cuore, una attrazione fatale, mi viene da dire, che riempie la loro vita. Vendono tutto con la caratteristica dell’urgenza e dell’immediatezza, si distaccano da quello che prima era la loro comoda tranquillità, routine, abitudine, spesso noia di un’attesa disperata, rischiano il tutto per tutto e comperano campo e perla.  

Il solito sognatore tu, gli avrà detto la moglie, ti lasci sempre prendere dalla novità. Ma sta un po’ tranquillo! Che cosa vuoi di più dalla vita? Accontentiamoci. Non siamo nemmeno mediocri.  

Di là però c’è il tesoro e là ci va ormai il cuore. Questo è il regno di Dio: è aver scoperto la pienezza della vita, provare gioia e non badare a spese per raggiungerlo. Trovano, vanno, sono pieni di gioia, vendono e comprano.  

Sono i verbi della vita di Gesù. È afferrato dalla bellezza del Regno del Padre, pianta tutto e parte: ci sarà la croce, ma la gioia dell’abbraccio del Padre, del suo disegno di amore sconfinato è più grande. Noi, i cristiani, non siamo gente che sta a penare, sempre nel dubbio, perché deve vendere e lasciare, ma persone entusiaste, che non stanno nella pelle perché si sono lasciati affascinare da Gesù. La radicalità del distacco da tutto il superficiale è solo il risvolto della appartenenza gioiosa a Gesù. In molti di noi hanno sperimentato che ne vale proprio la pena e lo vogliamo far sapere a tutti. 

30 Luglio
+Domenico

Lo Spirito non ha una agenda da affari

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10,38-42)

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Audio della riflessione

La nostra vita di questi tempi è molto agitata, frenetica; l’agenda detta le leggi, gli impegni ti vedono tutta la giornata in corsa, se vuoi guadagnare quattro soldi non puoi addormentarti un momento, se vuoi educare i figli devi far loro l’autista per tutti i loro spostamenti. Quando torni a casa stanco del lavoro, ne devi riprendere un altro. Finalmente vado in chiesa per trovare un po’ di pace, per affidarmi a Dio e invece anche lì mi dicono che bisogna impegnarsi, che non si può stare con le mani in mano.  

Se sono giovane, sembro una rarità e mi caricano di ogni attività: oratorio, grest, scuola di canto, Caritas… mi riempiono finalmente la giornata, ma io ho anche bisogno di momenti in cui mi prendo la mia vita tra le mani e la faccio vedere al Signore. 

Anche la chiesa è un altro impegno da segnare in agenda.  Io, Lui, il Signore, quando lo incontro? quando mi posso sentire amato da Lui? quando gli posso affidare tutta la mia vita rubata dai vortici della competizione, della lotta per sopravvivere? È certo che tante nostre chiese devono offrire maggiormente spazio per la contemplazione e la preghiera, per l’incontro con Dio e per l’ascolto della sua Parola, ma è anche certo che la vita cristiana non può essere ridotta a celebrazione di riti, che ci accontentano e ci chiudono in noi stessi.  

Marta e Maria quando arriva Gesù a casa loro non capiscono più niente, tanta è l’amicizia che hanno con Lui, tanto è il bisogno di poterlo contemplare; solo che Marta lo fa lavorando e Maria ascoltando la sua Parola. Marta si lamenta, ma Gesù la rimprovera perché rischia di mettersi la centro lei del movimento dell’ospitalità, mentre l’ospite è Lui. Se mettiamo al centro Lui, sempre, l’azione, la routine, la frenesia e l’ascolto, la preghiera, l’abbandono nelle braccia di Dio, la contemplazione si compongono. Contempliamo il suo volto e vediamo in filigrana quello del povero; serviamo il povero e vediamo sotto le sue sembianze Gesù.  

La nostra meta, la nostra scelta è di mettere sempre al centro Gesù, di aprirgli il cuore, di non sostituirci mai a Lui, di tenere fisso lo sguardo sul suo volto. E Lui ci chiamerà a dare il meglio di noi. Sta di fatto però che tenere fisso lo sguardo su lui non è rito sterile o affaccendarsi per non pensare, ma sempre risposta d’amore, a Lui che ci cerca sempre, ci chiama a vita intensa e ce ne dà la forza.

29 Luglio
+Domenico

La nostra vita non si fa da sola, viene sempre da una grande semina

Una riflessione sul vangelo secondo Matteo (Mt 13,18-23

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Audio della riflessione

La vita è sempre una grande semina: ogni persona è un grande campo nel quale tutti seminano, tutti depositano qualcosa, tutti lasciano un ricordo, un segno, un’onda, un’increspatura, un messaggio. Già lo stesso nostro corpo è trapassato da milioni di particelle siderali. Molte di queste presenze lasciano un segno e noi possiamo ritenerci frutto di moltissimi elementi, di una miriade di provocazioni, che sono alla fine vocazioni, chiamate che attendono la nostra risposta creativa.  

La nostra vita non si fa da sola, tutti possono tentare di scriverci la propria impronta, ma siamo noi con la nostra libertà che la accogliamo o rifiutiamo, la coloriamo con la nostra originalità. È il mistero della libertà. Tanti ti possono aiutare e costruire, ma non senza di te. 

Così di fronte al seme possiamo essere terreno sassoso che non permette radici; quante parole cariche di futuro sono state dette invano su di noi, perché non abbiamo permesso loro di diventare vita! Sono stati i nostri genitori, i nostri preti, i nostri insegnanti, gli stessi amici che ci volevano bene. Non sapevano che eravamo sassi, pietre senza vita e abbiamo buttato tutto al vento.  

Altre volte abbiamo pure ascoltato, ma eravamo troppo preoccupati di noi, avevamo in cuore troppe passioni che ci hanno soffocato in gola un grido di libertà o nello stesso cuore un sentimento pulito. Deboli e distratti, incostanti e superficiali.  

E invece grazie a Dio siamo anche stati capaci di ascolto, di accoglienza, di desiderio di bene. Abbiamo accolto i doni di Dio, ci siamo lasciati condurre, abbiamo dato ascolto a insegnamenti, sempre giocando la nostra libertà. La vita non è mai solo una scelta tra il bene e il male, quasi che una volta fatta sia automatica la crescita, è sempre scegliere il meglio.  

La Parola di Dio accolta può produrre il 30, il 60, il cento per uno; qui si gioca ogni giorno l’intensità del nostro amore, la pienezza dei nostri desideri, la libertà dell’ascolto e del dono. Solo così manteniamo la bellezza della nostra dignità umana che non è mai riducibile a pacchetti, a misure standard e tiene viva la speranza di una vita piena in Dio.

28 Luglio
+Domenico

Occorre scomodare la nostra autosufficienza 

Una riflessione sul vangelo secondo Matteo (Mt 13,10-17)

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».

Audio della riflessione

Vedere e sentire è un dono assolutamente necessario per avere una qualità di vita buona. Gli occhi oggi sono tutto. Il mondo della comunicazione è fatto tutto di immagini, di fotografie; mai come oggi per sapere occorre vedere, guardare, applicarsi alle immagini. Il mondo ci viene raccontato da video, agli amici parliamo mandando fotografie. Ma le relazioni sono fatte anche di parole, di suoni, di ritmi, di musiche. L’ascolto della radio è diventato spesso più intenso dell’uso della televisione. Vedere e sentire è uscire da sé stessi, è aprire l’anima agli altri, al mondo, è darsi la possibilità di comunicare. Se non comunichiamo rischiamo di non esistere.  Ma vedere e ascoltare non è un automatismo, è una scelta da orientare continuamente.  

Dice Gesù: beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono… vedono e sentono la presenza di Dio, la sua Parola, i suoi gesti di amore, sono pieni dei suoi insegnamenti, sanno aprirsi sulla bontà di Dio verso gli uomini. Vedono storpi camminare, malati guarire, peccatori cambiare vita, percepiscono che nel mondo sta avvenendo qualcosa di grande, di assolutamente nuovo e possono entrare in questo regno di giustizia, di pace, di bontà, in un rapporto filiale con Dio. Possono dare alla loro vita la prospettiva di una comunione e solidarietà con tutti. 

I contemporanei i Gesù però non sembrano darsi troppo da fare per cambiare la loro mentalità gretta ed egoistica. Il nuovo passa loro davanti come l’acqua sulla pietra. Nessuno li scomoda dalla propria autosufficienza, il male è talmente radicato che toglie vista e udito, vedono solo quello che hanno deciso di vedere, ascoltano solo ciò che vorrebbero sentirsi dire. A tante altre persone basterebbe neanche la metà di quello che loro vedono per cambiare vita, per sperimentare gioia, per buttarsi a lavorare nella vigna del Signore.  

È l’impietosa immagine di tanti di noi cristiani, che crediamo di aver in mano Dio, ma non lo ascoltiamo più, non sappiamo vedere i segni della sua presenza e stiamo comodi nelle nostre abitudini, nella nostra infedeltà. Siamo diventati ciechi e sordi perché ci guardiamo solo addosso e pieni di noi non capiamo che Dio ci chiama a convertirci. Ma lui non ci abbandona mai e aspetta sempre la nostra risposta. 

27 Luglio
+Domenico

Il seminatore è tenace, generoso, e fiducioso.  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,1-9)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Audio della riflessione

Siamo aiutati a leggere il vangelo a partire dal punto di vista che ci offre la vita di due santi molto conosciuti perché sono i nonni di Gesù. Il papà e la mamma di Maria Gioacchino e Anna.  La vicenda terrena dei genitori straordinari di Maria, la madre di Gesù, è insieme delicata e illuminante. Volendo ben riflettere, essi sono quasi il simbolo della vecchia umanità che sa aprirsi alla fecondità della grazia, il simbolo di un vecchio tronco sul quale Dio andava innestando i germogli della fede e della santità cristiana.  

Gesù usa spesso le parabole per aiutarci ad entrare nei suoi pensieri carichi delle espressioni della nostra esistenza. Infatti, nelle parabole si parla di seme, lampada, granellino di senape, sale, etc. Sono cose che esistono nella vita di ogni giorno. Così dalla nostra concreta esperienza siamo facilitati a scoprire la presenza del mistero di Dio nelle nostre vite. Parlare in parabole vuol dire rivelare il mistero del Regno presente nella vita. 

Gesù va a sedersi in riva al lago e parla semplicemente con la gente che si fa sempre più numerosa per cui è costretto, per farsi sentire da tutti, a salire su una barca che si stacca poco dalla riva e dalla barca insegna senza sosta. Gesù per loro era ancora uno sconosciuto, agricoltore ed artigiano insieme. Senza chiedere permesso alle autorità religiose ha iniziato ad insegnare alla gente e a rivelare il mistero del Regno di Dio presente in mezzo alla gente e nell’attività di Gesù. Il centro della parabola è un contadino, né scoraggiato, né pensoso, ma tenace e cocciuto nello spargere e buttare il seme dovunque, anche se il terreno non è tra i migliori; è pieno di pietre. Poca pioggia, molto sole, spini e sterpaglie. Gesù si serve esattamente di queste cose conosciute dalla gente per spiegare il mistero del Regno. “Seme nel terreno, sappiamo che cosa vuol dire! Ma Gesù dice che ciò ha a che vedere con il Regno di Dio. Cosa sarà?”  

Intanto si portano a casa che il seminatore è generoso, non centellina i suoi semi, inonda tutto, rischia di andare a male per tante situazioni; Gesù dice che il Regno non fa scelte a priori, ma si definisce su ogni terreno che abbia attenzione al seme. Regno di Dio è che ciascuno deve porre la sua attenzione a partire da qualsiasi situazione di vita stia sperimentando. Con la semina nasce la speranza, anche se una parte della semente va perduta, A dispetto di tutto l’agricoltore rischia e sa attendere. Gesù richiama l’attenzione non sul seme che si perde, ma sul grande raccolto che si ottiene e che supera ogni possibile previsione. La stessa cosa avviene per il Regno di Dio.  

I suoi inizi non sono incoraggianti, ma poiché si tratta di un seme divino si otterrà un raccolto abbondante. Il regno di Dio si stabilisce sulla terra con un risultato sproporzionato ai suoi inizi umili e contrastati. Nell’apparente insuccesso del regno, della predicazione e del messaggio cristiano, Dio farà che la speranza del seminatore sia appagata da un abbondante raccolto. Questo dipenderà dalle disposizioni degli ascoltatori della Parola. I santi nonni di Gesù aiutino tutti i nonni a far crescere la speranza di un mondo sempre migliore, che essi non vedranno, ma di cui hanno posto spesso le basi solide della Parola di Dio.

26 Luglio
+Domenico

Giacomo:il mio calice lo berrai e sarai con me chiamato dal Padre mio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,20-28)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione.

Ci sono delle verità talmente evidenti nella nostra coscienza che dovrebbero farci cambiare modo di vivere, progetti, desideri. Esistono fatti che ogni giorno ti stanno a dimostrare che la vita ha un suo percorso obbligato di fronte al quale occorre prendere posizione; eppure, la nostra superficialità trova tutte le strade per evitare il confronto, il rinsavimento. Pensiamo per esempio alla morte. È una verità di una evidenza crudele e di un grado di certezza assoluto, eppure la si continua a nascondere; così è, e lo soffrono le popolazioni coinvolte e davanti a noi tutti papa Francesco, per la inutilità della guerra, la sua devastazione oltre ogni previsione, eppure la si continua a ritenere un mezzo adatto per risolvere i problemi e ci si invischia sempre più. 

 È stato così anche per i discepoli di Gesù. Lui continuava a predire la sua fine tragica, a far puntare gli occhi sulla sua passione morte e risurrezione, invece loro pensavano ad altro, non la mettevano in conto nella loro sequela. Quando capiteranno gli eventi resteranno impauriti e torneranno con fatica a scavare nella memoria. Ora però sono presi ciascuno dal proprio problema, vedono davanti solo quello che darà loro gloria o prestigio, scambiano l’amicizia con Gesù per un privilegio umano, per una collocazione in un grado sociale più alto.  

Invece Gesù dice a loro e ridice a noi che Lui deve essere consegnato, deve patire, morire, deve passare attraverso l’esperienza del tradimento e dell’abbandono, anche se trionferà con la risurrezione. Non si può mai guardare a Gesù senza aver davanti questa decisiva verità: il maestro è chiamato al crogiolo del dolore come segno del massimo amore che vuol offrire all’umanità. 

Quella croce è il libro su cui imparare a vivere da cristiani; non per niente i grandi santi stavano ore e ore a contemplare il Crocifisso. È l’unica possibilità che ci è data di vedere oltre, di sperare che la pienezza della vita c’è, ma non è qui. È la chiave interpretativa di tutta la nostra vicenda umana. È l’invito ad alzare lo sguardo a colui che hanno trafitto e a non abbassare mai la guardia, a non vivere di rimedi o di solitudini, ma di verità e di solidarietà con chi si è fatto mettere in croce.  

Anche san Giacomo apostolo che oggi la chiesa festeggia è passato da questo crogiuolo nella missione che si è assunto come apostolo, inviato, mandato da Gesù a testimoniare l’amore infinito di Dio per Lui, morto e risorto per ogni persona. 

25 Luglio
+Domenico

La verità non si raggiunge con la certezza, ma affidandosi ai segni di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 12,38-42)

In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno».
Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».

Audio della riflessione.

Nella nostra vita devi per forza procedere fidandoti di qualcuno o di qualcosa. Non puoi controllare tutto; devi alla fine stare a quello che ti si dice. Nel mondo dei mass-media e nel cumulo di informazioni di cui viviamo dobbiamo per forza affidarci a chi scrive, a chi fa reportage, a chi dice di saperne più di noi. Certo mettiamo sempre in atto la nostra capacità critica, ma non puoi verificare tutto. Sui cibi ti fidi delle etichette, che speri siano controllate dallo stato; sui fatti del giorno ti fidi dei telegiornali, anche se ne ascolti almeno due o tre per capire i vari punti di vista; avremo una nuova sfida con l’intelligenza artificiale e ci stiamo attrezzando. Invece per la fede o siamo creduloni o siamo ipercritici; o pretendiamo conferme impossibili o abbocchiamo al primo che parla.  

Ma spesso la prova non è ricerca della verità, ma ostilità, voglia di avere sempre ragione, non volontà di cambiare, di lasciarci convincere. Così erano quei giudei che chiedevano continuamente a Gesù un segno. Certo Gesù si presentava a loro con grosse pretese, si dichiarava Figlio di Dio, si poneva dalla parte della esperienza credente come un vero salvatore, parlava in prima persona, si attribuiva cioè una identità divina. E la gente giustamente gli chiedeva: dacci delle prove che non sei un imbonitore, un ingannatore, un venditore di sogni.  

Gesù accetta la sfida, ma come sempre le sue risposte non sono botole su tombini per chiudere il problema, ma rilancio di una ricerca di fede a livelli più profondi. Della serie: io vi do la prova, non è una formula matematica, ma un fatto che vi coinvolge ancora più in profondità, che vi costringe a prendere posizione, che vi lascia ancora liberi di decidere in termini definitivi.  

Tutti i suoi interlocutori conoscevano l’episodio di Giona che era stato nel ventre di un grosso pesce e che ne era stato rigettato a riva vivo dopo tre giorni. Non vi sarà dato se non il segno di Giona, la risurrezione. Gesù in pratica dice: il segno vero della mia divinità, dell’essere figlio di Dio è che voi mi ucciderete e dopo tre giorni risorgerò. Il segno è ancora più grande della fede richiesta. 

Solo così si fa crescere speranza, perché non c’è niente che ti accontenta, niente che ti mette in stand by, ma tutto ti spinge ad andare in profondità, a non fermarti alla superficie, a sperare quindi, non ad avere certezze in tasca, che ti tolgono sì la fatica, ma anche la libertà. 

24 Luglio
+Domenico

L’insospettata forza di un seme e la grande pervasività del lievito

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,24-43)

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?. Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo!. E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo a raccoglierla?. No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Audio della riflessione.

Non è solo dei nostri giorni il fascino che viene esercitato dal dispiegamento della forza di una organizzazione, dalla potenza di uno Stato, dalla grandezza di una costruzione, dallo splendore di un apparato. Con un cumulo di energie così puoi fare ogni cosa. Ieri erano le corti, lo sono stati gli eserciti; oggi è il denaro, il mercato, il capitale, il partito; lo sono le percentuali, le masse mobilitate, le feste, i concerti, i campionati. Potenza, forza, splendore, visibilità: è questo che conta. È orgoglio? è desiderio di pienezza? è bisogno di avere o possedere? è il prevalere della materialità sulla spiritualità? Forse un po’ tutti assieme.  

Sta di fatto che Gesù legge queste tentazioni anche nel suo gruppo sparuto di seguaci che ha scelto a uno a uno. Percorre tutte le strade della Palestina, smuove coscienze, aggrega folle; comincia ad aver seguito.  

La gente si senta amata, interpellata e accorre a Lui. Gli apostoli cominciano a fare progetti, a dividersi i ministeri: gli esteri, gli interni, il tesoro soprattutto. Il fascino della grandezza, del potere, della imponenza colpisce ancora. Ma non è questo il sogno di Gesù, il suo regno è un piccolo seme.  

Si, ma diventerà sicuramente un grande albero, dispiegherà la sua potenza, darà ragione di tutte le frustrazioni dell’attesa. Si tratta solo di aspettare, di rimandare i sogni e la loro realizzazione. Ci sono momenti, di povertà, di fallimento, di nascondimento, ma è tutto in funzione del prestigio, del potere, del numero che si manifesterà. 

Il regno di Dio invece sta nel valore decisivo del seme, delle occasioni, normali, umili, quotidiane della vita. C’è una semplicità e quotidianità nella nostra esistenza che racchiude la potenza del mistero; nel gesto più semplice e meno televisivo c’è la forza irresistibile dell’amore; nello sguardo rassicurante e fugace del papà o della mamma c’è la forza per continuare a resistere; nella carezza del medico sbilanciata sul sentimento c’è la decisione di continuare a lottare contro il male; nella preghiera sussurrata a fior di labbra c’è la potenza di un affidamento totale.  

Il regno di Dio è l’insospettata forza di un seme, di un pizzico di lievito, che fermenta una grande massa di farina. Nessuno andrà mai a fotografare un seme che marcisce o un pugno di lievito che si scioglie, non ne vedrebbe la forza e la potenzialità. Il cristiano nel mondo può essere poca cosa, ma ha il segreto per cambiare il mondo, ha l’inaspettata forza di renderlo buono.

23 Luglio
+Domenico

Maria Maddalena: una storia d’amore unica

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 20,1-2.11-18)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Audio della riflessione.

Chiacchieratissima, soprattutto nei romanzi moderni; non sembrava vero a qualcuno di poter centrare molta ignoranza e tanta superficialità nel fare un romanzo che la vede, la povera Maria Maddalena, come l’amante di Gesù. Dico “amante” con tutto quello che di disprezzo, di moralità, di prezzolato, si porta con sé, perché innamorata persa lo era proprio, di Gesù, come lo vogliamo essere tutti noi: giovani, adulti e persone mature, che vogliamo mettere Gesù al centro della nostra vita. 

Era innamorata persa per la sua bellissima storia: quando Gesù pellegrinava per le città della Palestina, c’erano alcune donne che lo seguivano, che facevano gruppo, anche per dire che Gesù, come i benpensanti anche di oggi credono, non si “schifava” delle donne, che il mondo orientale vedeva come persone di nessun conto e non all’altezza degli uomini in tutte le possibili responsabilità dell’esistenza. Gesù le ha sempre apprezzate; direi che era un “femminista ante-litteram”, se a questa parola diamo il senso di cultore della dignità della donna. 

Ebbene, purtroppo, Maria Maddalena era posseduta dal demonio; chi se ne intende sa quanto si soffre ad essere violentati nel profondo del cuore e dell’anima da una presenza demoniaca. Erano addirittura sette i demoni. Per gli Ebrei, sette non aveva il valore matematico che diamo noi, ma significava “numero perfetto”, moltitudine, quasi. 

Gesù, il Figlio di Dio, la libera, come ha liberato tante persone dal demonio; le ha ridato la sua libertà, la capacità di riprendersi in mano la sua esistenza, la serenità di non sentirsi invasa da un male impossibile da vincere.  

Da quel giorno, la gioia, la serenità, la contemplazione di Gesù, erano di casa in lei. Gli era gratissima, cercava di sdebitarsi quasi, di questo grande dono: non c’è nessuna possibilità di toglierti un debito con il Figlio di Dio, perché quello che ti dona è sempre una Grazia, un regalo, una incalcolabile felicità; ecco perché sarà nel suo gruppo di evangelizzatori, almeno di sostegno, finché esploderà come la pria grande annunciatrice al mondo, alla Storia, all’umanità, all’universo, della Risurrezione di Gesù. 

Il suo grido lancinante svegliò i vicoli di Gerusalemme, quel giorno dopo il sabato: là, nella tomba, il corpo non c’è più! Non ha pensato come tutto il Sinedrio: “l’avranno rubato” per mettesi a posto la coscienza e per dichiarare vittoria ancora di più della sua morte… 

Ritornata, dopo che Pietro e Giovanni sono corsi a constatare il vuoto di quella tomba, che a loro cominciò a parlare di più che se fosse stata piena, e li piangendo, sconsolata, rievocando le parole del Cantico dei Cantici, facendo domande a chiunque incontrasse, si sente chiamare: “Maria!”.  

Le parole di un canto che in chiesa spesso facciamo, dice: “Quante volte un uomo con il nome giusto mi ha chiamata… una volta sola l’ho sentito pronunciare con Amore”. Questo è l’amore di Gesù che supera ogni sentimento umano: è l’amore del Risorto! 

E dopo questo incontro, destatasi, Gesù stesso la invia ad annunciare la Risurrezione, facendola ancora più grande come donna e osando affidare ad una donna una testimonianza in un mondo che prevedeva che le donne, assolutamente non potessero essere testimoni di niente. 

Ma prima di questa conclusione, Maria Maddalena è stata con la madre di Gesù, la Madonna, e altre donne del suo gruppo, ai piedi della Croce: aveva deciso di stare dalla sua parte, contro il dileggio di tutti. Gesù era stato rifiutato dalla maggioranza, era stato fatto passare per delinquente, per bestemmiatore; gli apostoli erano fuggiti quasi tutti, erano rimasti in quattro: sua madre, Maria, Giovanni, Maria Maddalena e una sua amica. Fanno la scelta di “stare”, di porsi di fronte a questa Croce, che è la manifestazione dell’Amore di Dio per l’umanità. 

Nella fede, l’essenziale non è essere in tanti, né capire tutto e subito, ma di esporsi personalmente e con le persone che Dio mi mette accanto, al contatto e all’azione dell’Amore. 

Nella Chiesa ci sono tante donne che fanno sentire la loro voce e portano la loro testimonianza; tante giovani donne, nel pieno della loro gioia di vivere, innamorate perse di Gesù, come Maria Maddalena. 

22 Luglio
+Domenico