Il dolore, la croce un grande mistero di ogni nostra vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 43b-45)

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

Audio della riflessione.

Vogliamo tutti schivare il dolore, anche perché siamo fatti per la felicità, per la serenità e la gioia. Nella vita cristiana pure si esalta e si comunica gioia. E’ gioia il vangelo, è gioia l’amicizia con il Signore, è gioia e bellezza l’esistenza vissuta come dono di felicità per tutti coloro che ci incontrano. Siamo tutti collaboratori della gioia che Dio dà a ciascuno, ha posto nel vangelo, che propone come atmosfera della chiesa e dei suoi seguaci. 

Papa Francesco ha scritto il suo programma pastorale per tutta la chiesa come La gioia del vangelo e ad esso continuamente si richiama e ci invita a realizzarlo concretamente in ogni spazio di vita, di pensiero, di convivenza, di socialità e di civiltà. 

Gesù nel vangelo però, ha tempi ben calcolati, mette i discepoli, lo stretto numero degli apostoli, tutti coloro che lo seguono, di fronte al mistero del dolore, a partire dalla sua croce. Non ne fa una trattazione filosofica o una traccia ripetuta di predicazione, ma un continuo ripresentarsi come l’uomo dei dolori. La vive su di sé la croce, porta su di sé il dolore, è Lui che anticipa il suo volto sofferente, il suo viso insanguinato, le sue membra percosse, la sua morte nel colmo del disprezzo e della sofferenza quindi. 

Ciascuno di noi ha una croce almeno da portare, abbiamo tutti esperienza di dolore o fisico o morale o esistenziale. Non smettiamo mai di farci domande, non possiamo dire che stavolta è come l’altra volta perché la sofferenza è sempre nuova e i nostri pensieri si attorcigliano tra il rifiuto, la ribellione, un passivo adattamento, la ricerca di soluzioni esasperate nel desiderio di fuga, di voglia di vita. Non siamo diversi da chi ascoltava Gesù, dai suoi intimi, dai suoi futuri evangelizzatori che ne rimanevano spaesati, anzi presi da quella paura di domandare, che spesso ci assale perchè si prevede la risposta; non si osa fare domande, si vuole sfuggire a questa strettoia ineluttabile, che pende come una spada sulla nostra esistenza. 

Gesù però non demorde; è un passaggio necessario da fare se vogliamo essere veri cristiani che adorano un Dio Crocifisso. Non si tira indietro, la sua vita è stata una corsa verso Gerusalemme perché là c’era il Calvario che concludeva il suo dono d’amore e là tutto doveva orientarsi. Occorre avere il coraggio di rimanere in questa certezza della croce con Gesù per dare alla vita cristiana un senso pieno, per godere della risurrezione, mai prima o senza la croce. 

San Gerolamo che consumò tutta la sua vita nello scandagliare il messaggio di Gesù, per farne una strada sicura di vita, ha scritto nelle sue membra questa croce e questa gioia che ne deriva e fu sepolto vicino alla culla di Gesù, alla sua incarnazione vera nella vita dell’umanità.

30 Settembre
+Domenico

Spiriti viventi che ci aiutano a dialogare con il Signore: gli angeli

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 47-51)

In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Audio della riflessione.

Molte delle belle frasi o pensieri che ci colpiscono hanno una collocazione che ne rendono il significato ancora più profondo. E’ l’ultima frase del brano di vangelo che ci aiuta a celebrare oggi i santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele 

Gli abitanti delle rive del lago si incuriosiscono di Gesù, e vogliono sapere che fa, che pensa, di che cosa vive, quali segreti ha in cuore. Erano incantati da lui. Alcuni erano stati con Giovanni il battezzatore, ma nel sentire Gesù si apriva ancora di più il loro cuore vedevano che proprio di Lui avevano bisogno. Poi finalmente Gesù comincia a scegliere. Tu, Filippo seguimi, vienimi dietro. E Filippo non può tenere per sé la gioia che prova a stare con Lui, a condividere la sua passione per la vita di tutti a partire dalla intimità con Dio Padre. Si fa in quattro per coinvolgere altri. Lo dice a Natanaele, che lo gela con una battuta quasi insolente, se non fosse preziosa per la sincerità e la voglia di cose grandi che si porta dentro. Ma che vuoi che venga fuori di buono da un paesetto sperduto, fatto di montanari, che non ha mai prodotto niente di buono, se non amici con cui ogni tanto sbaraccare? 

Ma anche Natanaele di fronte a Gesù crolla. E’ schietto, non ha maschere e Gesù non ha paura di chi dice come la pensa. Non gli piacciono quelli che continuano a tergiversare, a mettere davanti scuse a una decisone urgente. Più tardi alcuni gli diranno di volerlo seguire, ma accamperanno tutte le scuse possibili. Alla loro età, alcuni hanno risposto: lo vado a chiedere a mio papà. Ma prenditi in mano la vita finalmente, non nasconderti dietro scuse che non portano a niente. Natanaele crolla di fronte a un Gesù che lo guarda dentro e alla sua meraviglia gli allarga ancora di più gli orizzonti e dice proprio «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo». Per un ebreo gli angeli sono creature di Dio che formano un mondo meraviglioso che sta a custodirci, che fa da corona a Gesù e agli uomini. Natanaele capisce che se fanno scala su Gesù, Lui è proprio il Figlio di Dio. 

Chi sono gli angeli? La parola stessa ne dà un significato ben preciso: sono portatori di notizie, di annuncio, sono quindi intermediari tra Dio e gli uomini nella nostra storia di salvezza, sono legati strettamente a Dio e ne realizzano i progetti, coinvolgono gli uomini in questa avventura del Regno di Dio. 

Poi la filosofia si sbizzarrisce a vedere che tipo di creature sono: non sono forse visioni solo, non possono essere stati usati da scrittori di cronache per semplificare la comprensione di alcuni fatti inspiegabili? Si possono fare tutte le congetture. Noi come ci ha detto Gesù, e per come hanno servito il piano di salvezza di Dio crediamo a questa loro presenza e soprattutto vogliamo vedere in loro la vicinanza di Dio alla nostra vita, la sua compagnia quotidiana, personalizzata, i messaggeri della sua parola, coloro che ci aiutano a prendere posizione per Gesù. Se c’è un principio del male, come Satana, che sta sotto Dio, ma che nuoce non poco agli uomini, è giusto che ci siano delle creature di Dio, come lo sono gli angeli, che invece lavorano nella vita dell’uomo per aiutarlo a convertirsi sempre di più a Lui, per proteggerne il cammino. Sono forza imbattibile come Michele e speranza per una vita buona, bella e felice per ogni persona.

29 Settembre
+Domenico

Gesù lo vogliamo vedere tutti e Lui si incarna in ogni persona

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,7-9)

In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». 
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.

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Quando qualche amico ci parla di una persona in maniera interessante e di lui ci vengono dette cose belle, idee entusiasmanti, fatti sorprendenti, caratteristiche che ci incuriosiscono, la prima cosa che ci viene in mente è quella di poterlo incontrare. Lo vogliamo conoscere, gli vogliamo parlare, ne desideriamo sentire le opinioni, sentiamo insomma che potrebbe essere nostro amico e confidente, magari vorremmo apprendere ancor meglio la sua visione di vita e imitarlo pure. 

Così era capitato alla gente che aveva sentito parlare di Gesù e di rivolgersi agli apostoli perché lo potessero vedere. E gli apostoli lo fecero incontrare. Alcuni di essi non erano ebrei; già allora la stessa Palestina era molto mescolata, anche se oggi facciamo ancora fatica a accogliere chi non è italiano. Anche questi sentivano importante confrontarsi con la visione di vita di Gesù. Questa voglia di incontrare Gesù fu anche quella di Erode. Già questo nome, che fa parte della nostra memoria cristiana, lo sentiamo con sospetto. Certo, conoscendo tutta la dinastia da cui veniva, non c’era che da temere le intenzioni che poteva avere Erode per questa sua volontà decisa. Non era certo per un tentativo di rinsavimento nel suo modo di governare ereditato da chi l’aveva preceduto e nemmeno pura curiosità. Erode temeva sempre che il suo potere gli venisse sottratto e per evitarlo era pronto a tutto. Farà un altro tentativo con Gesù incatenato, durante lo sballottamento da Pilato, da Anna, da Caifa e pure a Erode per farsi qualche dispetto tra le varie cancellerie; ma non gli verrà data soddisfazione di sentire una parola da Gesù. 

E noi vogliamo vedere Gesù, ci nasce in cuore la voglia di incontrarlo, di sentirlo, di metterci in contatto con Lui? Perché lo cercheremmo? Vorremmo toccarlo, vederlo, parlargli, dirgli il nostro amore o avere ancora una qualche dimostrazione razionale della sua esistenza e della sua personalità? Sappiamo che il suo volto sta nel povero che incontriamo, che la sua parola sta nel vangelo, che la sua forza ci viene offerta nei sacramenti. Del resto dirà Gesù a Tommaso: beati quelli che crederanno senza aver visto. 

La sua vita, la sua forza ci è mostrata dal coraggio dei martiri anche di questi ultimi tempi in ogni parte del mondo. Non abbiamo nessuna curiosità o mala intenzione come quella di Erode e allora scrutiamo e vediamo Gesù in ogni suo volto che Lui stesso ci fa incontrare nella vita quotidiana.

28 Settembre
+Domenico

Per regalare l’essenziale a tutti, occorre solo l’essenziale per vivere

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,1-6)

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

Audio della riflessione.

Bastone, bisaccia, pane, denaro, tuniche erano il necessario per un viaggio confortevole per le strade della Palestina. Ma i discepoli di Gesù non dovevano fare turismo o viaggi di affari, Gesù non li mandava a conquistare terre e a fare proseliti, non stava organizzando nessuna campagna promozionale e tanto meno nessuna campagna di opinione. Aveva dentro un fuoco, il regno di Dio, e fremeva finché tutti gli uomini ne potessero sentire l’annuncio, potessero alzare la testa a questa definitiva avventura della vita. Occorreva allora essere spediti, non appesantiti nè garantiti, ma solo dedicati alla novità assoluta dell’amore concreto sperimentabile, vivificante della bontà di Dio. Per far capire questo agli uomini non occorrono assicurazioni, non servono garanzie, vie di fuga, bagagli e pesanti strumentazioni di viaggio: serve solo la dedizione assoluta ad un amore grande e imprevedibile. 

Da allora tanti uomini e donne hanno lasciato tutto e sono partiti per annunciare il vangelo in ogni parte del mondo e, proprio come dice il vangelo, hanno potuto entrare nei posti più difficili, proprio quando non avevano con sé niente, non erano al seguito di nessuna potenza, portavano solo la spada della Parola e il cibo dell’Eucaristia. 

Le rotte dei missionari ci sono ancora oggi; molti giovani quest’estate sono stati in paesi dove Gesù non è ancora conosciuto o dove la comunità cristiana non è ancora all’altezza delle sfide e dei bisogni fondamentali della gente, hanno con semplicità portato il loro sorriso, la loro voglia di mettersi a disposizione, il loro dialogo, il desiderio di leggere in tutti le tracce della presenza di Dio e sono tornati confortati e corroborati nella loro voglia di vivere e nella gioia di credere. 

Molti siamo stati quest’estate a Lisbona alla GMG, dopo la sofferenza delle distanze sociali del COVID, anche per ricevere conforto, forza, decisione di buttarsi al servizio del vangelo. Abbiamo sperimentato che si viaggia meglio leggeri, dormire per terra, senza troppe sicurezze e che durante un qualsiasi pellegrinaggio si può godere sempre della solidarietà di tutti, quella materiale e quella soprattutto spirituale che ti dà forza di vincere ogni fatica. 

Quanto al cuore, chi risponde a un mandato, a un invito di Dio ad andare, sa che il suo cuore può stare sicuro là sul petto di Gesù, come quello di Giovanni, in una compagnia perfetta e corroborante. E’ una speranza che tutti ci si porta in cuore e di questa speranza vogliamo sempre vivere.

27 Settembre
+Domenico

Aiuta la fede a crescere non un clan, o un partito, ma una comunità

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 8, 19-21)

In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. 
Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
 Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

Audio della riflessione.

La famiglia oggi è molto penalizzata, se non disprezzata, ma la tendenza è quella di continuare a crearne imitazioni. C’è qualcosa di impareggiabile nel rapporto parentale tra più persone, di sesso diverso e di età diverse, caratteristiche anche molto distanti, ma con un sentimento e un cumulo di emozioni che cementano le relazioni, le rendono belle, e spesso risolutive di situazioni difficili per alcuni membri, per alcuni periodi (cfr crisi economica, malattie, disgrazie) per molteplici esigenze che insorgono senza averle progettate o previste. 

Anche Gesù aveva una famiglia, anche se molto originale; abitava a Nazaret, vi ci è vissuto per non pochi anni, ne ha avuto una ottima educazione. Ad età matura lascia la famiglia perché nessuno lo ferma nel suo progetto di vita e nella sua missione. Deve annunciare il Regno di Dio e non può non mettere tutto al suo servizio. 

Un giorno però è la famiglia che cerca Gesù. Cafarnao non era troppo distante da Nazaret e di Gesù si sentiva parlare fin troppo, creando di lui una fotografia di persona non troppo calma e forse anche un po’ fuori di testa (è l’evangelista Marco che lo dice). E’ una visita di soccorso, di ricupero, di protezione amorevole; non è che lo vogliono soprattutto vedere, ma portare a casa. Avevano paura perché si esponeva troppo a parlare al popolo creando preoccupazioni per l’occupante romano che temeva sempre sedizioni. 

“Tua madre ed i tuoi fratelli sono fuori e desiderano vederti”. La reazione di Gesù è chiara e Marco ancora più concreto: Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre. La cosa bella è che Gesù allarga la famiglia, a quella che viene creata dalla Parola di Dio e non solo da legami di sangue. Del resto che aveva detto Giovanni all’inizio del suo vangelo? “A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di essere figli di Dio e così a tutti quelli che credono nel suo nome”. Nasce una nuova famiglia, una nuova comunione di affetti e sentimenti, legami e progetti, di generosità e di dedizione, di presa in carico e di sostegno. 

Tutti figli dello stesso Padre come lo è la famiglia. Era in atto contestualmente una esagerata appartenenza a clan, a fazioni e Gesù vuole assolutamente che le persone si riuniscano in comunità. Lo esigeva il Regno di Dio che non poteva esistere se non in un clima di famiglia, ma allargata a una comunità, capace di aprirsi alle esigenze del Regno di Dio. Il difetto di chiudersi è vecchio come il cristianesimo. 

Papa Francesco ce la mette tutta per aprirci, per uscire, per allargare il concetto di popolo di Dio a una grande famiglia, a una comunità. E questa ce la dobbiamo sentire regalata da Dio stesso con la sua parola e con la fede.

26 Settembre
+Domenico

Siamo una lampada che fa chiaro a tutti o uno stoppino che fuma?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 8, 16-18)

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.
Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.
Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».

Audio della riflessione.

Si fa tanto parlare oggi nelle nostre chiese di apertura missionaria. Siamo convinti di avere delle belle ragioni di vivere e non possiamo tenerle per noi. Non si tratta di fare proselitismo, di aumentare il numero dei cristiani, ma di essere talmente sensibili alla vita di tutti di voler mettere a disposizione di tutti il vangelo. Noi lo abbiamo trovato bello, affascinante, impegnativo, ma possibile per cui facciamo di tutto per offrirlo a tutti. Non diamo per scontato che tutti ormai conoscano il vangelo. Molti infatti quando ne leggono una pagina ne restano scossi. Significa allora che non è così conosciuto, come noi crediamo. Molti non hanno più nessun riferimento alla esperienza ecclesiale e l’hanno abbandonata prima di rendersi conto della sua grandezza e bellezza. 

Se la fede è una luce, allora non la si deve coprire o spegnere, ma portare a tutti. La domanda però importante che non possiamo trascurare è: ma la nostra lucerna è veramente accesa o sta lentamente spegnendosi? La vera rilevanza di ogni testimonianza o di ogni missione è la capacità di essere stati in ascolto. 

Dice il vangelo: Guardate, fate attenzione a come ascoltate. Se non ascoltiamo la Parola di Dio, la nostra testimonianza è portare gli altri qualcosa di non autentico, magari una bella relazione personale, che non guasta mai, un senso di amicizia in questa società piuttosto anonima, ma la fede è qualcosa di più profondo. 

Certo qualcuno può dire: ho già una vita tanto complicata, ci vuole anche questa ora, di preoccuparmi anche di porre gesti di testimonianza. Noi sappiano che quando abbiamo molte cose da fare ce ne sta anche una in più, invece quando nona abbiamo niente da fare, sentiamo ancora più forte la fatica a fare anche solo una cosa che ci viene chiesta. E’ sempre così nella vita: se la vivi con grinta ci sta tutto quello che ti riempie il cuore, ti fai in quattro, non ti rincresce il tempo che impieghi, se vedi qualcuno che ha bisogno non lo lasci solo… se invece la vivi con noia non ci sta mai niente, anche le cose più belle, ti viene tolto anche quel poco che credi di avere, non sei mai felice, ti pesa tutto, vivi di rimpianti, di verbi al passato. 

Invece la vita cristiana è proiettarsi sempre in avanti con speranza e di questa speranza vogliamo sempre vivere.

25 Settembre
+Domenico

Siamo operai presi a giornata o amati senza condizioni?

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perchè ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perchè io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Audio della riflessione.

Precari nel lavoro è il nostro destino, siamo presi a giornata e buttati, dobbiamo fare cento lavori per sperarne uno un po’ più serio. Cinque mesi di qua, da giornalista, per una pubblicazione che deve convincere a far emergere il lavoro nero e io puntualmente pagato in nero; un anno dall’amico di papà che ti ha promesso mari e monti e poi ti liquida dalla mattina alla sera; una stagione a fare animazione, senza assicurazione; un anno finalmente a fare quel che mi è sempre piaciuto e poi la ditta è stata assorbita e mi hanno relegato al magazzino. 

Stavolta me ne sono andato io. Ho fatto mille colloqui e tutti mi dicevano che mi avrebbero preso se avessi avuto qualche esperienza di lavoro in quel campo. Ma, me ne fate cominciare almeno una? Finalmente in internet ho trovato un bel lavoro, purtroppo è a progetto, prima o poi occorrerà cambiare. Liberi di prenderci e di lasciarci, ingiusti con noi ci tentano un po’ tutti. Con Dio sarà la stessa cosa? 

Ditemelo, perché sono stufo di impegnarmi senza portare a casa un po’ di futuro e di vedere che tutti gli altri mi passano davanti. Erano precari anche quei lavoratori che stavano sulla piazza ogni mattina ad aspettare che qualcuno li andasse a invitare. Oggi la cosa si fa ancora più triste, perché non sei nemmeno precario, ma disoccupato. Nel vangelo però stavolta c’è proprio lavoro per tutti. Non ne resta fuori nessuno. Anche il solito che sta in discoteca fino a mattina, anche lui la sera va in piazza e viene preso a lavorare. Non s’è mai dato una mossa e ha sempre trovato di sbarcare il lunario. Sembra tutto casuale, ma chissà quante raccomandazioni ci stanno dietro. Ebbene tutti al lavoro; bello, oggi abbiamo riempito la vita, abbiamo dato un orario al nostro stare ad aspettare. 

Il problema però non è finito: uno che lavora si vuol sentire anche riconosciuto. Qui, con Dio non solo c’è precarietà, non solo non sai mai quando Dio ti assume, ma non sai nemmeno che cosa ne ricavi. Il nottambulo pazzo che s’è dato una mossa solo verso sera prende come me che sono lì dal mattino, che ho programmato tutto, che ho impostato il lavoro, che ho potuto anche dialogare e valutare col padrone. Questa è pura ingiustizia! 

Amico, non ti ho dato quello che avevo pattuito… oppure sei invidioso perché io sono buono? 

Dio ha un altro modo di ragionare, sa che la nostra vita è precaria. Quello che Dio ha pattuito con noi è tutto, è molto di più di quello che ci meritiamo. Il paradiso non lo guadagniamo, ma ci viene dato in aggiunta. Non ti mancherà assolutamente niente nella felicità dell’abbraccio con Dio. Solo che devi guardare con altrettanto amore agli altri. Non perderti a guardare le differenze o a fare sequenze di merito. Godi che tutti possano incontrare Dio, anche a sera tarda. Saranno ancor più felici se incontreranno anche te ad accoglierli con gioia. 

Ma c’è un punto di vista molto interessante per capire questo nostro Dio che non ci fa mai del male, che ci è padre, che non possiamo mettere sempre alla sbarra perché secondo noi ci fa dei torti: la famiglia. Oggi la mettiamo al centro non per far battaglie, ma per riscoprire di più la bontà di Dio 

La famiglia è proprio il luogo in cui si può capire di più Dio. Il lavoratore della prima ora che resta deluso e si arrabbia con Dio per me era un single: tutto concentrato su di sé. Abbiamo in mente la parabola del padre misericordioso? Questo lavoratore della prima ora assomiglia proprio al figlio più grande tutto casa e chiesa, campi e vitelli, azienda e profitto. Come? Vieni qui ancora a dividere la mia eredità, dopo che ti sei fatta fuori la tua? Che giustizia è far festa al figlio pazzo e vagabondo. Questo tuo figlio! 

Un papà, una mamma, un fratello sanno che in famiglia ci si rapporta molto diversamente e non si mette in atto nessuna ingiustizia, ma si vede che la giustizia ha bisogno di amore per essere una regola di vita. 

Non decidono i figli quando nascere in una famiglia, dove non è un errore o un merito l’essere nati prima o dopo: l’amore di papà e mamma è sempre al massimo per tutti. Dio ci dona sempre il massimo, non fa differenza di persone; il suo amore non si baratta, non si taglia a fette, non si conta come gli euro: è la sua bontà infinita per noi, per tutti quelli che lo amano anche all’ultimo momento. 

Nel nostro mondo a modello commerciale dove quello che più conta è la capacità di barattare, di stabilire accordi, scambi vantaggiosi, condizioni favorevoli, sfruttare l’occasione, intuire le debolezze del compratore per fare guadagni, farsi creativi nel collocare la nostra merce, pensiamo che il nostro rapporto con Dio sia un grande commercio. 

L’idea forse la danno anche certe nostre abitudini di rapporto con le cose sacre, con i sacramenti, con le offerte, con i servizi liturgici, con gli oggetti sacri, le visite ai santuari. Spesso li facciamo diventare luoghi di commercio anziché di incontro tra la nostra povera vita e la grandezza di Dio. 

Crediamo di poter commerciare la nostra salvezza, di comperare la sua misericordia, di sostituire l’amore vero profondo, con le nostre cose, di tenerci il cuore e di dare a Dio solo le nostre cose. E allora accampiamo diritti, rimproveriamo Dio perché non tiene conto di quello che abbiamo fatto, riteniamo di esserci guadagnati il paradiso, una vita bella, felice, solo perchè noi abbiamo dato, abbiamo fatto, abbiamo vissuto in un certo modo. 

Vogliamo un rapporto con Dio non a modello commerciale, ma a modello famigliare; perché Lui è famiglia; è Trinità. Il paradiso Dio ce lo regala sempre; è più grande di ogni nostro merito; è dono del suo amore che decidiamo di accettare nella nostra vita.

24 Settembre
+Domenico

Dio è Seminatore generoso e saggio per tutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 8, 4-15)

In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano
e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.

Audio della riflessione.

Sempre bello sentire parlare di semina, perché è all’origine della bellezza della vita, del mistero di una apparente scomparsa o morte e la sorpresa di una novità che esplode. La piantina, le foglioline, i colori, lo sviluppo spesso anche sorprendente. All’origine ci sta un seminatore, colui che colloca il seme nella terra, nell’humus che gli dà possibilità di scomparire come seme e dare vita alla pianta. Il seminatore presentato da questa parabola non è un tecnico calcolatore di opportunità massime di produzione, non è un contadino incapace, ma sicuramente è un grande ottimista. 

Spera infatti che anche le pietre diventino terra feconda e che dal suolo arido della strada spuntino spighe piene e mature. Sapendo poi che il seme e il seminatore sono la parola e Gesù, significa che destinatari della parola e direttamente di Lui sono tutti: cattivi e buoni, sfaccendati e impegnati “perché Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”. 

E’ un seminatore che non segue criteri di opportunità, di efficienza, di gara, di ostentazione; non deve andare al confronto per la battaglia del grano o per il top della produzione, non ha contratti o imposizioni esterne: si rivolge a tutta la gente che viene a lui da ogni parte. Gli interessano i peccatori, i malati, i nemici più ostinati, i cuori induriti; non fa preferenze con i migliori, dimenticando gli scalognati, come facciamo noi. Rivolge lo sguardo a tutti. Sa di rischiare, ma l’amore suo sfida il fallimento, punta sulla libertà, prevede il rifiuto, ma nessuno lo ferma. 

Questo te lo testimoniano le parti di terreno improduttivo, su cui ha gettato ugualmente il seme, che lasciano intendere la sua buona volontà, la sua fiducia e il suo impegno. Il seminatore Gesù è fiducioso e sostenuto da grande coraggio. Dio non si stanca di attendere la conversione dell’uomo: allo stesso modo ha agito il Cristo e devono agire i suoi inviati. Dopo tanti insuccessi si può arrivare a dei risultati superiori ad ogni attesa. 

La semina allora è l’evangelizzazione, è sempre deludente e insieme consolante, avanza lentamente; occorre pazienza, coraggio, essere come Lui, capaci di saper credere e attendere, non badando a fatiche. Questa figura del seminatore, un poco anche bucolica, perché oggi non si semina più che con potenti trattori, macchine dotate di meccanizzazione automatizzata, è a noi cara. 

La parabola del seminatore è la parabola dell’ottimismo e della speranza di ogni uomo nell’annuncio gioioso di Gesù, parola di salvezza. Fin dall’inizio il seminatore Gesù sa di dividere gli uomini in chi accoglie e chi gli fa guerra, in chi accoglie o in chi rifiuta o distrugge. Ci sarà pure nel grano la zizzania e l’erba cattiva, ma la pazienza del creatore ci dice di stare calmi. Ogni esperienza ha un suo posto nell’amore di Dio e nell’amore degli uomini. La semina e il seminatore invitano tutti a scegliere di fronte a una parità di opportunità che il Signore non farà mancare a nessuno. 

San Pio da Pietrelcina che oggi ricordiamo fu alla grande un seminatore così e ha rivissuto nella sua travagliata esistenza la figura del seminatore, messo in evidenza da Gesù; il seminatore dovrà sempre esprimere il massimo di amore e porterà sempre la sua croce.

23 Settembre
+Domenico

Per Gesù i discepoli e le discepole sono sullo stesso piano

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 8, 1-3)

In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

Audio della riflessione.

Si fa sempre tanto parlare di femminismo, di maschilismo e sembra che nella chiesa solo perché le donne non possono diventare presbiteri o vescovi, ci sia disprezzo o sottovalutazione della donna. Gesù non è proprio di questo avviso, anche perché già nei suoi percorsi per la Palestina ad annunciare il vangelo è attorniato anche da donne oltre che dal gruppo degli apostoli. L’evangelista Luca è molto attento a mettere in evidenza questa speciale attenzione di Gesù verso le donne, e pone i discepoli e le discepole sullo stesso piano. Ci sono anche i loro nomi: Maria Maddalena, nata nella città di Magdala, detta erroneamente la peccatrice e di cui si è tanto inventato e romanzato, dimenticando che è stata la prima annunciatrice della Risurrezione di Gesù. 

Lui l’ha guarita da sette demoni. Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode Antipa, che era governatore della Galilea. Susanna e diverse altre. Di queste si dice che “servono Gesù con i loro beni”. Gesù permette che un gruppo di donne lo “segua” . Alla morte di Gesù Marco informa che c’erano anche alcune donne, che stavano sotto la croce e poi ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salomé, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. Di esse si dice che seguivano Gesù, lo servivano e con Lui salirono a Gerusalemme, dove il verbo “ salivano” ha un significato più profondo del fare una strada in salita; è la condivisione del percorso verso il dono supremo di sé di Gesù che vive il salire a Gerusalemme, dove fu crocifisso, dando la vita per l’umanità come l’apice della sua vocazione. 

Altre donne incontrate da Gesù sono: Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, Maria, madre di Giacomo, ed Anna, la profetessa di 84 anni di età. Purtroppo la tradizione ecclesiastica immediatamente seguente ai tempi del vangelo non ha dato sufficiente valore a questo discepolato delle donne con lo stesso peso con cui dà valore alla sequela di Gesù da parte degli uomini, non dico solo degli apostoli. L’importanza di questa relazione di Gesù con le donne è una novità, non solo per la presenza delle donne attorno a Gesù, ma anche e soprattutto per l’atteggiamento di Gesù in rapporto a tutte quelle che incontra nella sua predicazione. Ricordo come la forza liberatrice di Dio, che agisce in Gesù, fa sì che la donna si alzi ed assuma la sua dignità. Gesù è sensibile alla sofferenza della vedova e solidarizza con il suo dolore. 

Il lavoro della donna che prepara il cibo è considerato da Gesù come un segnale del Regno. La vedova tenace e decisa che lotta per i suoi diritti è considerata modello di preghiera e quella vedova povera che butta nel tesoro del tempio tutto il necessario che ha per vivere è modello di dedizione e di dono senza riserve e di umiltà. Nella sua epoca che non prendeva molto in considerazione le donne, Gesù le accoglie e le sceglie come testimoni della sua morte, della sua sepoltura e della risurrezione. Un atteggiamento veramente rivoluzionario e profetico, che noi oggi non possiamo non mettere in risalto, non solo contro i femminicidi che stanno imbarbarendo la nostra convivenza civile, ma anche per tutte le disuguaglianze di diritti che ancora non sono riconosciuti per tutti: uomini e donne.

22 Settembre
+Domenico

Gesù punta su di lui il dito e dice: Seguimi, pianta tutto

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 9-13)

In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Audio della riflessione.

Prendere decisioni per la propria vita, il proprio futuro, per quella felicità cui tutti siamo chiamati, consapevoli di dare un senso bello e pieno alla vita è sempre molto difficile. Si procede spesso per tentativi, dentro incertezza e rischio. Quale è la mia vera strada? C’è qualcuno che mi aiuta a trovare la strada giusta? C’è un satellitare infallibile? Spesso forse siamo in attesa che sia qualcun altro che decide per noi. Non è bello non caricarci della responsabilità della scelta, e nemmeno pensare di scaricare su altri i nostri fallimenti. 

Qualcuno invece sembra abbia deciso bene, se ne sta tranquillo a fare i fatti suoi, a un certo punto però si accorge che c’è qualcosa che non quadra nella vita oppure viene posto di fronte con evidenza a una luce, a una intuizione, a una verità, mai finora percepita, che gli fa cambiare radicalmente strada, gli si aprono gli occhi, si sente dentro una voce, una spinta che non lo lascia tranquillo. 

Matteo era uno di questi. Pacifico, stava a contare i suoi soldi in banca, aveva un lavoro fisso, disprezzato da tutti perché se la intendeva per forza di cose con i romani, potenza occupante della Palestina; un avvenire sicuro, una cerchia di amici della stessa risma che gli faceva da cortina di fumo per non vedere i problemi, qualche bella cena, qualche buona avventura e guadagno sicuro. 

Ma un giorno gli capita al banco dove sta contando euro a non finire Gesù. E Gesù punta su di lui lo sguardo, il dito, la sua persona, la sua voce perentoria, tutto il suo fascino e gli dice: Seguimi! e lui alzatosi, messosi dritto davanti a Gesù, davanti alla vita, davanti a un nuovo futuro, nella dignità di tutta la sua umanità, messa in discussione da questo invito, lo seguì. 

Continua ancora la sua vita di relazione, ha ancora i suoi amici, sicuramente deve giustificare loro perché abbandona la sua ricca posizione sociale per correre dietro a un predicatore che non si sa quanto raccomandabile sia; sta di fatto che vuole che Gesù incontri questa sua potente fasciatura, tutto il mondo di pubblicani che lo accerchia. 

E Gesù va con grande scandalo dei benpensanti a sradicare certezze e a portare la sua speranza. Gesù non disdegna nessuna delle nostre mense, si fa compagno di tutti, non ha paura, vuole solo la nostra felicità.

21 Settembre
+Domenico