Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 43b-45)
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
Audio della riflessione.
Vogliamo tutti schivare il dolore, anche perché siamo fatti per la felicità, per la serenità e la gioia. Nella vita cristiana pure si esalta e si comunica gioia. E’ gioia il vangelo, è gioia l’amicizia con il Signore, è gioia e bellezza l’esistenza vissuta come dono di felicità per tutti coloro che ci incontrano. Siamo tutti collaboratori della gioia che Dio dà a ciascuno, ha posto nel vangelo, che propone come atmosfera della chiesa e dei suoi seguaci.
Papa Francesco ha scritto il suo programma pastorale per tutta la chiesa come La gioia del vangelo e ad esso continuamente si richiama e ci invita a realizzarlo concretamente in ogni spazio di vita, di pensiero, di convivenza, di socialità e di civiltà.
Gesù nel vangelo però, ha tempi ben calcolati, mette i discepoli, lo stretto numero degli apostoli, tutti coloro che lo seguono, di fronte al mistero del dolore, a partire dalla sua croce. Non ne fa una trattazione filosofica o una traccia ripetuta di predicazione, ma un continuo ripresentarsi come l’uomo dei dolori. La vive su di sé la croce, porta su di sé il dolore, è Lui che anticipa il suo volto sofferente, il suo viso insanguinato, le sue membra percosse, la sua morte nel colmo del disprezzo e della sofferenza quindi.
Ciascuno di noi ha una croce almeno da portare, abbiamo tutti esperienza di dolore o fisico o morale o esistenziale. Non smettiamo mai di farci domande, non possiamo dire che stavolta è come l’altra volta perché la sofferenza è sempre nuova e i nostri pensieri si attorcigliano tra il rifiuto, la ribellione, un passivo adattamento, la ricerca di soluzioni esasperate nel desiderio di fuga, di voglia di vita. Non siamo diversi da chi ascoltava Gesù, dai suoi intimi, dai suoi futuri evangelizzatori che ne rimanevano spaesati, anzi presi da quella paura di domandare, che spesso ci assale perchè si prevede la risposta; non si osa fare domande, si vuole sfuggire a questa strettoia ineluttabile, che pende come una spada sulla nostra esistenza.
Gesù però non demorde; è un passaggio necessario da fare se vogliamo essere veri cristiani che adorano un Dio Crocifisso. Non si tira indietro, la sua vita è stata una corsa verso Gerusalemme perché là c’era il Calvario che concludeva il suo dono d’amore e là tutto doveva orientarsi. Occorre avere il coraggio di rimanere in questa certezza della croce con Gesù per dare alla vita cristiana un senso pieno, per godere della risurrezione, mai prima o senza la croce.
San Gerolamo che consumò tutta la sua vita nello scandagliare il messaggio di Gesù, per farne una strada sicura di vita, ha scritto nelle sue membra questa croce e questa gioia che ne deriva e fu sepolto vicino alla culla di Gesù, alla sua incarnazione vera nella vita dell’umanità.
30 Settembre
+Domenico