Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 18-21)
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Audio della riflessione.
Oggi i grandi paesi, le potenze evidenti e mostrate con i pugni, gli eserciti imbattibili delle cui bombe ogni tanto si fanno le prove, le distanze enormi e sorprendenti che i missili possono coprire in poco tempo, con grande capacità di distruzione, la quantità di mercati che si possono controllare imponendo dazi dalla mattina alla sera, le atomiche in continua proliferazione… sono le grandeur che si confrontano continuamente e che grandi leaders continuamente ingrossano per creare tensioni, paure, deterrenze.
I brevissimi versetti del vangelo di Luca invece ci parlano di due realtà quasi invisibili: una, il granello di senapa, che si fa fatica a vedere nel palmo di una mano e l’altra ha poca consistenza e non si vede perché la massaia la nasconde addirittura nella pasta: è il lievito. Non sono missili, né bombe, ma hanno una forza invincibile che si può opporre a tutti i regni della terra.
Al tempo di Gesù c’era una bella differenza nell’ordine di grandezza materiale tra il piccolo Gesù che nasce in una grotta a Betlemme, e l’imperatore Augusto che nasce a Roma, tra il regno di Dio predicato dal Nazzareno e l’impero che reggerà l’imperatore Augusto. Il primo vive ancora, e siamo orgogliosi di appartenervi, del secondo si trovano tracce solo scavando sotto terra e sabbia e portando alla luce ruderi, che danno il segno della grandezza, ma ruderi sono.
Queste due piccolezze e quasi nullità ci danno l’idea invece della rilevanza, importanze, definitività del Regno di Dio, che all’apparenza sembra un nulla, ma che alla fine mostra tutta la sua potenza interiore, e quindi racchiude per noi uno straordinario annuncio di speranza, che non è un vago presentimento, ma la forza di un senso che siamo certi di dare ad ogni nostra vita e fatica.
Siamo allora contenti di accogliere in noi il regno di Dio, la Parola del Signore, che è solo una Parola, che non ha gittata oltre gli oceani per colpire ovunque come i missili, ma forza interiore misteriosa di trasformare le vite di ogni persona e di mandare testimoni coraggiosi ovunque.
Certo la mentalità di oggi che vorrebbe tutto e subito chiede immediatamente conferme, manifestazioni che si possono provare, vedere, toccare, filmare, invece granello di senapa e pugno di lievito si mostrano solo a una attesa paziente e a un affidamento incrollabile per tutta la nostra esistenza, a ginocchia che pregano come ha fatto Gesù prima di scegliere e di mandare a due e due i suoi discepoli ad annunciare. Sono tornati con le pive nel sacco, ma hanno ridetto la loro fiducia nel Signore e hanno cambiato il mondo.
Oggi a chi tocca ? Certo a ciascuno di noi. Sapendo che non siamo noi che fa crescere e che produce speranza, ma solo Dio e noi ci fidiamo di lui e attendiamo vigili, con le lucerne della vita in mano, consapevoli che Dio viene quando meno te l’aspetti, quando hai finito di fare calcoli e ti metti in contemplazione di Lui che viene e non ci lascia mai soli.
31 Ottobre
+Domenico