Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 13,33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Si può stare tutto il giorno e tirare a sera, adattandosi a quel che capita, senza aspettarsi niente dalla vita, dalle persone che incontriamo. Si può stare tutta la vita a subire gli eventi, a lamentarsi di ciò che non va bene, e ce n’è sempre troppo. Si può vivere una vita di famiglia sulla ruota dell’abitudine, da automi, come un pacco postale, su cui sta scritta la destinazione e che inesorabilmente volenti o nolenti giunge alla sua meta, sballottato qua e là, preso in mano da tutti e scaricato da tutti.
Una vita di questo genere la chiamiamo appunto destino. Ma una vita così non la fa nemmeno un anziano, in casa di riposo che dà ogni giorno nuovo cui apre gli occhi si aspetta qualcosa: anche solo una buona tazza di caffè, magari un sorriso. Non la vive come un cieco destino nemmeno un malato, che ha scritto nella sua carne e nei suoi orari la routine più sconfortante: misura della temperatura ad ore impossibili, pulizia della sala e finestre spalancate, visita dei medici, iniezioni, flebo, visita parenti, pasti contro il muro, luci che si abbassano; oppure un carcerato: sveglia senza impegno, sole a scacchi tutto il giorno, ora d’aria, rumori secchi di chiavi, maledizioni dei vicini, rancio……
Eppure, l’ammalato ad ogni giorno che passa attende la salute e il carcerato la libertà. Il loro corpo si inarca in attesa di qualcosa, di un dono, di un nuovo futuro.
Ebbene così è la vita del cristiano: non un freddo orologio che segna il tempo che passa, non una lancetta che torna sempre sui suoi giri, non un contatore digitale che ripete sempre le stesse cifre, ma una sentinella che aspetta l’aurora, una vita protesa ad aspettare sempre qualcosa di nuovo. “State attenti vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso”. Ricordo la tensione delle prime volte che durante la naia le reclute dovevano fare veglia sulle altane della caserma o dei luoghi di esercitazione in Sardegna. La sentinella non dà niente per scontato, non cede all’abitudine non si lascia intorpidire gli occhi dal “tanto non cambia niente”, ha l’occhio attento per vedere, la preoccupazione di difendere, in attesa di avere sempre nella vita il cuore aperto ad accogliere.
È una mamma che sa aspettarsi dai figli il bene massimo che sempre spera per loro, è il giovane che non si adatta a tenere i piedi per terra, tanto il futuro gli pare scippato dagli adulti; è la ragazza che aspetta dal suo ragazzo i sentimenti teneri di un amore e non le pretese di un egoismo sottile e camuffato.
È il cristiano che sa leggere in tutti gli avvenimenti una parola, un messaggio, un invito, il passaggio di Dio. Sa vedere più lontano, oltre le lacrime che spesso ci appannano la vista, sa sperare pienezza di vita per gli altri e per sé.
È una sentinella del mattino, come desiderava e diceva spesso s. Giovanni Paolo II che fossero tutti i giovani, e non dei registratori di cassa. Vigilate.
03 Dicembre
+ Domenico