Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 16,16-20)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Siamo spesso stati meravigliati di questa frase: ‘Un poco non mi vedrete, un altro poco mi vedrete’ con cui Gesù parla agli apostoli. Sappiamo che Gesù è stato con i suoi discepoli ancora un po’ di tempo dopo la risurrezione proprio perché doveva insegnare loro il linguaggio della risurrezione, aiutarli ad avere occhi di Pasqua prima di lasciarli e di concludere la sua presenza da Incarnazione. Questa frase ambigua fa riferimento alla morte-risurrezione di Cristo, alla sua glorificazione da parte del Padre, alla venuta dello Spirito Santo, al nuovo ordine di cose create da tutto l’avvenimento Gesù e così il credente si sente unito col Padre e con il Figlio. La stessa sua presenza da risorto, il suo presentarsi inaspettato, la sua presenza attesa, ma spesso imprevista, la fatica dei discepoli a vederlo e sperimentarlo risorto danno l’idea della necessità di attenderlo in maniera nuova.
C’è da notare anche che la parola “fra poco” era parte del vocabolario di qualsiasi rabbino che fosse convinto di avere una certa visione del futuro. Noi cristiani, come gli ebrei crediamo che il mondo tenda verso una fine e che Dio interverrà presto e in maniera definitiva nella storia. Il rabbino alla domanda: quando avverrà tutto questo? rispondeva “fra poco”. Nell’Apocalisse (6,11) si scrive: “fu detto loro di pazientare ancora un poco”. Gesù in questo contesto, afferma quello che si aspettano tutti i suoi seguaci in un futuro non lontano.
Si riferisce al tempo che precederà immediatamente il giudizio ultimo, questo tempo ultimo che va dalla sua passione fino al ritorno finale alla fine dei tempi. Riguardo a questi tempi c’è una sicura oscurità per gli ascoltatori e i lettori. Chi può penetrare questo futuro? La domanda era anche preoccupata per tutte le violenze e tribolazioni che avrebbero preceduto la fine. Qui si afferma che questo mistero di incomprensione ha le sue radici nell’incomprensione del mistero di Gesù. Più ci facciamo aiutare dallo Spirito ad entrare nel mistero di Gesù, più la preoccupazione si cambierà in attesa fiduciosa. Quando si comprenderà chi è che lo invia, quale è la missione che egli compie, quale è il futuro che egli annuncia, tutto diventerà chiaro e sarà mitigato dalla gioia che ne verrà dopo.
Le nostre attese devono essere sempre coltivate, vissute nella tensione verso Gesù. Lo Spirito Santo fa la sua parte nel togliere l’affanno, la disperazione, e infondere la fiducia dell’attesa confidente. Non siamo preoccupati, ma pieni di speranza; non siamo provati, ma attesi dalle braccia di Dio Padre e se siamo nelle braccia di Gesù non potremo non essere accolti come figli.