Quel poco che ho sono contento di metterlo a disposizione

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco  (Mc 6,35-44) 

Attorno ai tuoi ideali spesso si uniscono i tuoi amici, le persone con cui hai tante volte parlato dei tuoi sogni e assieme imposti le tue nuove conquiste, i tuoi impegni, il tempo di lavoro e il tempo libero. 

Insomma qualcuno ci crede a quello che proponi: ti segue, vuole aiutarti, ti dimostra la sua amicizia, si sente investito anche lui di qualcosa di buono da essere e da fare.  

Gesù ha già con sé alcuni che lo seguono, ma la maggioranza della gente fa fatica a entrare in una nuova mentalità umana e religiosa, non ha mai avuto nessuno che l’aiutava a prendere decisioni vere di vita, a tirar fuori la propria grinta per qualcosa per cui valeva la pena di vivere.  

Il ritratto di Gesù è di una umanità attenta a tutti e convincente: A Gesù gli si muovono le viscere (compassione infatti è quello che prova per loro e questa parola è tipica di chi è in profonda partecipazione alla vita degli altri, come una madre per i propri figli.).

Non è nessun disprezzo, ma solo una decisione ancora più forte di seguire la sua strada, quella che gli ha indicato Dio suo Padre. 

Nella gente che lo segue c’è una grande attesa, una fame di verità e lui con un miracolo grande ripaga questa fame di verità dei suoi ascoltatori che, dimentichi dei propri interessi e dello stesso nutrimento, lo avevano seguito in un luogo solitario, con la brama tutta umana di chi si sente tirato fuori dalla sua solitudine, forse anche disperazione, sicuramente di adattamento al ribasso e percepisce nelle sue parole speranza e novità di vita.  

Gesù coinvolge anche i suoi discepoli, in questo gesto.

Già emerge la loro mentalità chiusa; di fronte a un bisogno collettivo essi sanno solo dire: che si arrangino.

Non sanno ancora che con Gesù questo è un verbo da togliere sempre dal loro vocabolario.

Infatti, come viene espresso da un altro brano di vangelo parallelo a questo, ci sta con loro anche un ragazzo con 5 pani e 2 pesci, che mette subito a disposizione di tutti tutto quello che fa la sua felicità di un giorno fuori dal chiasso della riviera del lago, anche lui alla ricerca di Gesù. 

E qui Gesù che sta annunciando il regno di Dio, lo scopo della sua vita umana, inizia a preparare il terreno perché sfamati da questo pane in seguito possano tutti capire che è Lui il pane della vita, il cibo fondamentale di ogni avventura spirituale. 

Lui sarà il pane vivo per la vita del mondo.

E qui si pone subito una caratteristica del regno di Dio portato e incarnato da Gesù: la compresenza di sostegno alla fame spirituale e materiale.

I suoi seguaci non potranno mai dimenticare che la persona deve essere garantita da queste due possibilità: la dignità della sua corporeità e la profondità della sua spiritualità. 

8 Gennaio 2020
+Domenico

Già subito Gesù pensa alla grande al pane

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6,35-44)

Nella vita spesso siamo presi dalla fame, che si fa sentire per digiuno, per lavoro impegnativo sia materiale che intellettuale, per mobilitazione dei sensi su cibi che stimolano l’appetito.

Abbiamo però evidente anche un’altra fame: fame di verità, di ragioni per vivere, di espressioni di vita che allargano gli orizzonti oltre la nostra persona e ci permettono di desiderare una compagnia di amici, o di essere solidali con loro per altri che ne hanno bisogno.

Gesù si sorprende di trovare sul lago tanta gente che si dimentica pure di mangiare per sentire la sua Parola, le sue parole, per godere della sua persona che dà fiducia, apre alla speranza.  

E fotografa in maniera commovente questa gente: ebbe compassione perché erano come “pecore senza pastore”.

Sperimenta già subito che la messe è molta e mancano operai, manca gente capace e volonterosa di farsi carico di questa domanda, di questa apertura degli uomini del suo tempo al regno di Dio e invece di prendersene cura continua a mantenerli nella loro inedia.

Ma comincia subito dalla fame materiale, dal bisogno di pane e companatico per poter rinfrancare dalla fame, con concretezza, osando turbare anche il suo gruppetto di apostoli che sono convinti di applicare un’altra soluzione.

“Congedali… comperiamo coi soldi il pane necessario, piuttosto che dare se stessi, senza limiti, come l’amore che fa miracoli, se si comincia anche col poco che si ha.   

Molto concreti gli apostoli, ma troppo meschini, troppo legati a speranze chiuse, già ben sigillate in un unico obiettivo che toglie agli stessi apostoli, il senso più profondo di quello che sta facendo Gesù.

Lui scava nel bisogno di pane, nella fame di ogni persona finché giunge là dove il corpo e lo Spirito si danno appuntamento per la salvezza globale dell’uomo e della sua dimensione profonda.

Si intravede già  l’offerta di un altro pane, il dono dell’ultima cena, il pane vivo disceso dal cielo: Luca infatti usa gli stessi verbi che saranno pronunciati sul pane e sul vino all’ultima cena e che si diranno sempre per continuare la sua presenza nella vita di ogni popolo, di ogni persona da qui all’eternità. Prese il pane, levò gli occhi, pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li diede….  

E’ l’eucaristia, è la sua morte fino all’ultima goccia di sangue, è il suo corpo spezzato per noi e il suo sangue versato per noi. 

8 Gennaio 2020
+ Domenico

Decisi a impostare la vita in maniera nuova

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 4, 12-17.23-25)

Nella vita di ciascuno di noi, quando sentiamo di aver chiaro per chi e per quale ideale vivere, aspettiamo il momento più adatto per metterci in gioco.

E’ l’incontro con una persona che ci sembra quella che cercavi da sempre, è finalmente il posto di lavoro dopo tanti curricula che hai spedito, è l’avvicinarsi di un addio  a tutti  perché hai trovato la strada per realizzare i tuoi sogni, la tua vocazione e questa ti chiede di partire e di non voltarti indietro…  

Gesù, nella sua umanità e nel suo dialogo con Dio Padre, sapeva di avere davanti una strada, che avrebbe definito tutta la sua vita e aspettava dei segnali per darle un inizio deciso; aveva saputo che Giovanni, da lui seguito con decisione nel deserto, era stato imprigionato.

Colui che aveva aperto a Lui la strada era finito nelle mani di Erode e aveva lasciato la strada a Lui.

Allora Gesù lascia Nazareth, la sua dolce casa, sua mamma, che è sempre la Vergine Maria e si porta a Cafarnao, sulle rive del lago, dove gira tanta gente, dove si fanno incontri tra vari popoli che provengono da Nord, da Sud, dall’Oriente e da Occidente: Qui deve risuonare la sua parola forte, qui deve cominciare l’annuncio esplicito della novità assoluta che era stata preparata dai profeti, e in ultimo da Giovanni e che ora in Lui si faceva concreta e impegnativa.

Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino.  

Lui era la Luce, era stato mandato dal Padre a illuminare “il popolo immerso nelle tenebre”, ad annunciare il regno di Dio a coloro che “dimoravano in terra e ombra di morte”. 

Questo regno al quale Gesù invita tutti ad appartenere come il più grande dono del Padre, non riguarda il possesso dei beni terreni, nemmeno l’esercizio del potere, lo sfoggio di gloria; anzi è la negazione e l’antitesi delle nostre categorie umane: Ecco perché come prima operazione profonda, spirituale e concreta, visibile esige una  “conversione”.  

E’ un regno dove il più grande deve diventare il più piccolo, chi ha autorità deve esercitarla a servizio dei fratelli, dove sono dichiarati felici gli umili, i miti, i puri, i poveri, i sofferenti.

Subito Gesù darà anche dei segni di questo regno: le prime guarigioni di indemoniati, epilettici, paralizzati, perché solo di costoro è il regno dei cieli. E’ un regno che va accolto con fede e umiltà, che impegna a diffonderlo e a testimoniarlo con la vita. 

Del resto non è così anche per noi quando ci decidiamo di realizzare la nostra vocazione? Se ti senti chiamato al matrimonio, ne devi cambiare di mentalità, di atteggiamenti, di stile di vita , di orari, di modi di fare, di parlare… Se sei assunto in un lavoro, devi mettere in atto tutta la tua preparazione, non adattarti mai, ma volere sempre il meglio.

Per noi il Regno di Dio purtroppo si risolve spesso in un modo di dire, in una sorta di nebbia in cui ci si adatta, uno slogan, dio non voglia il nostro regno di egoismo e di corruzione. 

7 Gennaio 2020
+Domenico

Una stella ci deve essere sempre nella vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12) 

Erano già in vista in tutti i presepi questi tre personaggi stravaganti nei vestiti, nei regali, nel seguito … che oggi sono stati avvicinati alla capanna di Betlemme.

Si conclude qui l’elenco degli invitati.

La tradizione vuole che fossero tre, anche se nessuno nella Bibbia l’ha mai detto; ma quello che ci interessa è che cosa e chi cercano e perché sono tanto considerati nella nostra tradizione: Sono l’immagine della ricerca anche pensosa di Dio, della vocazione, di quello che dovremmo essere nella vita  e che noi ancora ci incaponiamo a chiamare “destino ineluttabile”, strada obbligata dell’umanità, dal punto di arrivo di ogni ricerca umana.  

L’Oriente … è sempre stato conosciuto come la terra degli scienziati, dei saggi, dei cercatori di ragioni per vivere, di mondi eterei, dedicati al sapere, alla ricerca di una felicità non da quattro soldi: Loro scrutavano il cielo, ne leggevano continuamente i messaggi, non erano dediti alle guerre, non dedicavano la loro vita a costruire armi, a fare battaglia, a seminare terrore.

Hanno visto una stella curiosa, strana, ne hanno letto l’indicazione: nasce il Messia.

Linguaggio figurato fin che vogliamo, ma capace di dirci che ci sono da cercare continuamente ragioni di vita e di speranza.  

Il milione di giovani che alcuni anni fa hanno seguito e accolto Papa Benedetto XVI a Colonia per la Giornata Mondiale della Giovedù, cercavano anche loro ragioni di vita, non ne avevano abbastanza di quelle che presentavano loro i talk show o le stars del rock o gli eroi dello sport: volevano qualcosa di più!

E una volta trovatolo, dice il Vangelo, lo “adorarono”.

Adorare Dio oggi è impegnativo: vuol dire che riconosci al di fuori di te le ragioni del tuo essere, mentre sei circondato da gente e da insegnamenti che ti dicono che sei autosufficiente, salvo poi a darti alla droga o all’alcool o ai maghi per trovare ragioni per una vita decente.

Adorare Dio, significa che hai pure un corpo bello, lo puoi continuamente perfezionare, curare con ore di esposizione a tutti gli specchi possibili e a tutte le creme più sofisticate, ma alla fine hai un’anima da mettere al centro, hai un cuore da servire, un amore da sprigionare e un Dio che ti insegna la vera arte di amare. 

Nei pressi, e in qualche presepio lo si mostra, sta appostato Erode, se ne fa vedere l’artiglio, è l’avvoltoio che cala sulle nostre ingenue aperture all’infinito.

Ha molti volti: tutti i nostri quando non sanno apprezzare il bene che faticosamente altri, i nostri genitori, gli amici, i nonni hanno da donarci. 

Siamo avvisati allora, come lo fu per i re magi, che per mantenere la speranza intuita occorre inventarci sempre  un’altra strada per evitare il profittatore, l’inganno, il traditore, inventarsi insomma un percorso nuovo e non tornare mai sui nostri vecchi passi. 

Inizia da qui il nostro cambiare vita, seguire quello che il bambino ci dice, perché è la nostra salvezza. 

6 Gennaio 2020
+Domenico

Occorre sempre una ripartenza, dal principio, dai principi che l’hanno fatto

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18)

In queste ultime settimane forse abbiamo avuto tempo e occasioni, spazi e atmosfere, che ci hanno permesso di riprenderci in mano la vita, spesso frammentata … negli eventi di cui non riusciamo a tenere il filo tanto son veloci, spesso tragici o inaspettati; forse siamo riusciti a ritessere le relazioni umili, vere della vita, ci siamo presi una pausa dal nasdaq, dal mibtel, dallo spread o da altre ragnatele del genere.  

Allora ci viene voglia di fare un po’ di filosofia, di prendere il sacco sopra, di ripensare al nostro posto nell’universo.

Ci viene il desiderio di dare uno sguardo di insieme all’esistenza.

Che noi siamo un villaggio globale non ci sono più dubbi, che siamo tutti dentro la stessa barca senza potere controllare dove sta andando, pure; però ci domandiamo: da dove siamo partiti? quale è la nostra vera storia di uomini e di donne? C’è qualcosa prima della seconda o terza repubblica o dell’unità d’Italia o del Medioevo e dell’impero romano? 

In principio c’era la Parola, la Parola era presso Dio”: non solo, era Dio stesso! Siamo tutti nati da lì, siamo stati lanciati nella vita da una comunicazione, da un dialogo, da una volontà d’amore.

Siamo partiti da lì, ma ci siamo migliaia di volte impantanati e stiamo ancora ad agitarci nella melma, che non si vuol staccare dal nostro corpo.

In un tempo di insicurezza, in questa modernità “liquida”, che è più del fango che dell’acqua di sorgente, occorre riportarci ai fondamenti.  

Veniamo da molto lontano, siamo fuggiti, abbiamo smarrito quella partenza e abbiamo consumato i secoli per allontanarci.

Ma quella Parola ha posto la sua tenda tra di noi, la sua tenda è tra i terremotati dell’Albania, è tra i è tra i terremotati della vita.

Natale è stato ed è questo.

Epifania è togliere il mistero e il velo a una eventuale coltre di sentimenti terreni che relegano nella melassa la nostra vita. 

Quella Parola che era all’inizio è Gesù.

La fuga che continuiamo a fare in questa post-modernità … questa fuga noi la facciamo da Lui. 

E Lui si rivela ancora come senso della vita e della storia.

I re magi che stiamo collocando nel presepio l’avevano capito!

5 Gennaio 2020
+Domenico

Chi ti toglie dal torpore in cui vivi ci vuole sempre: Dio te lo mandi!

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,35-42)

Abbiamo conoscenza di tante persone che hanno cambiato vita dopo aver fatto un incontro anche casuale, ma decisamene determinante. 

E, per esempio, è questo l’incontro inaspettato, casuale, non preparato, non previsto dell’amore … che può essere il classico colpo di fulmine o giù di lì. 

Altre volte è il contatto con un personaggio che ti ha fatto pensare, o con un testimone che non ti lascia dormire per quello che ti dice, o con una persona che ti legge nella vita e ti mette di fronte alle tue responsabilità a cui non avevi mai pensato.

Conduci la tua vita nella “normalità”, ti si affollano dentro pensieri anche non banali, sogni di mondo pulito, più di una vita da spendere e non da possedere e un giorno una persona che incontri ti aiuta a far chiarezza.

Oppure sei intristito in piccole e grandi schiavitù che ti sei creato con il tuo vizio, ti sei attaccato un po’ troppo da un po’ di tempo a una abitudine indecente, incontri una persona, vedi una libertà, una schiettezza, uno sguardo limpido e queste perle ti risuonano dentro come un invito deciso a cambiare, e a vergognarti di te. 

Era capitata la stessa cosa a un gruppo di persone, nemmeno tutte troppo giovani … alcuni erano anche padri di famiglia.

Passa Gesù, che li aveva notati tante volte immersi nei loro lavori, nei loro pensieri, abbarbicati alla loro terra, o meglio al loro lago e alle loro abitudini, li guarda e li chiama.

Li toglie dal torpore, li lancia su un futuro diverso: “Andrea, non stare a raschiare questo lago con le tue reti tutta la vita, vuoi buttarti nella avventura del Regno di Dio? Guarda che non sarà una vita facile, ma io ti sosterrò! Ti interessa un orizzonte più ampio di questo lago, di questa cerchia di amici, di queste storie che ti raccontano tutti, ma che non ti danno lo slancio del rischio?” 

Andarono e videro dove abitava, dice il vangelo di lui e di Giovanni.

La gioia dell’intimità con Gesù scatena un giro di messaggi, di mail, di twitter, foto su wattsapp che non si ferma più!

Andrea lo dice a Pietro, lo viene a sapere Natanaele … la voce corre per tutta la Palestina e correrà per tutto il mondo senza mai fermarsi.

Da allora molti uomini e donne hanno sentito questo invito, questa testimonianza convinta e profonda e lo hanno seguito.  

E’ un invito forte che stana le nostre esistenze da i nostri comodi loculi.

Conosco ragazzi che hanno lasciato la consolle del DJ e si sono fatti preti, hanno lasciato gli after hour per dedicarsi alle missioni … ragazze che hanno lasciato il posto di cubiste e si sono dedicate a strappare altre amiche da discoteche insulse e disumane.

Dio chiama dovunque, sa scavare figli anche dalle pietre!

Perché il mondo e noi stessi pure abbiamo bisogno di speranza e, quando ne sentiamo il profumo, non ci fermiamo più!

4 Gennaio 2020
+Domenico

Colui che senti già di amare e non l’hai ancora visto è Lui: Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,29-34)

La nostra esistenza è sempre una continua  ridefinizione delle nostre persone, una ricerca di nuovi contatti e nuovi accordi, di contratti, di relazioni affettive, sociali, di lavoro.

La famiglia ne è un tessuto continuo, perché ogni persona ha i suoi progetti che deve far convivere e condividere con quelli degli altri, in un clima, in questo caso di grande calore umano e affetto. 

Le soluzioni delle difficoltà non sono sempre a portata di mano:ti vengono dalla pazienza e dall’esperienza.

Qualche volta, se trovi la persona esperta, capace, saggia che ti dà un consiglio, che ti aiuta a collocare il problema sotto un’altra luce ti sembra di rivivere, di riprendere carica … e quando hai trovato una persona che ti ha aiutato a ritrovare coraggio, che ti ha dato forza per uscire dalle tue paranoie, allora lo suggerisci anche ad altri che stanno cercando come te. 

Qualche volta è un amico o un’amica, altre volte è un prete o un religioso. 

Giovanni  il battezzatore, aveva consumato la sua esistenza per riuscire finalmente a trovare in Gesù questa persona straordinaria, definitiva, che offriva gambe ai sogni, che sapeva dare forza interiore alla vita, che era capace di andare oltre le piccole speranze di ogni giorno.

Lui, Giovanni, predicava nel deserto, era riuscito a richiamare la gente in  un luogo che ti costringe a staccare la spina, ma la vita non poteva sempre continuare nel deserto, occorreva dare energia, forza di cambiamento alla vita di tutti i giorni, come stiamo tentando di fare in questi giorni verso la conclusione del periodo natalizio.

Non è sufficiente trovarci dei bei momenti di silenzio: occorre aver dentro un fuoco, un ideale, una scossa di vita diversa, una forza che travolge e che soltanto Dio può dare

Giovanni questa forza l’aveva intuita prima e poi servita in Gesù: Per Lui stava vivendo, a Lui allora ha orientato senza riserve tutta la gente; aveva provocato una sete ed era giusto che al momento opportuno ne indicasse la sorgente.  

Ecco, disse, l’agnello di Dio, è lui quella persona che stavamo aspettando, colui che senti già di amare senza aver visto, è Lui.

E’ Lui che ti scava nel cuore voglia di bontà, desiderio di vita pulita.

Quando ti nasce dentro una nostalgia di bene, è Lui che stai cercando.

Quando senti di essere stato una carogna con i tuoi amici, con i tuoi fedeli, con tua moglie o con tuo marito o con i figli o con i genitori, è il suo perdono che stai cercando, non è solo buona educazione o cortesia.

Và più in profondità e troverai Lui.

Ciascuno di noi ha bisogno di un tessuto di relazioni per vivere, per orientarsi nelle scelte, per crescere, per dare alla sua esistenza una direzione, per sentirsi pienamente persona.

Abbiamo una forte identità, ma la costruiamo nel confronto, nel dialogo, nello scambio di sentimenti, nel coinvolgimento con altri.

Soprattutto poi se si tratta di portare avanti progetti, lanciare messaggi, convincere, abbiamo bisogno di fare squadra.  

Gesù si trova lanciato sulla scena della vita del popolo di Israele con questo perentorio: Ecco l’agnello di Dio, che viene perpetuato da allora in un gesto liturgico quotidiano.

Gesù non si trattiene dall’offrirsi come la forza che cerchiamo.

A noi non trattenerci dall’incontrarlo perché non ci va di andare a messa, o di celebrarla o di vederla come l’appuntamento necessario della nostra vocazione di cristiani. 

Lui ti viene incontro anche prima a darci certezza nuova di vita.

3 Gennaio 2020
+Domenico

Colui che da tempo state aspettando oggi è qui sulle vostre strade

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,19-28)

Ogni persona ha bisogno di sicurezza, di non sentirsi continuamente aggredito o messo in discussione.

Il bisogno di identità certa è anche alla base di  tutte le tensioni con gli immigrati, con gli stranieri.

Spesso prevale sull’accoglienza, sulla solidarietà, ci chiude a riccio sulle nostre posizioni credendo con questo di poter mantenere il nostro equilibrio: Rinasce il leghismo, che spesso deborda nella difesa ad ogni costo e contro ogni sentimento umano dei propri diritti che in genere, guardando ad una equa distribuzione tra tutte le persone di buone condizioni di vita, sono solo privilegi.  

Un attentato alla sicurezza del potere dei giudei e della classe dirigente era la figura austera di Giovanni che nel deserto si era fatto una innumerevole schiera di seguaci.

Era un rivoluzionario di Dio, non metteva in pericolo la vita di nessuno, ma aveva un compito unico: preparare la gente ad accogliere una novità assoluta nella vita, il vangelo, la persona di Gesù.

I giudei, che capiscono quanto sia palpabile nella gente il desiderio di un nuovo slancio nella vita religiosa, si preoccupano  di tenere sotto controllo tutto e provocano Giovanni ad uscire allo scoperto: Che cosa è tutta questa messa in scena, con questa povera gente che ti sta seguendo? Chi credi di essere? Un profeta, per caso?

Quello che tu dici è già tutto scritto nei testi sacri: Che bisogno c’è di mobilitare la gente in questa avventura spirituale che rischia di indebolire la religione del Tempio?  

E Giovanni, alla grande si proietta nel futuro che tutti attendevano, in Gesù … e punta quel dito che molti artisti hanno ritratto nelle loro opere pittoriche e scultoree a Gesù dicendo: Ecco l’agnello di Dio.

E’ una presentazione del Figlio di Dio, che noi facciamo tutti i giorni nella messa: Avere qualcuno che ti indica con la sua vita dove devi andare, che ti presenta quello che nella tua interiorità aspettavi da sempre è una gioia, è una speranza.  

Giovanni l’ha fatto indicando Gesù, noi lo possiamo fare testimoniando la quotidianità di una vita accogliente, non prevaricatoria e nemmeno chiusa su se stessa, prudente, ma attenta alle domande dirette personalmente a noi, che Dio pone nelle vite dei poveri, i volti di Gesù oggi per noi. 

E non è facile, ci vuole allenamento, qualche volta si può anche sbagliare facendoci imbrogliare da falsi poveri, ma sono sempre troppe le volte che sbagliamo perché abbiamo il cuore indurito, chiuso in se stesso, pure arrabbiato contro chi invece si spende per i poveri.

2 Gennaio 2020
+Domenico

 

La pace va cercata con le unghie e con i denti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2,15-21) 

Ti ricordi sicuramente quel raggelante racconto di Leopardi del venditore di almanacchi: Fa la sua attività straordinaria, vende ai primi dell’anno gli almanacchi dell’anno nuovo, calendari da appendere al muro, ma con qualche promessa nuova di felicità.

Come sarà l’anno nuovo? Meglio di quello appena passato, deve dire per vendere; ma se questo l’hai desiderato e promesso anche l’anno scorso … e non è stato vero, perché lo dovrebbe essere il nuovo anno?

Il venditore non demorde, continua la sua filastrocca: Almanacchi! Almanacchi!  

Noi all’inizio di un anno non ci vendiamo più gli almanacchi, non abbocchiamo più a tutti gli oroscopi che costellano la nostra vita in tutte le ore del giorno e della notte, ma un desiderio continuamente esprimiamo: la pace.

Chiudiamo l’anno con una marcia della pace, apriamo il nuovo con una festa della pace, ci facciamo auguri di pace.

Vogliamo sperare che il nuovo anno non veda più guerre. 

Ce l’eravamo augurati accoratamente durante il giubileo, all’inizio del 2000 … eravamo molto caricati … dicevamo: il nuovo secolo non sarà sicuramente come il ventesimo, che, da poco cominciato, ha mandato a morire generazioni di giovani sui fronti dell’Europa.

Abbiamo dovuto presto ricrederci: non era ancora finito l’anno che l’11 settembre ci cacciava in una nuova spirale di guerra.  

La guerra s’è fatta preventiva per essere più persuasiva.

Ci sarà mai pace sulla terra? Finiranno le guerre?

Quando capiterà davvero che si forgeranno le spade in vomeri e le lance in falci e non ci eserciteremo mai più nell’arte della guerra?

Assistiamo piuttosto a un grande fatalismo al riguardo: Si ipotizza con riflessioni, che sembrano profonde, che la guerra fa parte della natura dell’uomo e che quindi ci sarà sempre, che le armi sono nel DNA della vita umana e che quindi occorre sempre progettarne di migliori, che è impossibile disarmarsi … saresti subito sopraffatto, che la pace è proprio salvaguardata dagli eserciti, che ormai si chiamano tutti “eserciti di pace” … potremmo continuare, ma non vale la pena di buttare benzina sul fuoco. 

Noi abbiamo un Dio che ci ha promesso la pace, che ci ha dato la pace, che è la pace.

Significa che nella nostra natura umana c’è lo spazio e la possibilità di viverla, di accoglierla e di goderla.

Bisogna crederci con tutto noi stessi.

Finché non sarà estirpata da ogni modo di pensare umano, sarà sempre vista come plausibile, come utile.

Oggi non c’è più nella testa di nessuno che un uomo può vivere da schiavo di un suo simile … esistono varie forme di schiavitù che vanno sempre debellate, ma la schiavitù come stato civile di normalità tra gli uomini non esiste più; è stata cacciata da ogni testa, da ogni forma di pensiero.

E ci sono voluti secoli per affrancare gli uomini dalla schiavitù … perché questo non potrebbe essere vero anche per la guerra? 

Sarà distrutta quando nella testa di ciascun uomo sarà rifiutata come incompatibile con la nostra umanità.

E’ un lavoro tosto … che parte dalla cultura di ciascuno, dai torti subiti di ciascuno, dai desideri di vendetta, dalle nostre stesse reazioni omicide e rabbiose davanti alla TV contro terroristi o talebani o delinquenti.

C’è una purificazione del cuore da premettere a tutto il resto; poi la pace abiterà veramente la nostra terra, perché nessuna parola di Dio torna a Lui senza aver creato ciò per cui è stata mandata. 

Papa Francesco nel suo ultimo viaggio fatto proprio là dove furono sganciate le prime bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki ha dichiarato che non ci devono più essere bombe atomiche e che è peccato grave, una gravità grande, anche solo tenerle. 

Questo Natale di cui oggi ricordiamo ancora e riviviamo la pace del presepio facciamolo diventare la nostra supplica di pace; ammiriamo la Madre di Gesù con il suo figlioletto, come l’immagine di tutte le madri del mondo: le nostre, quelle che rischiano la vita nel Mediterraneo o che annegano con il figlio in braccio, e supplichiamo Dio che ci renda tutti più buoni nel cuore.

La guerra l’abbiamo sempre prima dentro di noi: Che Dio la estirpi e ci faccia dono della sua pace

1 Gennaio 2020
+Domenico

San Silvestro non ci rimanda a una fine, ma sempre all’inizio

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18) 

Ogni giorno abbiamo bisogno di riti per capire chi siamo, che esistiamo, che il tempo passa, che la vita ha un senso.

E’ un rito il bacetto prima di uscire di casa, è un rito la preghiera, lo è la telefonata o l’sms, il mazzo di fiori, il buon giorno anche se detto qualche volta tra i denti, è un rito il regalo di Natale anche se rischia di essere un ricatto o un legaccio.

Oggi che è l’ultimo giorno dell’anno è un rito lo scatenarsi dei botti, dei brindisi, del lancio degli oggetti vecchi, della cena con gli amici, del cambio del calendario.

E’ il tempo che passa inesorabile e forse si fa baldoria perché noi adulti che lo vediamo fuggire vorremmo fermarlo e i giovani vorrebbero scavalcarlo perché non vedono l’ora di essere autosufficienti e padroni della propria vita.  

Il vangelo invece per farci capire dove siamo e che cosa significa il passare del tempo ci rimanda al principio anziché alla fine, ci ricorda che all’inizio di tutto c’era al Parola.

Non esisteva nulla, c’era il caos forse, esisteva solo Dio nella sua vocazione fondamentale: comunicatore.

Dio era ed è Parola, uno che fa consistere il suo essere nel comunicarsi, nel farsi dono, nel proiettarsi verso, nel far essere.

Il tempo è cominciato proprio lì, dalla sua volontà di far essere l’uomo per dialogare con una libertà. Proprio per portare questo dialogo alla sua massima possibilità, questo Dio Parola, questo Dio comunicativo, s’è fatto uomo, s’è dato una vita tra noi per aumentare al massimo il dialogo.

La comunicazione tra due persone è al massimo, quando più grande è quello che si ha in comune.

Dio ha voluto aver in comune la vita intera.  

E noi ci avviamo a chiudere il 2019, un anno che è stato pieno di crisi e di fatiche. 

Ciascuno avrà un momento per pensare a dove sta andando la sua vita,  per fare un bilancio, per rendersi conto di tanti doni, di tutte le persone che la condividono con lui, per ricucire torti, per ritornare saggiamente indietro da vie sbagliate che ha preso.

La notte di S. Silvestro non è baldoria per dimenticare, ma festa per ringraziare e forza per cambiare.

E’ diventare più vecchi di un anno, è celebrare con un rito il tempo che passa, ma seminare ancora e sempre nuova speranza. 

31 Dicembre
+Domenico