Piangere si è costretti dal dolore, ma si può anche piangere di gioia

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,1-2.11-18)

Lettura dal Vangelo secondo Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Audio della riflessione

Il pianto è esperienza comune degli uomini: è commozione, è gioia, è dolore, è sfogo, è spesso anche rabbia e desolazione, è il nostro essere che si libera dai sentimenti forti che prova e che si porta dentro.

Le lacrime sono anche un dono: sono la capacità di vincere la durezza del cuore per farci umani, comprensivi, veri, anche liberi … spesso occorre chiedere la grazia delle lacrime per offrire a noi stessi la capacità di partecipazione umana a quel che ci capita.

Dice il Vangelo che chi piange dopo la risurrezione di Gesù è una donna, che lo aveva seguito, l’aveva ascoltato, cui deve la serenità ritrovata della sua vita: era stata liberata da sette demoni, da allora aveva ricominciato a vivere libera, serena, socievole … era diventata se stessa, non doveva più soggiacere a potenze maligne che la abitavano e la espropriavano della sua identità, dei suoi sentimenti, delle sue relazioni. Gesù l’aveva ridonata alla socialità. E lei l’aveva seguito, non l’aveva più abbandonato; l’aveva annunciato a tutti il mattino, aveva ridestato dal torpore e dall’adattamento gli apostoli; quel primo giorno dopo il sabato era stata lei a ridare speranza a tutti

Là il corpo non c’è più. Nella sua semplicità pensava solo di poterlo abbracciare cadavere, non era ancora riuscita a entrare nel mistero vero di Gesù, che le aveva cacciato i demoni. Sapeva che era molto di più: aveva detto che Lui era il vivente, il Signore della storia e non poteva adattarsi ad essere prigioniero di un cadavere.

Da qui il pianto sconsolato, ma anche il bellissimo dialogo con Gesù. Si sente chiamare con il suo nome: Maria. Quanto ti fa piacere sentirti chiamare per nome, sapere che qualcuno ti conosce, ti parla, ti tira  fuori dalla tua solitudine, ti significa col tono della voce che ti desidera, ti ama, ti vuole bene.

E Maria sentendosi chiamare non può non ritrovare in quella voce il suo maestro. Rabbunì, tu mi hai insegnato di nuovo a vivere, io sono ancora qui, ti pensavo perso per sempre, perchè non ti avevo creduto. Ora so che sei tutta la mia vita non solo quella passata, ma anche la vita futura, soprattutto quella che oggi mi doni e che annuncerò a tutti. E la Maddalena divenne per tutti noi l’annuncio che Dio in Gesù risorto non ci abbandona mai.

Ciascuno di noi vive o passa da una qualche sofferenza nella sua vita, ha il suo venerdì santo, non è il famoso venerdì nero delle borse con cui tanto ci riempiono la testa, è qualcosa di più doloroso, perché ci mette a confronto con la vita, con la morte, con il dolore, con il non senso, con il non capire quello che ci capita, con tanti perché popolano la nostra vita. Permettetemi che mi riferisca alla mia esperienza di dolore dopo quella misteriosa caduta dell’anno scorso. Ti assale il dubbio, lo sconforto, il non capire, il pianto, l’angoscia. Ti fai tante domande e non trovi risposta, tanti perchè che alla fine non hanno senso. Poi si fa spazio lentamente una attesa, una debole speranza, un pensiero di abbandono in Dio, una tenace forza che ti lega alla vita. Smetti di piangere, ti senti chiamare da Gesù: perché piangi? Credi che io ti abbia abbandonato?

E’ la bella esperienza di Maria Maddalena, che non ha avuto paura o vergogna di piangere la mancanza del suo Signore, l’assenza della vita piena che le era stata tolta dagli occhi, ma che ha avuto nel cuore la speranza di attendere, la tenacia di una certezza che si era costruita nel cuore nella sua contemplazione amorevole che aveva avuto sempre per Gesù, finchè il Signore le si rivela.

E’ un dono che si sente di non meritare, soprattutto di non tenere solo per sé. E’ così che diventa annunciatrice di vita nuova, di speranza, di certezza  che la croce finisce e esplode nella risurrezione. Lo dirà a tutti, riempirà i vicoli addormentati di Gerusalemme e attraverso il vangelo farà giungere a noi quel grido, quella certezza che ancora oggi consola i nostri dolori, fa rinascere la nostra fede e dà forza a chi giace nel letto del dolore. Santa Maria Maddalena, stacci vicina nel dolore e continua a dirci che il Signore è risorto, è la nostra vera risurrezione.

22 Luglio 2024
+Domenico

L’equilibrio di una vita sempre in dono e la sindrome dell’agenda

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6,30-34)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Audio della riflessione

La nostra vita è spesso divisa tra l’assillo delle cose da fare, la “sindrome dell’agenda” : il sentirsi la vita segnata da impegni, appuntamenti, incontri oltre evidentemente al tempo da dedicare al lavoro, alla famiglia agli elementi costanti di ogni vita e il desiderio di fermarsi, di stare un po’ in pace, di riprendersi in mano la vita, di fare il punto … di mettere a fuoco le cose più importanti, di stare a pregare, se siamo uomini e donne di fede … e viviamo spesso una sorta di lacerazione, perché quando finalmente abbiamo trovato o ci siamo imposti questo tempo di calma, siamo assaliti dalle “cose che dobbiamo fare” e che in questo momento trascuriamo e quando siamo nel pieno delle attività ci assale la voglia di pace.

La stessa situazione – forse – vivevano anche i discepoli di Gesù: mangiati dalla folla e nello stesso tempo desiderosi di stare con Gesù … e Gesù li chiama: “venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po’”.

Sembrerebbe una soluzione facile … smettiamo di farci divorare dalle cose e stiamo a contemplare il Signore della vita!

Gesù passava notti in preghiera, i santi erano fortemente contemplativi: sottraevano tempo a sé per farsi affascinare da Dio.

Ma la folla incalza, insegue gli apostoli e Gesù e preme, chiede. “Ci avete acceso speranze, ci avete tolti dal torpore delle nostre vite senza senso ora non ci potete lasciare, perché la legge del convento dice di chiudere, perché la notte è fatta per dormire, perché c’è un tempo per ogni cosa” e Gesù si commosse. Il Vangelo di Marco ci tiene a far vedere in Gesù una umanità dolcissima. “E si mise a insegnare di nuovo”.

C’è sicuramente un equilibrio da cercare tra l’essere mangiati e il mangiare, tra lo stare e l’andare, tra l’agenda e l’anima, tra la vita di coppia e i figli, ma è un equilibrio sbilanciato verso il dono, verso una vita capace di trovare il senso, la santità, la bellezza non solo in alcune isole di tempo, ma sempre, anche quando abbiamo l’impressione di esserne privati.

21 Luglio 2024
+Domenico

Gesù non vuole vincere ma aiutare a cambiare

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 12,14-21)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Ecco il mio servo, che io ho scelto;
il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia.
Non contesterà né griderà
né si udrà nelle piazze la sua voce.
Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto trionfare la giustizia;
nel suo nome spereranno le nazioni».

Audio della riflessione

Spesso le difficoltà e i problemi si affrontano meglio scansandoli, non prendendoli di petto, usando prudenza e umiltà – che a molti può sembrare codardia: infatti oggi, nella nostra società mediatica sembra che il contributo più vero alla soluzione delle difficoltà sia quello di gridarle, di fare interviste, di andare in TV e l’impegno delle persone lo si apprezza in base all’occupazione delle prime pagine dei giornali … così si mettono in pubblico peccati e peccatori, tensioni e debolezze, intimità e riservatezze: è così spesso dei giudici che devono affrontare problemi delicati, è così del politico che vuol denigrare l’avversario e purtroppo diventa così il modo di risolvere le difficoltà della coppia, della famiglia, dell’amico.

 Gesù saputo che lo stavano cercando per toglierlo di mezzo, si allontanò di là: secondo il nostro modello mediatico qualcuno può pensare che era più importante affrontare il nemico in piazza, dare battaglia, mostrare i muscoli, fossero anche quelli dell’intelligenza e della verità … si deve mostrare coraggio, non importa se ce ne vanno di mezzo tante persone per questa dimostrazione.

Un papà e una mamma sanno che spesso è meglio tacere, è meglio sopportare per il vero bene delle persone.

 Gesù non grida, non sta a contendere, non fa sentire la sua voce nelle piazze della disputa, non vuol vincere: vuole convertire, vuole accogliere e aiutare a cambiare, vuole rivolgersi alla coscienza del peccatore, perché dall’interno di sé colga di essere continuamente amato! Non ha da vincere nessuna contesa, non deve umiliare nessuno: passa per debole, per pauroso, ma la sua forza è nello sguardo d’amore, nell’invito alla misericordia, nel distribuire consolazione, nel conquistare il cuore, nel parlare alla coscienza, a quel sacrario interiore in cui ogni persona sta solo con Dio.

Non avrà paura di rendere la sua faccia dura come la pietra contro il male: non si tirerà indietro quando a Ponzio Pilato dirà la verità del suo essere!

Non è un buonista cui va bene tutto: Lui è la Via, la Verità e la Vita, per questo il suo ritirarsi non lascia solo nessuno, non abbandona, non calcola il suo pericolo, ma l’efficacia del suo amore!

Li guarì tutti, nonostante si allontanasse dal luogo dello scalpore, proprio perché aveva in cuore di dimostrare soltanto amore, di aiutare a tenere sempre alto lo sguardo a Dio.

20 Luglio 2024
+Domenico

Gesù è un vero liberatore dell’umanità

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 12, 1-8)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Audio della riflessione

Noi tutti, soprattutto in questi tempi moderni, forse anche con un po’ troppa sicumera, desideriamo che la religione cristiana sia liberatrice profondamente della nostra umanità, ci apra orizzonti di grande armonia e serenità, ci dia la gioia di una vita umana bella, anche se non facile, ma felice.

Gli uomini religiosi del tempo di Gesù l’avevano trasformata in una schiavitù, in un giogo insopportabile e Gesù doveva necessariamente scontrarsi con quelli che rendevano schiava la persona umana, con l’aggravante di fare questa assurda operazione a nome di Dio e della sua legge.

Il riposo del sabato nelle sue origini, fu una legge umanitaria ( noi oggi l’abbiamo scoperto come fine settimana, anche se spesso la maggioranza non tiene conto del riposo dello Spirito, ne ha cancellato ogni rapporto con Dio). Gli interpreti ufficiali dello Spirto avevano trasformato il sabato in una istituzione sacra, la più sacra fra tutte che non era più al servizio dell’uomo, ma una sua prigione Quando Gesù disse che il sabato era fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato per gli ebrei del tempo era una bestemmia, era una affermazione scandalosa.

Ma questo riposo del sabato era stato regolato in maniera così particolareggiata, stabilendo perfino il numero di  passi che si potevano fare di sabato. La scena del vangelo di oggi ha al centro alcune spighe strappate per mangiare qualcosa, alcuni chicchi in esse contenuti. Gesù riporta al suo vero significato il tutto, ma soprattutto gli offre l’occasione di presentarsi come Signore del sabato, come colui che deva dare inizio a quel mondo nuovo che Dio attraverso di lui e in lui vuole inaugurare sulla terra

Ancora Gesù dice di essere più grande del tempio. Altra bestemmia, perché Dio solo che lo abitava era più grande che il tempio. E Gesù rimanda tutti a un’altra frase della Bibbia: voglio la misericordia e non i sacrifici e con questa frase non manifesta atteggiamento ostile nei confronti del Tempio, dei sacrifici, del culto, ma vuole soprattutto stabilire un ordine di importanza di valori nelle cose; più importante che il riposo sabbatico, e l’offerta dei sacrifici nel tempio è la misericordia verso il bisognoso e l’affamato.

E ci tiene Gesù a far capire che la motivazione non  è un umanitarismo vago, accondiscendente, pietistico, ma la volontà di Dio.

19 Luglio 2024
+Domenico

Gesù è l’unico rivelatore del Padre

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 28-30)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

La gioia di sapere che Dio ci è veramente Padre riempie la vita di ogni persona umana e a noi questa conoscenza viene da Gesù che conosce il Padre e ce lo rivela. Ai tempi di Gesù si parlava già di una conoscenza superiore di Dio che mediante determinati riti, introduceva l’uomo in una sorte di misticismo. Esistevano ricerche   che si immergevano nella ricerca del divino. Nello stesso giudaismo si parlava anche di questa conoscenza di Dio, ma si diceva che Dio poteva essere conosciuto solo da coloro che egli aveva scelti. E di conseguenza l’unico conoscitore di Dio era il popolo eletto, al quale soltanto, Dio aveva affidato la propria rivelazione.

 Ecco perché Gesù ai presenta come unico rivelatore del Padre, la pienezza della rivelazione. Tutto questo e possibile e si giustifica tenendo conto della sua peculiare relazione col Padre, con la sua vita di intimità con Lui fin dall’eternità. Giovanni nel suo vangelo lo dice più chiaramente:” noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. (Gv 3, 11.34ss).

La conoscenza della realtà di Dio non è frutto di speculazioni umane, di ascetismi particolari, che l’uomo pur nella sua onesta ricerca ha fatto lungo la storia, ma ci viene fatto conoscere dalla sacra scrittura, non da una invenzione umana. Il Vangelo di Giovanni a questo riguardo è quello che più si espone nella descrizione della vita intima di Dio e non si ferma a narrare fatti di vangelo, ma soprattutto si immerge nelle parole di Gesù e le  porta a conoscenza delle comunità cristiane del tempo e quindi a noi.

Questo modo di testimoniare da parte dello stesso vangelo di Matteo, che, da come è costruito e espresso, è il più vicino alla mentalità giudaica testimonia che la verità di Gesù è più profonda di qualsiasi ispirazione religiosa umana pur fatta evolvere dalle stesse prime comunità cristiane.

Non saranno mai meditate abbastanza le parole dei vangeli, i fatti raccontati, i miracoli descritti. Purtroppo spesso li inscatoliamo nella nostra mentalità che pure va usata e stimolata ad approfondire. Lo Spirito Santo, come dirà Gesù, ha sempre la missione eterna di farci giungere alla conoscenza della verità di Dio.

18 Luglio 2024
+Domenico

Gesù è figlio di Dio e Dio è nostro Padre

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 25-27)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

E’ importante continuare a meditare il Vangelo con questa meravigliosa affermazione di Matteo con cui ci afferma solennemente  che Gesù è figlio di Dio e che Dio è nostro Padre: è lo stile del Vangelo di Giovanni, e qualcuno pensa che sia una affermazione presa dal suo Vangelo …

… noi però stiamo su quello che è sicuro: questa affermazione solenne  non può che essere il vero patrimonio di tutti i vangeli, quindi dello stesso Vangelo.

La rivelazione della paternità divina, del fatto che Dio è Padre anzitutto di Gesù e attraverso Gesù di tutti noi è il centro di gravità della predicazione di Gesù: nella paternità divina è riassunto tutto quello che si può dire della relazione di Dio con gli uomini, con l’umanità, con tutte le persone, con ciascuno di noi .. e nell’essere noi figli tutto quello che si può dire della relazione degli uomini con Dio: è il più bel riassunto del vangelo!

Le due tradizioni – quella sinottica e quella di Giovanni – dipendono a questo riguardo dalla tradizione e dalla predicazione più originale.

Avremo mai ringraziato abbastanza Dio per averci rivelato questo esserci Lui il nostro Padre.

Questo è anche necessario perché invece gli scribi e i farisei hanno rigettato la parola di Gesù: erano i dotti del tempo, studiosi (di professione) della Legge.

Il mistero del Regno di Dio Padre non è accessibile per questo genere di sapienza umana: per noi ringraziare Dio, il Padre, significa accettare tutto il disegno del Signore sulla nostra vita e sulla vita di tutta l’umanità.

Noi ci vogliamo presentare davanti a Dio con la coscienza della nostra incapacità e piccolezza, con la povertà sostanziale che caratterizza l’essere umano e con l’umile e “disperata” ricerca di qualcuno che sia capace di riempire la nostra vita … del resto anche altre persone dotte sono alla ricerca di Dio Padre, come dimostra lo stesso Nicodemo, che va da Gesù.

L’autosufficienza sarà sempre il maggior ostacolo per l’apertura al mistero di Dio.

Il piano di Dio può essere rigettato dall’uomo, ma non può essere messo in discussione: molti atteggiamenti umani spesso sono mettere alla sbarra il Signore, dargli la colpa delle nostre disgrazie, rimproverarlo di non farci da Padre.

La roccia della nostra fede e di tutta l’esistenza dell’umanità invece è la paternità di Dio e la condivisione di essa con suo Figlio e nostro fratello Gesù.

17 Luglio 2024
+Domenico

A maggiore intervento di Gesù per noi, abbiamo maggiore responsabilità

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 20-24)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sodòma sarà trattata meno duramente di te!».

Audio della riflessione

A un dono maggiore corrisponde una maggiore responsabilità e Gesù ce ne fa vedere che cosa fa per noi e come lo teniamo in conto. Sulle rive del lago o poco più all’interno ci sono alcune cittadine dove Gesù va  a parlare, va a donare il vangelo. Sono Corazim,  Betsaida, soprattutto Cafarnao, altra geografia che Gesù menziona sono le città di Tiro e Sidone.

Cafarnao è quella in cui ha abitato di più durante la sua attività in Galilea. Dove  ha lavorato di più si aspetta una risposta più adeguata, maggiore responsabilità, invece Gesù che parla in modo generico anche di alcuni miracoli fatti e non pochi discorsi, non vede nessuna risposta o nessun impegno da parte della gente. Le sue parole e i suoi  miracoli sono una epifania dell’azione di Dio che invita sempre al ritorno alla casa paterna, che esprimono la grande misericordia di Dio, il suo amore disinteressato che potrebbe spingere almeno a dialogare, invece da queste città non c’è nessuna risposta.

La responsabilità maggiore ricade su Cafarnao dove Gesù fu presente fisicamente per un  tempo maggiore; ma la risposta non è stata all’altezza della grande gratuità del Regno dei cieli che Gesù con la sua presenza faceva sperimentare.  Forse ne vantavano la presenza anche con orgoglio, ma l’orgoglio non è la responsabilità di una risposta. La risposta personale alla sua proposta decide l’appartenenza o l’esclusione dal regno dei cieli.

E’ chiaro che poi Gesù a chi non sceglie bene deve far capire l’errore. Gesù nella sua predicazione, nella sua opera di convincimento della gente si mise a rimproverare le città che non si erano convertite. Il suo rimprovero è quello del padre nei confronti dei figli.

Sostiene sempre la loro libertà e quando sa che sono nell’errore è trepidante per le conseguenze che si porta dietro, sta in attesa, lascia andare il suo figlio a sperperare i suoi soldi, sa che non troverà la felicità, perché ha scambiato per stelle delle banali luci di attrazione. Eppure ogni giorno è sull’uscio di casa ad aspettare, gli mette nel cuore la nostalgia, il ricordo del bene, il fascino del vero amore. Concede sempre a suo figlio una scelta di riserva per poter tornare ridare alla sua libertà la forza della verità. Signore, noi siamo di Corazim, aspettaci ancora, donaci il coraggio della conversione vera.

16 Luglio 2024
+Domenico

Mi sai amare più di tuo padre e tua madre? 

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 10,34-11,1)

lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

Audio della riflessione

Ogni giorno noi non possiamo fare a meno di leggere una pagina di vangelo, perché è la buona notizia non solo della giornata, ma della vita nostra e di tutto il mondo. Sappiamo però che le parole di Gesù possono stupirci, disarmarci; non sono parole tanto per dire, non sono osservazioni sradicate da ogni vita, non sono vento che non scuote nemmeno le foglie di un cespuglio, ma sono lo stesso Gesù, Lui è il vangelo, Lui è la Parola di Dio e non c’è Parola di Dio che pronunciata, fatta sentire, ascoltata, ritorni a chi l’ha detta senza operare ciò per cui era stata apposta pronunciata.

E proprio perché sono state mandate, scritte proprio a noi, saranno sempre davanti a noi a interpellarci in una maniera inquietante. “Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me”. Frase pesante, ma in essa Gesù non ha condannato l’amore umano,  lo ha talmente esaltato da farne un segno sensibile del suo amore per gli uomini. Se però smette  di essere segno e strumento, allora diventa un ostacolo. Infatti non pochi hanno trovato nell’amore umano l’impedimento a seguire una vocazione speciale, o a vivere in  pienezza la propria vita cristiana.  Non hanno saputo operare una scelta giusta.

E’ proprio nei piani di Dio che l’amore che lega genitori e figli, l’amore degli sposi tra loro sia normalmente la forza che apre ai valori dello spirito e a un concretissimo amore di Dio nella comune ricerca della sua volontà. E’ necessario però lo sforzo di ognuno per purificare  nella luce di Cristo, il suo amore da ogni scoria di egoismo. Allora noi vogliamo vivere una religiosità  che si concretizzi quotidianamente nell’amore verso i fratelli, desideriamo che la pace sia costruita in ogni nazione e venga abolita qualsiasi forma di schiavitù. I giovani devono essere posti nella condizione di scegliere  Dio e di decidersi per Cristo anche a costo di dover affrontare grandi difficoltà. Allora anche tutta la nostra comunità si apre a diventare missionaria. L’amore al padre e alla madre nella vita potrà diventare un impegno serio, quando non saranno più autosufficienti. Noi sappiamo che l’amore al padre e alla madre è fondamentale ma sappiamo che al di sopra c’è sempre l’amore di Dio e quello dei genitori sarà sempre una lampada, una fiaccola che accompagna i figli all’abbraccio tenerissimo di Dio Padre. 

15 Luglio 2024
+Domenico

Ogni cristiano deve fare dono del Vangelo a tutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6, 7-13)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Audio della riflessione

Chi ha dimestichezza con le vite dei santi sa che alla base della loro opera, che spesso è di grande portata, di grande impegno anche organizzativo, c’è sempre una assoluta fiducia in Dio, che chiamano “Provvidenza”; Soprattutto quando si interessano dei poveri riescono a portare avanti opere di assistenza grandiose solo con l’aiuto di Dio.

C’è un’altra opera nel mondo che è altrettanto importante come le opere di carità, perché ne sta alla sorgente: è l’opera di evangelizzazione, cioè l’impegno di far giungere a tutti la Parola di Dio, il dono del Vangelo, la conoscenza di Lui, la speranza ….

Per questa opera ogni cristiano si deve mettere a disposizione!

Nel Vangelo si racconta di Gesù che dà mandato ai suoi discepoli di mettersi in viaggio per questa opera di sensibilizzazione della gente nei confronti della buona novella: li mandò a due a due.

I suoi apostoli, il suo gruppo, la sua squadra … doveva cominciare ad affrontare direttamente – e non stando sempre coperti dall’ombra del maestro – il compito dell’annuncio: Loro sono i primi missionari, i primi mandati, i primi continuatori del suo compito nel mondo … e vanno, ma con alcune indicazioni precise.

La Parola di salvezza ha in sé soprattutto la sua potenza salvatrice, non è legata all’apparato degli strumenti, alla potenza dei mezzi, ma si basa solo sul potente aiuto di Dio.

Chi va ad annunciare il Vangelo, deve fare un atto di fede in Dio, deve sapersi abbandonare in Lui, deve trovare la sua forza soltanto nella grazia di Dio: Bisaccia, denaro, borsa, sandali appesantiscono soltanto il cammino!

La povertà è segno efficace della fede nel Signore: Senza povertà non c’è fede, se non a parole!

Noi non riusciamo mai a fare un salto di qualità nella vita di fede proprio perché siamo troppo attaccati a noi: non siamo disposti ad abbandonarci totalmente al Signore.

Di fatto dopo la morte di Gesù Pietro e Giovanni sapranno offrire l’aiuto di Dio al povero storpio che incontrano dicendo semplicemente appunto: “oro e argento non ho, ma quello che ho te lo do: nel nome di Dio alzati e cammina”.

E’ Dio che salva! è Lui la nostra felicità: non sono i nostri accomodamenti o le nostre parole, i nostri apparati …

Le opere più grandi la chiesa le ha fatte quando era povera, ma ricca soltanto di Dio: Lui ci ha promesso che non ci abbandona mai!

Al ritorno molti discepoli saranno delusi: anche per loro si ripete l’esperienza di Gesù di fronte alla libertà degli uomini: molti non lo hanno seguito.

Quando l’ebreo tornava a casa dopo essere stato in ambienti pagani scuoteva la polvere dai sandali: i discepoli faranno lo stesso non per dire: «io ho fatto di tutto, voi non mi avete ascoltato, andate al diavolo!» ma per richiamare a ciascuno la propria responsabilità, la necessità di decidere!

In un mondo come il nostro occorre deciderci da che parte stiamo, in piena libertà, ma dalla parte del nostro buon pastore.

14 Luglio 2024
+Domenico

Il cristiano è sempre attento testimone coraggioso della sua fede

una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 10,24-33)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!
Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

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Non è raro trovare un cristiano che ha paura a testimoniare la sua fede religiosa, il suo credere, il mondo di valori cui si affida, le convinzioni radicate nella sua educazione familiare. E’ un comportamento che si chiama vergogna, latitanza, nascondersi dietro un dito, mancanza di coraggio, anonimato. Questa paura talvolta viene camuffata da dialogo, da ascolto, da umiltà, da libertà massima che deve essere lasciata alle persone Tutte doti vere e necessarie, che vanno sempre però coniugate con una identità forte del cristiano, una identità non prevaricatoria, ma disponibile a offrire quella speranza che ci è stata data e che  non è nostra, una Parola che viene da oltre. La paura cresce poi se si sperimenta il rifiuto

L’invio in missione da parte di Gesù, infatti, non garantisce necessariamente ai discepoli il successo, così come non li mette al riparo dal fallimento e dalle sofferenze. Per cui essi devono mettere in conto sia la possibilità del rifiuto, come la possibilità e perfino l’inevitabilità della persecuzione. E’ sempre stata storia delle nostre comunità e associazioni quella di far crescere persone disposte fino al martirio a difendere e proporre la nostra fede. Lo è anche oggi nei contesti di intolleranza nei confronti della fede cristiana

Molte ragazze hanno dato la vita per difendere la propria verginità. Del resto un discepolo di Cristo non può che conformare la sua vita a Lui. Qualche momento prima infatti Gesù aveva detto: “Un discepolo non è più grande del maestro, ma è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro.(Mt6,40). Il discepolo deve seguire il modello che è Cristo respinto e perseguitato dagli uomini, che ha conosciuto il rifiuto, l’ostilità, l’abbandono, e la prova più atroce: la croce. La persecuzione non è eventualità remota, ma una possibilità sempre attuale: non esiste missione all’insegna della tranquillità.

Forse per molti di noi il coraggio della fede non ci chiede eroismi, ma di confrontarci con l’indifferenza, con la irrilevanza, con una corrente contro cui si deve andare sempre, ci chiede di essere sempre attaccati alla Parola, di difendere il povero, l’immigrato, il rom, il lavoratore, di offrire riferimenti scomodi, ma roccia su cui si può fondare una crescita.

Non siamo assetati di morte, ma desiderosi di spenderci  sempre per la vita di tutti, mettendo la nostra nella mani di Dio.

13 Luglio 2024
+Domenico