Non siamo noi i padroni ella vita, ma la riceviamo sempre nuova da Gesù  

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13, 1-15) 

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Audio della riflessione.

È sempre bello poter rifarsi a qualcosa che ti incanta e ti incatena nello stesso tempo. È l’amore, per esempio, tra un uomo e una donna, tra un ragazzo e una ragazza: sei passato per caso, s’è accesa una passione, uno spasimo, una gioia che non puoi più contenere, hai fatto pazzie per capire, per incontrarti, per vedere come saziare questo desiderio, come dargli un nome, come possederlo; non ce l’hai mai fatta perché ogni espressione non è mai stata capace di definirlo, di comprenderlo fino in fondo; c’è sempre stata una sete che non poteva esaurirsi. La vita è così: accende forti passioni per farci alzare lo sguardo all’infinito, anche se noi facciamo finta che ci possiamo accontentare di qualcosa che vale molto meno: i soldi, il potere, il sesso fine a sé stesso. Ma nessuno si inganna con sé stesso: sono tutte pezze di felicità che cercano di tappare un colabrodo che è la nostra vita e che fa acqua da tutte le parti. 

Per un cristiano una esperienza così profonda è l’Eucaristia, questa semplicissima cena, in cui Gesù anticipa nei gesti, nei segni, nel pane e nel vino l’offerta di sé per la pienezza di vita del mondo, per colmare la sete di amore dell’uomo, per proporsi come riferimento alle nostre ricerche e alle nostre paure.  

Vogliamo brevemente contemplare questo momento intenso, tragico, coinvolgente. Immaginiamo di esserci tutti noi. Siamo stati invitati dall’abitudine, dalla fede, da amici, dai genitori, dal cuore. Ci siamo magari detti: stasera ci vado anch’io. Non ci spero niente, però ci voglio stare. E siamo qui, ciascuno con il nostro pensiero, i nostri affanni, le nostre gioie, i nostri sogni. I giovani hanno fatto uno strappo alle loro solite abitudini, noi adulti alle nostre comodità, a quell’inerzia o pigrizia, che quando eravamo giovani giuravamo che non ci avrebbe preso, poi invece la vita ci fa mettere le pantofole e non ci fa più osare qualcosa di grintoso. 

Gesù a questa cena fa a noi alcune domande imbarazzanti: qualcuno di voi mi tradirà, vegliate, statemi vicini, chi mangia questa carne vivrà in eterno, volete andarvene anche voi. Dobbiamo scegliere. Non liquidiamo la nostra fede con la domanda. Sono forse il Signore, per lavarcene le mani. Ciascuno di noi vive il suo piccolo o grande tradimento. Stasera però Gesù vuol andare oltre e ci lava la vita, ci lava i piedi, ci purifica la coscienza perché abbandoniamo tutte le nostre miserie e ci apriamo all’ascolto, all’accoglienza. 

La grande defezione dal Cristianesimo che si sta realizzando nelle nostre comunità avviene nella mentalità della nostra gente perché si crede che il Cristianesimo sia una opzione contro la vita. Con la Croce, con tutti i Comandamenti, con tutti i “No” che ci propone, ci chiude la porta della vita. Ma noi, vogliamo avere la vita, e scegliamo, optiamo, finalmente, per la vita liberandoci dalla Croce, liberandoci da tutti questi Comandamenti e da tutti questi “No”. Vogliamo avere la vita in abbondanza, nient’altro che la vita. Qui subito viene in mente la parola del Vangelo: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9, 24). Questo è il paradosso a cui siamo chiamati anche stasera. Se noi ci arroghiamo di essere i padroni della vita, la perdiamo. La storia del secolo passato, ma anche di questa guerra mondiale a pezzi, attentato, vendetta, carneficina ce lo insegna. Non arrogandoci la vita per noi, ma solo dando la vita, non avendola e prendendola, ma dandola, possiamo trovarla. Questo è il senso ultimo della Croce, che domani metteremo al centro ancora di più del nostro essere cristiani: non prendere per sé ma dare la vita. 

È contemplazione soprattutto, ma anche decisione di mettersi al servizio degli altri. Frasi fatte, ma non sempre, perché in quell’ultima cena Gesù si mette a lavare i piedi agli apostoli.  

Tra l’annuncio di un tradimento e la crocifissione, prende tra le mani quei piedi e li lava. Ha strofinato con le sue mani i piedi di Pietro, quelli che l’avrebbero fra poco portato lontano da lui nel tradimento, ha preso tra le mani i piedi di Giovanni, il giovane innocente e ingenuo che avrebbe preso il suo posto accanto alla mamma Maria, ha preso tra le mani i piedi di ciascuno di noi, ha pensato a tutti i nostri percorsi sbagliati, le nostre fughe da lui, le nostre avventure incoscienti, i nostri tradimenti e i nostri passi d’amore verso i poveri.  

A quei piedi è affidato l’annuncio di speranza che dovrà varcare ogni confine del mondo. A noi questa speranza è arrivata e non dobbiamo tenerla per noi. 

28 Marzo
+Domenico

Il gallo che risveglia la coscienza dal torpore 

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,21.33,36-38)

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

Audio della riflessione.

Vive sempre in noi un grande desiderio di bontà, di generosità … tante volte vedendo le situazioni di bisogno vorremmo impegnarci in prima linea, ci par di poter bruciare le tappe, ci sembra che niente possa fermarci: è entusiasmo sincero, è slancio immediato, ma spesso è senza radici … non fa conto della debolezza della vita, della fragilità delle nostre forze.  

Un’altra figura che campeggia nella storia della passione di Gesù ci mette davanti alle nostre velleità e alla assoluta necessità di affidarci solo a Dio: è Pietro, un uomo tutto di un pezzo, deciso, immediato, entusiasta, ma debole.

“Darò la mia vita per te”.

Chi non l’ha detto qualche volta in uno slancio d’amore verso la persona amata? Chi non ha sentito crescere dentro di sé amore e dedizione per qualcuno che ti ha riempito il cuore della sua amicizia, che ti ha fatto intravedere un mondo bello, e ti ha fatto vivere una relazione profonda di amicizia? 

“Gesù, come posso ripagare la sterzata decisiva che hai dato alla mia vita? Tu mi hai strappato da quel lago, mi hai fatto intravedere un regno di pace e di giustizia, mi hai mostrato il tuo volto raggiante di Figlio di Dio sul Tabor. Ricordi quanto ti supplicai di fissarci in quella beatitudine? Quanta nostalgia mi hai fatto crescere in cuore per il tuo mondo. E vuoi che io ora mi tiri indietro? Vuoi che mi faccia costare lo stare con te, credi che ci sia qualcuno che può cancellarmi dagli occhi e dal cuore, dagli orecchi e dall’intelligenza il tuo volto, le tue parole, la tua bellezza, la tua amicizia, la tua solidarietà? Darò la mia vita per te!”. 

Purtroppo, già razzolava nella corte di Pilato, già beccava frumento nel pollaio dei sommi sacerdoti il gallo che avrebbe risvegliato Pietro dalla sua sicumera e lo avrebbe ridotto a uno straccio di traditore, per giunta sconfitto e disperato.

Mi avrai rinnegato tre volte.

Benedetto gallo che risvegli la coscienza dal torpore: ne avessimo sempre uno anche noi che ci potesse togliere da quella stupida abitudine al tradimento di cui molte volte non ci vogliamo accorgere! 

C’era però già pronto ancora una volta uno sguardo di tenerezza e d’amore: il focoso Pietro, il generoso Pietro non sarebbe stato lasciato a sé stesso nella sua tragica consapevolezza del tradimento, ma sarebbe stato accolto dall’amore di Gesù, il Dio che non abbandona mai nessuno.  

26 Marzo 2024
+Domenico

Non adagiamoci in false sicurezze, il tradimento è sempre possibile

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 13,16-20)

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

Audio della riflessione

Tutti facciamo esperienza di un qualche tradimento; abbiamo iniziato da ragazzi a sentirci traditi dagli amici per cose semplici dovute alle prime cotte, al tifo sportivo, ai gusti; poi abbiamo trovato tradimenti nel lavoro, talvolta ci ha fatto soffrire negli affetti, nelle rivendicazioni sociali, nella politica. Questo avvenne anche per Gesù nella sua breve vita pubblica di annunciatore del Regno di Dio, di figlio di Dio carico solo di amore per l’umanità.  

Si direbbe che il tradimento accompagna la comunità cristiana fin dalle sue origini e la memoria di esso sia necessaria proprio perché i cristiani non si adagino in false sicurezze e presunzioni, quasi che per loro il male, il peccato, l’infedeltà anche la più odiosa non siano sempre da temere. Il peccato è sempre alle porte di ogni vita, a quella che sembra la più convinta e ben costruita a quella consapevole di debolezze di troppo, a quella che inizia con l’eroismo, procede con miracoli di bontà e inceppa nello scandalo.  

Il peccato nella chiesa è stato in questi anni stigmatizzato con grande coraggio e lucidità e con grande consapevolezza del bisogno del perdono di Dio da papa Benedetto. Portiamo il vangelo in vasi di creta, la fede in cocci di umanità, la vita spirituale entro voragini di umanità. Non si tratta di perdere la consapevolezza che siamo pur sempre deboli e che nella nostra debolezza Dio scrive la sua potenza, ma anche che siamo traditori e dobbiamo metterci in stato quotidiano di penitenza. 

È importante riflettere che questo tradimento di Giuda rientra nel compimento delle Scritture. Non c’è in questa frase nessuna predestinazione, il compimento significa che le scritture si compiono proprio perché Dio lascia l’uomo libero nella sua risposta. La Scrittura si è compiuta con la negazione di Adamo ed Eva alla proposta di Dio di continuare a reggere il mondo nella sua bontà e bellezza primitiva e ne è venuto il peccato, si compie ancora quando alla domanda appassionata di Dio Maria, dice sì e accoglie il dono del Figlio di Dio per l’umanità. 

Le scritture si compiono, cioè sono in sintonia con la volontà di Dio, anche quando l’uomo si oppone al suo piano di salvezza. Se l’uomo venisse privato della sua libertà, perché Dio gli impone la salvezza, allora anche il suo regno sarebbe come quello degli uomini: arrogante e padronale. È paradossale, ma molto bello. Proprio perché si tratta di un disegno divino che lascia l’uomo nella libertà, la crisi, lo scandalo non sarà mai assente, ma Dio saprà cambiare anche il male in bene. La risurrezione di Gesù, uomo giusto e fedele, ucciso dalla scelta libera, ma scellerata, tradimento estremo dell’umanità, ne è la porta.

04 Maggio
+Domenico

Una cena da non perdere mai

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,1-15)

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Audio della riflessione

Quella sera Gesù viveva un momento molto delicato, decisivo, determinante. La sua missione, la sua passione per il regno di Dio, per un nuovo patto con il popolo, con la gente, con l’umanità era vicina all’apice, alla sua conclusione pure. Il profumo della donna che aveva spezzato un vasetto di alabastro di nardo purissimo per ungergli i piedi, quest’ultimo gesto d’amore fatto per il suo corpo, si era già diradato nell’aria e cominciava a diffondersi l’acre odore di un tradimento; un altro gesto che avrebbe dovuto essere di amicizia, sarebbe stato un bacio d’amore; invece, tentava di fissare la vita di Gesù a una morte efferata e vergognosa. 

Sono le nostre vite che spesso oscillano tra bene e male, tra gioie e dolori, tra amore e tradimento. Oggi siamo decisi, domani non ci interessa niente della vita cristiana; ora siamo desiderosi di spiritualità, domani non siamo capaci di opporci a una tentazione della carne. Ma Lui, Gesù è lì e si dona in un simbolo, si dona in pane e vino che diventano il suo corpo e il suo sangue.  

Stasera in ogni chiesa si va a rinnovare, più che a ripetere, quei suoi gesti, quel suo grande dono, quella passione per l’umanità. Lo faremo solo lavando i piedi, una chiesa del grembiule come diceva don Tonino Bello; non deve essere solo un gesto, ma la scelta di una vita regolata sui dolori e sulle domande degli altri. E qui siamo chiamati in causa tutti: vescovi, preti, genitori, famiglie, giovani e ragazzi.  

Ho desiderato moltissimo mangiare con voi questa cena. Gli anni scorsi ci accontentavamo di focacce, di qualche sorso d’acqua sorgiva, poi ci stendevamo sotto gli ulivi, al chiaro di questa luna piena, ad aspettare l’alba per andare al tempio. Quest’anno no. Ho desiderato mangiare questa Pasqua con voi, la prossima sarà nel regno dei cieli. Sappiate che vi amo con tutto me stesso, voglio di nuovo dirvi che abbiamo, e che avete, un Padre che stravede per voi, che soffre con me come Abramo quando pensava di sacrificare suo figlio; avrebbe voluto essere lui al posto di quel figlio. Così il Padre soffre con me per voi; solo questo linguaggio voi potete capire. 

 Quante sofferenze ci sono nella vita dell’umanità. Dio si è immerso in questo male perché ne nascesse un amore pulito, una dedizione senza condizioni, nascesse l’affetto tra marito e moglie, tra papà e mamma, tra uomo e donna, tra figli e genitori, tra giovani e vecchi, tra bianche e neri, tra poveri e ricchi, tra fortunati e scalognati, tra buoni e cattivi, tra pentiti e offesi con la morte dei propri cari.  

Sto passando in rassegna la varia umanità che abita nelle nostre città e paesi, le famiglie provate da dolore e da povertà, le carceri, dove scontano la pena coloro che nella vita hanno sbagliato e tanto, l’ospedale dove si guarisce, ma si muore anche per malattie non gravi, le strade su cui si lascia la vita in un attimo tragico e irreversibile. In questo tempo non possiamo non pensare ai luoghi di guerra, alle sofferenze delle mamme per i loro figli soldati. Abbiamo ancora negli orecchi le urla di aiuto di chi annega nel mediterraneo e il dolore lancinante dei parenti che s’aspettavano un ricongiungimento e si sono solo buttati sulle loro bare e non di tutti. Su tutti stasera continua a stendersi la presenza straripante di amore di Gesù, la sua tenerezza, il dono del suo corpo e del suo sangue. Su ogni immigrato invochiamo il sangue di Cristo e il dono della sua morte e risurrezione. 

Il dolore ci abita, ma assieme vogliamo dare corpo alla speranza, alla solidarietà, sicuri che Dio è sempre e solo Padre e il suo farsi cibo è un dono senza condizioni… il suo patto d’amore intramontabile, la decisione di stare con noi tra una congiura e un tradimento, di dare significato e risposta a tutti i nostri interrogativi, il fascino con cui ci trascina nella sua vita d’amore, è sempre e di nuovo riproposto da Gesù. 

6 Aprile
+Domenico

Il tradimento è sempre possibile

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13, 21-33.36-38)

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».

Audio della riflessione

Anche nei cuori più puliti, nelle intenzioni più belle e sincere, nelle amicizie più profonde c’è sempre la presenza di un tarlo che può rovinare tutto: il tradimento. Lo abbiamo provato tutti nell’età dell’adolescenza, quando avevamo trovato un amico, una amica, che speravamo fosse la nostra ancora di salvezza, il nostro punto di confidenza, il superamento della nostra solitudine e poi ci siamo visti le nostre confidenze messe in piazza, i nostri sentimenti buttati in pasto a tutti, soprattutto l’amico, con cui avevamo fatto patti di acciaio, farsi ostile e nemico, con il vantaggio di avere in mano tutti i nostri punti più deboli: traditore.  

Gesù passa attraverso questa dolorosissima esperienza, non nei giochi di una adolescenza che per prove e difficoltà si fa più forte nell’affrontare la vita, ma nel pieno della sua missione. È stato tradito: aveva riposto tutte le sue speranze nei dodici, ma aveva sempre avuto grande rispetto della libertà di tutti. Giuda e Pietro sono alla stessa mensa, a quella cena intima che Gesù ha voluto consumare prima degli eventi definitivi della sua missione. Ambedue apostoli, ambedue collaboratori stretti di Gesù, ambedue alle prese con la propria coscienza, le proprie paure, ambedue con un rapporto di amicizia con Gesù. E satana scatena la sua battaglia, si insinua nelle loro vite e ne sfrutta le debolezze. Giuda lo tradisce con un bacio, Pietro con la paura. 

Gesù li ha chiamati entrambi, ha voluto far nascere nel loro cuore la sua passione per il Regno di Dio. Giuda era un poco di buono, Gesù accetta la sfida: se vuoi puoi farti affascinare da un amore più grande di quello che provi oggi. Giuda era stato scelto per essere apostolo, chiamato all’intimità con Gesù, a partecipare al suo progetto di mondo nuovo a partecipare al suo amore, alla sua missione. Ma ha scelto di abbandonare e ha creduto che il peccato fosse più grande della misericordia.  

Non ha capito che poteva sempre e solo sperare, perché Gesù è la speranza vera di ogni vita. Anche là dove si costruisce la tana dei disperati, c’è sempre uno spiraglio di bontà. La luce della speranza si insinua in ogni fessura e vince. 

Pietro è ancora molto frastornato, forse si ritiene ancora forte; il momento decisivo verrà dopo. Ciascuno di noi deve sentirsi chiamato a decidere sempre, a scegliere di nuovo ogni giorno se stare con Gesù o perderlo. 

4 Aprile
+Domenico

L’amore è sempre fuori di ogni schema, perché l’amore è Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13, 31-35)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

Quand’egli fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».

https://www.youtube.com/watch?v=iV5s5EhALKA
Video della riflessione

Da che mondo è mondo si è sempre cercato di interpretare quello che ci capita attorno, di dare un senso al come viviamo, di trovare delle ragioni: abbiamo apposta l’intelligenza! Allora ci diamo da fare per trovare ipotesi, punti di partenza, studiare sequenze logiche, mettere in campo tutti i punti di vista e arrivare a delle conclusioni in una lunga serie di cause e effetti … ma in questo procedimento razionale c’è sempre qualcosa che non quadra, che non sta nello schema: avevi fatto tutte le tue previsioni invece interviene qualcosa che sconvolge tutto!

Uno di questi – chiamiamoli – “imprevisti” è l’amore: sei un giovane, hai già imparato a calcolare per filo e per segno il tuo tempo, i tuoi obiettivi, hai stabilito tappe, scansione di passi precisi … vedi quella persona, ti senti addosso qualcosa che ti destabilizza, e diciamo per convenzione “cuore” … cambi ritmo, tempi, vuoi a tutti i costi incontrare quella persona e ti cambia la vita. … non puoi più non pensare a lei: per lei fai pazzie, non stai più nella pelle!

Ma perché due sposi che hanno trovato un buon equilibrio tra loro a fatica, un giorno perdono tutto e lasciano spazio a uno, due, tre figli? Ma chi glielo fa fare oggi di spendere la vita – e la parola “spendere” è proprio vera – mentre si desidera il bene dei figli, si aspetta con ansia che crescano, la propria vita di sposi si consuma?

E’ ancora l’amore!

Chi glielo ha fatto fare a Dio di curare l’uomo, se poi per tenerlo in vita ha dovuto mettere in conto per sé, in suo Figlio, la croce? Ancora e soprattutto l’amore!

Questa esperienza fuori da ogni logica, questa destabilizzazione degli schemi, questo “non prevedibile” è il motore stesso dell’esistenza! Ma qualcuno può dire che l’amore è una trappola camuffata …”Tutto sommato è ancora una sottile forma di commercio, do ut des, ti amo per avere qualcosa in cambio” …

In Dio sicuramente non è così: Come io vi ho amato, così amatevi anche voi, gli uni gli altri.

Il primo desiderio di Dio è che l’amore di cui ci ha riempiti e ci riempie singolarmente ogni giorno si riversi pienamente su tutti gli altri che ci circondano … è come un padre e una madre: l’amore che ogni giorno riversano sui figli non è perché ritorni a loro! Sarà un vero amore, e un amore riuscito, non soprattutto se i figli avranno gratitudine per loro, ma se sapranno, in forza di questo amore, formare un’altra famiglia, avere il coraggio di lasciare padre e madre e rinnovare l’avventura dell’amore in nuove famiglie!

La risposta nostra all’amore di Gesù non prende una direzione “verticale”, ma si diffonde orizzontalmente, o meglio, le due direzioni si sovrappongono diventano una sola, perché l’una non può stare senza l’altra.

La risurrezione di Gesù è l’esplodere del suo amore che, attraverso chi si sente amato, raggiunge ogni persona.

Roma 15 Maggio 2022 – Quinta Domenica di Pasqua
+Domenico

Il servo non è più del suo padrone

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13, 16-20)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: “In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”.

Audio della riflessione

Ma, ad essere cristiani che cosa ci guadagniamo di palpabile e concreto? potrebbe chiedere qualcuno (o l’abbiamo pensato forse anche tutti noi). Siamo dentro questo progetto di Dio, abbiamo tentato di capirlo, ne siamo convinti perché lo vediamo bello, ma ci occorrerebbe ancora qualche concretezza in più. E’ una domanda impertinente, perché la poniamo a Gesù proprio appena dopo che ha lavato i piedi agli apostoli, in quella atmosfera di triste presagio e scarsa consapevolezza per tutti gli apostoli di quello che sarebbe accaduto dopo, a cominciare dall’orto del Getsemani.

 Gesù  entro un discorso in cui con alcune affermazioni quasi permette una identificazione tra Lui che manda e chi è mandato dice esplicitamente che “il servo non è da più del suo padrone”; infatti nell’antichità il messaggero del re aveva lo stesso trattamento del re, era in posizione di dignità come quella di colui che lo mandava. Maltrattarlo voleva dire offendere gravemente colui che egli rappresentava,.

Il significato più pertinente però è che il servo patirà le stesse persecuzioni che capiterà di sopportare al maestro. Insomma l’identificazione non è un atto di onore, di privilegio, di trattamento , di tenuta in considerazione privilegiata rispetto ad altri, ma un atto di coinvolgimento nelle stesse fatiche del maestro e soprattutto nello stesso dono totale che il maestro farà della sua vita. Incomincia a dire a ciascuno di loro che devono lavare i piedi  gli uni agli altri, come ha fatto Lui. Gli apostoli infatti daranno tutti la testimonianza del loro amore a Gesù e alla sua causa con il martirio. In questo sicuramente hanno seguito l’insegnamento fondamentale di Gesù,

Non è detto che questo non debba capitare a tanti cristiani, seguaci di Cristo, come si vede nella storia anche di questi nostri giorni.

La vita cristiana, l’amicizia con Gesù è un dono unico; la salvezza regalata all’uomo è lo scopo della sua vita; quindi lo scopo della vita di ogni cristiano è di giungere alla perfezione dell’amore verso Dio e verso i fratelli, che non può essere raggiunta se non si passa dalla croce.

L’esempio del martire Pancrazio che oggi festeggiamo è uno dei tanti. Venne a Roma proprio quando scoppiò la persecuzione di Diocleziano, la più atroce di tutte le precedenti sopportate dai cristiani, falciando inesorabilmente ogni persona che avesse negato l’incenso agli dèi romani o allo stesso imperatore.

 La costanza della fede di Pancrazio, che era di bell’aspetto e che aveva solo 14 anni, meravigliò Diocleziano e tutti i suoi cortigiani presenti all’interrogatorio, suscitando nello stesso tempo lo sdegno dell’imperatore, che ordinò la decapitazione dell’intrepido giovane.

12 Maggio 2022
+Domenico

Un grembiule per noi

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,3-5) dal Vangelo del Giovedì Santo (Gv 13,1-15)

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.

Audio della riflessione

Ogni nostra giornata qualunque è fatta di gesti semplici, necessari, ripetuti, costanti, delicati … sono il bacio, la carezza, la stretta di mano, preparare la tavola, offrire il pane, una tazza di caffè, salutare, abbracciare, prendere per mano… insomma, la nostra vita è piena di gesti che costruiscono la struttura del nostro esistere.

Anche nell’ultima cena ci sono gesti delicati: i discepoli affittano un locale, preparano la cena, addobbano la sala.

 Gesù ne compie uno piuttosto inconsueto, sorprendente: si cinge i fianchi di un asciugatoio e si mette a lavare i piedi agli apostoli! I commensali sono stupiti, Pietro si ribella, ma poi “accetta” e Gesù prende tra le mani quei piedi che hanno calcato tutte le strade della Palestina e che percorreranno tutto il mondo per annunciare il Vangelo.

Dice la Bibbia “beati i piedi di coloro che annunciano la salvezza… “

Il clima di grande tensione spirituale e affettiva dell’Ultima cena vede Gesù compiere un gesto simbolico che in ogni chiesa, oggi, viene ripetuto con semplicità, dal papa nella basilica di San Giovanni in Laterano, la sua vera cattedrale di vescovo di Roma, al parroco nella chiesa di paglia della savana africana.

Il luogo in cui si compie ha la stessa solennità, la stessa carica di grazia di Dio, lo stesso spessore evangelico: il contesto è il dono d’amore, fino al segno estremo, di Gesù nel pane e nel vino, nel suo corpo e nel suo sangue.

E alla fine l’insegnamento: “come ho fatto io, fate anche voi”.

Il cristiano è uno che lava i piedi agli altri, è un servitore, si mette a disposizione, offre la sua disponibilità per la vita, per la verità, per la salvezza: è una lezione dura, ma essenziale! Se la Chiesa esce da questo binario, non è più la Chiesa del Signore: rischia di diventare potere, di fare solo ritualismi, di spostarsi dalla parte del folklore …

Ogni Eucaristia è spezzare la vita in servizio ai fratelli: noi cristiani celebriamo spesso l’Eucaristia, la gente partecipa più volentieri a una Messa che a una veglia biblica … è forse abitudine, ma è sicuramente andare al cuore della vita cristiana, perché il centro è sempre e solo una vita donata e spezzata per gli altri! Non c’è nessuna messa che non ti tiri dentro questa prospettiva: se non lo fa è solo vecchio culto o rito morto.

Questo vuole dirci Giovanni col gesto del lavare i piedi: la Chiesa è la Chiesa del grembiule e del servizio, altrimenti non è la Chiesa di Gesù.

14 Aprile 2022 – Giovedì Santo
+Domenico

Non è mai troppo tardi

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,21-25) dal Vangelo del Martedì Santo (Gv 13,21.33,36-18)

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?».

Audio della riflessione

La Settimana Santa entra nella sua pienezza e si porta dentro i nostri sentimenti: siamo indaffarati per qualche regalo, per qualche preparativo della festa … è il tempo delle grandi pulizie … la luna sta facendosi piena per risplendere al massimo prima della Domenica di Pasqua.

Altri personaggi ci vengono presentati oggi dal Vangelo, sono Pietro e Giuda: due “traditori”, due personaggi che ci rappresentano molto bene! Sono l’immagine della debolezza del nostro amore, dell’incapacità di buttarci con generosità per gli altri o per l’altro; sono il simbolo della fragilità che sperimentiamo ogni giorno, che vogliamo camuffare, magari con maldestra fantasia.

Di fronte a Gesù si svelano le intenzioni del cuore: Pietro, sicuro della sua “incrollabile” fedeltà, fa l’indagine, cerca il traditore al di fuori di sé … “chi è che ha il coraggio di tradirti?” … non pensa a sé, è sicuro delle sue scelte … Gesù è per lui il figlio di Dio, l’aveva detto solennemente quando Gesù aveva fatto la sua inchiesta … bella frase, bel suggerimento dello Spirito, ma la vita ha bisogno di accogliere in profondità e con un tirocinio severo ogni dono di Dio! Lui non pensa affatto che sarà messa a prova la sua fedeltà, il suo entusiasmo, la sua prontezza, la sua decisione, la sua “leadership” … invece farà i conti con l’inganno e la troppa fiducia in se stesso … e il traditore che cerca cova già dentro di lui con i suoi artigli.

L’altro è Giuda: lui ha già nel cuore la decisione presa, ha già costruito a tavolino la trama, si è già preso i soldi … il suo cuore è lancinato: è il cuore di tutti noi quando siamo costretti a fingere … vorremmo che tutto fosse già finito, portiamo un peso insopportabile, ma non siamo capaci di tornare indietro … ci siamo visti fragili, ma non riconosciamo l’errore! Non ne può più ed esce sbattendo la porta: quei soldi, che ieri rimproverava a Maria di aver buttato con quel lussuoso profumo versato sui piedi di Gesù, oggi – neanche in minima parte – li ha in mano lui … ma gli pesano troppo, va a disfarsene, ma è tardi!

Non è invece mai tardi per chiedere perdono, per affidarsi a Dio … io dico sempre … “speriamo che gli sia bastato quell’istante in cui ha fatto il salto nel vuoto dall’albero, appeso a quella corda; speriamo che abbia visto in lontananza l’altro albero, quello della salvezza: la croce”.

12 Aprile 2022 – Martedì Santo
+Domenico

Vogliamo resettare la vita … è possibile?

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3, 1-8)

Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio».
Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

Audio della riflessione

Rinascere è l’aspirazione di ogni persona che ha provato delusioni nella vita, che si è dovuto incontrare con esperienze negative che gli stanno intorbidando l’esistenza … nel computer c’è una operazione facilissima che ci permette di partire da capo, dopo che in maniera maldestra magari abbiam fatto confusione, abbiamo rovinato file e programmi: resettare, portare il sistema allo stato iniziale, permette di cancellare tutto e di ripartire di nuovo, reimpostare, cambiare modo di lavorare, di scrivere, di progettare.

La vita … la possiamo resettare? C’è un comando facile che ci permette di tornare ai box di partenza come se niente fosse?

E’ stata la domanda di Nicodemo a Gesù: c’è andato di notte, perché lui era un uomo in vista e la sua posizione non gli permetteva di avere consuetudini con Gesù, di compromettersi con Lui … e la domanda che gli fa è di poter riuscire a intravedere un nuovo progetto del vivere.

Lo aveva sentito tante volte parlare di regno di Dio, di nuovo mondo, di storia di bontà e di amore; è possibile vederne nascere un germe? E Gesù: per vedere un mondo nuovo occorre nascere di nuovo, c’è una nuova nascita che il cristiano deve accogliere e deve cercare: è la nascita dall’acqua e dallo Spirito.

Noi lo chiamiamo battesimo: è l’unica possibilità che ci è data di morire a un mondo vecchio e nascere a un mondo nuovo; possiamo resettare la vita solo così, lasciandoci immergere nella morte di Cristo e nella sua risurrezione, per questo è fondamentale per il cristiano il battesimo: è un lavoro che fa solo lo Spirito Santo, perché è solo Lui che ricostruisce nella vita degli uomini e delle donne i lineamenti della vera vita, quella di Gesù.

Lui è artista, Lui – lo spirito – è scultore, Lui è forza, Lui è l’amore … a noi sembrano solo gocce di acqua che passano scivolando sulla testa dell’uomo, del bambino, della persona, invece il battesimo è una vera e autentica collocazione del nuovo cristiano nel mondo di Dio.

Lavare i peccati non è opera di bucato, ma è generazione a una nuova vita: non solo cancella, ma fa vivere; non solo libera, ma fa diventare liberi: è la sorgente da cui zampilla speranza vera, vita nuova.

12 Aprile 2021
+Domenico