Non stacchiamo mai i rami dalla pianta

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 1-8)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Audio della riflessione

Spesso ci sembra che manche qualcosa alla nostra esistenza quotidiana: ho un comportamento corretto, una vita regolare, mi par di essere onesto nel lavoro, pago pure le tasse, che non è cosa da poco, non mi lascio impelagare in avventure strane … duante la pandemia non mi sono mai scoraggiato … eppure hai l’impressione che manchi un perno: ti pare di girare a vuoto di sentirti sterile, scontato, di non produrre bontà.

La spia che c’è qualcosa che non funziona, e che è diventata la malattia del secolo, è che perdi spesso la pazienza, che troppe volte t’arrabbi, magari urli, perdi le staffe, vola qualche parola di troppo … credi di avere in mano tu la vita e quando ti sfugge t’arrabbi per cambiarle il corso … e invece resta come prima, con qualche coccio da ricomporre.

Ma noi siamo tralci, non siamo la vite! Noi siamo rami, non siamo la pianta!

“senza di me” – dice Gesù – “non potete far nulla”.

Non abbiamo in noi il principio del  nostro essere: siamo un mistero a noi stessi, non riusciamo a trovare ragioni sufficienti di vita se non in una relazione, nella percezione di una linfa che scorre dentro di noi e che ha la sorgente fuori di noi.

Io sono la vita, voi i tralci: se rimanete in me, farete frutti, la vita non sarà vuota.

Rimanere è un verbo che la nostra esistenza moderna non conosce più: oggi si esige il fare, l’organizzare, telefonare, far sapere, gestire, costruire, riunire, coordinare tabelle, confronti, avere sempre campo per il cellulare …

… e Gesù dice “rimanete, datevi una calmata  ritrovate la bussola, il centro; tendete l’orecchio  alla Parola, a una buona notizia, al vangelo. Non occorre perdere la pazienza. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato”.

Pianta e rami, vite e tralci, sorgente e ruscello, sono abbinamenti che non possono stare slegati: non scorre acqua se il ruscello non è legato a una fonte viva, non scorre vita se un ramo non è attaccato alla pianta, non c’è possibilità di dare un grappolo se un tralcio vien staccato dalla vite. Non c’è bontà nell’uomo se non sta attaccato al sommo bene; non c’è amore nell’uomo se non sta attaccato alla sorgente dell’amore che è Dio.

Il mondo è tutto una serie di interazioni, di collegamenti, di fili che non legano, ma fanno circolare vita.

La nostra autosufficienza vorrebbe che tutto partisse da noi: noi siamo la bontà, e non ci accorgiamo che da soli sappiamo soltanto essere cattivi; noi siamo la gioia e non ci accorgiamo che ci caratterizza di più la noia; noi passiamo per generosi, invece ci caratterizza di più l’egoismo.

Abbiamo perso la strada della sorgente: dobbiamo risalire il fiume della vita e avere il coraggio di ritrovarne la fonte.

Ecco perché tanti santi non smettevano di pregare: stavano sempre in contemplazione e in contatto diretto con la sorgente; avevano la coscienza che solo guardando a Dio intensamente ne potevano accogliere il dono.

Abbiamo tanti mezzi per risalire alla fonte: la preghiera, l’ascolto della Parola, la liturgia, la contemplazione delle opere di Dio, la stessa accoglienza del povero.

Quante persone si sono ritrovate piene di vita perché hanno avuto il coraggio di stare con i poveri, di amarli e li hanno visti come sorgenti da cui scaturiva l’amore di Dio.

Quando sperimentiamo aridità, vuol dire che il tralcio si è staccato dalla vite: significa che non comunichiamo più con Dio, ci siamo riempiti troppo di noi, abbiamo sostituito la sorgente con pozzanghere, per comodità, per abbassamento del gusto del vero e del bene.

Vivere la vita di grazia non è un automatismo, ma una apertura costante alla luce di Dio, una decisione radicale di stare dalla sua parte, di lasciarci invadere dal suo stile di vita, dalla sua grazia.

Non solo, ma non riusciamo nemmeno a immaginare quanto bene Dio può far nascere dalla nostra debolezza, dalla nostra incapacità, dalla nostra stessa malattia, dalla povertà.

Dio, il suo regno lo costruisce con le nostre fragilità: con queste sa ridare vita ad ogni morte del cuore e dello spirito, del mondo e delle sue strutture.

23 Luglio 2024
+Domenico

Pentecoste: Spirito Santo avvolgi del tuo amore la vita del mondo e della Chiesa

Riflessione sul Vangelo del giorno (GV 15,26-27.16,12-15)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Audio della riflessione

Il mondo nel quale viviamo sta velocemente andando verso una civiltà in cui occorre imporsi con la forza per esistere, caratterizzato da sentimenti forti e atteggiamenti di scontro, piuttosto che da serenità e sana convivenza:  
lo è il mondo economico, che ha abbandonato ogni etica solo per fare maggior profitto. Quello che conta è l’incasso di qualcuno, non è il benessere di tutti; oppure l’inganno del vivere sopra le proprie capacità, le avventure finanziarie e non il lavoro quotidiano paziente che crea benessere per tutti. Oggi stiamo vivendo le conseguenze di questa impostazione.
– lo è il mondo politico che vive sulle polemiche e sui colpi più bassi possibile, non sull’intesa di tutti perché ciascuno in modo libero e costruttivo concorra al bene di tutti.
– lo è il mondo dello sport che affida alla violenza il mondo dei supporter o al doping l’energia per la vittoria e non invece all’allenamento quotidiano, alla passione di un programma severo di crescita.
lo è il mondo della informazione che deve sempre pescare nel torbido, violentare ogni privatezza, sbattere in prima pagina il mostro per farsi leggere; invece di dare notizie che aiutano a crescere, a cambiare a fare vera giustizia; per non dire delle menzogne fake news, che demoliscono la verità.
lo è anche il nostro mondo ecclesiale che spesso abbandona la preghiera di ogni giorno, per fare ogni tanto qualche apparizione nel sacro e mettere a posto la coscienza.
lo è il mondo della giustizia che preferisce lo spettacolo anziché la difesa del debole e la tenacia della verità.
lo è il mondo degli affetti che debbono solo essere materiali, immediati, violenti, spudoratamente messi in vetrina, fatti diventare possesso anziché simpatia, sentimento, condivisione, amicizia.
lo è la vita amministrativa che punta solo all’immagine, anziché al vero benessere di tutti.
lo è il mondo delle immigrazioni fatto di tanti problemi che vengono sempre risolti con grandi contrapposizioni e grande violenza invece di essere colorato di accoglienza e di sicurezza.

Oggi la dolcissima presenza dello Spirito ci fa il regalo di una visione e di una possibilità di vivere la vita in maniera diversa. È un regalo che ci viene fatto attraverso la discesa dello Spirito Santo sulla chiesa.  

I frutti dello Spirito sono:  amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. 

non diluvio, ma rugiada 

Che differenza fa tra diluvio e rugiada? 

Abbiamo tutti in mente certe inondazioni che forse abbiamo visto grazie a Dio solo in TV? Tanta gente invece le ha vissute o con lo Tsunami o con dighe ci si sono aperte, noi adulti abbiamo in mente quando una montagna è caduta nel lago della diga del Vajont, ancor prima che arrivasse l’acqua lo spostamento d’aria aveva già distrutto e lanciato a centinaia di metri le case.  

Rugiada invece è quella leggera irrorazione di acqua che troviamo la mattina sui prati 

non bufera, ma bonaccia 

Abbiamo in mente una bufera? Alcuni temporali di queste ultime annate erano bufere, scrosci di acqua, di grandine di vento, di tempesta, automobili in cui non potevi nemmeno farti udire da chi avevi accanto tanto era la grandine. Che soddisfazione alla fine quando ti riappare il sole e tutto sembra finito; prima non ci vedevi adesso non ti pare che non sia mai capitato. È la bonaccia: 

non vento, ma brezza 

non incendio, ma fuoco 

non divisioni, ma serenità 

non ira, ma sorriso 

non dialettica, ma comprensione 

non violenza, ma pazienza 

non contrapposizione, ma dialogo 

non possesso, ma sguardo negli occhi 

non istinto, ma tenerezza 

non bullismo, ma compagnia 

non banda, ma amicizia 

non vendetta, ma perdono 

Lo Spirito Santo è da questa seconda parte. Non stiamo a inventare cose difficili, incomprensibili, non possiamo più dire: che è questo Spirito Santo? chi l’ha visto? che astrazioni assurde ci obbligate a credere in questa chiesa che sembra antiquata e non più adatta ai nostri giorni?  

Lo Spirito è pazienza, rugiada, serenità, dialogo, tenerezza. La vita non è la violenza che fa soffrire, ma l’amore che lenisce 

Non facciamoci trascinare nella vita violenta della nostra civiltà, oggi siamo tutti chiamati a dare il nostro necessario contributo alla civiltà dell’amore che nasce da sentimenti tenui, da vita quotidiana spesa per gli altri, da tenerezza, da perdono, da allenamento quotidiano, da gioia, da resistenza alla fatica. Lo Spirito Santo questo ce lo regala se glielo chiediamo ogni giorno. Se ad ogni alba che colora i nostri giorni sappiamo alzare lo sguardo a Dio, lo Spirito Santo ci regalerà questa bella vita e sapremo anche esserne testimoni tra gli amici, in casa, nel tempo libero, nello sport per esserlo poi in tutti quei mondi da urlo che dobbiamo abitare da cristiani. E saremo noi a cambiare quel mondo politico, quel mondo dell’informazione, quel mondo dello sport… la nostra società grande come il mondo intero senza confini. 

Ci dobbiamo aiutare tutti a cambiare, ad essere ufficialmente mandati per questa bonifica del mondo. 

19 Maggio – Solennità di Pentecoste
+Domenico

Dacci un segno su chi vuoi mettere al posto di Giuda

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,9-17)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Audio della riflessione

A noi piace essere protagonisti, e giustamente, in tutte le vicende della nostra vita: noi scegliamo lo studio, il lavoro, le amicizie, lo svago, le cose che ci servono. Siamo noi i soggetti che impostano il proprio futuro, che si danno modelli di comportamento, che decidono di impiegare in un certo modo le proprie energie e qualità. Ci sono stati tempi in cui questo non era facile, perché le libertà individuali erano più controllate. C’è però da dire che spesso questo nostro protagonismo è solo formale, perché non ci accorgiamo dei persuasori occulti che ci portano a decidere quello che vogliono loro. Manipolazioni del consenso, costrizioni economiche, pubblicità non sono proprio al servizio di libere scelte. Nel nostro rapporto con Dio, Gesù ha il coraggio di parlare chiaro, di farci capire che la nostra libertà, il nostro protagonismo è dentro un piano d’amore di Dio.  

Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi. Abbiamo davanti una proposta decisa, definita, coinvolgente di Gesù nei nostri confronti. Ci resta sempre tutta la libertà di una risposta, ma è importante sapere che non siamo davanti al nulla, a una eccedenza di opportunità che nessuno ci aiuta a dipanare e quindi poi a decidere. Non siamo a questo mondo nel vago, nell’incertezza. Siamo scelti da Dio, in Gesù. Vi ho chiamati amici, vi ho amato. Non siete nel nulla, non siete nel caos, ma dentro una proposta chiara con cui vi dovete confrontare. E la mia chiamata è all’amore 

Non siamo chiamati a fare numero, a fare guerre, a strategie di potere o di controllo, ma solo all’amore, fino al dono della propria vita. Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Essere entro questa decisione radicale, entro questa scelta è per noi una gioia immensa. Sapersi amati da Dio fino all’ultima goccia di sangue, come poi Gesù ha dimostrato è la vera notizia della vita di ogni tempo e di ogni luogo. Questo è il vangelo, è lo sconvolgimento totale del rapporto tra uomo e Dio, tra creatore e creatura. Siamo stati scelti, non imposti, non presi a caso, non sorteggiati, ma pensati a uno a uno e chiamati. 

La nostra risposta definisce le nostre esistenze, ci permette di impostare in maniera nuova ogni nostro protagonismo, quello dell’amore. 

San Mattia che oggi celebriamo è l’apostolo eletto dagli 11 apostoli dopo la defezione di Giuda. Così ne riferisce dell’elezione San Giovanni Crisostomo:

Pregarono insieme dicendo: “Tu che conosci il cuore di tutti, mostraci…”. Tu, non noi. Molto giustamente lo invocano come colui che conosce i cuori: da lui, infatti, dev’essere fatta l’elezione, non da altri. Pregavano con tanta confidenza, perché era proprio necessario che uno fosse eletto. Non chiesero: Scegli, ma “Mostraci quale di questi hai designato”, ben sapendo che tutto è già stabilito da Dio. “Gettarono le sorti su di loro”, non ritenendosi degni di fare essi stessi l’elezione, per questo desiderarono essere guidati da un segno”. 

14 Maggio – Festa di S. Mattia, Apostolo
+Domenico

Verrà il Consolatore

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-16,4a)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».

Audio della riflessione

Nella vita dei cristiani si è sempre presentata l’ora della prova: talvolta solo personale con sé stessi per vincere l’inedia o il peccato, per superare le debolezze e le attrattive del male, spesso sono quelle della vita che in se si complica per il male che c’è nel mondo, nel cuore di ogni uomo e che si fa progetto nelle persone sbagliate. Gesù però ai suoi discepoli presenta in modo crudo la persecuzione che verrà da quella ostinazione a respingere la figura di Cristo, a portarla fino alla sua crocifissione. La risurrezione, in seguito, sarà percepita da una scelta di cambiamento radicale del rapporto tra il Signore e la storia, tra la storia di Israele e la storia che stava iniziando con le prime comunità cristiane.

Gesù non attutisce minimamente la falsità che provocherà l’atteggiamento definitivo del giudaismo del tempo di dura opposizione all’annuncio del Cristo e dei primi cristiani; un male tenebroso che non ci permette di generalizzare le colpe su un popolo, ma sicuramente sulle persone che non hanno saputo cambiare mentalità e Dio solo ne conosce le responsabilità personali, che avranno pure incontrato la sua misericordia. Ma per riparare il male fatto ai cristiani Gesù, la Trinità stessa ha dovuto puntare sulla figura dello Spirito, il Consolatore per ricucire i danni di chi uccideva credendo di fare la volontà di Dio, di chi a questa volontà supposta erroneamente univa la propria personale incapacità di ascolto della novità divina di Gesù. Questo è avvenuto perché il Consolatore ha aiutato gli apostoli a una lettura e un ascolto più profondo dei fatti arcinoti di protezione di Dio sulla chiesa primitiva.

Infatti, il Signore fa uscire dalle prigioni miracolosamente gli apostoli, dà a Pietro la possibilità nel nome del Nazareno di fare saltare a vita felice lo storpio della porta Bella del Tempio e a Paolo la conversione di un cambiamento non solo radicale nel rapporto con i cristiani, ma anche il dono di una Parola che si unirà ai vangeli come Parola di Dio in tutte le sue lettere scritte alle chiese primitive.

Il Consolatore avrà il compito di nutrire una Chiesa che continuerà l’opera di Gesù e di proclamare ad ogni coscienza la giustizia di Gesù e di quelli che lo seguono. Non poteva essere certo un’opera solo umana e per questo è necessario anche oggi per non deviare dalla retta fede la presenza dello Spirito e la disponibilità a lasciarsi cambiare sempre il cuore.

6 Maggio 2024
+Domenico

Il movimento unico e grande dell’amore di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 9-17)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Audio della riflessione

Non è mai compresa a fondo e trasmessa fedelmente la consolante verità dell’amore di Dio per il Figlio Gesù, per l’umanità e per la Chiesa. L’evangelista Giovanni ci racconta come il Padre abbia preso questa grande iniziativa del movimento d’ amore di Dio iniziato con l’invio di suo Figlio Gesù. Il Figlio accetta e porta questa corrente d’amore agli uomini e alle donne di questa nostra umanità. Solo così può iniziare il movimento di risposta dell’umanità: dall’uomo e dalla donna a Cristo e da Cristo al Padre.

Il nucleo essenziale della fede cristiana e del vero essere discepoli di Gesù è questo circolo dell’amore e della risposta nell’ubbidienza che lo garantisce. I credenti evidentemente devono amarsi tra loro, perché questo amore vicendevole è in una peculiare relazione con l’amore che esiste tra le persone divine e questo si riversa anche nell’amare i nemici. Questo amore è capacità di dedizione, è sacrificio di sé stessi per gli altri, come ha fatto Gesù per tutta l’umanità. Se vogliamo semplificare ancora di più, diciamo che noi ci amiamo perché siamo coinvolti nel profondo amore che c’è nelle tre persone divine

Dare la vita per gli amici è la prova suprema dell’amore. La cosa che sorprende felicemente è che Gesù chiami i credenti, i discepoli, suoi amici. L’amicizia è in genere definita in termini di uguaglianza, di mutuo vantaggio e interesse. In quale senso questa amicizia con Gesù ci rende uguali? Occorre partire da una nuova definizione di amicizia. Gesù non ha interessi comuni con i suoi discepoli e non guadagna nulla con la loro amicizia. Egli è il Signore e dovrebbe essere più corretto chiamare i cristiani come discepoli o come servi.

Ma Lui ora che è morto e risorto li chiama amici, per l’unica ragione che li ha scelti a essere suoi amici e li ha amati fino alla fine. Questo lo ha fatto per tutti i cristiani. L’iniziativa della elezione, della scelta è partita da Gesù. Ogni iniziativa di questo tipo nasce sempre da Dio. E siccome è la grande iniziativa dell’amore di Dio, in esso deve essere compreso anche l’amore vicendevole tra le creature. 

5 Maggio 2024
+Domenico

Il mondo e la Chiesa del Signore

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 18-21)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Audio della riflessione

Ci troviamo spesso in difficoltà o in rassegnazione quando si parla di rapporto Chesa-mondo. Il mondo che nel linguaggio del vangelo di Giovanni, non è la creazione o l’universo, ma l’insieme delle opposizioni alla vita del credente in Gesù o soprattutto al vangelo. Infatti, praticamente la prima esperienza della Chiesa ancora in costruzione, in formazione, in fondazione, non ancora chiamata così, è stata la persecuzione. I cristiani furono perseguitati prima dai giudei, poi dai cosiddetti gentili, la gente che non aveva religioni ben definite, pagani, si potrebbe dire.

La persecuzione e l’odio verso i cristiani per il vangelo di Giovanni sono cosa normale, perché per Gesù, il cristiano non è del mondo, non gli appartiene. Il mondo ama solo i “suoi”. I cristiani invece sono di Cristo, sono al di sopra del mondo, danno testimonianza contro di lui e contro i suoi peccati; con il loro stile di vita condannano la condotta del mondo. La separazione così netta dal mondo non ha significato sociale, ma teologico. C’è però un altro pensiero da aggiungere. Il servo non è da più del padrone e non può certo avere una sorte migliore.

Per quel tempo tale contrasto esplicito era considerato come normale, una sorta di continuazione dell’atteggiamento dei giudei, una eredità venuta dal giudaismo. Del resto, se i cristiani imitavano Cristo che era non solo inviso ai giudei, ma anche combattuto fino alla sua crocifissione, questo odio era una intensificazione del male che esigeva un giudizio chiaro e consapevole. La continuazione della persecuzione su Gesù diveniva del tutto consequenziale nei cristiani, proprio perché era dovuta alla loro chiara fede in Gesù, attuazione della sua parola, vita secondo il suo stile. Però non tutti già allora rigettavano Cristo, perché molti pur non essendo cristiani vi si avvicinavano e si convertivano in piena, anche cruenta, opposizione del mondo giudaico. Lo stesso insegnamento del Battista aveva fatto breccia nel mondo religioso di allora e la si poteva conoscere, valorizzare, approfondire e accettare anche a partire dalla testimonianza di coloro che avevano seguito la predicazione di Gesù e si erano fatti cristiani e che a mano a mano costituivano o si aggiungevano alle prime comunità cristiane.

E la continuazione dell’azione di Gesù, nei primi cristiani sarà sostenuta, fatta crescere, nutrita e sostenuta dal Consolatore, dallo Spirito, dal Paraclito: tutti termini che colorano la testimonianza convinta e forte delle prime comunità cristiane. Non per niente papa Francesco ci chiama Fratelli tutti

4 Maggio 2024
+Domenico

Dio è amore al di sopra di ogni realtà: in esso vogliamo rimanere

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,9-11)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Audio della riflessione

Ci siamo messi spesso alla ricerca di Dio, abbiamo tentato di dargli un volto, una descrizione. Convinti della sua esistenza, ma desiderosi di dargli una sorta di definizione, che non deve definire niente, perché Dio non sta mai nel verbo finire e nei suoi composti. Infatti, possiamo solo dire che non è finito, ma non abbiamo proprio detto niente se non negato qualcosa. Ma vorremmo almeno pensare a una caratteristica che ci aiuta a parlargli, a sentirlo dentro di noi, non certo parte di noi. Gesù non ce lo ha definito, ma ha fatto capire che in Lui si deve restare, dare casa alla nostra vita. E questa casa si chiama amore, ciò che Gesù ha sempre sperimentato nella sua vita, sia tra noi che nella vita trinitaria. Le immagini filosofiche, legate alla nostra intelligenza e capacità razionale non sono mai adeguate. I filosofi ci hanno provato, gli scienziati pure, gli scrittori lo hanno fatto vecchio o giovane, buono o cattivo, barbuto o etereo a seconda della ispirazione o dell’uso che ne potevano fare.

Dio invece è soprattutto e solo amore che si comunica a noi. Papa Benedetto nel suo primo messaggio ce lo aveva detto. È quello che aveva nel cuore in tutta la sua vita di ragazzo, di giovane, di prete, di studioso, di vescovo, di cardinale è sempre stato solo questo: Dio è amore e tutte le volte che cerca una chiave di interpretazione della realtà di Dio è sempre e solo l’amore. È amore quando crea l’universo, l’uomo, e la donna, è amore quando manda suo figlio sulla terra, è amore quando accetta che il Figlio muoia in croce, è amore nel perdono, amore ancora di più nelle vite d’amore degli uomini.

È l’unica chiave di interpretazione della vita di Dio. E Gesù quando si congeda dagli apostoli, non può non rifarsi a questa esperienza profonda che ha segnato tutta la sua vita di uomo. Come il Padre ha amato me, così anch’io amo voi. L’amore è un vortice. Se ci vieni trascinato dentro, porti con te tutti quelli che conosci, vedi, incontri, tutti coloro che fanno parte della tua vita. Così Gesù: non può non trascinare in questa dimensione il gruppo dei suoi amici, e chiamarli a rimanere nel suo amore. Potremmo stare con Gesù per solidarietà con la sua bontà, perché ci offre speranza oltre le nostre paure e inquietudini. Potremmo scegliere di stare con Gesù perché ci incanta la sua Parola. Gesù invece ci dice: ci dovete stare solo per amore. Chi vuol fare il cristiano deve sbilanciarsi dalla parte dell’amore, deve assolutamente fare di questa vita donata senza interesse, senza calcolo, senza vantaggi la sua vocazione definitiva. Rimanete nel mio amore, è l’amore di un Dio che non riusciremo mai a contenere nelle nostre pur belle immagini, slanci di santi e di sante, esperienze mistiche e dello stesso peccato. E proprio in fondo a questo ci si apre la voragine della sua misericordia, che è il bisogno radicale di ogni creatura.

2 Maggio 2024
+Domenico

Senza di me non potete far nulla

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,1-8)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Audio della riflessione.

Ma che cosa mi manca nella vita? Ho un comportamento corretto, una vita regolare, mi par di essere onesto nel lavoro, pago pure le tasse, che non è cosa da poco, non mi lascio impelagare in avventure strane. 

Eppure, hai l’impressione che manchi un perno, ti pare di girare a vuoto, di sentirti sterile, scontato, di non produrre bontà. La spia che c’è qualcosa che non funziona, e che è diventata la malattia del secolo, è che perdi spesso la pazienza, che troppe volte t’arrabbi, magari urli, perdi le staffe, vola qualche parola di troppo. Credi di avere in mano tu la vita e quando ti sfugge t’arrabbi per cambiarle il corso; invece resta come prima, con qualche coccio da ricomporre. 

Ma noi siamo tralci, non siamo la vite; noi siamo rami, non siamo la pianta; “senza di me, dice Gesù, non potete far nulla”. 

Non abbiamo in noi il principio del nostro essere. Siamo un mistero a noi stessi, non riusciamo a trovare ragioni sufficienti di vita se non in una relazione, nella percezione di una linfa che scorre dentro di noi e che ha la sorgente fuori di noi. Io sono la vita, voi i tralci se rimanete in me, farete frutti, la vita non sarà vuota. 

Rimanere è un verbo che la nostra vita, moderna non conosce più. Oggi si esige il fare, l’organizzare, telefonare, far sapere, gestire, costruire, riunire, coordinare tabelle, confronti. Avere sempre campo per il cellulare. Gesù dice: rimanete; datevi una calmata ritrovate la bussola, il centro, tendete l’orecchio alla Parola, a una buona notizia, al vangelo. Non occorre perdere la pazienza. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. 

Pianta e rami, vite e tralci, sorgente e ruscello, sono abbinamenti che non possono stare slegati. Non scorre acqua se il ruscello non è legato a una fonte viva, non scorre vita se un ramo non è attaccato alla pianta, non c’è possibilità di dare un grappolo se un tralcio vien staccato dalla vite. Non c’è bontà nell’uomo se non sta attaccato al sommo bene; non c’è amore nell’uomo se non sta attaccato alla sorgente dell’amore che è Dio. Il mondo è tutto una serie di interazioni, di collegamenti, di fili che non legano, ma che fanno circolare vita. 

La nostra autosufficienza vorrebbe che tutto partisse da noi. Noi siamo la bontà, e non ci accorgiamo che da soli sappiamo soltanto essere cattivi; noi siamo la gioia e non ci accorgiamo che ci caratterizza di più la noia; noi passiamo per generosi, invece ci caratterizza di più l’egoismo. Abbiamo perso la strada della sorgente, dobbiamo risalire il fiume della vita e avere il coraggio di ritrovarne la fonte.; che è Gesù e il suo Vangelo.

28 Aprile
+Domenico

Verrà il Paraclito, la forza, il conforto, l’energia vera  

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-16,4)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».

Audio della riflessione

Ci sono giornate in cui si ha il morale ai tacchi, in cui senti di non avere energia per affrontare le cose di tutti i giorni. Depressione, la chiamano i medici e sono sempre di più coloro che ne soffrono, che vedono svanire ogni energia dalla loro vita, che non trovano motivi per alzarsi la mattina. Quello che ieri era grinta, oggi diventa rabbia contro sé stessi e impazienza verso tutti. Si pensa che sia solo malattia, da curare con psicofarmaci, o ricostituenti, ma spesso è mancanza di vita interiore, di rapporto con Dio, di preghiera, di consapevolezza di sentirci nelle mani di Dio e di avere una missione da compiere. Non è sempre e solo depressione insomma, ma vuoto interiore, mancanza di ragioni per vivere, forza interiore.  

Non dovevano essere molto diversi gli apostoli dopo la grande sofferenza e la grande sconfitta della croce. Il popolo aveva intentato un processo a Gesù, aveva preferito Barabba a Gesù, l’aveva mandato a morte. I primi sconfitti erano loro. Gesù era risorto, ma la forza nuova di affrontare la vita da soli ancora non si manifestava. E Gesù la promette e la manda loro. Verrà il Paraclito, la forza, il conforto, l’energia vera, la grazia, la nuova presenza intima di Dio in ogni vita. Colui che aiuterà a cambiare testa, a misurarsi con verità su ogni parola di Gesù, a sentirlo dentro come fuoco d’amore. Il peggio non è ancora passato, perché ora quello che hanno fatto a me lo faranno anche a voi, Anche voi sarete messi a morte nella convinzione di fare piacere a Dio, mio Padre. Vi isoleranno, vi cacceranno, vi scardineranno dalla vostra stessa identità. Non vi lascio soli con voi ci sarà sempre lo Spirito. Non è che Gesù sia stato molto tenero con loro, perché proprio quando li stava lasciando li ha messi di fronte alle difficoltà; non ha attenuato la profezia, non ha nascosto loro tutte le vessazioni cui sarebbero stati sottoposti. Ma non li ha lasciati in balia delle sofferenze e dei costi della evangelizzazione, della loro nuova missione 

E la storia dei cristiani non è storia di kamikaze, ma di martiri, di testimoni che rispondono a ogni sorta di tormenti con cui i carnefici si divertono, con il sorriso, con il perdono, con la preghiera, senza rabbia. Hanno avuto una grinta interiore che non si sarebbero mai immaginati di poter avere. Dio ama i suoi figli e non li lascia soli.  

Con lo Spirito nasce la speranza che è la prima cura contro la depressione spirituale e lo scoraggiamento. Quanto dovremmo anche noi cristiani di oggi avere più coraggio e meno lamentele, meno esclamazioni sfiduciate della serie: “non mi sarei mai immaginato un mondo così bastardo, leggero o stupido o assassino o cattivo o irriverente nei confronti della nostra religione”. Lo sappiamo che senza lo Spirito Santo moriremmo di lamentele. Con Lui, Gesù ci dona forza imbattibile, coerente e non diremo mai che nessuno è nostro nemico

15 Maggio
+Domenico

Se il mondo vi odia, sappiate che prima ha odiato me 

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,18-21)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato»
.

Audio della riflessione

Si scatenano nel mondo le forze del male contro persone inermi, semplici, credenti convinti, operatori di pace e di serenità. Si direbbe che ci sia un accanimento speciale contro coloro che cercano di mettere pace, di far stare assieme gli uomini in progetti di convivenza e di bontà. Dove ci sono guerre, contrapposizioni, lotte tra i popoli e divisione tra le religioni e lì c’è una persona che tenta in tutti i modi di unire si scatena la violenza contro il pacificatore. È così per chi tenta di far convivere cristiani e mussulmani, ebrei e palestinesi, ricchi e poveri, inglesi e irlandesi, cristiani e atei. Il diavolo ha questo nome che significa appunto divisore. L’arte sua è di continuare a dividere, a creare odio, a tenere in contrasto. E così si consumano grandi vendette nella storia degli uomini, pure nella politica e nella vita sociale.  

Certo il male ha come terreno di grande prolificazione l’odio, la separazione, la contrapposizione. Spesso i giovani colgono questo tranello, ma gli adulti li puniscono, li tolgono di mezzo, li ammazzano pure per non perdere il potere demoniaco di dividere. Fu così per Gesù. Anche lui che è l’antitesi del diavolo, lui che è il simbolo, Lui ha fatto dei due un popolo solo, Lui ha legato fede e vita, ha abbattuto tutte le barriere, perché sapeva che esse erano responsabili del male tra gli uomini. Noi infatti costruiamo muri, anziché ponti e chi fa ponti viene tolto di mezzo; da cristiani invece noi tentiamo sempre di comporre a ciò che ci differenzia a partire dalla cultura, dagli interessi, dalle tradizioni. Dio ci ha dato la terra e noi l’abbiamo tagliata a pezzettini, l’abbiamo circondata di reti e di confini, di dogane e di posti di blocco. Vogliamo vivere in pace, ma la pace non nasce mai dai muri, dai fossati, dai reticolati, dalle serrature, ma da un cuore che pur difendendosi dal male sa rischiare e sperare di più nel bene.  

Non siamo ingenui, perché crediamo veramente che il mondo va verso una convergenza pacifica, che le guerre sono assurde, che la terra è una casa per tutti e non ci importa dell’odio dei malvagi perché sappiamo che il nostro maestro non li ha temuti e proprio quando sembrava che avesse fallito è risorto e regna ancora per chiamarci alla comunione fra tutto il genere umano. 

Per rimanere nell’amore con cui Dio ci ha amati e ci ama occorre morire a sé stessi, rinunciare alla legge mondana della autosufficienza. C’è sempre il dominio del mondo sulle coscienze, Siamo sempre tentati di porre il senso di noi stessi in falsi valori. Se ha odiato Cristo è perché con la sua parola e con le sue opere ci ha fatto capire che l’incapacità di questo mondo di dare senso e significato alla vita è grande.  Chi con la fede accetta come sua la missione di Cristo, o anche solo la sua misura dell’uomo, già per questo non è più del mondo e dovrà soffrire chi nega Dio per l’uomo e lo stesso uomo in nome di Dio. Sentirci rifiutati o fuori luogo nel mondo che si oppone a Dio deve essere certezza di fedeltà di Dio verso di noi. 

13 Maggio
+Domenico