Solo e sempre riuniti a Gesù

Una riflessione sul Vangelo del giorno (Gv 17,20-26)

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Audio della riflessione.

Ogni uomo ama la compagnia, non è fatto per stare solo, ma per vivere con gli altri e vivere con tutti non a qualche maniera, ma nell’amore reciproco, nella comunione. Non c’è immagine più bella di famiglia, se non quella di chi vive nell’amore reciproco, nella reciproca sopportazione, come capacità di andare oltre le piccole e grandi diversità per fare un cuor solo. Abbiamo scritto nel nostro DNA questo istinto del vivere assieme, perché ce lo ha determinato lo stesso nostro Creatore. Ci ha fatti a sua immagine; lui è una famiglia, è una relazione continua, Dio non è un single, ma si relazione in sé stesso, tra Padre e Figlio, tra Padre, Figlio e Spirito.  

Voglio che tutti siano una cosa sola come tu sei in me e io in te. La profonda unità tra Dio Padre e Gesù aveva incantato non poche volte gli apostoli, che stavano con Gesù. Li aveva voluti con sé (Venite e vedete, aveva loro detto alle loro richieste di maggior intimità) e loro scrutavano ogni suo momento. Lo vedevano tante notti in preghiera, in questa unione e estasi d’amore con il Padre. Spesso gli avevano chiesto: facci vedere il Padre, insegnaci a pregare, facci stare con te nel tuo regno. Gesù aveva creato nostalgia di questa comunione. E questa nostalgia volle che diventasse la realtà determinante la vita del cristiano. Dovete essere una cosa sola. Nel mondo vi capiterà di stare meglio a fare ciascuno quel che vuole, vi sembrerà di salvare il mondo con le vostre geniali attività, ma se non vi metterete assieme sperimentando comunione tra voi e con me, come io la vivo con il Padre, il vostro lavoro non servirà a niente, non riuscirete a far incontrare gli uomini con Dio, non riusciranno a capire che siete dalla mia parte. Il mondo crederà in me, se voi saprete essere una cosa sola con me e tra di voi. 

Il primo compito del cristiano allora è dimorare in Dio, stare con Lui. Tanta nostra testimonianza di cristiani nel mondo, tante battaglie per far vincere il bene non hanno risultati perché mettiamo al centro noi e per di più ciascuno per conto suo. Il male più grande per l’uomo è la divisione e noi stiamo diventando specialisti di essa. Non per niente il principe del male si chiama diavolo, cioè divisore. Invece è in unione con Dio, che non ci abbandona, mai che dobbiamo sempre vivere e lavorare. 

16 Maggio
+Domenico

Siamo tutti sempre nella preghiera di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,11b-19)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

Audio della riflessione

Abbiamo tutti negli occhi il volto sorridente di un bambino, la contentezza di un giovane, la soddisfazione più compiuta, ma non meno profonda di un adulto che stanno vivendo un momento bello della loro vita: la gioia di stare con veri amici, il sogno di un amore che sconvolge e si irrobustisce, la intima serenità e felicità di un papà e di una mamma che vedono la famiglia crescere nella concordia e presagiscono un futuro pulito e sicuro per i figli.

La gioia è una esperienza profonda del cuore umano: è sovrabbondanza di bontà, è sentirsi amati, è amare la vita e goderne l’intima bellezza.

Gesù è abitato dalla gioia: è la gioia in persona!

La sua presenza tra gli uomini, la sua intimità col Padre, la consapevolezza del compimento della sua missione, il desiderio di salvezza e di perdono che legge nel cuore degli uomini, il loro bisogno di un Padre, di una casa, di una liberazione dal male sono tutti motivi che risuonano nel cuore di Gesù come pienezza di vita, come amore dilatato, come gioia piena … e questa gioia la vuole per tutti coloro che lo seguiranno: La chiede insistentemente al Padre! Sa che i suoi discepoli, che sono la nostra immagine, non reggeranno da soli allo scandalo della sua morte, ma vuole che nel loro cuore come nel cuore di ogni cristiano ci sia non solo una riserva, ma la pienezza della sua gioia: “Voglio che abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia. Chi mi segue deve sapere che la strada è difficile, che la croce sta già piantata lungo ogni sentiero, ma deve sentirsi inscritto in maniera indelebile nel cuore il tuo dolce amore di Padre, che sei la pienezza della mia gioia. 

Essere cristiani è sentirsi pensati e collocati dentro questa accorata preghiera di Gesù, tenere per certo che Gesù non ci lascia mai soli, continua a farci crescere, a riempirci di doni, di consolazione, di sicura speranza, di dolcezza intima.

Ogni uomo e donna deve sentirsi pensato da Gesù, deve provare la gioia intima di essere sempre nella sua preghiera al Padre: ci ama a uno a uno, pensa a tutte le traversie della nostra vita, registra le nostre debolezze, conosce le nostre infedeltà, intuisce anche solo un minimo desiderio di autenticità e verità, ed è desideroso che siamo pieni della sua gioia, una gioia interiore profonda che si chiama Spirito Santo, il Consolatore, colui che nella quotidianità della vita ci tiene aperto il cielo e ci guida per le nostre buie strade della vita …

… e noi oggi vogliamo sentirci dire di questa gioia dalla esperienza drammatica di Pietro: aveva tradito, che riferimento poteva essere per una chiesa che nasceva fragilissima?

Eppure,

  • Gesù, lo ha scelto
  • e lo Spirito Santo lo ha purificato e reso forte.

Aveva sbagliato, ma la roccia che era stato chiamato ad essere non si è infranta proprio per la forza dello Spirito.  

Siamo tutti ogni giorno, e io in particolare oggi che ricordo il giorno della mia ordinazione episcopale, a chiedere a Dio la forza di diventare testimoni coraggiosi di Lui, di accoglierci tra di noi preti, vescovi, cristiani perché siamo stati prima di tutto accolti da Lui. Nessuno di noi è nella sua chiesa a caso, siamo tutti dentro questa grande preghiera di Gesù a Dio e per questo chiamati alla sua gioia. La dignità di cristiani non ce la dona l’indice di gradimento o la simpatia degli amici, ma lo Spirito di Gesù, come fu data a Pietro che ancora oggi è la roccia della chiesa nella persona di Papa Francesco.  

15 Maggio 2024
+Domenico

Tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,20-26)

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Audio della riflessione

Noi non siamo proprio fatti per vivere da single. La nostra struttura di persona, il nostro stesso corpo, la grande tristezza in una solitudine troppo lunga sono segnali evidenti che la nostra vita è felice se si rapporta con gli altri, se il cuore che governa i nostri sentimenti, trova di esprimersi in un amore tangibile con le altre persone. Non siamo orsi, anche se spesso ci isoliamo, pensiamo che gli altri siano un disturbo. Talvolta preferiamo un cane o un gatto alla compagnia di una persona. Già nella creazione dell’uomo ci è stato dato un grande segnale di apertura verso gli altri, quando alla fine della creazione Dio domandò all’uomo se fosse felice. Belle le piante, simpatici, di compagnia e utili gli animali, meravigliosi i panorami, ma Adamo fu felicissimo, quando Dio gli fece trovare la donna, carne della mia carne, ossa delle mie ossa. E la creazione fu completa, l’uomo finalmente era l’immagine di Dio, Trinità, comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo.  

Abbiamo scritto nel nostro DNA questo istinto del vivere assieme, perché ce lo ha determinato lo stesso nostro Creatore. Ci ha fatti a sua immagine; lui è una famiglia, è una relazione continua, e soprattutto all’interno di questa straordinaria famiglia, ci tiene tantissimo che nel nostro mondo di relazioni includiamo in forma strettissima anche Lui. Ma ancora di più: in Dio non ci uniamo come atomi, separati, come grani pure dello stesso frumento, ma come pane, in grande unione e unità tra di noi. Non per niente Gesù s’è fatto pane per noi. I padri della chiesa dei primi secoli ci tenevano a presentare la comunità cristiana come un grano macinato, magari con il martirio, molto unito per farsi come il pane che è Gesù. 

L’unione tra Gesù e il Padre, gli apostoli lo sperimentavano quando vedevano Gesù in preghiera, quando parlava di Dio sempre e solo come Padre. Ci ha insegnato una bellissima preghiera che ad ogni messa facciamo nostra dietro un invito molto esplicito del prete celebrante: obbedienti alla Parola del Salvatore osiamo dire: Padre nostro.  È la nostra più bella definizione di fratellanza, assoluta condizione per ricevere il corpo di Cristo. Ecco allora il desiderio che si fa ancora preghiera di Gesù accorata al Padre per tutti coloro che lo seguono e seguiranno: Che siano una cosa, come te e me e lo siano con noi. Siamo in un abbraccio di bontà, felicità, eternità, che va oltre il nostro peccato, oltre la nostra fragilità, la nostra boria di autosufficienza miope, oltre ogni tentativo del maligno di separarci, di fare il Divisore. In Dio e nella comunità cristiana non c’è spazio per nessun Divisore.  

Il primo compito del cristiano allora è dimorare unito a Dio, stare tutti coralmente con Lui. Tanta nostra testimonianza di cristiani nel mondo, tante battaglie per far vincere il bene non hanno risultati perché mettiamo al centro noi e per di più ciascuno per conto suo, se non in contrapposizione assurda. Il male più grande per l’uomo è la divisione e noi stiamo diventando specialisti di essa. Supplichiamo Dio che ci liberi dal maligno, che è lo specialista della divisione.

25 Maggio
+Domenico

Ci sentiamo pensati e amati da Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,11b-19)

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

Audio della riflessione

Abbiamo tutti negli occhi il volto sorridente di un bambino, la contentezza di un giovane, la soddisfazione più compiuta, ma non meno profonda di un adulto che stanno vivendo un momento bello della loro vita: la gioia di stare con veri amici, il sogno di un amore che sconvolge e si irrobustisce, la intima serenità e felicità di un papà e di una mamma che vedono la famiglia crescere nella concordia e presagiscono un futuro pulito e sicuro per i figli. La gioia è una esperienza profonda del cuore umano, è sovrabbondanza di bontà, è sentirsi amati, è amare la vita e goderne l’intima bellezza. Gesù è abitato dalla gioia, è la gioia in persona.  

La sua presenza tra gli uomini, la sua intimità col Padre, la consapevolezza del compimento della sua missione, il desiderio di salvezza e di perdono che legge nel cuore degli uomini, il loro bisogno di un Padre, di una casa, di una liberazione dal male sono tutti motivi che risuonano nel cuore di Gesù come pienezza di vita, come amore dilatato, come gioia piena. E questa gioia la vuole per tutti coloro che lo seguiranno. La chiede insistentemente al Padre.  

Voglio che abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia. Chi mi segue deve sapere che la strada è difficile, che la croce sta già piantata lungo ogni sentiero, ma deve sentirsi inscritto in maniera indelebile nel cuore il tuo dolce amore di Padre, che sei la pienezza della mia gioia.  

Essere cristiani è sentirsi pensati e collocati dentro questa accorata preghiera di Gesù, tenere per certo che Gesù non ci lascia mai soli, continua a farci crescere, a riempirci di doni, di consolazione, di sicura speranza, di dolcezza intima. Ogni uomo e donna deve sentirsi pensato da Gesù, deve provare la gioia intima di essere sempre nella sua preghiera al Padre. Ci ama a uno a uno, pensa a tutte le traversie della nostra vita, registra le nostre debolezze, conosce le nostre infedeltà, intuisce anche solo un minimo desiderio di autenticità e verità, ed è desideroso che siamo pieni della sua gioia, una gioia interiore profonda che si chiama Spirito Santo, il Consolatore, colui che nella quotidianità dei giorni ci tiene aperto il cielo e ci guida per le nostre buie strade della vita. 

E noi sempre siamo  a sentirci dire di questa gioia dalla esperienza drammatica di Pietro. Aveva tradito, che riferimento poteva essere per una chiesa che nasceva fragilissima? Eppure, Gesù, lo ha scelto e lo Spirito Santo lo ha purificato e reso forte. Aveva sbagliato, ma la roccia che era stato chiamato ad essere non si è infranta per la forza dello Spirito. Siamo anche noi a chiedere a Dio la forza di diventare testimoni coraggiosi di Lui, di accoglierci tra di noi perché siamo stati prima di tutto accolti da Lui. Nessuno di noi è accolto a caso, siamo tutti dentro questa grande preghiera di Gesù a Dio Padre e per questo chiamati alla sua gioia. La dignità di cristiani non ce la dona l’indice di gradimento o la simpatia degli amici, ma lo Spirito di Gesù, come fu data a Pietro che è la roccia della chiesa nella persona di Papa Francesco ancora oggi.  

Maria Ausiliatrice che oggi celebriamo ci accompagni sempre e ci sostenga nel quotidiano cammino credente. 

24 Maggio
+Domenico

In Gesù conosciamo Dio che è Vita piena

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,1-11b)

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».

Audio della riflessione

Siamo tutti e sempre in cerca di vita piena. Molti giovani fanno esperienza della noia del vivere. Niente li soddisfa, niente riesce a colmare quella sete che ciascuno si porta dentro. Non è un vuoto creato da illusioni, da sogni di paradisi artificiali, lo può essere, ma ci si accorge prima o poi che siamo stati ingannati. Hai la sensazione invece di aver dentro un pozzo senza fondo, una capacità quasi impensabile, una sete che solo Dio può aver collocato nella vita di ogni uomo. La vita se non è piena non è felice; se non si apre a qualcosa di grande, non ti soddisfa. L’esistenza di ogni giorno allora è una ricerca, è un cammino, è un pellegrinare o andare randagi, vagare in cerca della pienezza.  

Era stato così anche quel giovane ricco che si era presentato a Gesù e nella sua ingenuità, ma pure nella sua profonda consapevolezza di essere fatto per cose grandi gli va a chiedere: voglio avere vita piena, le mezze misure non mi bastano, la mediocrità mi avvelena la vita.  

Sono stati così i discepoli di Gesù che hanno abbandonato tutto per seguirlo; avevano intuito che la pienezza stava dalla parte di Gesù, provavano ogni giorno più che Gesù riempiva il loro cuore: le sue parole, i suoi gesti, la sua preghiera, il suo sguardo, la sua attenzione a ciascuno, la sua energia li avevano incantati. Stavano provando che cosa significa avere una sete e aver trovato la sorgente, avere un vuoto e aver trovato la pienezza. La vita piena è questa: conoscere Gesù e il Dio vero, unico che lo ha mandato. 

Stiamo a cercare in tante direzioni, eppure sappiamo che per un uomo la felicità è conoscere Dio e contemplarne il volto invisibile in quello fatto di carne dell’umanità di Gesù. Molti santi hanno abbandonato tutto, sono vissuti nella solitudine, hanno passato moltissimo del loro tempo in preghiera, assorti, concentrati, orientati alla conoscenza di Dio. Così fu San Francesco, lo fu San Benedetto, lo sono stati tanti santi immersi nel mondo a sollevare dolori e a dare speranza, ma sempre a partire dalla contemplazione di questo volto. 

La nostra vita trova il segreto della sua felicità nella contemplazione, nello stare faccia a faccia a contemplare Dio, a scrutarne la bontà, a tentare di conoscerne la bellezza e la bontà. I cristiani sanno che questo volto non si sottrarrà, perché Dio non ci abbandona mai. 

23 Maggio
+Domenico

Siamo ad uno ad uno dentro l’accorata preghiera di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17, 11b-19)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

«Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

Audio della riflessione

Abbiamo tutti negli occhi il volto sorridente di un bambino, la contentezza di un giovane, la soddisfazione più compiuta, ma non meno profonda di un adulto che stanno vivendo un momento bello della loro vita: la gioia di stare con veri amici, il sogno di un amore che sconvolge e si irrobustisce, la intima serenità e felicità di un papà e di una mamma che vedono la famiglia crescere nella concordia e presagiscono un futuro pulito e sicuro per i figli. La gioia è una esperienza profonda del cuore umano, è sovrabbondanza di bontà, è sentirsi amati, è amare la vita e goderne l’intima bellezza. Gesù è abitato dalla gioia, è la gioia in persona.

La sua presenza tra gli uomini, la sua intimità col Padre, la consapevolezza del compimento della sua missione, il desiderio di salvezza e di perdono che legge nel cuore degli uomini, il loro bisogno di un Padre, di una casa, di una liberazione dal male sono tutti motivi che  risuonano nel cuore di Gesù come pienezza di vita, come amore dilatato, come gioia piena. E questa gioia la vuole per tutti coloro che lo seguiranno. La chiede insistentemente al Padre. Sa che i suoi discepoli, che sono la nostra immagine, non reggeranno da soli allo scandalo della sua morte, ma vuole che nel loro cuore come nel cuore di ogni cristiano ci sia non solo una riserva, ma la pienezza della sua gioia.

Voglio che abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Chi mi segue deve sapere che la strada è difficile, che la croce sta già piantata lungo ogni sentiero, ma deve sentirsi inscritto in maniera indelebile nel cuore il tuo dolce amore di Padre, che sei la pienezza della mia gioia.

Essere cristiani è sentirsi pensati e collocati dentro questa accorata preghiera di Gesù, tenere per certo che Gesù non ci lascia mai soli, continua a farci crescere, a riempirci di doni, di consolazione, di sicura speranza, di dolcezza intima. Ogni uomo e donna deve sentirsi pensato da Gesù, deve provare la gioia intima di essere sempre nella sua preghiera al Padre. Ci ama a uno a uno, pensa a tutte le traversie della nostra vita, registra le nostre debolezze, conosce le nostre infedeltà, intuisce anche solo un minimo desiderio di autenticità e verità, ed è desideroso che siamo pieni della sua gioia, una gioia interiore profonda che si chiama Spirito Santo, il Consolatore, colui che nella quotidianità della vita ci tiene aperto il cielo e ci guida per le nostre buie strade della vita.

1 Giugno 2022
+Domenico

Solo e sempre uniti a te

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17, 20-26) dal Vangelo del giorno (Gv 17, 20-26)

Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

Audio della riflessione

Ogni uomo ama la compagnia, non è certo fatto per stare solo, ma per vivere con gli altri e vivere con tutti … non a qualche maniera, ma in un amore reciproco, in una comunione: non c’è immagine più bella di famiglia, se non quella di chi vive nell’amore reciproco, nella reciproca sopportazione, come capacità di andare oltre le piccole e grandi diversità, per fare un cuor solo.

Abbiamo scritto nel nostro dna questo istinto del vivere assieme, perché ce lo ha determinato lo stesso nostro Creatore: ci ha fatti a sua immagine! Lui è una famiglia: è una relazione continua, siamo tutti fratelli! Dio non è un “single”, ma si relaziona in se stesso, tra Padre e Figlio, tra Padre, Figlio e Spirito.

“Voglio che tutti siano una cosa sola come Tu sei in Me e Io in Te”: la profonda unità tra Dio Padre e Gesù aveva incantato non poche volte gli apostoli, che stavano con Gesù; li aveva voluti con sé – “venite e vedrete”, aveva loro detto alle loro richieste di maggior intimità – e loro scrutavano ogni suo momento, lo vedevano tante notti in preghiera, in questa unione e estasi d’amore con il Padre.

Spesso gli avevano chiesto “facci vedere il Padre, insegnaci a pregare, facci stare con te nel tuo regno” e Gesù aveva creato nostalgia di questa comunione … e questa nostalgia volle che diventasse la realtà determinante la vita del cristiano: “Dovete essere una cosa sola! Nel mondo vi capiterà di stare meglio a fare ciascuno quel che vuole, vi sembrerà di salvare il mondo con  le vostre geniali attività, ma se non vi metterete assieme sperimentando comunione tra voi e con me, come io la vivo con il Padre, il vostro lavoro non servirà a niente: non riuscirete a far incontrare gli uomini con Dio, non riusciranno a capire che siete dalla mia parte. Il mondo crederà in me, se voi saprete essere una cosa sola con me e tra di voi.”

Il primo compito del cristiano allora è dimorare in Dio, stare con Lui: tanta nostra testimonianza di cristiani nel mondo, tante battaglie per far vincere il bene non hanno risultati perché mettiamo al centro noi e per di più ciascuno per conto suo.

Il male più grande per l’uomo è la divisione e noi stiamo diventando specialisti di essa: Non per niente il principe del male si chiama diavolo, cioè “divisore”! Invece è in unione con Dio, che non ci abbandona mai, che dobbiamo sempre vivere e lavorare, e a questo ci porta lo Spirito Santo, che noi in queste sere, in questi giorni continuamente invochiamo dicendo “Vieni Spirito Santo”.

20 Maggio 2021
+Domenico

Padre, non me li abbandonare

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17, 11b-13) dal Vangelo del giorno (Gv 17, 11b-19)

«Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia.» 

Audio della riflessione

Abbiamo tutti negli occhi il volto sorridente di un bambino, la contentezza di un giovane, la soddisfazione più compiuta, ma non meno profonda di un adulto … che stanno vivendo un momento bello della loro vita: la gioia di stare con veri amici, il sogno di un amore che sconvolge e si irrobustisce, l’intima serenità e felicità di un papà e di una mamma che vedono la famiglia crescere nella concordia e presagiscono un futuro pulito e sicuro per i figli.

La gioia è una esperienza profonda del cuore umano: è sovrabbondanza di bontà, è sentirsi amati, è amare la vita e goderne l’intima bellezza.

Gesù è abitato dalla gioia, è la gioia in persona! La sua presenza tra gli uomini, la sua intimità col Padre, la consapevolezza del compimento della sua missione, il desiderio di salvezza e di perdono che legge nel cuore degli uomini, il loro bisogno di un Padre, di una casa, di una liberazione dal male, sono tutti motivi che  risuonano nel cuore di Gesù come pienezza di vita, come amore dilatato, come gioia piena … e questa gioia la vuole per tutti coloro che lo seguiranno, la chiede insistentemente al Padre: sa che i suoi discepoli, che sono la nostra immagine, non reggeranno da soli allo scandalo della sua morte, ma vuole che nel loro cuore, come nel cuore di ogni cristiano, ci sia non solo una riserva, ma la pienezza della sua gioia: “Voglio che abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Chi mi segue deve sapere che la strada è difficile, che la croce sta già piantata lungo ogni sentiero, ma deve sentirsi inscritto in maniera indelebile nel cuore il tuo dolce amore di Padre, che sei la pienezza della mia gioia”.

Essere cristiani è sentirsi pensati e collocati dentro questa accorata preghiera di Gesù, è tenere per certo che Gesù non ci lascia mai soli, continua a farci crescere, a riempirci di doni, di consolazione, di sicura speranza, di dolcezza intima.

Ogni uomo e donna deve sentirsi “pensato” da Gesù, deve provare la gioia intima di essere sempre nella sua preghiera al Padre: ci ama a uno a uno, pensa a tutte le traversie della nostra vita, registra le nostre debolezze, conosce le nostre infedeltà, intuisce anche solo un minimo desiderio di autenticità e di verità, ed è desideroso che siamo pieni della sua gioia, una gioia interiore, profonda, che si chiama Spirito Santo, il Consolatore, colui che nella quotidianità della vita ci tiene aperto il cielo e ci guida per le nostre buie strade della vita … e questo Spirito Santo noi continueremo a pregarlo dicendo “Vieni Spirito Santo!”

19 Maggio 2021
+Domenico

Vita piena è conoscere Dio in Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17, 3) dal Vangelo del giorno (Gv 17, 1-11a)

Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.

Audio della riflessione

Siamo tutti e sempre in cerca di vita piena … molti giovani fanno esperienza della noia del vivere: Niente li soddisfa, niente riesce a colmare quella sete che ciascuno si porta dentro! Non è un vuoto creato da illusioni, da sogni di paradisi artificiali … lo può essere, ma ci si accorge prima o poi che siamo stati ingannati.

Hai la sensazione, invece, di aver dentro un pozzo senza fondo, una capacità quasi impensabile, una sete che solo Dio può aver collocato nella vita di ogni persona.

La vita se non è piena non è felice! Se non si apre a qualcosa di grande, non ti soddisfa! L’esistenza di ogni giorno allora è una ricerca, è un cammino, è un pellegrinare o andare randagi, vagare in cerca della pienezza.

Era stato così anche quel ricco che si era presentato a Gesù e nella sua ingenuità, ma pure nella sua profonda consapevolezza di essere fatto per cose grandi, gli va a chiedere: voglio avere vita piena, le mezze misure non mi bastano, la mediocrità mi avvelena la vita.

Sono stati così i discepoli di Gesù che hanno abbandonato tutto per seguirlo: avevano intuito che la pienezza stava dalla parte di Gesù, provavano ogni giorno più che Gesù riempiva il loro cuore … le sue parole, i suoi gesti, la sua preghiera, il suo sguardo, la sua attenzione a ciascuno, la sua energia li avevano incantati.

Stavano provando che cosa significa avere una sete e aver trovato la sorgente, avere un vuoto e aver trovato la pienezza.

La vita piena è questa: conoscere Gesù e il Dio vero, unico che lo ha mandato!

Stiamo a cercare in tante direzioni, eppure sappiamo che per un uomo la felicità è conoscere Dio e contemplarne il volto invisibile in quello fatto di carne dell’umanità di Gesù.

Molti santi hanno abbandonato tutto, sono vissuti nella solitudine, hanno passato moltissimo del loro tempo in preghiera, assorti, concentrati, orientati alla conoscenza di Dio: così fu San Francesco, lo fu San Benedetto, lo sono stati tanti santi immersi nel mondo a sollevare dolori e a dare speranza, ma sempre a partire dalla contemplazione di questo volto.

La nostra vita trova il segreto della sua felicità nella contemplazione, nello stare faccia a faccia a guardare a Dio, a scrutarne la bontà, a tentare di conoscerne la bellezza e la bontà, perché i cristiani sanno che il volto di Dio non si sottrarrà mai.

Chi ci darà questa attitudine interiore di non trascurare la grande sete che abbiamo dentro, se non l’ultimo grande regalo del Risorto, lo Spirito Santo che stiamo aspettando assetati, non ansiosi, in preghiera dicendo “Vieni Spirito Santo!”

18 Maggio 2021
+Domenico

Il principale segno di Dio nel mondo è l’unità

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 17, 20-26)

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Quante volte, quando veniamo a contatto con persone che stimiamo per il loro rapporto con Dio, le loro preghiere, la loro testimonianza di fede incrollabile chiediamo loro di pregare per noi?

Papa Francesco non termina un angelus senza chiedere di non dimenticarsi  di pregare per lui, ed è una gioia scoprire che Gesù, in questa accorata preghiera, prima di affrontare la suprema prova della sua vita sul Calvario, Lui stesso, Gesù, ha pregato per ciascuno noi.  

Noi che non abbiamo condiviso con Lui nessun momento di vita, noi che non abbiamo potuto vederlo con i nostri occhi, sentirlo con le nostre orecchie, noi gente di questo nostro tempo turbolento, che sembra allontanarsi sempre più da Dio, noi siamo stati nelle sue preghiere, nel suo cuore, nel suo pensiero, nel suo dialogo con il Padre e continuiamo ad esserci perché lo Spirito Santo viene dentro di noi per rendercelo sempre vivo e presente: lo ascoltiamo ancora oggi nelle parole della sua Chiesa.  

Che cosa chiede Gesù al Padre per noi? Che tutti siano uno, «come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi».

Gesù, mentre prega, getta uno sguardo a quanti crederanno in lui e per i suoi apostoli e per tutti noi invoca l’unità, che ha due dimensioni: una invisibile, che è la comunione stessa con la Trinità, e l’altra visibile, capace di convincere il mondo che Gesù è davvero inviato da Dio Padre.

Nel suo commiato da noi si identifica con l’amore reciproco spinto fino al dono della propria vita: Giovanni parla della Chiesa solo in questi termini, e lancia più di uno spiraglio, una luce vera, che si farà fiaccola, che in nostra compagnia ci aiuta a camminare nelle nebbie della vita, e fa da riverbero di misericordia sul mondo che non crede in Gesù.

Abbiamo la gioia e il compito come cristiani di fare da capofila di una umanità già tutta redenta, anche quella che non è consapevole di questo grande dono di Dio: non ci possiamo permettere di lasciare fuori nessuno da questa unità, anche i nemici nostri e i nemici di Dio. 

Forse oggi siamo divisi, perché abbiamo pensato che fare unità si potesse fare attorno a un tavolo di concertazione, con i nostri metodi tipici del “passo indietro tu, un passo indietro io, andiamo d’accordo, vediamo com’è, se a me serve …”

La gloria di Dio non si manifesta moltiplicando i discorsi su Dio o difendendo i diritti di Dio: infatti si è manifestata nella morte di Dio, nell’estremo annichilamento nel quale anche la Parola – con la P maiuscola – ha taciuto.

La teologia della gloria è la stessa teologia della croce: non possiamo allora accedere a questa gloria se non ci si apre all’amore con cui il Padre ha amato il Figlio, già prima della creazione del mondo, e che ha trovato il suo punto finale nella morte per la salvezza di tutti gli uomini.  

Certo noi intelligentoni potremo fare tutti i nostri ragionamenti più contorti e difficili, profondi e logici, ma il Dio che ci inventeremmo sarà sempre un Dio senza gloria, ed è senza gloria perché è senza croce. 

La Chiesa per cui Gesù, prima di andare a morire in croce prega, è sempre illuminata dal quell’ «io ho fatto conoscere loro il tuo nome»: non è una dotta teologia che ce lo fa conoscere nel senso biblico di esperienza coinvolgente ogni nostra persona, ma il silenzio di Dio, quello del Figlio dell’uomo appeso sulla croce.

E il dono finale della preghiera di Gesù è: “che l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”, e dobbiamo dircelo sempre, anche in questi tempi di “distanza fisica”. 

28 Maggio 2020
+Domenico