C’è bisogno di gente che ha sempre uno sguardo d’amore su tutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6,36-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Audio della riflessione.

Il mondo è pieno di gente che non prende mai posizione, che si adatta a tutto, che non si interessa di niente, che passa sopra il male e il bene con assoluta indifferenza, che non si ribella a niente; potrebbero anche ammazzargli sotto gli occhi qualcuno o fare violenze e lui si fa sempre e solo i fatti suoi. Al contrario invece c’è gente che giudica tutti, che ha un veleno nel cuore, che non riesce a non riversare su tutti quelli che incontra. È l’immagine della cattiveria, del giudizio inappellabile, della acidità. Purtroppo, non sono due categorie ben diverse di persone perché spesso siamo noi che fa e l’una e l’altra cosa.  

Quanto invece sarebbe bello poter contare sempre su uno sguardo d’amore ed essere sempre questo sguardo d’amore sulla vita di tutti! Quanto piacerebbe a un ragazzo non essere guardato da un adulto come una pezza da piedi, come un pericoloso delinquente, come un bastardo perditempo, ma come una vita che si apre che ha bisogno del sorriso di tutti per essere convinto che val la pena di vivere, che la vita possiede un lato bello che è difficile, ma raggiungibile! 

Ogni persona, proprio solo perché è tale, ha sempre dentro il fascino del creatore, la bellezza di una poesia e ha diritto di essere guardata con amore e non giudicata. Dice il vangelo: non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati, Perdonate e vi sarà perdonato, date e vi sarà dato. 

La bontà, il dono, il perdono sono contagiosi, creano attorno a noi e in noi bontà e perdono, sono una benedizione anche per la nostra stessa vita. Quando ti arrabbi invece, quando coltivi l’odio, ti cresce la bile, ti si alza la pressione, crei attorno a te zone di ostilità. Se vuoi trovare bontà, seminala, qualcuno sicuramente la raccoglierà, perché sembra un seme che scompare, ma ha sempre dentro la forza di Dio e prima o poi rispunta e si fa grande. 

È possibile pensare al mondo con occhi diversi, come quelli pieni di speranza che aveva Gesù? Lui è passato facendo sempre del bene a tutti e l’ha trovato pieno infinito in Dio. 

È una speranza sempre disponibile. Basta cercarla. 

26 Febbraio
+Domenico

Siamo tutti chiamati da Gesù, a uno a uno

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 12-19

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Audio della riflessione.

Ogni scelta nella vita oggi diventa sempre più difficile, anche perché oggi si può sempre scegliere in una esasperazione dei beni godibili, tutti che ti sembrano necessari e ti tentano. Se poi devi scegliere persone che ti devono aiutare a governare è ancora peggio. 

Ecco, anche Gesù aveva da scegliere un gruppo di uomini decisi a tutto, a fare da nucleo di predicatori del vangelo, della bella notizia. E che ha fatto? Si è messo in orazione tutta notte. Si è messo in dialogo col Padre, in contemplazione della profondità dell’amore che sgorga dal cuore della Trinità per leggere in essa le vite di questi dodici uomini, le loro libertà, i loro sogni, i desideri di spendersi per gli altri. Immagino la preghiera per Pietro, per tutti i suoi slanci e le sue debolezze, la preghiera per Giovanni, il ragazzo entusiasta e fragile, deciso e bisognoso di cura, di sostegno, di fiducia come tutti i giovani, penso alla decisione di assumersi il rischio di scegliere Giuda. Lo vedeva entusiasta per una causa, lo sapeva legato a una visione di mondo violento, ma ha voluto rischiare nel dialogo profondo con Dio di puntare sulla sua libertà. Li ha scelti, ma non li ha forzati, li ha amati in Dio Padre e non li ha plagiati. Ciascuno ha presentato a Gesù la sua vita aperta al suo messaggio e nella propria libertà ha risposto. 

Con questa squadra si è messo subito all’opera, li ha coinvolti nella sua avventura, ha voluto aver bisogno di loro e ha affidato nelle loro mani il tesoro del suo corpo e del suo sangue, il futuro del suo messaggio. Lo Spirito Santo li avrebbe giorno dopo giorno forgiati e  temprati, avrebbe delineato in loro i tratti stessi di Gesù  

Così ha scelto anche gli apostoli Simone e Giuda, che oggi ricordiamo. Nel martirologio romano si legge : il 28 ottobre “In Persia il natale dei beati Apostoli Simone Cananeo e Taddeo detto anche Giuda. Di essi Simone predicò il Vangelo nell’Egitto, Taddeo nella Mesopotamia, poi, entrati insieme nella Persia, avendovi convertito a Cristo una innumerevole moltitudine di quel popolo, compirono il martirio” 

Tutti noi siamo chiamati così da Dio, nessun cristiano  è generico. Non siamo nel mondo a caso, ma soprattutto non siamo cristiani a caso, siamo sempre oggetto di una scelta personale di  Gesù. Per noi c’è un piano suo, una vocazione, una vita da vivere in un certo modo. Lui ci ha pensati per la nostra missione in una notte di preghiera, sempre, con quel Dio che non ci abbandona mai. 

Ogni annunciatore del vangelo, ogni cristiano, è stato e viene scelto così. Abbiamo fatto parte tutti delle preghiere di Gesù. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi. 

28 Ottobre
+Domenico

Cerchiamo sicurezze, che costano, ma che ci danno garanzia di futuro

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 43-49)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?
Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».

Audio della riflessione.

Si continua a dire che oggi mancano i valori, mancano i riferimenti, i giovani non hanno nessuna certezza cui aggrapparsi, ciascuno naviga a vista, senza bussola, senza sapere dove sta andando. Mai come oggi si sente la necessità di ancorare l’esistenza a qualcosa di solido, di incrollabile, a qualcosa che ti dà sicurezza. 

Vuoi affrontare la vita di famiglia, vuoi affrontare un nuovo lavoro, ti vuoi impegnare in una attività sociale, ma vuoi sapere su che basi solide. Quando si applicano queste ansie al mondo economico, alla vita fisica, agli interessi della produzione si esce il prima possibile dall’incertezza. Le banche cercano principi solidi di credito, non si possono permettere avventure, anche se qualcuno le tenta ingannando tutti. Nella conduzione delle nostre piccole o grandi economie domestiche si cercano punti solidi, lavori sicuri, impegno di piccoli o grandi capitali con tanta oculatezza e spesso si sperimenta il fallimento, manca il lavoro, vengono meno le solidarietà. Ti capita una siccità e per di più una grandinata, devi comperarti tutta l’acqua da un pozzo e speri che vada tutto bene. 

E nella vita spirituale? Purtroppo ci adattiamo a tutto, seguiamo la moda, ci facciamo ingannare dalle pubblicità, da stili di vita ingannevoli, i classici specchietti per le allodole. Lo spirito è l’ultima cosa a cui penso, la religione l’ho accantonata. Il mondo dei mass media spesso è complice a ragion veduta, distribuisce ricette di felicità insospettabili, ti chiude gli orizzonti sulle cose o sui soldi e alla fine sei a mani vuote. 

Gesù ha una immagine che stigmatizza molto bene questa situazione: stiamo costruendo la casa sulla sabbia. Stiamo costruendo la nostra vita sul niente, sull’effimero, sull’inconsistenza, sui disvalori, sull’inganno. Non regge, non è possibile avere futuro. Puoi stare a galla in tempi normali, forse, ma basta una piccola difficoltà che tutto crolla. E siamo sufficientemente smagati per vedere quanto maggiori sono i tempi di burrasca nella vita che i tempi di tranquillità. Sembriamo gente che si mette in viaggio con un bel cielo sereno e crede che sia sempre così, non si ricorda del vento, della pioggia, del freddo, della bufera. Crede sufficiente la solita maglietta, affronta l’inverno in maniche di camicia. 

La nostra vita va fondata sulla roccia, non può rischiare di franare per il primo colpo di vento. E la roccia, i valori, il riferimento, la sicurezza è Gesù, è la sua parola. Metterla in pratica, averla sempre come riferimento della vita è costruzione su fondamenta solide. È fondare la vita su Gesù. Se facciamo questo stiamo sicuri che la roccia che è Dio non cederà. Il suo amore è per sempre.

16 Settembre
+Domenico

Le Beatitudini si possono comprendere solo sapendo che Dio è amore per tutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6,20-26)

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
 
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. 
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Audio della riflessione.

Siamo sempre in cerca di giudizi morali sulla vita di tutti e pensiamo che il vangelo sia un ottimo prontuario per aiutarci a giudicare soprattutto gli altri. Occorre anche sapere che cosa è bene e che cosa è male, ma per comportarci bene non ci basta un prontuario che ci aiuti a dire; questo si, questo no, abbiamo invece bisogno di conoscere di più Dio e Gesù perché dalla contemplazione del volto che ci viene proposto scaturisce non un giudizio, ma un invito ad essere santi come il Signore è Santo, Ecco le beatitudini, prima di essere una serie di cose da fare sono il volto di Dio sulla nostra vita. Ci lasciamo allora affascinare da Lui che essendo la nostra salvezza capovolge la scala dei valori dell’uomo e annuncia il modo con il quale Dio salva e vedremo che la vita cristiana diventa una gioia non solo per noi, ma per tutti. 

Luca quando presenta le beatitudini le associa anche ai “guai a voi”, non ci dicono che cosa è bene e che cosa è male, manifestano e rivelano come agisce Dio nella storia umana. Sono non poco diverse dalle leggi che Mosè consegnò agli ebrei alla sua discesa dal monte Sinai, che perentoriamente dicevano agli uomini e alle donne che cosa dovevano fare, Gesù invece ci dice che cosa fa Lui, chi è Lui per noi. Ci rivela il volto di Dio. Le beatitudini si possono comprendere solo conoscendo che Dio è amore per tutti. La prima beatitudine in Luca e il primo guai ci vogliono far capire che il regno di Dio è già ora dei poveri e che già ora i ricchi se ne escludono consolandosi con le cose. La povertà che qui si presenta è da leggere all’interno della coscienza dell’uomo. La distinzione poveri-ricchi è di facile attribuzione all’esterno, ma di difficilissima lettura all’interno della coscienza dell’uomo. Solo la parola di Dio che penetra nel profondo dell’uomo ci fa capire se siamo dei poveri-beati o dei ricchi-infelici. 

Gesù proclama felici i poveri non perché sono bravi o hanno dei meriti speciali, ma perché Dio ama ciascuno secondo il suo bisogno, e il povero è colui che ha più bisogno. Il cristiano deve impegnarsi a favore dei poveri per imitare Gesù. La storia e la cronaca del mondo attuale, piena di miserie, di fame, di pianto e di ogni genere di mali è lo spazio d’azione del credente, se vuole imitare Gesù. 

I “guai a voi” non sono un grido di vendetta o di minaccia, ma un estremo grido di compianto, di compassione e di lamento che Gesù rivolge ai ricchi perché mettono le cose al posto di Dio e non hanno ancora sperimentato la gioia di colui che vende tutto per acquistare il tesoro che è Cristo (cfr Mt 13,44). A chi è sazio, a chi si dà alla pazza gioia perché non sanno di aver consumato tutta la felicità, che invece sta solo in Dio, va ricordato che deve chiedersi e agire di conseguenza se la povertà, la mancanza di patria in cui vivere dignitosamente per molte persone non dipenda dalla sua sazietà o dal suo egoismo nel costruire muri anziché ponti.

13 Settembre
+Domenico

Siamo ciascuno nella preghiera di Gesù e nella sua chiamata

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 12-19)

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. 
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Audio della riflessione.

Scelte difficili nella vita dobbiamo sempre farle tutti. Ti agiti, ti preoccupi, ti assale l’ansia, soprattutto se devi scegliere persone e non cose, Questo significa mettere in conto relazioni di fiducia, amicizia, vita comune; sicuramente un ideale da perseguire assieme e di cui tutti debbono se non entusiasmarsi, almeno fare proprio e buttarci tutte le proprie energie. Non sono sufficienti i curriculum, nemmeno certe segnalazioni, non certo le raccomandazioni, soprattutto se si tratta di condividere progetti che vanno oltre la semplice attività lavorativa. Gesù si deve scegliere una squadra. Alla fine vedremo che sarà una delle squadre più impossibili, sia per la collaborazione che si concretizzerà tardi, sia per la tenuta dentro il suo sogno di Regno di Dio. La prima cosa che fa Gesù per dare corpo a questa compagnia non è di farsi influenzare dal curriculum che si è fatto di ciascuno con le sue conoscenze, i suoi dialoghi sulle rive del lago, le sue impressioni vedendoli lavorare sodo, ma di ritirarsi a pregare, a dialogare con Dio suo Padre, con lo Spirito da cui era partita la decisione di mandarlo nel mondo a ridare fiducia all’umanità e ad aprirle ancora le porte del Paradiso. Mi immagino Gesù che prega così: 

“Padre, il progetto lo abbiamo fatto assieme; ora ho bisogno che sia aiutato a svilupparsi, a crescere e ad adempiersi con alcune persone cui voglio affidare l’urgenza del vangelo, della buona notizia che l’umanità sta aspettando. So di rischiare, ma devo lasciare a tutti la libertà della loro vita e della loro scelta. Chi lavora per il Regno deve rappresentare tutta l’umanità”. 

La notte fu sicuramente impegnativa, ma anche altamente consolante per Gesù. Si fece presto giorno e Gesù li chiama, li coinvolge, li carica di una missione, della sua missione, che vuol avere bisogno degli uomini, di noi, di ogni cristiano. Tra di loro ci sta Pietro entusiasta, ma anche fragile, capace di tradire; ci sta Giovanni, giovane generoso e deciso, ci stanno fratelli che desidereranno comandare, altri che nei momenti più tragici, si addormenteranno, uno addirittura lo venderà… Insomma ci stiamo tutti noi, chiamati, scelti, immessi nel progetto grande della salvezza del mondo, messi davanti a un si o a un no, a un progetto non nostro, ma suo, con tutte le nostre fragilità che nessuno ci toglie, ma con la grande forza di Dio che potrà supplire alle nostre incongruità. Le nostre vite sono state e sono tutte nella preghiera di Gesù, lui ci ha scelti, lui ci aspetta, lui ci chiama e richiama alla diffusione del vangelo. 

In questa missione entriamo con i nostri sogni, i desideri di mondo più giusto, di compagnia. Non siamo certo cristiani a caso, siamo sempre oggetto della scelta personale di Gesù e in essa realizziamo la nostra vita, le diamo senso, direzione verso la pienezza e felicità.

12 Settembre
+Domenico

Il centro per Gesù è sempre la persona

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 6-11)

Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. 
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. 
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. 
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

Audio della riflessione.

Spesso vogliamo incontrare Dio nella solitudine del nostro cuore, riflettendo sui nostri bisogni, aprendoci a una invocazione spontanea, direi quasi di salvataggio. Altre volte invece ci poniamo in un contesto di dialogo, discussione tra persone, in qualche evento che ci distrae, grazie a Dio, dalla nostra routine. Così capitò a Gesù di incontrare persone che consapevoli della propria fragilità si rivolgevano a Lui. Ne provocava un affidamento a sé e se ne tornava pieno di grazia e di gioia. 

Altre volte Gesù si trova in mezzo a una disputa, perché il fatto che interessa non è personale, ma riguarda le relazioni tra persone, l’accoglienza di una norma o di un atto pubblico di riconoscimento. Così capita a Gesù con un uomo che aveva una mano inaridita, secca, senza movimenti, inservibile, una sorta di moncherino fatto a forma di mano, con incapacità di stringere e di tenere, di appoggio e di sicurezza nello stesso camminare, di fronte a cadute e ostacoli, senza un minimo di agilità e versatilità tipica di una mano con dita agili. 

Si sta discutendo in questo caso se di sabato si può ridare a quest’uomo l’uso della sua mano destra, che esprime l’agire della persona, e Gesù provoca la discussione con una domanda esplicita “è lecito o no guarire in giorno di sabato?”.Qui la guarigione di una mano acquista significato profondo: é simbolo della salvezza dell’uomo che viene riportato al suo momento originario, quello della creazione. Il miracolo fatto di sabato per Gesù tende a restituire a questo giorno della settimana il significato più profondo: è il giorno della gioia, del riportare l’uomo alla incandescenza della creazione, di quel contatto tra Dio creatore che con la mano tocca la mano dell’uomo e gli regala vita piena, bella, felice, come esprime bene Michelangelo nella cappella Sistina. 

Gesù propone e si colloca, a suo rischio, dalla parte di un sabato che apre una vera finestra sul cielo e non dentro una strettoia legalistica. Ogni sua guarigione ci invita ad alzare lo sguardo alla dignità piena e alla salvezza dell’uomo. E il sabato questa deve sempre celebrare. Se le nostre domeniche smettessero di essere viste come un dovere legalistico e fossero sempre di più celebrazione di un Dio Creatore e di un Gesù Salvatore, sarebbero forse anche più frequentate. 

Gesù con questo miracolo ha guarito un uomo, ridandogli umanità risanata, ma ha anche tentato di collocare i farisei in una visione di Dio e delle sue leggi nell’alveo di un regalo continuo di salvezza e di dignità.

11 Settembre
+Domenico

Ridiamo significato e centralità alla domenica cristiana

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6,1-5)

Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Audio della riflessione.

In questi ultimi anni siamo passati da una esasperazione dei precetti e delle leggi, quasi a farcene una gabbia da cui è difficile liberarsi, a una assoluta mancanza di regole che non ci permette nemmeno di avere dei riferimenti sicuri nelle occasioni più importanti della vita. Così è per i comportamenti dovuti nel campo religioso, nella vita di famiglia, nella disciplina scolastica, per non dire delle leggi della strada e degli stessi regolamenti delle partite di calcio. 

Per il popolo di Israele la legge non era solo una regola, ma un dialogo con Dio, un ascolto attento di lui per impostare la vita secondo il suo piano di amore. Solo che da dialogo, la legge del sabato per esempio, era diventata una gabbia e la gabbia non permetteva più di vedere il grande amore di Dio. E’ come la legge della obbligatorietà della messa alla domenica. Più nessuno ci pensa, né vale il ricordarlo come precetto per portarla di nuovo al centro della vita cristiana che si merita. 

Ci si rifugia nella necessità di vendere per vivere, si accampano tutte le pur giuste esigenze di famiglia, di stare in casa, di godersi la famiglia. Il riposo e la messa alla domenica è un precetto o è un dono? è un obbligo pesante o una necessità assoluta per la nostra vita? Lo trattiamo con il metro dell’interesse o con quello del dono? Chi è che decide la bellezza della domenica’ noi o Gesù? 

Gesù dice ai farisei troppo preoccupati del precetto che Lui è il Signore del sabato. Certo riposare il sabato non è un insieme di gesti da compiere, ma è una condizione nuova da vivere. Gesù è talmente il Signore del sabato che lo ha cambiato in domenica; lo ha fatto diventare ancora più bello di una memoria storica del passaggio del mar rosso, come lo era per gli ebrei, ma lo ha fatto diventare il giorno in cui sempre Gesù risorge da morte per noi. 

La domenica non è prima di tutto un obbligo, ma una finestra di eternità che si apre sulla vita dell’uomo, è la certezza del Signore risorto che deve dare nuova speranza alla vita di ogni persona. Se all’uomo manca il riposo della domenica non è che manchi solo un necessario rifarsi le forze per vivere, ma gli manca una speranza per cui lavorare, una meta alta, un cielo non vuoto, ma abitato da Dio. Per questo Gesù si dichiarava Signore del sabato, non perchè lo aboliva, ma perché lo portava a compimento con la domenica. 

Noi cristiani dobbiamo ancora scoprire la bellezza di una domenica in cui certo torna al centro la famiglia, ma anche la famiglia di Dio: il Padre creatore che contempla la bellezza del creato che ci ha donato e che noi stiamo depredando, il Figlio che è risorto da morte, che ha sconfitto per tutti, lo Spirito che ci invade dell’amore di Dio e fa nascere di nuovo la chiesa, comunità di pace per il nostro oggi.

09 Settembre
+Domenico

Non giudicare mai: il tuo prossimo merita sempre stima e rispetto

Una riflessione sul vangelo di Luca (Lc 6, 36-38)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Audio della riflessione

Siamo passati da una vita contadina, piuttosto controllata in tutto a una vita cittadina in cui la gente giustamente va e viene senza sentirsi continuamente catalogata dagli altri. Si è creato un anonimato di troppo, ma forse più libertà. Sembra però che non sia cambiato il vizio di giudicare gli altri, di farsi una idea preconcetta e di continuare a vivere di pregiudizi. Artisti in questo sono i giornali che ti dipingono una persona come vogliono e te la fanno passare per l’immagine che ne hanno creato. Così sono per esempio i giovani visti dagli adulti e spesso anche viceversa, così sono gli immigrati visti dai residenti, così chi è vestito in un certo modo che viene valutato per come si addobba, così sono i cattolici nei confronti del dibattito pubblico. Il problema essenzialmente sta nel non avere mai il coraggio di parlarsi di comunicare personalmente, di guardarsi negli occhi, di stare ad ascoltarsi. I nostri mezzi di comunicazione in questo sono conniventi. 
Il vangelo invece dice che non si deve assolutamente giudicare. Si possono avere idee molto precise sui fatti in sé, ma per le persone occorre sempre avere grande rispetto. Le persone hanno diritto al nostro amore, all’amicizia, al rispetto e non a un giudizio, che è un definire ciò che non si vede, non fa parte del nostro vero rapporto umano, spesso è tranciante e troppo superficiale per entrare nella coscienza della persona. Ognuno ha la sua coscienza, che è in dialogo profondo intimo con Dio, il suo tribunale interiore che lo giudica, che lo mette a nudo di fronte a sé e a Dio. Noi dobbiamo solo avere il massimo rispetto e la massima apertura di comunicazione, per poterci aiutare l’un l’altro a vivere e a sperare. Del tuo prossimo o dici bene o non parlare. 
Non giudicare significa essere come un papà, che accetta senza condizioni suo figlio. Non aspetta di farsene un’idea per volergli bene, non fa analisi, ricerche, appostamenti per volergli bene. Il voler bene è un atto unilaterale. Così lo deve essere di ciascun uomo verso l’altro. Non giudicare significa che ho sempre le braccia aperte all’accoglienza senza condizioni.  
Alla fine della vita, quando si compirà la nostra storia e appariremo davanti a Dio con tutta la verità della nostra vicenda, Dio ci leggerà il suo giudizio, ma la sua bontà è tale che Lui lascia scrivere a me il giudizio che leggerà, che definirà la mia vita davanti a Lui per l’eternità: è lo stesso che io oggi formulo su mio fratello. Non giudicare però è ancora troppo poco, l’amore di Dio sovrasta giudizio, colpa e condanna con il perdono, proprio perché Lui non ci abbandona mai.

6 Marzo
+ Domenico

Siamo tutti chiamati, nessuno di noi è generico

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 12-19)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Audio della riflessione

Ti capita qualche volta di dover fare delle scelte difficili, soprattutto quando hai bisogno di collaboratori, di amici che condividono con te parte della vita o una missione. Spesso vuoi affidare incarichi delicati, devi scegliere gli educatori dei tuoi figli o i compagni di una attività, i membri di una compagnia, i lavoratori di una azienda, i componenti di una cooperativa. Allora ci mettiamo a prendere informazioni, a fare ricerche, a leggere attentamente i curriculum, a fare rassegne e concorsi..

Ecco, anche Gesù aveva da scegliere un gruppo di uomini decisi a tutto, a fare da nucleo di predicatori del vangelo, della bella notizia. E che ha fatto? Si è messo in orazione tutta notte. Si è messo in dialogo col Padre, in contemplazione della profondità dell’amore che sgorga dal cuore della Trinità per leggere in essa le vite di questi dodici uomini, le loro libertà, i loro sogni, i desideri di spendersi per gli altri. Immagino la preghiera per Pietro, per tutti i suoi slanci e le sue debolezze, la preghiera per Giovanni, il ragazzo entusiasta e fragile, deciso e bisognoso di cura, di sostegno, di fiducia come tutti i giovani, penso alla decisione di assumersi il rischio di scegliere Giuda. Lo vedeva entusiasta per una causa, lo sapeva legato a una visione di mondo violento, ma ha voluto rischiare nel dialogo profondo con Dio di puntare sulla sua libertà. Li ha scelti, ma non li ha forzati, li ha amati in Dio Padre e non li ha plagiati. Ciascuno ha presentato a Gesù la sua vita aperta al suo messaggio e nella propria libertà ha risposto.

Non siamo nel mondo a caso, ma soprattutto non siamo cristiani a caso, siamo sempre oggetto di nella scelta personale di  Gesù. Per noi c’è un piano suo, una vocazione, una vita da vivere in un certo modo. Lui ci ha pensati per la nostra missione in una notte di preghiera, sempre, con quel Dio che non ci abbandona mai

Oggi è la festa di due apostoli: San Simone era soprannominato Cananeo o Zelota, e san Giuda, chiamato anche Taddeo, figlio di Giacomo.

Di Simone sappiamo che era nato a Cana ed era soprannominato lo zelota, forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli zeloti. Secondo la tradizione, subì un martirio particolarmente cruento. Il suo corpo fu fatto a pezzi con una sega. Per questo è raffigurato con questo attrezzo ed è patrono dei boscaioli e taglialegna

Di Giuda sappiamo che si chiama Taddeo, un soprannome che in aramaico significa magnanimo. Secondo san Giovanni, nell’ultima cena proprio Giuda Taddeo chiede a Gesù: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». Gesù non gli risponde direttamente, ma va al cuore della chiamata e della sequela apostolica: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». L’unica via per la quale Dio giunge all’uomo, anzi prende dimora presso di lui è l’amore. Il  cuore magnanimo di Giuda aveva, probabilmente, intuito la risposta del Maestro. Come Simone, egli è venerato come martire, ma non conosciamo le circostanze della sua morte. Secondo gli Atti degli Apostoli, però, sappiamo che gli apostoli furono testimoni della resurrezione, e questa è la gloria maggiore dell’apostolo e di ogni discepolo di Gesù.

28 Ottobre 2022
+Domenico

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Chi può dare la patente di cristiano è la roccia della Parola di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 43-49)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».

Lettura del Vangelo ed Audio della riflessione

Molti dicono che seguono Gesù, se ne vantano pure, lo vogliono mostrare a tutti, si ricordano di essere andati a catechismo da bambini, di aver fatto pure il chierichetto, di aver visitato tutti i santuari mariani, di essere stati perfino a piedi a Santiago. Sono cose molto interessanti e positive. Gesù però da due criteri infallibili per potersi dire cristiani, per distinguere i veri dai falsi, gli autentici dai fasulli: il primo è di paragonare il cristiano a un albero e vedere se fa frutti buoni, il secondo è di vedere le fondamenta della sua vita se la paragoniamo a una casa.

E’ cattivo cristiano quello che produce solo spine, grandi foglie mirabolanti e forse pure fiori , ma tutto marcisce. E’ cattivo se pure è bello e fa meraviglia ai curiosi con la sua altezza, la robustezza dei suoi rami, ma non dà nessun frutto e soprattutto quelli per cui è stato piantato. Fuori da metafora possiamo dire che molti possono avere sapienza umana, capacità di organizzazione, esperienze pure mistiche, ma se non fanno opere concrete in favore degli altri non sono veri cristiani. I frutti sono: amare il nemico, dare senza aspettare restituzione, fare bene sino alla fine senza ricompense, non ergersi a guida o sottomette l’altro, aprirsi al regno come un povero.

Un altro criterio che chiarisce anche questo primo è di vedere dove sta il centro  di una persona, su che cosa si regge. Qui non basta dire Signore… Signore. Cristo è roccia sicura di ogni persona se questa ascolta e mette in atto ciò che dice e che è la sua Parola, fonda la sua vita sul Cristo totale del vangelo. Non basta una fede semplicemente interiore, un culto anche ecclesiale separato dall’amore e dalla vita.

E’ Maria stessa che dice alle nozze di Cana a chi era rimasto senza vino: fate tutto quello che a Lui venga in mente di chiedervi. Questa è la strada della fede. E’ la strada della fiducia in Gesù, dell’ascolto attivo delle sue parole, del farci nostra la sua visione del mondo e di Dio Padre. Da qui possono nascere alberi che danno frutti buoni; altrimenti la religione è una consolazione a nostro uso e consumo, come tutte le cose che ci inventiamo e diamo vita a un’altra autosufficienza più ambigua, quella della religione senza il Dio di Gesù Cristo. Gesù invece è per noi una parola sicura che ci tiene aperto il cielo e ci fa godere della bontà di Dio.

10 Settembre 2022
+Domenico