Fatti carico della croce e porta con me il male del mondo  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 22-25)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Audio della riflessione.

Ci mettiamo tutti sulla strada di qualcuno, ci facciamo tutti un ideale da seguire, abbiamo tutti una persona che è per noi una guida, un esempio, un modo di concretizzare i nostri sogni, le nostre attese. Ognuno segue più o meno intelligentemente una strada che altri hanno segnato per lui. Si impara per intelligenza, ma sempre applicata a una esperienza; la creatività è distaccarsi da una sequela pedissequa, inventare una nuova via, ma sempre a partire da quella che abbiamo sotto gli occhi. Da soli non possiamo vivere e non possiamo nemmeno crederci autosufficienti. Le più grandi scoperte sono sintesi geniali del cammino dell’umanità, luci che abbagliano, e che sono state alimentate dal lavoro paziente di secoli.  

Ma c’è nel discorso di Gesù qualcosa di più profondo di questo sentirsi tutti far parte di una fila; è essere orientati a una sequela. Con Gesù c’è qualcosa di necessario da prendere per stargli dietro, non gli si va dietro a qualche maniera, ma con una croce. Chi vuol venirmi appresso, può starci solo con la sua croce; venire dietro a me non è scaricare il dolore immancabile della vita sugli altri, rifiutare quella sofferenza che spesso tu stesso ti sei procurato. Io non sono una comoda esenzione dalla durezza della vita, ti insegno a portarla invece.  

A stare con me cresce la tua responsabilità e la coscienza che il male che hai fatto te lo devi caricare, anzi se vuoi venire con me ti chiedo anche qualcosa di più, di farti carico del male del mondo. C’è troppo male nel mondo. Non è possibile cambiarlo in bene se non con un di più di amore.  

A chi mi vuol seguire chiedo di buttare dentro nella vita sacrificio e sofferenza, non meritata e nemmeno immaginata, per quelli che stanno nel mondo da gaudenti a rovinare gli altri.  Il buon comportamento, che è già una scelta eccezionale per i tempi in cui viviamo, non è sufficiente a sradicare il male. Occorre un di più di amore, occorre sradicare il male mettendo in campo la capacità di assorbirlo su di sé e distruggerlo.  

La logica della reversibilità che prevede che a una azione buona corrisposta un premio, a una azione cattiva una punizione e di conseguenza a una azione ingiusta una ritorsione va superata. Uno accetta la sofferenza perché è innamorato di Cristo e diventa come grazia, dono di salvezza, segno concreto per tutti che camminiamo con Gesù e che Dio non ci abbandona mai. 

15 Febbraio
+Domenico

Il fuoco di Gesù è solo amore che perdona

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 51-56

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Audio della riflessione.

Val la pena che qualche volta mettiamo la nostra vita a confronto con la vita di Gesù. Viaggiamo, stiamo, ripartiamo, abbiamo delle mete, dei compiti, degli ideali, dei tempi e li mettiamo in fila per raggiungere lo scopo della nostra vita. Vocazione la chiamiamo spesso. Ci sentiamo fatti per qualcosa e non per tutt’altro, abbiamo dentro di noi una propensione, delle qualità, dei desideri. Attraverso questi Dio ci chiama a qualcosa di bello da fare della nostra vita.  

Nella vita trinitaria quando si era deciso che Gesù sarebbe andato sulla terra a chiamare in forma definitiva l’umanità all’amore del Padre era stato fatto un progetto. Gesù lo realizza e sa che la meta è Gerusalemme, è il calvario, l’amore sulla croce, è la chiamata di tutta l’umanità dalla croce alla risurrezione.  

Gesù doveva andare a Gerusalemme e  così esprimere la sua decisione totale di fare la volontà del Padre, morendo per amore sulla croce. La sua vita terrena era stata progettata e costruita per giungere al dono supremo della sua vita umana. I suoi discepoli, molto incapaci di capire e di orientarsi alla sua vera fine, gli preparano il percorso per Gerusalemme, passando dalla Samaria, una sorta di routine del compito della evangelizzazione che anche da soli avevano cominciato a fare. Giacomo e Giovanni si sentono associati al cammino di Gesù, ma non capiscono che l’unico suo potere è l’impotenza di uno che si consegna per amore.  

Egli non porta il fuoco che brucia i nemici, ma l’amore che li perdona. Lo zelo che invade i discepoli in forme troppo esagitate (vuoi che facciamo scendere dal cielo un fuoco che li castighi all’istante?) sarà in seguito il principio dei roghi di tutti i tempi. Ma è esattamente il contrario dello Spirito di Cristo. Giovanni, capirà la lezione e più tardi, quando Gesù non sarà più con loro, e tornerà in Samaria con Pietro, allora invocherà sugli stessi samaritani l’Amore del Padre e del Figlio: il fuoco dello Spirito, l’unico che Dio conosce e che il discepolo deve invocare sui nemici. Gesù è la misericordia che vince il male non solo dei samaritani, ma anche e prima ancora, dei suoi discepoli e oggi, lo supplichiamo che vinca il nostro.  

Gesù ci ha rivelato un Dio di compassione e di tenerezza, cui ancora oggi ci dobbiamo  affidare e che vogliamo annunciare a tutti, ai vicini e ai lontani. Questo Dio il vangelo propone! E deve farsi strada da sé, con la forza del suo amore, e non con imposizioni esterne fisiche o morali. 

03 Ottobre
+Domenico

Il dolore, la croce un grande mistero di ogni nostra vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 43b-45)

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

Audio della riflessione.

Vogliamo tutti schivare il dolore, anche perché siamo fatti per la felicità, per la serenità e la gioia. Nella vita cristiana pure si esalta e si comunica gioia. E’ gioia il vangelo, è gioia l’amicizia con il Signore, è gioia e bellezza l’esistenza vissuta come dono di felicità per tutti coloro che ci incontrano. Siamo tutti collaboratori della gioia che Dio dà a ciascuno, ha posto nel vangelo, che propone come atmosfera della chiesa e dei suoi seguaci. 

Papa Francesco ha scritto il suo programma pastorale per tutta la chiesa come La gioia del vangelo e ad esso continuamente si richiama e ci invita a realizzarlo concretamente in ogni spazio di vita, di pensiero, di convivenza, di socialità e di civiltà. 

Gesù nel vangelo però, ha tempi ben calcolati, mette i discepoli, lo stretto numero degli apostoli, tutti coloro che lo seguono, di fronte al mistero del dolore, a partire dalla sua croce. Non ne fa una trattazione filosofica o una traccia ripetuta di predicazione, ma un continuo ripresentarsi come l’uomo dei dolori. La vive su di sé la croce, porta su di sé il dolore, è Lui che anticipa il suo volto sofferente, il suo viso insanguinato, le sue membra percosse, la sua morte nel colmo del disprezzo e della sofferenza quindi. 

Ciascuno di noi ha una croce almeno da portare, abbiamo tutti esperienza di dolore o fisico o morale o esistenziale. Non smettiamo mai di farci domande, non possiamo dire che stavolta è come l’altra volta perché la sofferenza è sempre nuova e i nostri pensieri si attorcigliano tra il rifiuto, la ribellione, un passivo adattamento, la ricerca di soluzioni esasperate nel desiderio di fuga, di voglia di vita. Non siamo diversi da chi ascoltava Gesù, dai suoi intimi, dai suoi futuri evangelizzatori che ne rimanevano spaesati, anzi presi da quella paura di domandare, che spesso ci assale perchè si prevede la risposta; non si osa fare domande, si vuole sfuggire a questa strettoia ineluttabile, che pende come una spada sulla nostra esistenza. 

Gesù però non demorde; è un passaggio necessario da fare se vogliamo essere veri cristiani che adorano un Dio Crocifisso. Non si tira indietro, la sua vita è stata una corsa verso Gerusalemme perché là c’era il Calvario che concludeva il suo dono d’amore e là tutto doveva orientarsi. Occorre avere il coraggio di rimanere in questa certezza della croce con Gesù per dare alla vita cristiana un senso pieno, per godere della risurrezione, mai prima o senza la croce. 

San Gerolamo che consumò tutta la sua vita nello scandagliare il messaggio di Gesù, per farne una strada sicura di vita, ha scritto nelle sue membra questa croce e questa gioia che ne deriva e fu sepolto vicino alla culla di Gesù, alla sua incarnazione vera nella vita dell’umanità.

30 Settembre
+Domenico

Gesù lo vogliamo vedere tutti e Lui si incarna in ogni persona

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,7-9)

In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». 
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.

Audio della riflessione.

Quando qualche amico ci parla di una persona in maniera interessante e di lui ci vengono dette cose belle, idee entusiasmanti, fatti sorprendenti, caratteristiche che ci incuriosiscono, la prima cosa che ci viene in mente è quella di poterlo incontrare. Lo vogliamo conoscere, gli vogliamo parlare, ne desideriamo sentire le opinioni, sentiamo insomma che potrebbe essere nostro amico e confidente, magari vorremmo apprendere ancor meglio la sua visione di vita e imitarlo pure. 

Così era capitato alla gente che aveva sentito parlare di Gesù e di rivolgersi agli apostoli perché lo potessero vedere. E gli apostoli lo fecero incontrare. Alcuni di essi non erano ebrei; già allora la stessa Palestina era molto mescolata, anche se oggi facciamo ancora fatica a accogliere chi non è italiano. Anche questi sentivano importante confrontarsi con la visione di vita di Gesù. Questa voglia di incontrare Gesù fu anche quella di Erode. Già questo nome, che fa parte della nostra memoria cristiana, lo sentiamo con sospetto. Certo, conoscendo tutta la dinastia da cui veniva, non c’era che da temere le intenzioni che poteva avere Erode per questa sua volontà decisa. Non era certo per un tentativo di rinsavimento nel suo modo di governare ereditato da chi l’aveva preceduto e nemmeno pura curiosità. Erode temeva sempre che il suo potere gli venisse sottratto e per evitarlo era pronto a tutto. Farà un altro tentativo con Gesù incatenato, durante lo sballottamento da Pilato, da Anna, da Caifa e pure a Erode per farsi qualche dispetto tra le varie cancellerie; ma non gli verrà data soddisfazione di sentire una parola da Gesù. 

E noi vogliamo vedere Gesù, ci nasce in cuore la voglia di incontrarlo, di sentirlo, di metterci in contatto con Lui? Perché lo cercheremmo? Vorremmo toccarlo, vederlo, parlargli, dirgli il nostro amore o avere ancora una qualche dimostrazione razionale della sua esistenza e della sua personalità? Sappiamo che il suo volto sta nel povero che incontriamo, che la sua parola sta nel vangelo, che la sua forza ci viene offerta nei sacramenti. Del resto dirà Gesù a Tommaso: beati quelli che crederanno senza aver visto. 

La sua vita, la sua forza ci è mostrata dal coraggio dei martiri anche di questi ultimi tempi in ogni parte del mondo. Non abbiamo nessuna curiosità o mala intenzione come quella di Erode e allora scrutiamo e vediamo Gesù in ogni suo volto che Lui stesso ci fa incontrare nella vita quotidiana.

28 Settembre
+Domenico

Per regalare l’essenziale a tutti, occorre solo l’essenziale per vivere

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,1-6)

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

Audio della riflessione.

Bastone, bisaccia, pane, denaro, tuniche erano il necessario per un viaggio confortevole per le strade della Palestina. Ma i discepoli di Gesù non dovevano fare turismo o viaggi di affari, Gesù non li mandava a conquistare terre e a fare proseliti, non stava organizzando nessuna campagna promozionale e tanto meno nessuna campagna di opinione. Aveva dentro un fuoco, il regno di Dio, e fremeva finché tutti gli uomini ne potessero sentire l’annuncio, potessero alzare la testa a questa definitiva avventura della vita. Occorreva allora essere spediti, non appesantiti nè garantiti, ma solo dedicati alla novità assoluta dell’amore concreto sperimentabile, vivificante della bontà di Dio. Per far capire questo agli uomini non occorrono assicurazioni, non servono garanzie, vie di fuga, bagagli e pesanti strumentazioni di viaggio: serve solo la dedizione assoluta ad un amore grande e imprevedibile. 

Da allora tanti uomini e donne hanno lasciato tutto e sono partiti per annunciare il vangelo in ogni parte del mondo e, proprio come dice il vangelo, hanno potuto entrare nei posti più difficili, proprio quando non avevano con sé niente, non erano al seguito di nessuna potenza, portavano solo la spada della Parola e il cibo dell’Eucaristia. 

Le rotte dei missionari ci sono ancora oggi; molti giovani quest’estate sono stati in paesi dove Gesù non è ancora conosciuto o dove la comunità cristiana non è ancora all’altezza delle sfide e dei bisogni fondamentali della gente, hanno con semplicità portato il loro sorriso, la loro voglia di mettersi a disposizione, il loro dialogo, il desiderio di leggere in tutti le tracce della presenza di Dio e sono tornati confortati e corroborati nella loro voglia di vivere e nella gioia di credere. 

Molti siamo stati quest’estate a Lisbona alla GMG, dopo la sofferenza delle distanze sociali del COVID, anche per ricevere conforto, forza, decisione di buttarsi al servizio del vangelo. Abbiamo sperimentato che si viaggia meglio leggeri, dormire per terra, senza troppe sicurezze e che durante un qualsiasi pellegrinaggio si può godere sempre della solidarietà di tutti, quella materiale e quella soprattutto spirituale che ti dà forza di vincere ogni fatica. 

Quanto al cuore, chi risponde a un mandato, a un invito di Dio ad andare, sa che il suo cuore può stare sicuro là sul petto di Gesù, come quello di Giovanni, in una compagnia perfetta e corroborante. E’ una speranza che tutti ci si porta in cuore e di questa speranza vogliamo sempre vivere.

27 Settembre
+Domenico

È iniziato il tempo del fidanzamento

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9,22-25)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Audio della riflessione

Fare quaresima significa avere mete alte da raggiungere, domande serie da farci e decisioni ardite da prendere. Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Abbiamo mete alte da raggiungere, non ci dobbiamo accontentare di rimedi, di pezze, di mezze misure. O siamo cristiani fino alla santità o non vale la pena. I giovani questo lo sentono ancora più vero, perché a loro fa più paura la mediocrità, la noia, che il sacrificio.  

Puntare in alto nella nostra vita è una legge del cristiano, non ci dobbiamo mai accontentare di quello che riusciamo a esprimere di bello nella nostra esistenza; non perché siamo dei perenni scontenti, ma dei formidabili lottatori che non cedono, dei sognatori che rifiutano gli incubi, degli atleti che non smettono di puntare sulla conquista. Non vogliamo farci anestetizzare la vita spirituale, ma continuamente aprirla alle sfide della realtà che ci provoca ad uscire da noi stessi per essere dono, proprio come Gesù.  

Purtroppo, siamo incapaci di fare quaresima. A questa incapacità di stabilire tempi di austerità e di penitenza sembrava che il vangelo letto nella imposizione delle ceneri desse perfino ragione. “Non assumete aria melanconica, profumati la testa, non farti vedere a pregare o a mettere il collo torto. Ballate e cantate, non mettete il muso, per farvi vedere seri”. Con tutta la fatica che si fa a far capire che la vita è una cosa seria, che ogni tanto occorre mettere la testa a posto, ci si mette anche il vangelo a remare contro! Perché Gesù invece non comincia a lanciare qualche avvertimento pesante, della serie: se continuate così, vi scavate la fossa; se non cambiate testa, se non vi mettete a fare penitenza dei vostri peccati, andrete all’inferno; cambiate vita perché il giudizio di Dio è pronto e sarà severo… o cose simili? Gesù, le dice pure alcune di queste cose, ma è sempre dalla parte della libertà e della felicità.  

La vita di un cristiano è una vita bella, beata e felice. È fondata sulla libertà di una risposta di amore. La quaresima allora è un periodo di fidanzamento. È come quando ti è capitato un colpo di fulmine, hai provato emozioni fortissime, hai intuito che nella tua vita ci sono possibilità inedite di felicità con la persona per cui batte il tuo cuore, resti all’inizio un po’ stordito, non capisci più niente, fai cose pazze, a casa si accorgono tutti. Era una vita che non cantavi in bagno, che facevi le linguacce a tua sorella, che rispondevi a mamma con i soliti grugniti. Però senti il bisogno di partire a bocce ferme. Nell’avventura dell’amore che cominci ci vuoi essere tutto, tu, non solo le tue emozioni, ma tutta la tua vita, i tuoi progetti, i tuoi sogni, i tuoi desideri, la tua voglia di vivere.  

Ecco: la quaresima è il tempo del fidanzamento è riportarti all’incandescenza del giorno del tuo matrimonio. O della tua ordinazione presbiterale o della professione religiosa. Hai forse capito che c’è da innamorarsi a fondo di Dio, allora lo prendi o meglio, lui ti prende, e ti porta nel deserto per poterti parlare cuore a cuore. Hai capito allora perché Gesù dice di profumarsi il capo, di non fare la faccia smorta, di non farti vedere triste o sciatto; proprio come quando vai dal fidanzato o dalla fidanzata, dalla tua ragazza o dal tuo ragazzo. Non vivi il solito presagio che tutto finisca nella noia, tanto tu sei il solito scalognato! È invece il tempo in cui coltivi la speranza, una attesa certa, di un incontro d’amore che si porta dentro il desiderio di essere definitivo.

23 Febbraio
+Domenico

Che significa allora seguire definitivamente Gesù?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 57-62)

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Audio della riflessione

Mettersi sulla strada della imitazione di una persona che ci ha entusiasmato, che abbiamo capito essere il nostro tipo, colui che ci dà vera soddisfazione esige certo degli impegni e se vogliamo essere come lui ci tocca fare talvolta i salti mortali. E’ così per diventare uno sportivo di valore, un atleta, uno scalatore, uno scopritore di invenzioni utili all’umanità, un pittore, un poeta…

Luca ci aiuta a seguire fino in fondo Gesù. A chi crede che seguire Gesù sia come andare a una festa, lui stesso ci dice “Il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Ogni persona ha un suo posto nel mondo, la tana la volpe, il nido l’uccello, un maestro garantisce il successo a chi frequenta le sue lezioni… solo Gesù ha l’audacia di chiamare tutti e non offre a nessuno una ricompensa in questo mondo, perché la sua vita è diretta al Calvario. Non è possibile conciliare la sua sequela con i vecchi obblighi di questo mondo: aver cura del padre e comportarsi bene in famiglia. La risposta è tagliente: seguire Gesù comporta un sì assoluto, incondizionato, totale.

La verità delle nostre realtà mondane e la verità del Regno non si possono conciliare come due elementi di un’unica verità più ampia. La vocazione cristiana è l’invito per tutti ad avere in dono il regno di Dio e ad assumersi il suo destino di fedeltà e sofferenza. A chi ha il coraggio di accompagnarlo Lui offre quello che ha: la via della croce, la solitudine la sofferenza.

Il regno è superiore alla famiglia; l’amore di Dio sorpassa tutti gli strati dell’amore per i fratelli, per i genitori. Di fronte a Gesù occorre superare tutti gli strati dell’amore  per i fratelli, per i genitori, tutti i piani della vita dell’uomo nel mondo.

Solo quando si sarà scoperto questo mistero. Quando l’amore e la sofferenza del regno proposto da Gesù, il famoso regno di Dio, appariranno nella loro profondità trasformante e salvatrice, si comprenderà il valore del padre e della madre; allora non si offrirà loro il semplice affetto biologico e chiuso di una famiglia in questo mondo, ma tutto il mistero dell’amore profondo e distaccato che Gesù ci volle trasmettere.

Lo stesso vale per il mettere mano all’aratro che significa in gergo decidersi in modo totale e definitivo. Il regno di Gesù non è un miscuglio fra il si e il no, ma un accettare il rischio, il rischio del vangelo. Se si accetta questo rischio allora si può riconquistare la vera famiglia, per amare con tutto l’amore e il sacrificio che la via di Gesù ci ha offerto.

Il regno di Dio è una prospettiva di vita che non cancella i nostri sentimenti, gli affetti semplici e naturali, ma li fa più forti e più veri; questo solo vuol dire “più cristiani”. Sappiamo tutti che una vera vita di famiglia trova prima o poi il suo Calvario e lì c’è sicuramente Gesù che non ci lascia soli e senza grinta.

28 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica

Viene anche per Gesù la stagione delle scelte definitive

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 51-56)

Lettura dle Vangelo secondo Luca

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Audio della riflessione

In ciascuno di noi, in ogni uomo o donna esiste un tempo della nostra vita cui ci si prepara con tanto impegno di energie, di tempo, di lavoro o studio, di passione. E’ un momento decisivo che ti fa percepire che c’è di mezzo il senso di tutta la tua esistenza. Spesso ce ne accorgiamo molto dopo che era una esperienza definitiva e rimpiangiamo o di non esserci ben preparati o di non averle dato tutta l’importanza che meritava.

 Per Gesù fu molto chiaro il momento di accelerare i tempi e di arrivare a concentrarsi  tutto alla vera meta della sua vita: andare a Gerusalemme e lì subire i processi del mondo religioso e politico, dare la propria vita fino all’ultima goccia di sangue e ricevere in dono la Risurrezione. Tutto per il bene, la salvezza, di ogni creatura, uomo o donna, orientale o occidentale, ricco o povero, intelligente o con scarsissime qualità intellettuali.

Luca nel suo vangelo lo fa percepire con queste semplici parole: mentre stavano per compiersi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme. Nella esigenza di dedicarsi totalmente alla sua missione nella povertà di trovarsi solo e indifeso di fronte alla morte si è realizzata la vera missione di Gesù; la sua squadra di apostoli che si era scelto rischieranno anche loro di soffrire per gli altri e di dedicare la loro vita al lavoro cominciato da Gesù.

Il vangelo di Luca, da questa frase in poi, è dedicato a dare una struttura sempre meglio definita al lavoro degli apostoli sullo sfondo concreto del cammino di Gesù, verso la morte. Solo su questo sfondo acquistano il loro vero senso la sequela, la speranza, la povertà e l’amore che si volge agli altri, la contemplazione della grande misericordia del Padre, la consapevolezza di stare a cuore a Dio Padre, la decisione di mettersi nel suo progetto… E questo deve essere il tipo di formazione di ogni cristiano che decide di imitare Gesù nella sua missione.

Comincia il cammino di Gesù e devono imparare a sopportare la sofferenza con pazienza accettando il rigetto dei samaritani, che non li vogliono accogliere, mentre loro i discepoli li vorrebbero bruciare. Giacomo e Giovanni strumentalizzerebbero anche il fuoco del giudizio di Dio per far prevalere la loro forma di condanna sul mondo. Ciò non ci scandalizza se vediamo ancora tanti cristiani che di fronte alle grandi ingiustizie sociali, il male e l’iniquità dilagante chiedono la punizione divina.

 Dimentichiamo troppo presto che la via di Gesù è diversa: non si tratta di far soffrire gli altri, ma di accettare il nostro dolore come contributo alla loro salvezza, non si tratta di sradicare il male, ma di trasformarlo in bene per mezzo della  Croce. L’unico fuoco che è stato offerto a noi per il giudizio sul mondo è quello dell’amore verso gli altri fino alla fine, proprio come ha fatto Gesù.

27 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica

Chi è il più importante nella  chiesa?  E chi ne è fuori?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 46-50)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

Audio della riflessione

Secondo una mentalità del tutto “normale” e mondana … è più importante chi ha maggior responsabilità, chi ha funzioni chiave … in uesta oganizzazione, chi sta ai vertici della organizzazione…

… invece Gesù, come sempre, è tagliente: il più importante è semplicemente il più bisognoso, il bambino, l’indifeso! I bambini non sono più importanti, perché sono più buoni, innocenti, perché fanno tenerezza, ma perché sono “poveri”: hanno bisogno degli altri, non possono provvedere a se stessi e così sono più importanti i più dimenticati, indifesi, i poveri! Sono quelli che sono al centro delle preoccupazioni dello stesso Gesù e continueranno ad essere il centro della sua Chiesa.

Questo significa che la Chiesa non è fondata sul valore delle persone che la compongono, ma sulle necessità e la miseria di coloro che hanno bisogno di aiuto!

Il movimento fondamentale che la sua Chiesa deve avere è quella forza di espandersi che la costringe ad uscire da se stessa e offre il suo aiuto a coloro che ne hanno bisogno, dentro e fuori le sue file.

E’ grande chi si è fatto piccolo: vuol dire che chi aveva la capacità di agire per cercare il suo bene e mirare al suo vantaggio, ha lasciato tutto e si è fatto piccolo per servire gli altri.

Insomma, chi sta dalla parte di Gesù è uno che ascolta la sua parola e riceve l’aiuto che Dio gli offre e nello stesso tempo è uno che aiuta i piccoli: li aiuta e li accoglie e vive con la preoccupazione degli altri e si fa piccolo per servirli.

 In questa prospettiva si capisce ancora meglio che chiunque vive così, anche se non fa parte della Chiesa, fa parte del regno di Dio!

Il Vangelo è un dono aperto: tutti hanno la possibilità di viverlo!

La Chiesa è serva non è padrona del messaggio di Cristo: importante non è il trionfo della Chiesa o il vantaggio che ne deriva ai cristiani, quello che vale è che la forza e la verità del regno di Dio si propaghino fra tutti gli uomini e le donne del mondo, quindi chiama in causa continuamente la nostra apertura, la nostra capacità di essere luce, il nostro dovere di proporre a tutti la bellezza della vita di Gesù.

26 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica
Trasmissione televisiva

Il messia non è senza sofferenza, ma ne è sicuramente la fine

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 43b-45)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.

Audio della riflessione

Incombe spesso sui nostri giorni la paura di qualche evento tragico, tanto siamo abituati alle disgrazie, a sentire cattive notizie, a sperimentare una estrema fragilità della nostra vita. Questo sentimento ci prende soprattutto quando pensiamo a persone care in pericolo. 

Gesù viveva una intensa amicizia e godeva di una grande fiducia da parte degli apostoli, che gli si erano stretti attorno e condividevano anche i suoi progetti. Quel giorno che disse loro che doveva essere messo nelle mani di gente che l’avrebbe ucciso si rifiutarono di capire, ma rimase in loro questo sentimento di paura, che veniva ad interrompere la lor spensieratezza e la certezza di aver scelto una strada definitiva per la propria vita. ma la strada definitiva del cristiano passa sempre attraverso la croce.

Loro non lo sapevano … l’avrebbero imparato entro una grande fragilità, che ha provocato la loro fuga: avevano paura ad affrontare l’argomento “croce”, come abbiamo paura spesso noi quando andiamo a visitare gli ammalati e riempiamo la bocca di tante false promesse, di tanti modi di dire e non abbiamo mai il coraggio di passare assieme a chi soffre attraverso il suo dolore dalla parte della speranza, della consolazione vera, della apertura alla morte redentrice di Cristo.

Dio è diverso da quello che ordinariamente pensano gli uomini: la rivelazione di Dio nella sofferenza di Gesù scandalizzò allora i suoi discepoli e non ci meravigliamo se noi oggi continuiamo a scandalizzarci.

E’ così anche per noi, per il nostro vivere quotidiano: abbiamo paura di soffrire … ed è giusto, ma non possiamo perdere la speranza noi cristiani, perchè la sofferenza non è mai l’ultima parola sulla nostra vita, come lo è stato per Gesù.

Il dolore è un misterioso evento che cambia il nostro cuore, che mentre fa soffrire redime, rinnova, dà saggezza e pace, soprattutto se lo viviamo unti al dolore di Cristo.

Quando soffriamo abbiamo una certezza: siamo in compagnia sempre di Gesù, che ci apre il cielo per dare senso alla nostra terra.

24 Settembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica
Trasmissione televisiva