L’equilibrio di una vita sempre in dono e la sindrome dell’agenda

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6,30-34)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Audio della riflessione

La nostra vita è spesso divisa tra l’assillo delle cose da fare, la “sindrome dell’agenda” : il sentirsi la vita segnata da impegni, appuntamenti, incontri oltre evidentemente al tempo da dedicare al lavoro, alla famiglia agli elementi costanti di ogni vita e il desiderio di fermarsi, di stare un po’ in pace, di riprendersi in mano la vita, di fare il punto … di mettere a fuoco le cose più importanti, di stare a pregare, se siamo uomini e donne di fede … e viviamo spesso una sorta di lacerazione, perché quando finalmente abbiamo trovato o ci siamo imposti questo tempo di calma, siamo assaliti dalle “cose che dobbiamo fare” e che in questo momento trascuriamo e quando siamo nel pieno delle attività ci assale la voglia di pace.

La stessa situazione – forse – vivevano anche i discepoli di Gesù: mangiati dalla folla e nello stesso tempo desiderosi di stare con Gesù … e Gesù li chiama: “venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po’”.

Sembrerebbe una soluzione facile … smettiamo di farci divorare dalle cose e stiamo a contemplare il Signore della vita!

Gesù passava notti in preghiera, i santi erano fortemente contemplativi: sottraevano tempo a sé per farsi affascinare da Dio.

Ma la folla incalza, insegue gli apostoli e Gesù e preme, chiede. “Ci avete acceso speranze, ci avete tolti dal torpore delle nostre vite senza senso ora non ci potete lasciare, perché la legge del convento dice di chiudere, perché la notte è fatta per dormire, perché c’è un tempo per ogni cosa” e Gesù si commosse. Il Vangelo di Marco ci tiene a far vedere in Gesù una umanità dolcissima. “E si mise a insegnare di nuovo”.

C’è sicuramente un equilibrio da cercare tra l’essere mangiati e il mangiare, tra lo stare e l’andare, tra l’agenda e l’anima, tra la vita di coppia e i figli, ma è un equilibrio sbilanciato verso il dono, verso una vita capace di trovare il senso, la santità, la bellezza non solo in alcune isole di tempo, ma sempre, anche quando abbiamo l’impressione di esserne privati.

21 Luglio 2024
+Domenico

Ogni cristiano deve fare dono del Vangelo a tutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6, 7-13)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Audio della riflessione

Chi ha dimestichezza con le vite dei santi sa che alla base della loro opera, che spesso è di grande portata, di grande impegno anche organizzativo, c’è sempre una assoluta fiducia in Dio, che chiamano “Provvidenza”; Soprattutto quando si interessano dei poveri riescono a portare avanti opere di assistenza grandiose solo con l’aiuto di Dio.

C’è un’altra opera nel mondo che è altrettanto importante come le opere di carità, perché ne sta alla sorgente: è l’opera di evangelizzazione, cioè l’impegno di far giungere a tutti la Parola di Dio, il dono del Vangelo, la conoscenza di Lui, la speranza ….

Per questa opera ogni cristiano si deve mettere a disposizione!

Nel Vangelo si racconta di Gesù che dà mandato ai suoi discepoli di mettersi in viaggio per questa opera di sensibilizzazione della gente nei confronti della buona novella: li mandò a due a due.

I suoi apostoli, il suo gruppo, la sua squadra … doveva cominciare ad affrontare direttamente – e non stando sempre coperti dall’ombra del maestro – il compito dell’annuncio: Loro sono i primi missionari, i primi mandati, i primi continuatori del suo compito nel mondo … e vanno, ma con alcune indicazioni precise.

La Parola di salvezza ha in sé soprattutto la sua potenza salvatrice, non è legata all’apparato degli strumenti, alla potenza dei mezzi, ma si basa solo sul potente aiuto di Dio.

Chi va ad annunciare il Vangelo, deve fare un atto di fede in Dio, deve sapersi abbandonare in Lui, deve trovare la sua forza soltanto nella grazia di Dio: Bisaccia, denaro, borsa, sandali appesantiscono soltanto il cammino!

La povertà è segno efficace della fede nel Signore: Senza povertà non c’è fede, se non a parole!

Noi non riusciamo mai a fare un salto di qualità nella vita di fede proprio perché siamo troppo attaccati a noi: non siamo disposti ad abbandonarci totalmente al Signore.

Di fatto dopo la morte di Gesù Pietro e Giovanni sapranno offrire l’aiuto di Dio al povero storpio che incontrano dicendo semplicemente appunto: “oro e argento non ho, ma quello che ho te lo do: nel nome di Dio alzati e cammina”.

E’ Dio che salva! è Lui la nostra felicità: non sono i nostri accomodamenti o le nostre parole, i nostri apparati …

Le opere più grandi la chiesa le ha fatte quando era povera, ma ricca soltanto di Dio: Lui ci ha promesso che non ci abbandona mai!

Al ritorno molti discepoli saranno delusi: anche per loro si ripete l’esperienza di Gesù di fronte alla libertà degli uomini: molti non lo hanno seguito.

Quando l’ebreo tornava a casa dopo essere stato in ambienti pagani scuoteva la polvere dai sandali: i discepoli faranno lo stesso non per dire: «io ho fatto di tutto, voi non mi avete ascoltato, andate al diavolo!» ma per richiamare a ciascuno la propria responsabilità, la necessità di decidere!

In un mondo come il nostro occorre deciderci da che parte stiamo, in piena libertà, ma dalla parte del nostro buon pastore.

14 Luglio 2024
+Domenico

La fede è sempre una novità, mai un adattamento

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6, 1-6)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Audio della riflessione

Siamo un po’ strani come persone: quando siamo chiamati a credere ci portiamo sempre in un mondo non nostro, non quotidiano. Abbiamo bisogno di cose grandiose, di fatti eccezionali, possibilmente inspiegabili, meglio ancora se favolosi. Così è stata anche la mentalità dei compaesani di Gesù. Non riuscivano a credere che Dio si potesse manifestare in questo carpentiere, in questo semplice compaesano di cui tutti potevano dire data di nascita, famiglia, mestiere, abitudini, complicità. Dio si manifesterebbe in questo giovane qualunque, in questo Gesù di cui si sa tutto?

Ogni volta che siamo chiamati a fare un salto di qualità nella nostra vita per vivere la fede abbiamo bisogno di uscire dalle frontiere che la nostra vita quotidiana delimita e impone. Rischiamo di rifiutare Cristo e di imitare le durezze di cuore dei nazareni, che faceva fatica anche Gesù a capire ogni volta che mettiamo in atto una attesa straordinaria, un misticismo facile una sacralità forzata. E’ la persona di ogni giorno che deve essere misurata sul metro di Dio e riconosciuta in Lui. I compaesani di Gesù ammettono facilmente che le cose dette da Gesù e fatte da lui non hanno origine umana, sono un dono dall’alto, ma non riescono a capire che Dio sia strettamente legato a un uomo concreto. Che Dio abbia agito in maniera definiva nella persona e nell’azione di Gesù è scandaloso.

Ecco perchè anche nella nostra testa la rivelazione di Dio è sentita come un attacco alla nostra mondanità e carnalità. La carne e il sangue, la patria, il colore della pelle, il buon senso non superano lo scandalo della nostra fede che ci dice che la Parola di Dio si è fatta carne. Dio non è il Signore astratto, generale della storia; Dio è scritto dentro un pezzo di storia concreta, in un brano di storia, quella di Gesù e da lì tutti vogliamo e dobbiamo passare. Dio nessuno l’ha mai visto: Gesù ce ne ha fatto fare esperienza decisiva. Così anche da noi oggi questo Gesù rischia di essere confinato in una sua umanità passata, invece che essere ancora oggi e sempre il vero volto di Dio, la nostra salvezza.

7 Luglio 2024
+Domenico

Condannata all’isolamento oltre che alla sofferenza

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 5,21-43)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Audio della riflessione

C’è un curioso episodio nel Vangelo di Marco: Gesù ha iniziato da poco il suo cammino deciso e travolgente … dove passa crea speranza, scuote le persone dubbiose, trascina chi sa sognare … così chiama i suoi collaboratori, che lasciano, case, campi, mestiere e lo seguono.

La sua visione della vita è affascinante, la sua capacità di leggere le aspirazioni profonde del cuore è sorprendente: ti senti interpretato dalla sua visione della vita … vieni trafitto dai suoi sguardi intensi … ti senti scosso dalle sue invettive, dai progetti, dalla novità delle sue intuizioni e visioni di futuro …

Alla gente non par vero di potersi togliere dal torpore di una vita monotona, dalla stessa cappa di una religiosità ridotta a riti scontati, a ripetitività di formule che lentamente hanno nascosto il volto di Dio.

Ebbene attorno a Gesù si fa calca, né lui fa qualcosa per schivare la gente: si ferma, dialoga, ascolta, alza la voce, richiama, conforta.

C’è pure una donna tra la gente che accorre a lui: è afflitta da una malattia maledetta, perdita di sangue; per questo tipo di malattia la legge è molto dura e categorica: è una situazione di “impurità” e deve assolutamente evitare ogni contatto umano.

Per la donna è una situazione invivibile: ha fatto di tutto per uscirne, per ricuperare salute e soprattutto possibilità di vivere una vita normale nella società, nel mondo delle relazioni umane … ha speso tutti i suoi soldi. Niente! Condannata all’isolamento oltre che alla sofferenza!

Ma quando sente parlare di Gesù, di questo regno, di un Dio che non ha creato la morte, che non gode per la rovina dei viventi, che ha creato tutto per l’esistenza e che ha fatto in modo che tutte le creature del mondo siano portatrici di senso e di salvezza, si fa un suo progetto: «con questa malattia la legge mi imprigiona e non mi permette di toccare nessuno, ma questo Gesù è la salvezza! Lo devo toccare, non oso parlargli, non sono all’altezza di una richiesta, ma non è giusta la prigione in cui sono chiusa: mi basta toccare la sua veste e il suo mantello».

E quel tocco la guarisce!

Gesù, che non sta facendo servizi davanti alle telecamere, ma che sta incontrando la grande sete di un Dio vero, si accorge e le dice che non è avvenuto niente di “magico” in lei: la chiama “figlia” annullando ogni distanza.

Quel che è avvenuto è dovuto al coraggio della sua fede.

30 Giugno 2024
+Domenico

La nostra vita è come una barca, dove sta Gesù?

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc4, 35-41)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Audio della riflessione

Ogni mattina ci si alza e da semi-automi si procede, si va a scuola, si va a lavorare, ci si diverte, si sta assieme… Poi un giorno capita qualcosa che sconvolge tutto: è una esperienza di dolore, come la morte, come la malattia, come un tradimento oppure è un fatto che hai ritenuto da routine invece ti cambia la vita, come un posto di lavoro o una amicizia che si rompe o si deteriora. Spesso è una ingiustizia, che non t’aspettavi, una indefinita svogliatezza che ti toglie il sapore alla vita, un non trovare ragioni per continuare come prima.

Qualcuno la chiama depressione e comincia a ingoiare antidepressivi. La soluzione dei nostri problemi sta nella chimica. Di fatti qualcun altro riempie il vuoto con alcool o con spinelli, con droghe o con ubriacature. È salutare sentirsi in pericolo, accorgersi che non tutto fila liscio, che c’è nella vita una emergenza. Dio ci ha dato dei buoni sensori per capire quello che stiamo facendo nella vita, ci permette prima o poi di prendere coscienza che c’è qualcosa che non va. La barca è ormai piena di sofferenze, di dolori, di errori, di sfortune, di cose insopportabili.

Buon per noi se in questo stato andiamo a cercare aiuto, vogliamo trovare qualche riferimento che ci permette di stare in piedi, di capire, di dare un senso a quello che ci capita. Quel Dio che prima ritenevi un soprammobile ora lo cerchi, lo accusi, lo chiami in causa. Ma tu dove sei? Perché mi fai capitare tutto questo? E scopriamo che Dio è assente dalla nostra vita. stavolta non se ne cura, sta dormendo beatamente. È assente, non risponde, non risolve un bel niente, è solo un peso. Ma che fai? Come ti permetti di giocare sulle nostre vite? Che significa questa tuo assoluto estraniamento?

È la domanda di molti di fronte al male del mondo, di fronte alle sfortune della vita, di fronte alle morti degli amici, di fronte alle ingiustizie. Molti ragazzi cominciano ad abbandonare la chiesa, la pratica, la parrocchia perché si ribellano all’assenza di Dio, perché credono che Dio dorma sulle loro vite e le loro vicende.

Il sonno, il silenzio o l’assenza di Dio suscita in noi paura e disappunto, più che una domanda che va alla radice del problema. Non abbiamo il coraggio di domandarci prima: ma io credo in Dio? Ho fede in Lui, ho sperimentato la bellezza dell’abbandono nelle sue braccia? So di stare a cuore a lui? Ci credo davvero? Mi sono mai affidato a Dio con qualche preghiera? Il cero che vado ad accendere per il compito di matematica è scaramanzia, paura o affidamento?

In questo dolore che si prova Dio è sparito, ma non c’era già più da un pezzo. È da una vita che tu vai avanti senza riferirti veramente a Lui, senza interpellarlo sul tuo futuro, sulla tua vocazione. Ti sei già ridotto a pensare la vita come un destino e speri di essere fortunato. Fortuna si chiama la presenza di Dio, non fede. Ci fu un tempo in cui si ricorreva alla dea fortuna. Lo svegliano e lo rimproverano. Non ti importa che moriamo? È un grido e un rimprovero, è una disperazione e una rabbia, è una constatazione e una pressante richiesta. E Gesù ancora una volta ti dice:

Tu sei un palpito del cuore di Dio e vuoi che a me non importi niente di te?  Io ti ho amato fino a morire per te e tu credi che io abbia abbandonato la mia missione? Tu mi sei stato affidato da Dio, mio Padre e credi che io non sia deciso a fare tutto quello che è necessario per te? Sono io che dormo o sei tu che non hai fede?

23 Giugno 2024
+Domenico

La forza del seme piccolo e quasi invisibile

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 26-34)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Audio della riflessione

Ogni persona custodisce in sé una grandezza unica. Ci sembra di essere nessuno, di sentirci pure ignorati o schiacciati, ma ogni persona ha la forza di un seme che il Creatore gli ha posto dentro con amore. E Dio ha tutto un suo modo di coltivare e far fiorire i semi, la sua parola che ci ha scritto dentro ogni vita, l’inizio invisibile del suo regno in noi.

Esso ha l’aspetto della piccolezza, ma la forza di una concretezza, la parola e l’amore diventano storici con una presenza povera, nascosta e silenziosa, come il sale che dà sapore se non è avvertito, come il lievito che fa fermentare la massa se si dissolve in essa e come la luce che illumina senza essere vista, una fiaccola che si accompagna nel cammino spesso tortuoso di ogni giorno; per il cammino della vita in profondità non serve un faro che acceca, ma una fiaccola che fa compagnia, così spesso ci dice papa Francesco.

Saper aspettare con pazienza è quello che ci dice Gesù del suo regno, del mondo bello da tutti sognato, della giustizia, della stessa felicità vera. Lui andava per ogni città a predicare, gettava il seme, ma poi si doveva aspettare che la Parola lavorasse con pazienza nella coscienza delle persone. E sembrava che non succedesse niente, che all’orizzonte non si vedesse nessun cambiamento, che la predicazione di Gesù fosse inutile. Noi vorremmo vedere subito i risultati, siamo malati di efficientismo, di produttività. Invece occorre sempre agire come se tutto di pendesse da noi, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio.

Questo è vero in tutte le attività in cui viene interpellata la libertà e la coscienza delle persone, soprattutto in campo educativo. Educare significa far crescere e la crescita ha il ritmo del seme. L’amore ha il ritmo del seme, del dono paziente e dell’attesa vigile, della accoglienza e della disponibilità. Una delle cose che mancano di più oggi è proprio la pazienza, la capacità di attendere fiduciosi, la consapevolezza che se si è seminato, i frutti verranno.

Occorre però saper guardare molto in avanti, non avere la vista corta, sempre ripiegata sui nostri piccoli problemi, avere la forza di progettare e non sempre soltanto di farci travolgere dai problemi dell’oggi. Sedersi assieme genitori e figli e sognare il futuro, mettere le basi di una intesa profonda serve di più che litigare ogni giorno per le incomprensioni che costellano la nostra vita. 

16 Giugno 2024
+Domenico

Diventiamo consanguinei di Gesù solo se obbediamo a Dio Padre

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3,20-35)


In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.
In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

Audio della riflessione

Se ne sentono tante di idee oggi in giro anche riguardo alla religione. Ti sembrava di avere acquisito qualche buona idea, qualche saggio comportamento legato alle tradizioni, al buon senso, ad abitudini collaudate e invece senti dire che non va più bene questo, non è più esatto quello, occorre comportarsi in maniera diversa. Ogni tanto appare un predicatore che ti sconvolge e non sai più a chi credere. Se resti abbarbicato alle tue idee passi per sorpassato, non all’altezza dei tempi moderni; se cambi e ti adatti, ti sembra di aver tradito qualcosa di grande che ti aveva permesso di vivere con onestà.

Era capitato qualcosa del genere alla gente che ascoltava Gesù. Si domandavano: ma questo che dice? Ci fa nascere speranza quando parla, ma non è proprio come quello che noi comunemente ci siamo imparati nelle nostre frequentazioni della sinagoga. E’ un insegnamento che esige una conversione dai nostri modi di pensare. Ma prima di cambiare dobbiamo vedere bene di che si tratta. Potrebbe essere anche il demonio che ci tenta.

Ecco la prima grande accusa: Gesù è un demonio che ci porta al male. Forse perché era scomodo ascoltarlo, forse proprio perché metteva in discussione il loro modo di aver ingabbiato Dio nelle loro abitudini. E Gesù con pazienza a far capire che è troppo comodo chiamare demonio il suo invito alla conversione, è una buona scusa che non ti permetterà mai di uscire dalle tue sicurezze, dai tuoi peccati, dalle tue posizioni errate. Dire che Gesù è un demonio è una bestemmia imperdonabile.

Capita anche a noi oggi per le nostre comodità di opporci a ogni cambiamento in meglio della nostra vita, di adagiarci sul buon senso, che è anche un buon maestro, ma non è sufficiente a offrire ragioni vere di vita. Di buon senso si può morire. Il buon senso ti dice che se non vai d’accordo in casa puoi separarti, se trovi che un’altra persona ti rende felice e invece tuo marito no, puoi tranquillamente cambiare; che se non puoi mantenere un altro figlio, puoi tranquillamente abortire; che se  hai una buona occasione per far soldi, basta che non si veda anche se è disonesto lo puoi fare; che se hai occasione puoi sempre arrotondare, che qualche avventura sentimentale è permessa, ti muove un po’ la vita. Questo sarebbe cristianesimo? La speranza nostra è un’altra è di poter avere qualcuno che ci dà luce, convinzioni difficili da vivere, ma vere.

Il buon senso portava anche i compaesani di Gesù a legarlo alla sua famiglia e Lui li sconvolge dicendo che la parentela con Lui è solo nel fare la volontà di suo Padre. Ce ne è voluto di tempo perché loro capissero di che padre si trattava.  Noi non abbiamo scuse se non abbiamo ancora capito che diventiamo suoi fratelli, suoi consanguinei se ci facciamo obbedienti a Dio Padre.

09 GiugnoIn quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».
Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.
In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

9 Giugno 2024
+Domenico

Il Signore Dio nostro è l’unico Signore e tu ama Dio e il prossimo

Una riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 12, 28b-34)


In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Audio della riflessione

La necessità di semplificare, non di fare i sempliciotti, oggi è assolutamente prioritaria. In un mondo pieno di informazioni, invaso da immagini, destabilizzato dall’esasperazione delle emozioni e dei sentimenti è necessario avere qualche punto fisso da cui guardare la vita, soprattutto è necessario avere capacità di sintesi, cioè la possibilità di dare unificazione al nostro pensare. La vita non è una somma di fatti, un susseguirsi disordinato di eventi, ma è una storia composta di avvenimenti nella coscienza di ciascuno, un filo d’amore che Dio tesse nella vita di tutti e tocca a noi intercettare, rendere consistente, offrire come corda di solidarietà a tutti. Così è della nostra vita cristiana.  

C’è un punto unificatore di tutto? Esiste una scelta di base che dà significato a tutta l’esistenza, che permette di valutare e rivedere, di riorientare e ritrovare forza dopo le immancabili cadute e defezioni, dopo lo smarrimento e la debolezza dei nostri comportamenti? C’è nel cristianesimo un principio base che giudica tutte le alterne vicende della nostra vita? L’aveva anche il popolo di Israele. Era lo shemà israel: ricordati, ascolta Israele: il Signore Dio nostro è l’unico Signore.  

Anche Gesù lo ha imparato dalle labbra della mamma, lo ha ripetuto tante volte quando andava in sinagoga come ogni bambino ebreo e lo ripropone carico della novità assoluta dell’amore di Dio fatto carne in Lui al nuovo popolo dell’alleanza, a tutti i cristiani che erano allora, che sono e che verranno.  

Ama Dio e ama il prossimo. Non fare separazioni che sarebbero ben comode, non fissarti su uno o sull’altro se vuoi rispondere seriamente alle esigenze che io ho seminato in te: ti ho messo dentro una nostalgia di Dio grandissima e non sarai felice se non la seguirai; ti ho messo dentro una assoluta necessità di stare con gli altri, di amare e vivere in pace con tutti gli uomini e la loro compagnia ti sarà strada di felicità se li amerai.  

Sono un unico amore, ma attento: non li separare mai, non viverli mai in alternativa, non dare all’uomo quel che è di Dio e non depositare in Dio quello che devi assolutamente ai tuoi simili. È un riferimento semplice, ma è impegnativo, come si è sempre impegnato Dio per noi perché Lui è un Dio non ci abbandona mai. 

06 Giugno
+Domenico

La vita futura dell’umanità

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 12, 18-27)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».

Audio della riflessione

La nostra vita finisce qui tra queste quattro strade che percorriamo ogni giorno per andare a lavorare, a studiare, a fare la spesa? I nostri giorni sono inscritti e delimitati da questi orizzonti pur belli, ma chiusi su cui ci muoviamo? C’è un futuro a questi giorni, la polvere di ossa consumate o i tristi loculi di un cimitero sono la nostra fine? Abbiamo in cuore una insopprimibile esigenza di oltre, di futuro, di apertura a orizzonti e spazi infiniti. Il cielo che ci sovrasta, che tentiamo di bucare con ogni sorta di sforzo tecnico e che ci meraviglia per le dimensioni grandissime che ha, ci apre  a sogni di eternità. La nostra vita non può ridursi al niente. E’ il desiderio di ogni uomo. L’avevano anche i contemporanei di Gesù. “Vennero a Lui dei sadducei i quali dicono che non c’è risurrezione”.

 In un mondo religiosissimo come quello di Gesù, in cui la presenza di Dio era parte integrante della vita personale e pubblica e non era assolutamente messa in dubbio, si stentava a credere in un futuro di risurrezione. Allora Gesù molto semplicemente li fa ragionare. Che Dio è quello di Abramo, di Isacco, di Giacobbe? E’ il custode di un cimitero, assiste imperturbabile alla distruzione definitiva della vita delle sue creature? Si accontenta di mettere al mondo dei giocattoli che alla fine si rompono irreparabilmente e spariscono? O è un Dio che costruisce eternità, vita per sempre? Oggi noi facciamo più fatica a credere nella risurrezione, perchè abbiamo tolto dall’orizzonte Dio, ma se Dio sta nella nostra fede, allora è bello pensare che la nostra vita non avrà mai fine, ma si troverà al suo vero posto in Lui. E’ sicuramente un fatto non immaginabile e tutte le nostre congetture peccano sempre di adattamento al ribasso.

Per capire come sarebbe stato il mondo dopo la nostra morte i sadducei hanno fatto a Gesù la classica domanda di chi poteva essere moglie nell’aldilà una donna che aveva sposato sette fratelli dopo la morte di ciascuno di essi. Non abbiamo proprio fantasia, o non vogliamo averla. Immaginiamo la vita in Dio come un tranquillo accomodamento delle nostre vite nel tempo. E’ come quando sei nella nebbia e continui a pensare che è meglio avere fari sempre più capaci di fenderla, mentre invece la vera risposta è il sole, qualcosa che va al di là e al di sopra delle nebbie.  Così sarà la nostra vita in Dio oltre le nostre piccole fantasie, nella sua grandezza e bontà, nella radice di ogni nostro amore che è solo una pallida ombra del suo. E’ la speranza cristiana. Di questa speranza voglio sempre vivere

5 Giugno 2024
+Domenico

Che governo deve scegliere il cristiano?

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 12, 13-17)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
 Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
 Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
 Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.

Audio della riflessione

Gesù era sicuramente una personalità molto convincente e definita; non aveva mezze misure, sapeva dire pane al pane e vino al vino. Non temeva confronti, non si adattava, né faceva il camaleonte. Era veritiero, non si faceva intimorire da nessuno, insegnava con verità la via di Dio. Coglieva l’astuzia dei suoi accusatori che sotto complimenti così precisi (tipo: sappiamo che sei veritiero, che non guardi in faccia a nessuno…) nascondevano sicuramente un tranello. E Gesù, da par suo non si tira indietro e si presenta con la sua massima sincerità; non teme la morte e tuttavia qui capendo che la domanda non è sincera, ma un tranello, non ne accetta l’impostazione. Secondo gli Erodiani o si pagava il tributo a Cesare e si accettava un sacrilegio; se lo si fosse rifiutato sarebbe risultato un ribelle.

Gesù non è d’accordo né con gli uni, né con gli altri. Tutti assolutizzano una realtà relativa, quale era il tributo e l’immagine del Cesare scolpito sulla moneta. Gesù non voleva che il servizio a Dio, la scelta di mettere al primo posto il Signore si riducesse a pagare o non pagare il tributo. Si poteva pagare il tributo senza rinunciare per questo al primo comandamento. Si può conservare intatta la fedeltà a Dio anche pagando un tributo. Era né con gli zeloti, né con gli erodiani. Aveva da educare anche alcuni degli apostoli che erano zeloti di estrazione. Simone detto appunto zelota, Giuda iscariota e i figli di Zebedeo.

L’alternativa alla dominazione romana non era per Gesù un governo nazionale ierocratico, religioso e non lo era mai stato prima. Gesù era un critico spietato dell’élite orgogliosa e ipocrita, ambiziosa e rapace che poi lo ucciderà pure per conservare l’ordine e la legalità.

I termini dell’alternativa non sono Dio e Cesare, ma Dio e ogni tipo di movimento umano, anche chiamato di liberazione, che in qualche modo intende occupare il monopolio assoluto che compete solo a Dio. Il potere, compreso il potere liberatore o il massimo di efficienza e di concentrazione di esso in regimi totalitari, porta in sé il virus della pretesa assolutista. Per questo il profeta resta sempre ad una discreta distanza dal potere e la fede non si deve asservire a nessuno.

4 Giugno 2024
+Domenico