Vista lunga, cuore attento, manca sempre una luce vera

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,41-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Audio della riflessione

Il vangelo ci presenta un povero cieco, figlio di Timeo i cui giorni passano lunghi e tristi, la vita si piega a intercettare i passi buoni, i rumori della gente di speranza. Come tanti nostri giorni che passano su orizzonti chiusi senza mai capire dove siamo, verso che cosa andiamo, adattati al ribasso, ripiegati su noi stessi, in un vicolo chiuso, ciechi noi stessi perché non vogliamo o non possiamo vedere al di là del nostro interesse, della nostra passione, del nostro calcolo. Non è neanche una vita in bianco e nero, è solo tutto grigio. Un giorno passa Gesù s’accorge e lo chiama. Un balzo contro ogni prudenza, non gli interessa di sbattere contro un muro o un palo; butta là il mantello: Signore che io torni a vedere. E Gesù: la tua fede ti ha salvato e quello comincia a vedere. Ha voluto con tutto sé stesso quel dono e Gesù non glielo può negare. È balzato prepotentemente in una vita piena. 

Potremmo paragonare la nostra vita a quella di questo povero cieco. Per vedere occorrono almeno tre cose: gli occhi buoni, le cose da vedere e la luce. Al cieco ne mancava una, importante: gli occhi. A noi invece che cosa manca? Gli occhi ci sono; belli da morire, collirio, trucco, occhiali, lenti a contatto, sopracciglia finte, piercing, brillantini lì vicino così almeno uno se non mi guarda negli occhi, guarda lì vicino. Le cose da vedere ci sono: bei ragazzi, belle ragazze, opere d’arte, una natura bella, un autunno da favola. La luce c’è. Sempre troppa. Quindi non ci manca niente. Non ho bisogno di Gesù. Grazie non sono cieco non mi interessi. Ma siamo proprio sicuri di vedere bene tutto? Siamo sicuri che abbiamo un orizzonte largo abbastanza da vedere le cose vere della vita? Riusciamo a vedere la strada da fare per diventare persone buone, affidabili, generose?  

Vediamo il bene che c’è nelle persone o vediamo solo il male? Abbiamo occhi che ci permettono di capire il cuore dell’amico, di colui che giura sul vangelo che mi ama e vuole le prove per ingannarmi, per vedere se mi imbroglia o no? Sappiamo vedere se c’è amore in chi mi sta accanto?  

Spesso purtroppo manca tutto e occhi e cose e luce. Lo Spirito Santo è questa luce, che mi permette di guardare a fondo nella vita, di non stare sulla superficie. Siamo ciechi su queste cose perché ci accecano tutte le stupidate che vogliamo vedere spesso in Internet. Ci è mai capitato di entrare in una stanza dopo che siamo stati al sole? Oppure di parlare da un palco dove ti puntano contro tutti i fari possibili? Non ci si vede niente almeno per un po’.  

Ecco di fronte alla vita siamo così. Abbagliati dal niente e non riusciamo a vedere il vero, il bello, quello che conta. Lo Spirito Santo che ci è stato regalato anche in quest’ultima Pentecoste è questa luce, nuova. 

Come si fa a ingaggiare questa luce, dove è l’attacco a questo contatore?  È il tabernacolo dove c’è sempre il corpo e il sangue di Gesù e l’innesto è la comunione con l’Eucarestia. 

30 Maggio
+Domenico

Aiutaci Signore a fare sempre della nostra vita un dono

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,32-45)

In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo e Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».
Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione

La pretesa di occupare posti di onore e di dominio, di rilevanza sociale e di controllo sugli altri è una malattia molto comune. Ci sono persone che vivono sempre e solo alla ribalta, che in un mondo che dà importanza alle immagini, vivono solo di esposizione ai media, che soprattutto hanno un desiderio costante di primeggiare e di comandare, di imporre le proprie idee sugli altri, di definirne la vita. Oggi i modi per far questo sono tanti: alcuni pacchiani e ben visibili, altri un po’ più defilati, ma non meno efficaci. C’è da decidere se la vita si realizza al massimo nel farne dono a qualcuno o se invece è una battaglia per vedere chi comanda di più, chi si fa maggiormente i suoi interessi, a danno degli altri.  

Gesù davanti a due suoi discepoli che vengono allo scoperto a chiedergli un posto d’onore nel suo famoso regno di cui parla spesso, è molto deciso. Alla ricerca di posti d’eccellenza, alla pretesa di avere conquistato ruoli rilevanti, oppone la radicalità di una vita donata al servizio. A coloro che vogliono sovrastare e asservire, imporsi e comandare dice molto esplicitamente: tra di voi non è così; il criterio del Regno è esattamente il contrario. Nel Regno di Dio il più grande è colui che serve, è colui che si sente solo servo, che sa realizzare la sua vita nell’umiltà, colui che mette la sua esistenza a servizio degli altri, colui che sa ritirarsi e far crescere, che sa vivere una vita da mediano, che offre sempre agli altri la possibilità di crescere, di realizzare i suoi sogni di bontà. 

 Aveva appena parlato loro della croce che l’aspettava, della passione che avrebbe dovuto soffrire per amore e solo per amore, che li avrebbe sconvolti e loro non riescono a capire, non vogliono aprire gli occhi su questa sconvolgente novità: un Dio che si fa debole e si fa crocifiggere per portare salvezza. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, soprattutto se si è accecati da visioni di potere non si vede più niente, quando si è autocentrati, si vive da prigionieri. L’orgoglio è una prigione, non è un cielo per volare, ma una corte per razzolare. Solo la grazia di Dio ci può aiutare a impegnare tutto noi stessi nel servizio, ad aprire gli occhi sulla verità della nostra vita.  

29 Maggio – Memoria di S.Paolo VI, papa
+Domenico

Ti abbiamo seguito perché siamo sicuri che tu ci riempi la vita

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,28-31)

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

Audio della riflessione

Ci nasce spesso la domanda: tutto quello che sto facendo, i sacrifici che affronto nella vita quotidiana, l’alzarsi presto al mattino, andare a lavorare, affrontare ogni giorno qualche nuovo dolore, impegno, districare vite che si ingarbugliano, mettere al mondo figli, faticare per farli crescere, non avere un minuto di tempo per me che vantaggio mi porta? ne avrò un qualche bene? Sarò prima o poi felice? C’è davvero di là un paradiso, o è un tipico inganno per non farmi riflettere e tenermi soggiogato da doveri, morale, comportamenti che farei saltare molto volentieri?  

Gesù, noi abbiamo lasciato tutto per venirti dietro. Avevamo un buon lavoro, avevamo una vita decente, anche se un po’ insoddisfacente, avevamo un mestiere, degli affetti. Sei passato tu, ci hai incantati e ti abbiamo seguito; abbiamo fatto tanta strada con te, ci hai scaldato il cuore, abbiamo capito tante cose, ma che ne sarà di noi? C’è qualcosa di più bello e di più grande che raggiungeremo? Questa gioia, che promana dal tuo volto, sarà anche la nostra? 

Che cosa ci si guadagna a essere cristiani? È una domanda giusta? Certo tutti vogliamo sapere che se quello che facciamo ha un valore, porta a dei risultati per i quali vale la pena di sacrificarsi, vogliamo avere certezza di non aver speso la vita invano. 

E Gesù non si tira indietro. Non c’è nessuno che abbia lasciato padre, madre… abbia impostato la sua vita sulla mia parola, abbia fatto della fede l’investimento più grande della vita che non abbia ricevuto in dono la felicità. Incontrerà anche persecuzioni, come le ho dovute affrontare io, ma non vi rendete conto di quanto grande sia la pienezza di vita che vi spetta.  

E, se siamo sinceri, vediamo che i nostri stessi sacrifici, già ora diventano gioie e soddisfazioni. L’aver la coscienza pulita, proprio perché l’onestà ci è costata, è già in se una felicità. Poter alzarsi tutte le mattine, anche presto per andare a lavorare, ma con la coscienza che non ti rimprovera niente, con la sensazione vera che stai nella bontà di Dio e che non hai mai fatto male a nessuno, è una forza di vita incalcolabile. Amare la pace e non la guerra, aiutare chi sta peggio di te, vedere gente che riesci a rendere contenta, salvare da fallimento chi ne sta affogando, avere figli che ti sono costati, ma che hanno imparato a vivere e se soffrono hanno forza di andare avanti… non ti rende felice?! 

A Brescia oggi si ricorda, e se ne rivive il dolore, la strage di una bomba assurda e assassina di 50 anni fa, di cui io ho sentito da vicino il boato e l’eco di ritorno … tu non avresti fatto di tutto per fermare quelle mani e quelle teste impazzite?! 

E Dio, che non ci abbandona mai, non mancherà di essere tutta la nostra felicità. 

28 Maggio
+Domenico

Voglio avere una vita piena, alla grande

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10,17-27)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Audio della riflessione

Voglio avere vita piena, voglio una vita alla grande, non mi interessano le mezze misure, non mi adatto al galateo con cui mi state ingessando la vita. Vivo una vita sola e la voglio vivere al massimo. Non mi dire che bisogna tenere i piedi per terra, che devo cominciare a mettere la testa a posto, che è finito il tempo delle pazzie. Non voglio limiti, non m’interessa se è una vita spericolata o piena di guai, io voglio vivere una vita piena.  

Queste parole o simili, ma sicuramente questa decisione e questa radicalità ha espresso quel giovane a quel Gesù che passava in uno dei tanti viaggi in giro per la Palestina. La frase del vangelo: Maestro che devo fare per avere la vita eterna non traduce per noi oggi questo bisogno di vita piena, anzi la parola vita eterna siamo abituati a sentircela dire solo ai funerali, proprio quando la vita non c’è più e la fede nel futuro vacilla. Gesù dopo aver scandagliato nel cuore di questo giovane, dopo aver chiarito che si tratta di una domanda grossa che si può misurare solo con risposte altrettanto decise lo guarda. Uno sguardo che ti denuda, che ti mette di fronte a te stesso. Uno sguardo che fa nascere in Gesù amore tenerissimo. Come si fa a non voler bene a un giovane così deciso, che vede così chiaro nella sua vita, che va al nocciolo della questione? Come si fa a rispondere in maniera accomodante o addirittura a ingannare? Come si può trattare da pollo una aquila, mettere occhiali neri a chi vuole e può guardare il sole.  

E Gesù allora gli spara una raffica di verbi: Va’, vendi, regala, vieni e seguimi E lui? non va, ma se ne torna indietro, gira i tacchi, non vende, ma si attacca ancora di più, non regala, ma si seppellisce nella tristezza, non ritorna, ma s’allontana, non lo segue si gira, ma resta tremendamente triste. Perché aveva il cuore fasciato da se stesso prima di tutto prima di tutti e dai soldi.  

La ricchezza ti inchioda sempre, ti toglie gli ideali, è comoda, ma toglie sapore alla vita. Impossibile avere vita piena da ricchi. Solo Dio la può fare compiendo un miracolo. Gesù fammi ‘sto miracolo! 

27 Maggio 2024
+Domenico

Una società fatta a misura di bambini

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,13-16)

In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.

Audio della riflessione

I bambini sono delicati, i bambini sono indifesi, i bambini sono innocenti e hanno diritto ad essere messi al centro della vita dell’umanità. Purtroppo, in questi tempi molti di loro vengono sfruttati, fatti soffrire, maltrattati, arruolati per uccidere e per fare i kamikaze, non rispettati nel loro corpo. Ricordiamo tutti la netta condanna del papa nei confronti degli ecclesiastici pedofili. È una condanna che dovrebbero avere nel cuore tutti. Molti bambini vengono venduti o fatti schiavi, uccisi sotto le rappresaglie dei bombardamenti indiscriminati, fatti morire di fame. La grande emergenza alimentare che si sta verificando in questi tempi, gli aumenti vertiginosi di riso e cereali sta colpendo soprattutto i bambini.  

Gesù sta dalla loro parte, li accoglie, li accarezza, li mette al centro del suo regno. Dice molto chiaramente che non si va in cielo se non si vive, non si pensa, non si guarda alla vita come i bambini. Se non prendiamo da loro esempio, non diamo alla nostra vita la bellezza necessaria per far parte del suo Regno. Chi è il più grande nel regno dei cieli? Si domanderà in un’altra occasione. La risposta è: il bambino. Non è un discorso romantico o sentimentale, ma è andare al cuore della vita cristiana. Il bambino è il centro e l’esempio del regno, perché non possiede nulla, non conta niente, ogni bambino si affida solo al Padre. Il Regno di Dio è fatto da gente che si mette con tutta la fiducia possibile nelle mani del Padre, si abbandona a lui, fa la sua volontà, si sente a casa solo tra le sue braccia, sa di avere in lui la forza della vita e ne sperimenta la consolazione. 

Gesù stava con i bambini, li prendeva in braccio e li benediceva. Il bambino al tempo di Gesù era ritenuto poco più di niente, non entrava nei pensieri della gente che conta, era secondario alla concezione dello stato e della cosa pubblica, per Gesù invece è il prototipo degli appartenenti al suo Regno. Ancora, Gesù capovolge il modo di pensare comune. Anche oggi le città non sono fatte a misura di bambini, le trasmissioni televisive ancor meno. Possiamo far nascere maggior rispetto se tutti imitiamo Gesù, se alziamo lo sguardo a quel cielo da cui Dio Padre non fa mancare il suo sguardo paterno per tutti. 

25 Maggio
+Domenico

L’amore tra uomo e donna è per sempre.

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,1-12)

In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare.
Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Audio della riflessione

È sotto gli occhi di tutti il cumulo di sofferenze che molti vivono nella loro vita affettiva. Avevi sognato da giovane di poter trovare l’anima gemella, metterti assieme, formare una bella famiglia, sono bastati alcuni anni, tante volte alcuni mesi e tutto si è sfasciato. Qualcuno ha cominciato ancora durante il viaggio di nozze. Eppure, sembrava vero amore, almeno secondo le indicazioni dei talk show, delle televisioni, degli stessi amici. Ma tutti ancora ci si ritrova da soli a dover ricominciare, calcolando di più, certo forse non sempre amando di più. Ci stiamo adattando al fatto che chi si sposa oggi deve mettere in conto il fallimento. Per molti non si tratta di fallimento, ma di un inevitabile cambiamento.  

Gesù nel vangelo è molto preciso. Lui che di solito di fronte alla legge è abbastanza capace di leggervi lo spirito profondo anche oltre la lettera, riguardo al matrimonio, proprio per questa profondità di penetrazione nella legge di Dio, ne mette in evidenza l’assolutezza. Di fronte a chi riteneva, come noi oggi, che il matrimonio deve durare fin che è possibile, fino a quando uno dei due decide che l’esperienza si può concludere, dice chiaramente: “ci stiamo sbagliando alla grande, all’inizio non era così: i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. Dunque, ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi”.  

Come? con tutti i torti che mi ha fatto, con tutta l’incompatibilità di carattere, con i soprusi, con i dispetti, con la cattiveria… Potremmo continuare a censire i motivi per dire che abbiamo ragione. Ma quando ci si sposa è Dio che entra in azione, quasi per una nuova creazione, è lui l’autore di quel dono e se lo custodisce come un bene prezioso. Forse non l’abbiamo capito fino in fondo, quando ci si stava preparando a sposarsi ci si preoccupava di tutto fuorché del vero amore, si stava giocando, non si immaginava che occorresse partire dal grande amore di Dio, prima che dai nostri balbettii per capirne la portata, per trovarne l’ispirazione e la forza.  

Due che si preparano al matrimonio sono palpiti del cuore di Dio che tentano di battere assieme e occorre stare cuore a cuore a Dio per imparare. Dice papa Francesco: L’alleanza d’amore tra l’uomo e la donna, alleanza per la vita, non si improvvisa, non si fa da un giorno all’altro. Non c’è il matrimonio express: bisogna lavorare sull’amore, bisogna camminare. L’alleanza dell’amore dell’uomo e della donna si impara e si affina. Mi permetto di dire che è un’alleanza artigianale. Fare di due vite una vita sola, è anche quasi un miracolo, un miracolo della libertà e del cuore, affidato alla fede. Dovremo forse impegnarci di più su questo punto, perché le nostre “coordinate sentimentali” sono andate un po’ in confusione. Chi pretende di volere tutto e subito, poi cede anche su tutto – e subito – alla prima difficoltà (o alla prima occasione). Non c’è speranza per la fiducia e la fedeltà del dono di sé, se prevale l’abitudine a consumare l’amore come una specie di “integratore” del benessere psico-fisico. L’amore non è questo! Il fidanzamento mette a fuoco la volontà di custodire insieme qualcosa che mai dovrà essere comprato o venduto, tradito o abbandonato, per quanto allettante possa essere l’offerta. “C’è ancora qualche speranza che questo amore si riprenda?  

24 Maggio
+Domenico

A lezione di vita da un cieco

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10,46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Audio della riflessione

Questo cieco è talmente concentrato su ogni piccolo brusio, su ogni tipo di passo che a distanza ti sa dire chi passa. È una vita che sta seduto sulla strada e mendicare.  

Alcuni si fermano a parlare con lui e soprattutto gli dicono che in altri paesi c’è un uomo di nome Gesù, che sa restituire ad ogni uomo la sua dignità; non fa il medico, non è un mago, non fa il prete del tempio, continua a parlare di Dio come nessuno mai ha fatto: non chiede soldi, ma fede; non gli interessano quelli che contano, ma quelli che stanno male e che soffrono.  

E per questo povero cieco, figlio di Timeo i giorni passano lunghi e tristi come tanti nostri giorni che passano su orizzonti chiusi senza mai capire dove siamo, verso che cosa andiamo, adattati al ribasso, ripiegati su noi stessi, in un vicolo chiuso, ciechi noi stessi perché non vogliamo o non possiamo vedere al di là del nostro interesse, della nostra passione, del nostro calcolo. Non è neanche una vita in bianco e nero, è solo tutto grigio. 

Ma all’improvviso sente un movimento strano, un vociare nuovo: è la gente che si lascia scappare sempre più forte il nome di Gesù. Gli scatta una molla dentro, non ce la fa più e si mette a gridare, non lo riesce a calmare nessuno. Lì c’è la luce, lì c’è la vita, lì sta passando lui. Non voglio monete, non ne posso più di questo orizzonte chiuso.  

Gesù s’accorge e lo chiama. Un balzo contro ogni prudenza, non gli interessa di sbattere contro un muro o un palo; butta là il mantello: Signore che io torni a vedere. E Gesù: la tua fede ti ha salvato e quello comincia a vedere. Ha voluto con tutto sé stesso quel dono e Gesù non glielo può negare. È balzato prepotentemente in una vita piena. 

 Noi invece crediamo di vederci, di avere una vista pure furba! Ma siamo proprio sicuri di vedere bene tutto? Siamo sicuri che abbiamo un orizzonte largo abbastanza da vedere le cose vere della vita? Riusciamo a vedere la strada da fare per diventare persone affidabili? Vediamo tutto il bene che c’è nelle persone o vediamo solo il male? Sappiamo vedere se c’è amore in chi mi sta accanto?  

 Il Signore ci ha dato la luce vera e necessaria per vedere bene: Gesù è questa luce, che mi permette di guardare a fondo nella vita, di non stare alla superficie. Siamo ciechi sulle cose belle, importanti e vere perché ci accecano tutte le stupidate che andiamo a cercare in Internet o nei social. Ci è mai capitato di entrare in una stanza dopo essere stati al sole. Non ci si vede niente per un po’. Ecco di fronte alla vita siamo così. Abbagliati dal niente e non riusciamo a vedere il vero, il bello, quello che conta. 

 Gesù è questa luce nuova e noi gli chiediamo di farci vedere sempre il bello della vita. Come si fa a ingaggiare questa luce, dove è l’attacco a questo contatore? Noi siamo da sempre amati da Lui, basta che lo cerchiamo e lo invochiamo con fede come ha fatto questo cieco.  

1 Giugno
+Domenico

Abbiamo lasciato tutto, ci rimani solo Tu, Gesù  

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10,28-31)

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi»
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Audio della riflessione

Ci nasce spesso la domanda: tutto quello che sto facendo, i sacrifici che affronto nella vita quotidiana, l’alzarsi presto al mattino, andare a lavorare, affrontare ogni giorno qualche nuovo dolore, impegno, districare vite che si ingarbugliano, mettere al mondo figli, faticare per farli crescere, non avere un minuto di tempo per me che vantaggio mi porta? ne avrò un qualche bene? Sarò prima o poi felice? C’è davvero di là un paradiso, o è un tipico inganno per non farmi riflettere e tenermi soggiogato da doveri, morale, comportamenti che farei saltare molto volentieri?  

Gesù, noi abbiamo lasciato tutto per venirti dietro. Avevamo un buon lavoro, avevamo una vita decente, anche se un po’ insoddisfacente, avevamo un mestiere, degli affetti. Sei passato tu, ci hai incantati e ti abbiamo seguito; abbiamo fatto tanta strada con te, ci hai scaldato il cuore, abbiamo capito tante cose, ma che ne sarà di noi? C’è qualcosa di più bello e di più grande che raggiungeremo? Questa gioia, che promana dal tuo volto, sarà anche la nostra? 

Che cosa ci si guadagna a essere cristiani? È una domanda giusta? Certo tutti vogliamo sapere che se quello che facciamo ha un valore, porta a dei risultati per i quali vale la pena di sacrificarsi, vogliamo avere certezza di non aver speso la vita invano. 

E Gesù non si tira indietro. Non c’è nessuno che abbia lasciato padre, madre… abbia impostato la sua vita sulla mia parola, abbia fatto della fede l’investimento più grande della vita che non abbia ricevuto in dono la felicità. Incontrerà anche persecuzioni, come le ho dovute affrontare io, ma non vi rendete conto di quanto grande sia la pienezza di vita che vi spetta.  

E, se siamo sinceri, vediamo che i nostri stessi sacrifici, già ora diventano gioie e soddisfazioni. L’aver la coscienza pulita, proprio perché l’onestà ci è costata, è già in sé una felicità. Poter alzarsi tutte le mattine, anche presto per andare a lavorare, ma con la coscienza che non ti rimprovera niente, con la sensazione vera che stai nella bontà di Dio e che non hai mai fatto male a nessuno, è una forza di vita incalcolabile. E Dio, che non ci abbandona mai, non mancherà di essere tutta la nostra felicità 

30 Maggio
+Domenico

Ti abbiamo seguito e siamo sicuri che tu ci riempi la vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10, 28-31)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Audio della riflessione

Ci nasce spesso la domanda: tutto quello che sto facendo, i sacrifici che affronto nella vita quotidiana, l’alzarsi presto al mattino, andare a lavorare, affrontare ogni giorno qualche nuovo dolore, impegno … districare vite che si ingarbugliano, mettere al mondo figli, faticare per farli crescere, non avere un minuto di tempo per me che vantaggio mi porta? Ne avrò un qualche bene? Sarò prima o poi felice? C’è davvero di là un paradiso, o è un tipico inganno per non farmi riflettere e tenermi soggiogato da doveri, morale, comportamenti che farei saltare molto volentieri?

Gesù, noi abbiamo lasciato tutto per venirti dietro: avevamo un buon lavoro, avevamo una vita decente, anche se un po’ insoddisfacente, avevamo un mestiere, degli affetti … sei passato tu, ci hai incantati e ti abbiamo seguito; abbiamo fatto tanta strada con te, ci hai scaldato il cuore, abbiamo capito tante cose, ma che ne sarà di noi? C’è qualcosa di più bello e di più grande che raggiungeremo? Questa gioia che promana dal tuo volto, sarà anche la nostra?

Che cosa ci si guadagna a essere cristiani? E’ una domanda giusta? Certo, tutti vogliamo sapere che se quello che facciamo ha un valore, porta a dei risultati per i quali vale la pena di sacrificarsi e vogliamo avere “certezza” di non aver speso la vita invano.

E Gesù non si tira indietro: “Non c’è nessuno che abbia lasciato padre, madre… abbia impostato la sua vita sulla mia parola, abbia  fatto della fede l’investimento più grande della vita che non abbia ricevuto in dono la felicità. Incontrerà anche persecuzioni, come le ho dovute affrontare io, ma non vi rendete conto di quanto grande sia la pienezza di vita che vi aspetta”.

E, se siamo sinceri, vediamo che i nostri stessi sacrifici, già ora diventano gioie e soddisfazioni: l’aver la coscienza pulita, proprio perché l’onestà ci è costata, è già in sé una felicità! Poter alzarsi tutte le mattine, anche presto per andare a lavorare, ma con la coscienza che non ti rimprovera niente, con la sensazione vera che stai nella bontà di Dio e che non hai mai fatto male a nessuno, è una forza di vita incalcolabile! E Dio, che non ci abbandona mai, non mancherà di essere tutta la nostra felicità.

Dovremmo poi essere … capace di lasciare libero Dio di salvare anche i ricchi nella sua misericordia con i suoi processi di grazia, di coinvolgimento di essi e di tutti nei suoi piani di sollievo per i poveri e di riparazione per il male fatto.

Non è che a vita buona corrisponde grande premio, a vita sbagliata corrisponde “negatività”: Il Signore è capace anche di farci cambiare il cuore.

1 Marzo 2022
+Domenico

Giovane, ricco, onesto, ma ingessato

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10, 17-27)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Audio della riflessione

Ti può capitare talvolta di avere finalmente chiaro in testa che se vai avanti così la felicità non ce l’avrai mai: l’hai inseguita, qualche volta ti è sembrato di averla raggiunta, ma era un altro inganno … allora decidi di farti aiutare da chi se ne intende …hai pur approvato a chiedere a qualche amico che sembra avere successo, ma vi siete trovati tutti e due con una birra in mano seduti di notte sugli scalini di un pub a consolarvi per l’ultimo abbaglio.

Il giovane di cui parlano i Vangeli invece va dalla persona giusta: va da Gesù! Chi più di lui può dirgli il segreto della felicità? Lui è sempre contento, dovunque va riesce a dare speranza, chi lo incontra ritorna cambiato dentro, chi soffre riesce a sorridere, chi cerca presso di lui trova e cambia vita.

“Vado anch’io: non mi bastano più i miei quattro soldi! Ho una vita al di sopra della media, ma quanto a gioia solo più depresso dei pezzenti e dei barboni che corrono dietro a Gesù. Che devo fare per star bene come te? Per appagare questa sete di pienezza che mi sento dentro, per non svegliarmi tutte le mattine con questo buco nell’anima? Sono un ragazzo pulito: non rubo, non mi drogo, c’ho un bel rapporto con papà e mamma, prego pure, non faccio carognate agli amici, non vado a donne… ma sento che mi manca qualcosa. Che cosa mi manca per essere felice?”.

Gesù gli va dritto al cuore: lo guarda fisso negli occhi, gli vuol leggere nell’anima la sincerità di una vera ricerca di felicità … non è il solito studente che i farisei gli mandano per farlo cadere in qualche diatriba legalistica, è un ragazzo sincero: sa quello che chiede … e Gesù, che pure vuol bene anche a un peccatore, a un delinquente, a un’indifferente come noi, a questo giovane dà il suo cuore e alza il tiro: la sua vita ha bisogno di un colpo di reni, come la nostra che spesso si addormenta. E gli spara quella famosa raffica di verbi: va, vendi, regala, vieni e seguimi.

E lui, non ha il coraggio. Ha paura che gli manchi la terra sotto i piedi. Non si vuol staccare da quel che possiede. È schiavo della sua HarleyDavidson, del suo conto in banca, delle sue comodità, di se stesso, aveva in mano la speranza e l’ha buttata, si è abbarbicato al fumo.

Le ricchezze sono un grave ostacolo per entrare nel Regno dei cieli, dice Gesù ai suoi discepoli che si meravigliano, perché è più difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli che un cammello infilarsi nella cruna di un ago.

Allora non c’è scampo?  No! Impossibile agli uomini, ma non a Dio!

Gesù non costringe nessuno a una povertà assoluta, Infatti Pietro era capo di una azienda di pescatori, Lazzaro, Maria, Marta erano persone “agiate” … ma quello che Gesù vuol far capire è che fuori di Dio nulla sia assolutizzato, neppure una cosa così sostanziale come la povertà, perché i farisei avrebbero potuto pensare che bastasse osservare certe regole determinate di povertà  per assicurarsi in automatico la vita eterna.

28 Febbraio 2022
+Domenico