Il Regno di Dio è decisione controcorrente, non buon senso

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 9,41-50)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».

Audio della riflessione

Molte volte nella vita occorre essere decisi e non lasciarsi trasportare dalla faciloneria che ci caratterizza. Tergiversare non è sicuramente soppesare, valutare, fare discernimento, ma rimandare continuamente, non decidere, stare a guardare, aspettare l’occasione che ti risolve da sola il problema, tenere il piede in due scarpe, mettersi con tutti e non servire nessuno, far mancare l’energia necessaria al bene e esternare comportamenti sbagliati. A questo riguardo Gesù è molto duro. Se il tuo piede ti è di scandalo taglialo… Taglia, recidi, cava, getta via. Il regno di Dio non è il risultato di strategie accomodanti, non è in continuità con il nostro buon senso, non è aggiustamento di vite a un equilibrio comodo, ma è un ribaltamento della vita egoista, un taglio netto dal male e da tutto quello che lo produce. È così perché è così la vita stessa. È la vita che esige di collocarsi dalla parte di principi irrinunciabili, che non può essere continuamente cambiata e impostata sui casi pietosi, sulle esasperazioni di alcune situazioni che fanno perdere il radicamento nei principi di verità e di giustizia.  

La nostra mentalità odierna ha trovato un metodo facile per distruggere i principi: esasperare un caso pietoso. E’ così per l’aborto per il quale si tende a commuovere con nascite di figli che saranno infelici per tutta la vita e quindi in questo caso secondo una mentalità indotta  resa quasi indolore si può sopprimere la creatura per evitargli l’infelicità, è così oggi rispetto all’eutanasia, quando si esasperano i casi limite e si induce nella mentalità una falsa pietà per far passare nelle coscienze il suicidio o l’omicidio per pietà, lo è per la vita di coppia, per l’abbandono dei figli, per le biotecnologie.  

Ritornano invece severe le frasi di Gesù: se il tuo occhio ti dà scandalo, non ti permette di seguire Gesù, cavalo. È chiaramente non un disprezzo per le parti del nostro corpo, ma l’indicazione che ogni decisione deve essere presa per la pienezza della vita. Il Signore non è crudele, non spezza la canna debole, non spegne il lucignolo che fa fatica a stare acceso, anzi gli dà nuova linfa, lo proietta su orizzonti nuovi, gli offre una boccata di ossigeno: la prospettiva del suo regno di bontà e di giustizia, di pace e di verità che è garantito non come risultato di un benessere, ma come salto di qualità nella vita nel dono di sé agli altri. Lui così ci dimostra che non ci abbandona mai.  

23 Maggio
+Domenico

Lo Spirito Santo è già all’opera anche dove non lo immaginiamo

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 9,38-40)

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».
Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».

Audio della riflessione

L’esserci messi, noi piccoli o grandi credenti, al centro della vita cristiana, a decidere chi sta dentro e chi sta fuori, è un vizio che risale proprio alle origini, tanto che anche gli apostoli, dopo aver fatto una bella esperienza di Gesù, si sentono pure padroni di Lui. Non capita lo stesso nelle nostre parrocchie di oggi, quando facciamo la cernita di chi è dentro e di chi è fuori contando solo quelli che vengono a messa la domenica o quelli che circolano in parrocchia o che fanno parte del giro? Non è che lo Spirito Santo è un poco almeno più aperto di noi, perché lavora nel cuore già di tante persone che vivono un vangelo essenziale, o cercano Dio in ogni anfratto di povertà e di abbandono, o sono solidali con chi non ha niente dalla vita o in chi non ha mai smesso di cercare Dio senza essere minimamente intercettato da noi? Siamo sicuri che il nostro abbraccio alle persone che incrociamo per le strade della vita non sia troppo selettivo e che lo Spirito ne abbracci sempre di più, mentre le nostre braccia si chiudono su di noi senza nessuna apertura? 

Ancora peggio è una delle abitudini più diffuse quella di inventarci nemici a non finire, magari per delle incomprensioni, dei malintesi. Guardiamo solo a chi la pensa come noi, escludiamo chi ha un pensiero autonomo, una sua personalità, un suo modo di agire che si scosta dal nostro. Le differenze diventano contrapposizioni, i pareri sinceri un attacco, le visioni di mondo diverse una lite. Sotto ci sta sempre la falsa coscienza che noi siamo la verità e che gli altri si devono adeguare al nostro modo di pensare.  

Anche gli apostoli stavano entrando in questo modo di pensare. Al di fuori della loro cerchia stavano avvenendo cose straordinarie che solo Gesù sapeva compiere. Maestro noi glielo abbiamo vietato. Gli abbiamo intimato di non permettersi più di fare cose in tuo nome. Abbiamo noi il brevetto, il bene deve passare solo da qui. E Gesù, sempre comprensivo: hanno fatto del male? Sono stati ingiusti? Hanno perseguitato qualcuno, lo hanno fatto soffrire? No. Lo hanno liberato da un demonio. E allora!? Perché vi deve dare fastidio se qualcuno compie del bene, anche se non ha il vostro marchio? Chi è l’autore di ogni bene, se non Dio? Chi non è contro di noi, contro la bontà, la liberazione dal male, contro il Regno di Dio, è per noi.  

Lezione semplice, che potremmo applicare a tanti nostri arroccamenti e irrigidimenti. Il nostro sogno è che la bontà scoppi nel mondo, non importa da quale persona nasca. E’ sempre Dio che semina bontà nei cuori. E’ lui la sorgente della bontà. Nessuno ne ha l’esclusiva. Fossimo capaci di mettere insieme tutte le forze che fanno del bene veramente, che non fingono o non strumentalizzano, ma danno il contributo della loro generosità al bene di tutti. Questo può essere un buon principio anche per il dialogo tra le varie religioni: massimo rispetto, identità precisa di ciascuno e grande collaborazione a costruire un mondo di pace e di giustizia. Santa Rita da Cascia, che oggi ricordiamo, ha avuto il coraggio di andare controcorrente soffrendo la morte dei suoi figli pur di far terminare gli odi feroci tra famiglie che ricorrevano sempre e solo alla vendetta. 

22 Maggio – Memoria di S.Rita da Cascia
+Domenico

Il regno di Dio è dei cuori puliti e passa per la Croce

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 9,30-37)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà».
Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande.
Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Audio della riflessione

Anche nei momenti più delicati e preziosi della nostra vita, anche quando si sta vivendo con generosità per una causa e ci si sta spendendo per degli ideali con dedizione, è sempre presente la prepotenza del nostro egoismo, del metterci al centro, del far ruotare la vita attorno a noi, del dare certamente il nostro contributo alla causa, ma di orientare tutto al nostro tornaconto. È raro trovare persone disinteressate nel fare il bene, capaci di vivere nel nascondimento, di mettere a disposizione la propria vita senza averne in cambio alcuna ricompensa. È così negli incarichi politici, amministrativi, anche in quelli ecclesiali. E questo agire per i propri interessi avvelena anche le cause migliori. Ma ancora di più è difficile capire che la strada della vita è quella della croce, della sofferenza da scegliere come punto di forza per dare senso vero alla vita. L’affidarsi alla volontà di Dio, al suo progetto di salvezza è proprio legato alla croce, al dare tutto se stessi per una causa più grande. 

Gli apostoli a questo riguardo sono messi a dura prova da Gesù. Li sente parlottare tra loro lungo la strada. Lui sta facendo di tutto per spiegare a loro che la missione cui stanno dando adesione è in salita, che il finale della sua vita non sarà certo da classico film americano della serie: e vissero felici e contenti; sta aiutandoli a entrare nel difficile discorso della croce, della disfatta di fronte alla stessa religione di Israele. Infatti, diceva loro: Il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno… E loro? Non solo non comprendevano, ma avevano pure paura a chiedergli spiegazioni. È come quando stai intuendo una notizia brutta, grave, pesante, che ti destabilizza e ti nascondi dietro un dito, non vuoi conoscerla perché sai che è impegnativa e ti dà dolore. Non solo, ma discutono sui primi posti che sarebbero loro toccati in questo fantomatico regno di cui Gesù ogni tanto parlava. 

Non sapevano proprio di che morte dovevano morire! E Gesù con pazienza prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e dice: o diventate così, o siamo proprio fuori del tutto dal regno di Dio. A me non serve gente che vuol primeggiare, che vuol farsi vedere, che si mette al centro a farsi servire: il regno di Dio è per chi è capace di mettersi a disposizione sempre, è di chi si aspetta da Dio tutto come questo bambino; il segreto della vita sta nella semplicità, in un cuore pulito e capace di affidarsi, non in chi sta a conquistare sedie e scranni di potere. E il passo obbligato per avere un cuore pulito è la croce. Gesù lo dice sempre e questo per molti di noi è sempre un mistero da scandagliare e fare nostro. 

21 Maggio
+Domenico

Ci si apre già ora uno squarcio di cielo  

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. 
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. 
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Audio della riflessione.

Ci sono delle giornate nella nostra vita in cui fai fatica a tirare a sera, sembra di non trovare la motivazione vera per affrontare tutte le piccole e grandi difficoltà; tutto ti appare piatto, tutto sempre uguale, senza slanci, senza possibilità di vedere un risultato. Avevi sognato, ma i sogni si sono confusi e talora infranti. La vita sembra tutto un grigiore. E siccome non siamo capaci di sopportare o ancora peggio di guardare oltre, di salire su un baobab per guardare la vita da un punto di vista superiore, usiamo antidepressivi pensando che la questione sia di tipo chimico.  

Anche i discepoli di Gesù spesso erano smarriti; avevano seguito Gesù, li aveva entusiasmati, aveva fatto nascere in loro modi nuovi di affrontare la vita, anche se non aveva nascosto loro previsioni di prova e di dolore. 

 Avevano bisogno di uno squarcio di cielo nel grigiore della nuvolaglia della vita. Un giorno ne ha presi tre, i tre che nel Getsemani non riusciranno nemmeno a star svegli quando Gesù soffrirà le pene dell’inferno, prima di essere tradito, li ha portati su un monte, dal quale si domina una bellissima pianura e lì ha mostrato il suo vero volto di uomo perfetto, di culmine della creazione, di connaturalità con Dio, perché ne è Figlio. Ha anticipato per gli apostoli il paradiso. Li ha resi felici, ha squarciato davanti a loro le nebbie del dubbio, della routine, della indifferenza e li ha portati per poco nel suo mondo di bellezza. 

È stato solo per poco. Certo loro volevano che continuasse sempre. Ma la pienezza di Dio è oltre la nostra vita. Facciamo qui tre tende, ci mettiamo qui con te. Chi ce la fa a tornare a casa con il solito marito, i soliti figli, il solito tran-tran? Quanti piatti devo ancora lavare nella mia vita? Quanti treni devo ancora prendere per poter essere felice? Quante liti devo ancora sopportare? Io starei bene qui, fuori dal mondo, a guardarti.  

Proviamo invece a trapanare la nostra vita; sotto ci sta la possibilità di contemplare la bellezza del creatore. Abbiamo bisogno sempre più spesso di contemplare il Signore, di metterci in silenzio a comunicare con l’infinito, di fissare il suo volto per poter prendere forza per vivere, nutrire la nostra speranza. È il cammino che abbiamo iniziato in quaresima, che troverà qualche via Crucis, su cui qualche Cireneo ci aiuterà o noi stessi lo potremo fare per chi sta peggio di noi, ma siamo sicuri che la morte non dirà per sempre l’ultima parola sulle nostre vite.

25 Febbraio
+Domenico

Dobbiamo tutti e ciascuno saperci affidare con gioia a Dio Padre

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9,30-37)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Audio della riflessione

Anche nei momenti più delicati e preziosi della nostra vita, anche quando si sta vivendo con generosità per una causa e ci si sta spendendo per degli ideali con dedizione, è sempre presente la prepotenza del nostro egoismo, del metterci al centro, del far ruotare la vita attorno a noi, del dare certamente il nostro contributo alla causa, ma di orientare tutto al nostro tornaconto. È raro trovare persone disinteressate nel fare il bene, capaci di vivere nel nascondimento, di mettere a disposizione la propria vita senza averne in cambio alcuna ricompensa. È così negli incarichi politici, amministrativi, anche in quelli ecclesiali. E questo agire per i propri interessi avvelena anche le cause migliori. 

Gli apostoli a questo riguardo sono messi a dura prova da Gesù. Li sente parlottare tra loro lungo la strada. Lui sta facendo di tutto per spiegare a loro che la missione cui stanno dando adesione è in salita, che il finale della sua vita non sarà certo americano della serie: e vissero felici e contenti, sta aiutandoli a entrare nel difficile discorso della croce, della disfatta di fronte alla stessa religione di Israele. Infatti, diceva loro: Il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno… E loro? Non solo non comprendevano, ma avevano pure paura a chiedergli spiegazioni. È come quando stai intuendo una notizia brutta, grave, pesante, che ti destabilizza e ti nascondi dietro un dito, non vuoi conoscerla perché sai che è impegnativa e ti dà dolore. Non solo, ma discutono sui primi posti che sarebbero loro toccati in questo fantomatico regno di cui Gesù ogni tanto parlava. 

Non sapevano proprio di che morte dovevano morire! E Gesù con pazienza prende un bambino, lo mette in mezzo a loro e dice: o diventate così, o siamo proprio fuori del tutto dal regno di Dio. A me non serve gente che vuol primeggiare, che vuol farsi vedere, che si mette al centro a farsi servire: il regno di Dio è per chi è capace di mettersi a disposizione sempre, è di chi si aspetta da Dio tutto come questo bambino; il segreto della vita sta nella semplicità, in un cuore pulito e capace di affidarsi, non in chi sta a conquistare sedie e scranni di potere. 

Per questo Dio mio Padre è un Dio che soffre dentro di sé la morte del Figlio, perché ha troppo amore per noi e non ci vuol perdere nessuno. 

21 Febbraio
+Domenico

Le ho provate tutte. Solo tu puoi qualcosa  

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9,14-29)

In quel tempo, [Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, scesero dal monte] e arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro.
E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono.
Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!».
Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando, e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.
Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».

Audio della riflessione

C’è un padre disperato che un giorno va da Gesù e gli consegna suo figlio. Per lui è un figlio perso, è intrattabile, non capisce ragione, è senza senso morale, ha perso ogni serenità, è condotto qual e là come uno straccio; non ha personalità, completamente dipendente da una cattiveria inspiegabile. Ha tentato di tutto, ma il male che abita nel figlio è più forte di qualsiasi ragionamento, di qualsiasi affetto.  

Le ho provate tutte, ma non ci riesco, l’ho fatto incontrare anche dai tuoi amici intimi, dai tuoi apostoli, ma non ho ottenuto nulla. Forse solo tu puoi fare qualcosa. Sembra la descrizione attuale di tanti rapporti tra genitori e figli, soprattutto quando nei figli entra un male che pare incurabile, una dipendenza che non si può vincere solo con la buona volontà, una assuefazione che ti si scrive nella carne, ti crea una natura somatica diversa come la droga. Questo figlio però non è drogato, è molto di più: è indemoniato, è posseduto da un male incurabile con le classiche medicine, è un diavolo che lo possiede. E non c’è che da andare da Gesù. 

Il papà che le ha provate tutte ingenuamente dice a Gesù: se puoi fare qualcosa. Non sa che ha davanti il figlio di Dio, ma il suo cuore disperato può anche non saperlo, gli si affida lo stesso. Ha consapevolezza di non avere fede, o per lo meno di far fatica a credere, come tanti di noi, ha bisogno di rigenerare la sua fede che si è affievolita, si è a mano a mano spenta, divorata dalle preoccupazioni, dalle cose, dal consumo, dalla vita dura che vive e che non ha mai avuto il coraggio di mettere nelle mani di Dio con la preghiera; forse anche per questo suo figlio è in queste condizioni, non ha mai avuto una parola di speranza. E la va a cercare da Gesù.  

Gesù dice che queste vite dei vostri figli si possono aiutare spesso solo con la preghiera. È una preghiera viva, di fiducia, insistente, fatta anche di lacrime. Chi non ricorda le lacrime di Santa Monica la mamma di S. Agostino che è riuscita a ottenere da Dio il dono della sua conversione? La speranza può tornare a far fiorire rapporti belli tra genitori e figli se si ha il coraggio di pregare.

20 Febbraio
+Domenico

Uno squarcio di cielo illumina la loro vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9,2-13)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elìa e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui».

Audio della riflessione

La tentazione nella vita di farci tende consolatorie per fermare il tempo, per fuggire dalle nostre responsabilità, per defilarci dai nostri impegni, con le scuse più fantasiose possibili, è sempre grande. Ogni tanto si legge di qualcuno che fugge, perché ha trovato il suo paradiso: non ne poteva più, finalmente si è scrollato di dosso la zavorra. Magari era una famiglia con figli e ha scoperto la liberazione fuggendo con una ragazza; talvolta e troppo spesso è la fuga in paradisi artificiali fatti di sostanze chimiche. 

Ai discepoli che Gesù aveva chiamato sul monte era parso troppo bello quello che vedevano: Gesù nella sua gloria, senza il velo dell’umanità con la sua pesantezza e materialità, una scena da paradiso! Abbiamo già risolto tutto: stiamo qui, è qui che dobbiamo alla fine giungere, perché non ci stiamo subito. Si affaccia sempre il mistero della fatica del crescere, dell’amore da guadagnare nel dolore, della vita da purificare nella applicazione quotidiana a un progetto che nell’impegno fa crescere la tua umanità e ti rende soggetto della tua vita. 

Ci creiamo purtroppo spesso tende consolatorie, per caricare i nostri problemi sugli altri. Gesù invece si trasfigura per aiutare Pietro, Giacomo e Giovanni a immergersi ancora più profondamente nella realtà, per un impegno nel mondo più in profondità. Vuole accendere una luce per fare chiarezza, non risolvere i problemi al posto degli uomini. Vuole far brillare davanti una meta, bella, affascinante, grande, perché il fascino crei nella vita una tensione continua a crescere, a orientarsi al bello e al buono, ad essere disposti a sacrificare tutto pur di raggiungerla. 

  La proposta di ideali alti nella vita dell’uomo sono la spinta necessaria per crescere. La noia ci assale quando non abbiamo ideali; la demotivazione è appunto mancanza di ragioni per cui vivere. Quei tre scesi dal monte con negli occhi il paradiso, hanno ogni giorno continuato a tentare di squarciare gli avvenimenti per leggere sotto la trama della volontà di Dio, la cui realizzazione avevano già contemplato. 

Si erano visto aprire il cielo e l’avevano trovato pieno della gloria di Dio, e con questo squarcio hanno illuminato la loro vita. Come dobbiamo fare ciascuno di noi, consapevoli che le nostre strade le dobbiamo percorrere tutte, ma sempre con lo sguardo fisso a Gesù, il risorto. 

18 Febbraio
+Domenico

“Se qualcuno vuol venire dietro a me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,349,1)

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».

Audio della riflessione

Poco tempo fa si è fatto tanto parlare in giro di un romanzo che tutti dovevano leggere pena il sentirsi tagliati fuori dalla cultura. La tecnica persuasiva del commercio è tale oggi che bisogna assolutamente far parte del coro, altrimenti non ci sentiamo umani. Ebbene in questo romanzo si parlava tanto di un segreto della vita di Gesù, che sarebbe risolutivo di tanti dubbi. In un mondo sessista come il nostro in che cosa volete che consista il segreto? in una relazione d’amore con la Maddalena. E tutti a crederci dopo anni di catechismo, di ascolto dei vangeli, tutti a credere a un romanzo che proprio perché tale è fatto da fiction, da finzioni, da fantasie.  

Invece sapete quale è il grande segreto di Gesù e che anche gli apostoli stentavano a capire perché era duro da vivere e da seguire? È un segreto cui si sono opposti con tutte le loro forze, compreso il tradimento e la fuga. È il segreto della croce. “Se qualcuno vuol venire dietro a me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”. Noi oggi lo leggiamo tranquillamente nel vangelo, ma ci sono state non poche contrapposizioni anche dure tra Gesù e i suoi intimi. Non è possibile che tu che sei così potente debba soffrire. Noi ti seguiamo perché tu hai il potere di guarire, di alleviare e distruggere la sofferenza, tu ci tiri fuori dai guai, ci moltiplichi i pani, ci dai potere sui demoni, ci fai trovare le reti piene di pesci dopo notti di lavoro frustrante e inutile.  

Quando lo vedranno in croce non capiranno più. Ma come è potuto accadere questo? Certo è un incidente che non aveva previsto, è stato troppo ingenuo, doveva aprire di più gli occhi. E sì che glielo avevamo detto. 

Invece la strada della croce è la strada obbligata del cristiano. La risurrezione è il punto culminante e finale, ma la risurrezione avviene dopo una morte. Allora le nostre sofferenze sono importanti, non sono belle in sé stesse, ma sono importanti perché possiamo attraverso di esse vedere oltre. Il cristiano non è contento della croce, ma è attratto dall’amore che c’è su quella croce, da quella speranza che esplode, a partire da quel dolore affidato a Dio. 

E tutti nella vita l’abbiamo provata, vissuta sulla nostra pelle, perché tutti siamo stati chiamati ad esprimere amore e non ribellione, accoglienza e non rifiuto. La vita cristiana è da questa parte e Dio ci ha dimostrato che questa è la vera strada della felicità, le altre scorciatoie portano fuori.

17 Febbraio
+Domenico

Chiediamo allo Spirito di farci cristiani decisi

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 41-50)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».

Audio della riflessione

Dobbiamo fare, tutti noi cristiani, i conti con le nostre fragilità e “la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza” – dice il Concilio – “anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente … e in loro intende servire a Cristo”.

Lo scandalo che si può dare oggi ai piccoli e agli umili è la controtestimonianza di molti fra noi cristiani: il nostro scarso senso sociale, la nostra etica individualistica e altre incoerenze che danno un contributo non trascurabile al sorgere dell’ateismo in molte persone.

Arriva per tutti prima o poi nella vita il momento in cui non puoi stare più a tergiversare, a tenere il piede in due scarpe, in cui devi decidere, in cui tutti i basta.. i ma… i forse.. i ci vediamo.. lasciamo il posto a un sì o  un no: sarà qualche decisione nella propria vita affettiva, può essere nella scuola o nella scelta del lavoro, nell’assumere qualche responsabilità, nel decidersi per la fede.

Gesù non è di questi: Marco nel suo vangelo, sempre molto essenziale, ci scarica addosso una serie di verbi da farci accapponare la pelle, in quanto a decisioni da prendere: taglia, recidi, cava, butta in mare. Si tratta di una mano, di un piede, di un occhio, di un corpo … Sì! Sono tutte quelle componenti della nostra vita che cambiano la nostra identità, che danno un volto e un indirizzo ai nostri rapporti con gli altri, alle nostre scelte: la mano può accogliere o strozzare; il piede può portare al bene o schiacciare; l’occhio ti può offrire purezza e candore o può essere iniettato di possesso  di vendetta e sangue; il corpo intero può essere a disposizione per offrire ragioni di vita o far affermare motivi di morte. Di fronte a queste alternative  la tua decisione non può essere “navigare a vista”!

Gesù è una persona decisa: devi scegliere, devi dare alla tua vita la forza indispensabile per esplodere, devi buttarti dalla parte della vita non importa se monco o zoppo o con un occhio solo: la potatura della fede è indispensabile per una vita piena! E per far questo, perché ci vuole tanto coraggio, abbiamo a disposizione il sale che è il fuoco dello Spirito che ci sostiene

24 Febbraio 2022
+Domenico

Noi cristiani non abbiamo l’esclusiva della bontà, della verità, dell’amore

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 38-40)

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».

Audio della riflessione

La tentazione di avere noi in tasca la chiave della verità sulla vita, sulla stessa fede, sulla bontà, è sempre una grande tentazione: vogliamo essere noi il criterio di verità, il criterio di ciò che è bene e di ciò che è male … e quando vediamo altri che con convinzione propongono le loro idee, li facciamo nostri nemici! Forse sarebbe proprio meglio guardare alla sostanza delle cose, valutare con serenità le nuove o diverse prospettive che si presentano … altrimenti le differenze diventano contrapposizioni, i pareri sinceri un attacco, le visioni di mondo diverse una lite: sotto ci sta sempre la falsa coscienza che noi siamo la verità e che gli altri si devono adeguare al nostro modo di pensare.

Anche gli apostoli stavano entrando in questo modo di pensare: a di fuori della loro cerchia stavano avvenendo cose straordinarie che solo Gesù sapeva compiere… “Maestro, noi glielo abbiamo vietato: Gli abbiamo intimato di non permettersi più di fare cose in tuo nome.”

Abbiamo noi il brevetto, il bene deve passare solo da qui! E Gesù, sempre comprensivo: “Hanno fatto del male? Sono stati ingiusti? Hanno perseguitato qualcuno, lo hanno fatto soffrire? No! Lo hanno liberato da un demonio, e allora? Perché vi deve dare fastidio se qualcuno compie del bene, anche se non ha il vostro marchio? Chi è l’autore di ogni bene, se non Dio? Chi non è contro di noi, contro la bontà, la liberazione dal male, contro il Regno di Dio, è per noi”.

Una lamentela simile l’avevano rivolta – nell’antico testamento – a Mose, la gente preoccupata che qualcuno avesse il dono della profezia al di fuori della “cerchia istituzionale” … e Mosè uscì con quella bellissima aspirazione: “fossero tutti profeti in Israele”.

Fossero tutti gli uomini, le donne, i giovani e gli adulti, gli stessi bambini portatori di bontà nel mondo! Lezione semplice, che potremmo applicare a tanti nostri arroccamenti e irrigidimenti.

Il nostro sogno è che la bontà scoppi nel mondo, non importa da quale persona nasca! E’ sempre Dio che semina bontà nei cuori: è Lui la sorgente della bontà. Nessuno ne ha l’esclusiva!

Fossimo capaci di mettere insieme tutte le forze che fanno del bene veramente, che non fingono o non strumentalizzano, ma danno il contributo della loro generosità al bene di tutti. Questo può essere un buon principio anche per il dialogo tra le varie religioni: massimo rispetto, identità precisa di ciascuno e grande collaborazione a costruire un mondo di pace e di giustizia.

Non è andato per questo San Giovanni Paolo II quando fece ad Assisi l’incontro tra le varie religioni sul tema della pace? Aveva un cuore evangelico, come Gesù: faceva di tutto perché chi aveva a cuore il bene dell’umanità potesse guardarsi in faccia, essere incoraggiato da tutti e decidere di porre al centro della propria religiosità la fratellanza universale, la pace nel mondo. 

Questa unità apre il cielo e ne fa partire una luce per tutti.

23 Febbraio 2022
+Domenico