La risurrezione comincia a fare la storia nella gioia

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 28,8-15)

In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi.

Audio della riflessione.

Quanto più importante è una notizia tanto più si fa urgente il suo annuncio … quanto più si è coinvolti nella notizia, tanto più si fa impellente trasmetterla a chi ci è vicino, a quanti amiamo.

Il Signore è risorto!

L’ascolto di questa notizia e l’esperienza concreta fatta personalmente dell’incontro con Gesù vivo, spinge prepotentemente le donne in questa fretta di trasmettere lo stesso annuncio; è la stessa fretta della Vergine Maria: anche Lei, con l’annuncio fecondo fatto dall’angelo Gabriele appena accolto nel grembo, si reca in fretta a sperimentare che è autentico, a vedere l’impossibile che si stava compiendo in sua cugina Elisabetta; è l’impossibile che capita incontrando Gesù risorto alle donne che portano addolorate la mirra per la sua sepoltura (mirrofore), è l’impossibile che si avvera per Elisabetta incinta sulla soglia di casa ad accogliere Maria vergine la Piena di Grazia, incinta dello Spirito Santo; è una sorta di arcobaleno tra la terra e il cielo in cui si stende il miracolo dell’impossibile divenuto possibile, tra l’aurora della vita di Gesù e il compimento della vicenda di Gesù Salvatore.

Il Vangelo è questa Buona Notizia: è vero che “nulla è impossibile a Dio”!

Non vi è nulla che possa qualcosa di fronte al potere di Dio: non lo può la morte di un grembo sterile, non lo può la verginità serrata sulla fecondità biologica, non lo può nemmeno una pietra rotolata davanti ad un sepolcro.

Chi ha rotolato con le sue mani la pietra dal sepolcro? Chi ha fatto seccare il fico? Chi ha risanato la mano inaridita? Chi ha saziato un giorno la folla nel deserto? Chi se non il Cristo che fa risorgere i morti?

Chi ha dato la luce ai ciechi, purificato i lebbrosi, drizzato gli storpi e camminato a piedi asciutti sul mare come su terra ferma? Non forse il Cristo Dio che risuscita i morti?

Chi ha risuscitato dalla tomba Lazzaro, morto di quattro giorni, e il figlio della vedova? Chi, come Dio, ha drizzato il paralitico costretto a letto?

Grida la pietra stessa, gridano i sigilli che avete messo, aggiungendo guardie per sorvegliare il sepolcro: Cristo è veramente risorto e vive nei secoli” (S. Andrea di Creta, Canone orientale dei vespri della domenica delle mirrofore). 

Grida la gioia!

Gesù incontra le donne che, con timore e gioia grande, correvano a portare l’annuncio ai discepoli: la “gioia grande” delle donne incontra la Gioia infinita, Colui che, vincendo la tristezza e il dolore distruggendone la morte da cui hanno origine, è divenuto Egli stesso gioia pura, sottratta alla contaminazione della fine, sottratta alla corruzione del sepolcro.

Gesù viene incontro alle donne, ed è un cortocircuito esplosivo: Quel “Rallegratevi!” che dice Gesù alle donne è lo stesso invito rivolto dall’Arcangelo Gabriele alla Vergine Maria e che ora investe loro, le prime testimoni della risurrezione… e lo stesso stupore e timore dinanzi a quelle parole e a quell’evento inaspettato, a quel Cielo piombato d’improvviso sulla terra, a quella Vita apparsa nel seno vergine di Maria e nella carne crocifissa di Gesù, lo stesso impatto con l’impossibile che s’era fatto possibile.

Non conosceva uomo Maria, e ha generato l’Uomo!

Nessuno a ribaltare la pietra del sepolcro, e una vittoria che rovescia ogni lapide e fa di ogni sepolcro la porta spalancata sulla vita che non muore.

Di fronte a tutto questo non poteva essere che la gioia l’unica risposta delle donne, esattamente come è stata quella di Maria: gioia che non si può contenere e che si fa, naturalmente, fretta e corsa per annunciare il prodigio che cambia, definitivamente, il corso della storia e dell’esistenza di ogni uomo: la morte è vinta!

Così anche per ciascuno di noi, immerso nell’incertezza di fronte alle tante pietre che sigillano i sepolcri delle situazioni dove respiriamo odore di morte, corruzione nelle relazioni, i fallimenti che sembrano decretare la fine delle speranze.

La pietra che grava sul cuore è stata rovesciata, dall’ombra della morte che schiaccia nella sofferenza è risorto Cristo!

La Chiesa ce lo ha annunciato nella notte delle notti: le letture proclamate, come angeli, hanno illuminato la nostra storia indicandoci i luoghi di morte del nostro passato e presente trasformati in santi sepolcri, vuoti come quello di Gesù a Gerusalemme; nella solennità della liturgia pasquale, cui abbiamo partecipato, nello splendore dei suoi segni, abbiamo visto stupiti, deposti le bende e il sudario con i quali avevamo avvolto pietosamente la nostra vita, le fragili supposizioni e interpretazioni dei fatti, la rassegnazione, la rabbia ormai senza forza per i troppi tentativi di rianimare situazioni irreversibilmente compromesse; abbiamo visto la tomba vuota, un senso di leggerezza dentro, che quanto ci stava schiacciando, aveva smesso di angustiarci; e, nutriti nel sacramento di quella carne e di quel sangue liberati dalla morte, siamo ritornati di corsa alla nostra vita, con gioia e timore grandi, ad annunciare il miracolo avvenuto in noi, lo stesso che aveva raggiunto Maria a Nazaret e alle donne dinanzi al sepolcro di Gesù. 

Ed eccoci oggi, sul cammino uguale a quello di ogni giorno, la casa, la famiglia, e poi il lavoro, gli amici, la nostra storia. Eccoci pronti ad incontrare Gesù in persona, su questo concreto cammino che descrive ogni nostro giorno, come Maria incontro alla sua cugina sterile, come le donne di corsa verso i discepoli. Eccoci esattamente dove siamo, così come siamo, per incontrare il Signore risorto, per sperimentare l’autenticità dell’annuncio che ci ha colmati di gioia. Elisabetta è davvero incinta, il Signore è davvero risorto, la nostra vita, anche se in apparenza nulla è cambiato, non è più come prima! Ci viene incontro il Signore e ci fissa con uno sguardo che sa di Cielo, e libera in noi la gioia. Sì, è tutto vero, non è un sogno, un’illusione, un’altra speranza prodotta dalla nostra disperazione. È risorto, è qui vivo sul nostro cammino, nella storia di oggi, da oggi luogo dove accogliere e sperimentare la sua vittoria.

1 Aprile 2024
+Domenico

Gesù chiamaci sempre “amico”, ma non vogliamo tradirti più

Una riflessione sul Vangelo secondo Mateo (Mt 26, 14-25

In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

Audio della riflessione.

Siamo tutti piccoli o grandi traditori. Tutti un giorno o l’altro abbiamo venduto la fiducia che qualcuno ci aveva regalato per fare i nostri interessi, abbiamo tutti un tiro pronto alla schiena, una menzogna per salvarci la faccia, una amicizia che abbiamo usato per il nostro egoismo, un giuramento sulle cose che abbiamo più care, per salvarci in extremis da una verità che non abbiamo il coraggio di dire e che ci brucia dentro. Non ci interessa se facciamo del male, se feriamo, abbiamo solo urgenza di salvarci la faccia perché non abbiamo la forza di guardarci dentro e di accettarci per quello che siamo.  

C’è un tradimento che oggi risuona nell’atmosfera severa delle chiese, che viene letto e riletto, messo davanti a nostra confusione, collocato in vetrina per potercisi specchiare. È il tradimento di Giuda. Lui, l’amico, il confidente, la persona che Gesù ha caricato di tutta la sua volontà di coinvolgerlo nel piano di salvezza. Lo conosceva, sapeva che era un sicario, che nel suo sangue bolliva urgenza di cambiamento, di rivoluzione. Aveva voluto trascinarlo nella rivoluzione dell’amore, ma non ce l’ha fatta. Lui Giuda si è ripreso la sua libertà. Ha seguito per un po’ Gesù, ma non è riuscito a trasformare il suo odio in amore, la sua ideologia della violenza in visione evangelica di cambiamento delle coscienze.  

Quei trenta miseri denari, che gli scotteranno subito tra le mani appena monterà nella sua anima la vergogna al solo loro tocco, risuoneranno metallici e striduli sotto le arcate cupe dei palazzi del potere. Non saranno la musica dei singhiozzi di Pietro, ma il riso satanico di chi ha venduto la sua anima al Divisore. 

Il mistero dell’iniquità si è fatto vivo e non smetterà mai di tormentare l’uomo, di tentarlo sempre di tradimento. 

Ma Gesù tenterà l’ultima carta e lo chiamerà amico, rievocherà con quel nome tutti i tentativi di forzare la cattiveria che albergava nel cuore di Giuda. Amico, è una parola che ci vogliamo sempre sentire da Gesù, perché sappiamo che Lui è un Dio che non ci abbandona mai. Amico vogliamo dire anche noi, a chi ci fa del male, a chi trama contro di noi, a chi vediamo accecato di odio perché vogliamo sempre spegnere l’odio con l’amore. 

27 Marzo
+Domenico

Mi fido di te, ti affido mio figlio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 1, 16.18-21.24

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Audio della riflessione

Molti quadri, sculture, rappresentazioni di San Giuseppe lo vedono con il volto sereno, con in mano un bastone fiorito mentre si avvicina a Maria per prenderla in sposa e dietro a lui tanti altri giovani, belli, aitanti, che stanno spezzando con dispetto il loro bastone ormai diventato inutile. È la rappresentazione di una leggenda che dice che Maria, la madre di Gesù, sarebbe andata sposa a quel giovane cui sarebbe fiorito in mano il bastone del pellegrino che lo aiutava a fare i suoi percorsi nella vita. Solo quello di Giuseppe fiorì e ebbe Maria come sposa. È un giovane che vuol dare alla sua vita lo slancio del dono, dell’amore appassionato, della gioia di costruire una famiglia, di offrire a Dio lo spazio d’amore in cui Lui solo può far crescere le sue creature. Ma non sa ancora che Dio ha grandi progetti su di Lui.  

E Dio come sempre entra nella sua vita con una domanda esigente. Dio conosce il suo cuore e sa che può dare molto. Nei suoi progetti di amore pulito, gioioso, solare, un amore cui pensava come ogni giovane del suo tempo da tutta la vita, amore che lo illuminava nei lunghi giorni di lavoro si introduce un dramma. Maria è incinta prima che lui le viva assieme. La sua coscienza non dà segni di squilibrio, affronta la situazione con grande delicatezza. Volevo bene a Maria, vuol dire che Dio mi sta provando, ma la delicatezza mia nei confronti di Maria resta intatta, non voglio nemmeno dubitare, sono davanti a qualcosa di più grande di me. Dio fammi capire, continua a dare spazio al mio sogno di amore, all’amore che tu mi hai scritto nel cuore.  

E Dio si fa incontrare all’appuntamento. Non temere, ti voglio accanto a Maria per aiutarla a crescere il Salvatore, il Messia. Mi dai la tua statura morale di padre, la tua dignità di lavoratore, la tua delicatezza, la tua sicurezza, la tua dedizione?  

Giuseppe, destatosi dal sonno, fece quel che Dio gli aveva chiesto. Una frase lapidaria che contiene tutta l’adesione alla volontà di Dio, tutta la decisione di custodire Gesù come in uno scrigno, lo scrigno di una vita povera, umile, ma dignitosa e profondamente umana. E Giuseppe è stato accanto a Maria, per allenare Gesù perché diventasse quell’uomo che si sarebbe piegato su tutti i mali del mondo, che avrebbe avuto il coraggio di affrontare la croce e che avrebbe riportato a Dio l’umanità. Una vita data in dono, come deve essere ogni vita umana, capace di aprire sempre alla speranza. Una vita da mediano; lo si nota solo quando deve correre ai ripari di una situazione impossibile.  

Dico spesso che la figura del padre è la spina dorsale della vita di un uomo. Giuseppe lo è stato per Gesù. Certo il Padre di Gesù è Dio, ma la sua umanità l’ha costruita alla scuola di amore di Giuseppe, il carattere lo ha modellato sul suo, la conoscenza delle cose gli è venuta da lui, il modo di impostare la vita, il coraggio nell’affrontare le situazioni, le modalità di approccio agli altri, le aperture di orizzonti gliele ha date San Giuseppe. È per questo che noi lo teniamo in grande venerazione nella vita della chiesa e nella nostra stessa spiritualità cristiana. 

19 Marzo
+Domenico

Le norme Gesù non le abolisce, ma le porta alla loro vera necessità

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 5,17-19)  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Audio della riflessione.

Certo, la spontaneità è un grande valore e una grande forza e non deve essere repressa. Perché la vita è spontaneità. La vita ha il proprio senso in sé stessa, non è regolata da una norma ad essa esteriore, non si ripete, si rinnova continuamente. La vita tanto più è «vita» quanto più sgorga liberamente da sé stessa, quanto più è audacia ed avventura imprevista, e quanto meno è ingessata in vie che danno sicurezza, ma che spengono ogni slancio, ogni vera novità.  

Oggi siamo ridotti quasi tutti a attività costrette, obbligate da una società che si è super garantita di fronte a ogni imprevisto. 

Ma questa è una faccia soltanto della realtà. L’altra faccia è il rischio di andare «oltre»: di far scadere cioè la spontaneità e l’originalità a instabilità, irrequietezza, disordine ed anche a cattiveria e malvagità.  Da questo rischio ci salva la «norma», la quale dà alla tua vita un ordine, la inserisce in una sintesi. Non pensate che o sia venuto ad abolire la legge o i profeti. La legge e i profeti cui si riferisce Gesù non erano solo norme, erano il progetto di Dio per l’alleanza con il popolo d’Israele, anche se contenevano leggi e precetti, indicazioni e prescrizioni per servire un cuore delicatissimo quale era il patto d’amore tra Dio e l’uomo. E Gesù a questo patto è legatissimo, perché lo sta rinnovando e continuando. 

Nel costruirci una nostra personalità e nell’edificazione di sé come soggetto umano maturo ed adulto, la legge, le norme, le regole hanno un ruolo ineliminabile: insegnano a non rimanere prigionieri delle proprie pulsioni e dei bisogni immediati e danno, così, l’accesso alla vera libertà. Molti giovani credono che non occorrano paletti, regole, ma quando giocano sono molto ligi e decisi a farle rispettare, perché permettono a tutti di giocare bene. È così anche la vita spirituale e affettiva. La legge aiuta a crescere. 

La legge del Signore soprattutto protegge il bene comune, ma protegge anche la libertà personale, che altrimenti sarebbe soggetta ad ogni forma di violenza. Grande per il regno dei cieli è chi sa darsi una legge interiore che Dio fa diventare spazio di libertà e di incontro con il cielo abitato da Dio per dare luce alle strade dell’uomo. 

06 Marzo
+Domenico

Il perdono è fuori da ogni misurazione  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”.  Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Audio della riflessione.

La vita ha tutti i suoi tempi: ci sono i tempi del riposo, dell’incontro con le persone, del lavoro, delle faccende famigliari; ci sono i tempi dell’amicizia, degli affetti, dei colloqui, della sopportazione. Ecco quest’ultimo si sta sempre più restringendo: aumenta il tempo dello shopping, dello stare a guardare la TV, dello smanettare in Internet, del fare notte al pub, dello stare in piazza senza dire niente, del talk show, che proprio è più un vedere che un comunicare, uno spettacolo più che un aiuto a pensare.  

Diminuisce enormemente il tempo del perdonarsi, dell’accettarsi, dell’ascolto, dell’accoglienza, della pazienza. Forse anche l’apostolo Pietro si vedeva restringere sempre più questi tempi di gratuità. Ne avvertiva la sconvenienza, ma voleva essere rassicurato.  

Gesù, non ti sembra che quando è troppo, è troppo! Io perdono, sto zitto, ho imparato nella vita a non reagire troppo in fretta per non offendere, sto ad ascoltare ore e ore, non mi manca la capacità di attutire, di stemperare, ma qualche volta non se ne può proprio più! Soprattutto quando ti offendono senza motivo, diventano petulanti e ti fanno del male, ti fanno sentire uno straccio; hanno pretesa di giustificare tutte le storture che compiono nella loro vita; sono insolenti, violenti e sporchi. Vorrebbero sporcare anche me. Non ti sembra che si debba dire basta prima o poi, anzi che forse tu con la tua bontà li stai coccolando troppo, hai sempre una parola buona da dire. Non ti sembra che ne approfittino.  

Quante volte devo perdonare? A 7 volte io ci arrivo, vuol dire che non mi faccio ricrescere nessuna pazienza. Ma bisogna dare un taglio. Il perdono che è? Un incitamento a delinquere?  

E Gesù candidamente moltiplica a Pietro il tempo della perfezione giudaica: 7 è un numero che indica pienezza? Per il perdono non c’è mai pienezza che tenga. Dio è spropositato nel suo perdono. È 70 volte 7. È il numero perfetto oltre ogni paragone e limite. Il mio cuore è una speranza vera per tutti e per sempre. A te Pietro che avrai le chiavi del perdono nella chiesa, dico che il perdono non è cosa da contare come i soldi, ma è uno stile di vita, una strada definitiva, che una volta imboccata, non permette ritorni. Per questo è una speranza certa. 

05 Marzo
+Domenico

Gesù è travolgente, ma lascia liberi  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 33-43.45-46)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Audio della riflessione.

Ti viene spesso la domanda: ma io che sono qui a fare in questo mondo? Ho un compito o sono dentro un progetto? C’è una prospettiva, una traiettoria in cui sono collocato oppure mi devo inventare tutto? Il cristiano sa che ogni uomo è chiamato a un compito nel mondo. Nessuno è a caso, siamo entro un grande progetto che tocca a noi sviluppare con libertà e creatività. Così si è sentito il popolo di Israele nella storia. Dio si è fatto uomo proprio in questo popolo, Gesù ha assunto una cultura, un ambiente, una famiglia, una nazione e dentro questa ha portato il suo messaggio.  

Ma con la sua morte e risurrezione ha offerto a tutti il suo grande sogno, o meglio, la sua missione. Ha superato i confini e ha inviato gli apostoli in tutto il mondo per formare un nuovo popolo, il popolo di Dio, non più legato a un solo luogo, a una tradizione culturale, ma capace di vestirsi di ogni cultura. Su questa missione si gioca la libertà di ogni uomo. La sua proposta viene fatta liberamente a tutti e a noi compete rispondere. La sua proposta non può costituire privilegio o possesso, ma solo risposta generosa e accoglienza.  

Molti uomini che vivevano al tempo di Gesù lo hanno rifiutato, altri lo hanno accettato e lungo i secoli avverrà sempre così: la sua parola corre veloce e va a stanare ogni uomo dal suo letargo, dalla sua chiusura e se trova chi lo accoglie vi rimane e offre la sua gioia altrimenti passa ad altri. La storia è piena di accoglienze e rifiuti, di periodi in cui in un certo popolo si è sviluppato molto profondamente il cristianesimo, tanto da caratterizzare con i contenuti della fede e le verità del vangelo tutta la vita della gente: le tradizioni, la cultura, gli stili di vita, i principi basilari della convivenza. La parola di Dio è una forza che travolge, ma lascia liberi. Se vi si oppone rifiuto Dio fa giungere ad altri la sua salvezza. 

Così capita che regioni cristianissime si sono imbarbarite e regioni pagane hanno accolto Cristo. La domanda che ci dobbiamo fare è: noi, cristiani di queste nostre terre stiamo vivendo o rifiutando la fede cristiana? La quaresima è un tempo anche per queste domande grosse, ma che alla fine stabiliscono lo stile di ogni nostra vita.  È bello cercare una risposta sapendo che Dio non ci abbandona mai. 

01 Marzo
+Domenico

Seguire Cristo vuol dire farsi servo di tutti  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20, 17-28)

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione.

È molto interessante vedere nelle varie campagne elettorali la corsa al seggio, a vincere le elezioni. E’ giusto, è necessario avere chi governa, chi si mette a fare leggi, a interpretare le necessità della gente, a dare sicurezza alla vita pubblica, a costruire uno stato di diritto contro le sopraffazioni, spendersi per il bene comune, affrontare con coraggio tutto quello che occorre per far convergere le energie delle persone al bene di tutti, ma forse la nostra vita pubblica ci dà anche tanti esempi di una politica non disinteressata, di corsa al potere senza ideali se non quelli del proprio tornaconto, dell’affermazione di una ideologia indipendentemente dai veri problemi delle persone. La stessa cosa può capitare nella chiesa, nella stessa parrocchia. La corsa ai posti di prestigio, ad esposizione continua per primeggiare è di tutte le strutture. 

Così si stava comportando anche il gruppetto degli apostoli che da alcuni anni seguivano con continuità Gesù Cristo. Ha parlato di regno, di nuovo mondo, di una società in cui avrà il sopravvento la bontà, i discepoli si sono scaldati il cuore, ma è cresciuto anche l’interesse a occupare qualche sedia in questo famoso regno di Dio. È meglio portarsi avanti, pensa la mamma dei figli di Zebedeo. Se non ci penso io al futuro di questi figli, loro se ne stanno lì buoni-buoni a far niente, tanto ci sono sempre io che li mantengo. Questi miei figli ti stanno dietro dall’inizio, gli vorrai trovare un posto buono, garantito, sicuro, di livello?  

Gesù avrà sorriso per questo intervento materno per il futuro dei figli, che anche oggi fanno molte mamme per i loro. La risposta però è deludente per le mire di questa povera mamma. Sì, ci sono due posti molto importanti, molto in evidenza: accanto alla croce. Il Regno di Dio è fatto diversamente: il più grande è servo di tutti, il più importante si deve fare schiavo degli altri. Il papa ha come titolo “servo dei servi”. Le parole si possono sprecare, ma il vangelo è chiaro: seguire Cristo vuol dire farsi servo come lui, dichiararsi disponibile agli altri come Lui, caricarsi di sofferenze non nostre, non meritate, per alleviare quelle degli altri come Lui. Solo così possiamo sperare in un mondo diverso, possiamo accogliere e donare la speranza a tutti.

28 Febbraio
+Domenico

I primi posti, le dirette, i like in quantità sempre più grande sono sempre ambiti  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 23,1-12)

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Audio della riflessione.

La nostra società è una società dell’immagine. Se non si appare non si esiste. È la Tv, sono i social che decidono se noi esistiamo o no per gli altri. Se appari lì vuol dire che ci sei. Puoi anche contare quanti ti seguono o ti cercano. I fatti devono apparire lì, le idee si diffondono lì. Un fatto visto in un canale televisivo che conta è tutto un’altra cosa dall’averlo solo letto o sentito. È una realtà di cui non si può fare a meno, ma che può anche creare suggestioni incontrollabili, personalità distorte, dare più importanza all’apparire che all’essere.  

Pur senza Tv e social e YouTube, c’è sempre stato in noi uomini l’impulso a farsi vedere, l’assillo della prima fila, la voglia di scrivere i nostri nomi sulle lapidi, sedere nei primi posti, farsi vedere, mettersi in mostra. Tribune adatte a realizzare questi sogni ce ne sono molte, politiche, culturali, di piazza, di spettacolo. Purtroppo, c’è anche nella religione, ma il vangelo a questo riguardo è molto preciso. Amano i primi posti nei conviti e le prime file nelle sinagoghe; amano essere salutati nelle piazze… ma voi non siate così. Chi è il maggiore tra voi sarà vostro servitore. Non è per falsa umiltà.  

Se uno ha una responsabilità non deve nascondersi dietro un dito, non deve sottrarsi ai suoi compiti con la scusa di essere umile, di non voler calcare la scena. Ci sono momenti in cui l’autorità deve essere presente, ma la cosa che deve essere assolutamente visibile nella vita e non solo nell’immagine di ciascun cristiano è che il centro è Gesù. È lui il maestro, è lui il salvatore, è la sua parola che conta, è la sua vita che va imitata, è il suo vangelo che deve stare al di sopra di ogni considerazione. Oggi anche nelle nostre messe si torna a dare al libro della Parola il suo posto dignitoso, al crocifisso il centro, al tabernacolo una posizione di assoluta luminosità. E stiamo parlando di semplici simboli.  

Quello che è più importante però è il cuore che deve avere sempre un centro che è Gesù. Purtroppo, si comincia sempre bene e poi lentamente si va alla deriva come quando si è seduti in una ressa e lentamente qualcuno ti spinge, si appoggia e ti trovi seduto in terra, ti toglie il posto. Così anche noi lentamente togliamo il posto a Dio. Gesù è venuto a questo mondo proprio per rimettere Dio al centro, perché è solo lui la nostra speranza. Che dobbiamo sempre avere davanti. 

27 Febbraio
+Domenico

Un vero cristiano non mette mai limite alla sua bontà verso tutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 5,43-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Audio della riflessione.

Se c’è una maschera intollerabile ai nostri giorni, è quella del perbenismo, del politicamente corretto. Non bisogna stare da nessuna parte, possibilmente sempre in mezzo, cioè né di qua, né di là. Non si deve offendere la sensibilità, non si deve esagerare, occorre tenere i piedi per terra, avere il senso della realtà, regolare la vita con il cosiddetto buon senso.  Religiosi sì, ma non troppo; buoni sì, ma non sempre, altrimenti ti prendono per buono a nulla; convinti sì, ma non senza riserve, altrimenti passi per talebano; cristiani sì, ma trattabili su tutto e per tutti.  

La religione cristiana è vista come un galateo che regola la buona educazione. Essere educati in un tempo in cui tutti si sforzano, e ci riescono troppo bene, ad essere zotici e villani, non è proprio un difetto, ma essere cristiani non è una atmosfera tiepida, non è un aggiustamento per andare tutti d’amore e d’accordo, non è fare la media dei comportamenti e collocarsi sempre in zona mediana. Sono venuto per portare fuoco su questa terra e ardo dal desiderio che si accenda e bruci. Il punto di arrivo dove è? Siate perfetti come il Padre vostro celeste che sta nei cieli. Non è cosa da poco, Gesù non ci chiede il minimo, ma il massimo.  

Essere cristiani non è adattarci alla media dei comportamenti delle persone per bene, ma essere in certo mondo trasgressivi.  Non si tratta di dire solo tanti rosari al giorno, cosa del resto meritevole, ma di far sperimentare a tutti come l’essere credenti cambia veramente il modo di pensare, di vivere, di rapportarsi con tutti. Amare gli amici, fare dei favori a chi ti vuole bene, essere cordiali con chi ti è simpatico, star bene con i buoni, invitare chi ti può a sua volta ricambiare è quello che fanno tutti; amare i nemici, porgere l’altra guancia, rimanere fedeli anche nella prova, amare i figli anche quando ti fanno soffrire, mettere in secondo piano le nostre difficoltà pur di salvare la famiglia, resistere nella fede anche quando non vediamo niente e ci sembra di essere abbandonati… ecco, questi sono gesti che si avvicinano all’essere cristiani. Oggi o si è cristiani fino in fondo o non val la pena di esserlo. 

Solo una vita così porta speranza al nostro mondo appiattito. Occorre però sapere dove sta la sorgente di questa speranza, che è sempre Gesù.  

24 Febbraio
+Domenico

Dio si lascia coinvolgere con te solo se sei in pace con tutti  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 5,20-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Audio della riflessione.

Sta sviluppandosi una tendenza abbastanza generalizzata che è quella che ciascuno si costruisce il suo Dio, ciascuno se lo fa bello, buono, grande, giusto come piace a lui. Se lo costruisce e distrugge come gli piace, lo fa esistere quando gli serve e come gli serve, lo dipinge cattivo o buono a seconda dei sentimenti che gli suggeriscono le fiction della TV, lo immagina fatto a suo uso e consumo. In questa arte dell’invenzione la cosa più interessante e pericolosa è che Dio è visto come uno da godere o incontrare in privato, da soli, in un rapporto creatore – creatura senza interferenza alcuna.  

Così c’è il devoto che va a pregare perché gli possa andar bene la prossima rapina, il mafioso che gli porta la decima delle estorsioni che è riuscito a esigere, la donna di strada che lo ringrazia del guadagno della sua giornata, il donnaiolo per averla fatta franca, il ricco possidente di aver una fabbrica con cui guadagna sulla pelle dei dipendenti. Cose strane, del secolo scorso, eppure i nostri santuari, le nostre chiese sono piene anche di questi fedeli e noi pure nel nostro piccolo usiamo Dio a nostro uso e consumo.  

C’è una frase nel vangelo chiarissima, che ribalta tutto questo modo comodo che abbiamo inventato di tenerci buono Dio: “se presenti il tuo dono a Dio e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta lì accanto all’altare, va a riconciliarti prima con tuo fratello, poi vieni a presentare il tuo dono”. Il rapporto con Dio non puoi averlo se stai arrabbiato col prossimo, se non guardi in faccia il tuo vicino, se in casa semini continuamente odio, se hai cancellato dalla tua vita le persone. Forse fare quaresima è anche questo. È chiarissimo: non c’è rapporto con Dio nella verità, se non è collocato nella bontà di un rapporto con gli altri. Purtroppo, molti si nascondono dietro una religiosità di facciata; sempre maschera rimane, mai vita vera. La religione è forza e speranza di pace e concordia. 

Possiamo avere speranza di una comunione autentica con tutti e con Dio? Ma questa speranza chi me la dà?  La parola di Gesù, il vangelo. 

23 Febbraio
+Domenico