Cercatori appassionati, scopritori felici e compratori decisi: questi sono i cristiani

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-46)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Audio della riflessione

Ci aiuta sant’Ignazio di Loyola oggi – il fondatore dei Gesuiti: una figura di cristiano che ha illuminato e forgiato la vita, la mentalità, la razionalità e la spiritualità di papa Francesco – a far diventare queste due belle immagini del Regno di Dio che ci propone il Vangelo di Matteo: un tesoro da snidare e acquisire e una perla preziosa da comperare.

Scoprire qualcosa per cui valga la pena di vivere è la cosa più bella che può capitare a una persona ed è la cosa necessaria che dà a tutti la forza per affrontare il rischioso mestiere di vivere.

Sant’Ignazio l’ha scoperto dopo una vita vissuta nell’incoscienza del grande dono che Dio è per l’umanità di tutti e di ciascuno: tante vite sono annoiate perché godono di un massimo di possibilità da realizzare, ma non hanno una molla interiore per decidersi … e questa scatta nell’uomo quando è folgorato dalla verità. 

Il problema non è solo essere liberi, ma essere veri, cioè essere “posseduti” da uno sguardo bello sulla vita da far scattare dedizione assoluta a una causa e in essa incanalare tutte le energie possibili, comprese quelle nuove che si innescano proprio per la soddisfazione di aver trovato qualcosa di bello che ti incanta: è così dello sportivo, del ricercatore, dell’innamorato …

Gesù è stato così nella sua vita: è stato un uomo in cui sono letteralmente scoppiati ideali alti e per questi ha dato la sua vita … e paragona l’uomo a un cercatore di tesori, a un appassionato di cose belle, sorprendenti, capaci di creare felicità.

Non smettere di cercare nella vita: devi stanare da essa i tesori che Dio vi ha messo … solo così sarai felice! I primi cristiani hanno dato la vita per la fede che avevano trovato e che aveva riempito la loro esistenza.

Quando il cercatore di tesori – non il classico tombarolo, come capita da noi – intuisce che in un luogo c’è qualcosa di grande valore, fa di tutto per venirne in possesso! Il Vangelo dice: “vende tutto quel che ha e compra il campo in cui sa di trovare il tesoro” e questo lo fa non con tensione, con avidità, con la furbizia dell’inganno, ma pieno di gioia!

La bellezza per cui siamo creati da una forza di attrazione incoercibile in noi! Così fa l’intenditore di perle … trova, mette in salvo, vende tutto e compera con un atteggiamento: pieno di gioia!

La vita cristiana è gioia soprattutto contro tutta la gente che ci crede rassegnati: Lo fossero tutti come lo sono stati questi cercatori

Di queste esperienze di assoluta dedizione nella gioia è fatto il Regno di Dio: la vita cristiana non è la concentrazione degli scontenti, dei musoni, degli arrabbiati o dei delusi della vita, ma è un popolo gioioso che sa di avere davanti grandi mete capaci di dare felicità e ad esse orienta tutta la sua esistenza, in essa pone i suoi pensieri, per essa costruisce nuove relazioni: non si stanca di comunicare quel che ha trovato, di coinvolgere ogni persona che incontra e condivide con lui passione per il Regno di Dio e chiama tutti a fare festa, la festa della vita.

31 Luglio 2024
+Domenico

Assieme, ma per cambiare

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 41-43) dal Vangelo del giorno (Mt 13, 36-43)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

L’esperienza di dover convivere nel mondo con molte impostazioni di vita diverse … è un dato di fatto comune ai più piccoli centri, come alle grandi città: la mescolanza di popoli ci ha abituato a vedere modi diversi di vivere, di credere, di fare famiglia, di educare, di pregare …

C’è però da sempre un’altra convivenza che non solo sta all’esterno di noi, ma si colloca pure nella coscienza: la compresenza del bene e del male, di buoni e cattivi, di gente che si comporta onestamente e di gente che offende, estorce, danneggia, fa il male.

Non si tratta di giudicare le persone, ma di fotografare la grande pervasività del male nel mondo!

Zizzania – la chiama Gesù Cristo nelle sue parabole – è talmente radicata nella vita che se la togli, ti strappa via anche il bene! L’estirpazione è una operazione talmente difficile e delicata che non ti permette di avere attenzione a tutto il bene che c’è attorno: quanti di noi proprio a contatto con il male hanno imparato a cambiare il proprio comportamento, a diventare più decisi nel bene … quante persone accostate con pazienza e cuore fermo nella verità, hanno trovato la strada della conversione.

E’ soltanto Lui, Gesù, il giudice che premia e castiga! A noi compete aspettare, lasciare fare … lasciar fare a Lui, il che non significa che ci va bene tutto, che dobbiamo soccombere ai malvagi, agli ingiusti, ma che dobbiamo tenere talmente alta la nostra giustizia e la nostra bontà, da sconfiggere soltanto così il male.

Dio offre conversione attraverso la sopportazione e il comportamento dei buoni, attraverso la loro coscienza retta e l’aiuto a tutti per vedere dove sta il bene : occorre lasciare tempo perché il mondo riesca a decidersi di cambiare!

Anche in casa capita spesso così con i figli, con il marito o la moglie, ne guadagna al bene di più la comprensione, la dolcezza, la pazienza che l’urlo, il castigo, la piazzata.

Non è così purtroppo nei rapporti pubblici, dove segnare a dito, gridare allo scandalo sembra sempre più giusto che aiutare a cambiare.

Essere misericordiosi con i cattivi è collaborare al lavoro di Dio nel mondo!

Alla fine due grandi fuochi illumineranno la scena: quello che brucia il male e quello che farà risplendere il bene! Sarà sempre più grande quello del bene.

Iniziamo un mese Agosto che ci vede in molti riposare, prendersi cura della propria salute e speriamo anche della propria interiorità.

Possiamo portare il Vangelo sotto l’ombrellone o sui monti per rinfrescare ogni giorno l’anima, vivere momenti di solidarietà con chi non può permettersi vacanza, dialogare con chi è solo, non abbandonare la nostra tenacia nel vivere virtuosamente sempre, anche lontano dagli affetti e dai doveri della vita quotidiana.

30 Luglio 2024
+Domenico

Tolleranti e pazienti perché cristiani, come vuole il Maestro

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 24-30)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo:
«Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”.
E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

Audio della riflessione

Il mondo è sempre mescolato di bene e di male, di gente saggia e di gente stolta, di santi e di peccatori, di onesti e disonesti. Si impone al cristiano come ci si deve collocare entro questa miscela di bene e di male. Nessuno ha dubbi che ci si debba sempre sporgere verso il bene, sceglierlo, farlo diventare lo scopo di ogni nostra azione, verso la verità e non la menzogna, verso il grano buono e non la zizzania, la  gramigna, l’erba che intossica.

Gesù al riguardo ci presenta una parabola chi riempie di consolazione e di speranza. Il Signore è buono e paziente e misericordioso e io non posso essere diverso dal mio Signore. La bontà di Dio ci rende buoni e comprensivi verso gli altri.  L’intolleranza non è evangelica. Questa parabola, che ci indica di non sradicare con impazienza il male, ma di farsi forti nel convivere lasciando a Dio il compito di estirpare, è un forte insegnamento sulla pazienza di Dio, quella pazienza che tanto scandalizza certa gente rigida, intollerante.

Ma Dio non è così, e nulla è più tollerante e paziente dell’amore che cerca il bene dell’amato. Dio ama tutti e pazienta aspettando che i cattivi si convertano. Solo alla finale resa dei conti, al raccolto, non sarà possibile confondere insieme buon grano e gramigna; ma certo questo non per colpa di Dio. Nei nostri rapporti con gli altri verso i quali abbiamo delle responsabilità, se persistono nel male, possiamo dire che ciò sia non per colpa nostra? Dio pazienta anche con noi.

E allora Signore tu che sei entrato nella gloria attraverso molte sofferenze soccorri sempre, anche noi, la stessa tua chiesa che ti invoca nella tribolazione, donaci sempre quella marcia in più che ci permette di amare il peccatore, di convivere con lui con la pazienza, che tu hai con me e con la tua chiesa e nello stesso tempo di essere fedeli fino alla morte alla verità che tu solo ci doni.

Ricorderò sempre con molta gratitudine un cenno alla parabola della zizzania  che papa Benedetto disse ai giovani a Colonia: sono contento che Gesù abbia detto di lasciare crescere la zizzania fino alla mietitura perchè allora posso vivere anch’io nella Chiesa.

27 Luglio 2024
+Domenico

Tanti ti aiutano, ma non senza di te

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 18-23)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Audio della riflessione

La vita è sempre una grande semina: ogni persona è un grande campo nel quale tutti seminano, tutti depositano qualcosa, tutti lasciano un ricordo, un segno, un’onda, un’increspatura, un messaggio.

Già lo stesso nostro corpo è trapassato da milioni di “particelle siderali”: Molte di queste presenze lasciano un segno, e noi possiamo ritenerci frutto di moltissimi elementi, di una miriade di provocazioni, che sono alla fine vocazioni, chiamate, che attendono la nostra risposta creativa!

La nostra vita non si fa da sola: tutti possono tentare di scriverci la propria impronta, ma siamo noi con la nostra libertà che la accogliamo o rifiutiamo, la coloriamo con la nostra originalità: E’ il mistero della libertà.

Tanti ti possono aiutare e costruire, ma non senza di te.

Così di fronte al seme possiamo essere terreno sassoso che  non permette radici; quante parole cariche di futuro sono state dette invano su di noi, perché non abbiamo permesso loro di diventare vita! Sono stati i nostri genitori, i nostri preti, i nostri insegnanti, gli stessi amici che ci volevano bene: non sapevano che eravamo sassi, pietre senza vita e abbiamo buttato tutto al vento!

Altre volte abbiamo pure ascoltato, ma eravamo troppo preoccupati di noi, avevamo in cuore troppe passioni che ci hanno soffocato in gola un grido di libertà o nello stesso cuore un sentimento pulito: deboli e distratti, incostanti e superficiali.

E invece grazie a Dio siamo anche stati capaci di ascolto, di accoglienza, di desiderio di bene: abbiamo accolto i doni di Dio, ci siamo lasciati condurre, abbiamo dato ascolto a insegnamenti, sempre giocando la nostra libertà.

La vita non è mai solo una scelta tra il bene e il male, quasi che una volta fatta sia automatica la crescita: è sempre  scegliere il meglio.

La parola di Dio accolta può produrre il trenta, il sessanta, il cento per uno: sono cifre sproporzionate rispetto al raccolto, ma qui Gesù spinge al massimo l’attenzione al raccolto che sarà sempre sproporzionato alla nostra partecipazione, perchè Dio la sovrabbonderà.

Qui si gioca ogni giorno l’intensità del nostro amore, la pienezza dei nostri desideri, la libertà dell’ascolto e del dono: solo così manteniamo la bellezza della nostra dignità umana che non è mai riducibile a pacchetti, a misure standard! Solo così  la Parola di Dio tiene viva la speranza di una vita piena enl Signore.

I Santi Gioacchino e Anna, protettori di tutti i nonni e nonne ci siano sempre intercessori presso il nipote Gesù.

26 Luglio 2024
+Domenico

Parola a piene mani

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,1-9)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Il fatto più sconvolgente che la comunità dei credenti in Cristo professa è che Dio ha parlato agli uomini, che Dio è andato oltre i nostri pensieri, le nostre congetture, le nostre pur intelligenti e appassionate ricerche intellettuali, filosofiche, scientifiche e si è messo in dialogo con gli uomini.

L’uomo lo ha cercato, ma Dio lo ha preceduto: ha voluto stabilire una relazione personale, non solo, ma  nella pienezza dei tempi dopo aver inventato tutte le forme più belle di dialogo, dopo aver cercato tutte le parole possibili per dirsi agli uomini, alla fine ha detto la parola definitiva, che sta al centro di tutto e che è Gesù Cristo. Questa è la Parola che forma la chiesa, che la configura nella sua essenza, che la fa essere, che è convocazione santa, che è dono di Dio e la fa sposa.

Lui prima di tutto è quel seme caduto in terra per la generosità senza misura del seminatore e che per rispettare la nostra libertà si sente soffocare tra le spine o tra le pietre delle nostre vite, nella nostra indifferenza o nella nostra sete vera di ascolto di accoglienza. E’ Lui che prova i nostri cuori e li vaglia, che stana dalle nostre pigrizie le percentuali del frutto, dandoci un cuore buono e perfetto e la perseveranza.

Per questo la chiesa sempre ritorna alla Parola se vuol rinnovarsi, se vuol ricomprendere a che cosa Dio la chiama e che cosa vuole da Lei per la storia degli uomini. Gesù il Cristo è sempre  al centro della vita della chiesa, Lui come figlio di Dio e come Parola definitiva; per questo le scritture devono essere sempre alla portata di ogni gesto della chiesa, dei suoi riti e sacramenti, delle sue assemblee e liturgie, della vita quotidiana dei fedeli, del loro cammino di crescita spirituale.

Ogni giorno della nostra vita ha bisogno della sua Parola, ogni nostra situazione ha sete dei suoi pensieri, ogni tenebra che ci avvolge, perché spesso non riusciamo a capire che cosa ci capita nella nostra vita, invoca la sua luce. Ogni nostro dolore ha desiderio di essere consolato dalla sua Parola e ogni nostra speranza attende sempre un seme nuovo di vita, un cielo che possa aprirsi sempre su di noi e sulle nostre fatiche.

24 Luglio 2024
+Domenico

Giuseppe il sognatore lavoratore

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,54-58)

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Audio della riflessione

San Giuseppe, nei suoi sogni, ha incrociato i pensieri di Dio.

Giuseppe fidati! Hai ragione a non dubitare minimamente di Maria. È lo Spirito Santo, sono io che ho voluto cominciare a vivere da uomo in Cristo Gesù. Sì, così devi chiamare questo bambino: assumiti tu il compito di padre.

E Giuseppe accettò di entrare in questo percorso, assolutamente sconosciuto e difficile: aveva espresso il massimo di docilità al piano esigente di Dio, sapeva che la strada imboccata era in salita! Questa, infatti, gli chiede una decisione drammatica di pensare a una sua famiglia in maniera del tutto inaspettata. 

La nascita del figlio poi avverrà in un mare di difficoltà, scardinato dal suo paese in una concentrazione di povertà in quell’anfratto per pastori, che a casa sua sarebbe stata meno ossessiva: povertà ancora, ma più vivibile.

Ma non è ancora finita: Un altro sogno!

Ma non è forse meglio adattarsi che sognare? E dal sogno la fuga: indesiderato, ricercato, scomodo, fragile, indifeso e pericoloso.

È la prima pagina di diario che Giuseppe deve scrivere di Gesù: è l’atmosfera che caratterizza la festa per il suo figlio primogenito al ritorno della madre dalla clinica. Si deve fuggire. E Giuseppe, il capofamiglia, il sognatore, docile, forte si assume le sue responsabilità, fa l’immigrato; non prende una carretta del mare, ma affronta un mare di sabbia.

Ormai sono una famiglia, in Gesù resteranno indelebili la sua dedizione, la sua cura, il suo cuore in tumulto, la sua obbedienza al piano di Dio; lo preparano al suo deserto, al suo orto del Getsemani, al suo abbandono nelle braccia del Padre. Anche Gesù ha avuto una famiglia che gli ha segnato la vita e gli ha dato la forza di spendersi fino alla morte. Giuseppe sicuramente ha raccontato i suoi sogni a Gesù se ne è uscito un figlio più sognatore di lui.

Oggi però ricordando e pregando san Giuseppe non possiamo non fare una riflessione sul lavoro che il Signore stesso ci invita a fare. Intanto è lavoro non solo quello manuale, sempre prezioso e nobilissimo, tanto che Gesù era noto come il figlio del carpentiere, carpentiere anche lui con la bellissima figura di un uomo giusto e generoso come san Giuseppe. Per questo la chiesa si è quasi allineata dando al primo maggio la sua adesione di fede oltre che di civile partecipazione ponendo davanti questa figura di padre, di lavoratore, di uomo onesto.

Lavoro, quindi per noi è qualsiasi attività rivolta a trasformare il mondo in cui viviamo per metterlo in condizione di servire l’uomo sempre più e sempre meglio, aiutandolo a conseguire i suoi fini inalienabili, secondo l’alto disegno del Creatore. Perché, come dice il Concilio Vaticano II, “tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo come a suo centro e a suo vertice” (Gaudium et Spes, 12). Anzi, non è solo il mondo a essere trasformato e migliorato dal lavoro, ma anche il lavoratore. È ancora lo stesso documento conciliare a ricordarcelo: “L’uomo, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma anche perfeziona sé stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Ma soprattutto il lavoro deve essere più sicuro per la stessa vita. In Italia sono ancora troppi i morti per incidenti sul lavoro. Basterebbe anche solo un ferito per ridirci che occorre più sicurezza sul lavoro. È una necessità che deve avere il contributo e la partecipazione di tutti, lavoratori compresi. Non bastano le leggi, non bastano le multe, non bastano le denunce: occorre cambiare mentalità. Il lavoratore è più importante di tutta l’impresa, dei suoi fini, della sua utilità, della sua urgenza. Bisogna che tutti: datori di lavoro, ditte di appalto o coadiuvanti di carico e scarico, di progettazione e revisione…. ispettori, autorità locali se ne facciano carico appassionatamente e intelligentemente. Con gli strumenti di oggi deve essere impossibile che una persona si faccia anche solo male, non solo che perda la vita. In una convergenza di forze necessarie e obbligatorie noi cristiani possiamo affidare tutti i lavoratori alle cure e alla custodia di san Giuseppe, che ha fatto il carpentiere assieme a Gesù.

1 Maggio 2024
+Domenico

La speranza è sempre Gesù; non è un dato scontato  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 54-58)

In quel tempo, Gesù venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Audio della riflessione.

Forse è capitato anche a noi di parlare, di ascoltare, di dialogare, di stare accanto senza accorgersi a persone meravigliose che abbiamo conosciuto solo più tardi vedendole in TV che erano importanti, famose, notissime. Ci hanno parlato al cuore, abbiamo sentito che la loro vita era un dono per noi, che quello che dicevano ci aiutava a star meglio, ma li abbiamo ritenuti uno dei tanti contributi, non quello determinante per dare una svolta alla nostra vita . 

Per valutare una persona abbiamo sempre bisogno purtroppo di attribuirgli qualche miracolo, qualche notorietà, abbiamo deciso che il bene sta sempre lontano da noi. È irraggiungibile, lo portano solo i personaggi straordinari. Abbiamo un papà e una mamma che sono la fine del mondo, ma abbiamo occhi e orecchie solo per i santoni, teniamo un prete in parrocchia che è pieno di grazia di Dio, e andiamo a far chilometri per accontentare il nostro palato, abbiamo un compagno di lavoro abilissimo, ma dobbiamo imparare solo da qualche estraneo.  

Una volta si diceva molto banalmente che la minestra della zia è sempre più buona di quella della mamma. Nessuno è profeta in patria. Gesù era tutto d’un pezzo, era la Parola di Dio viva, efficace, piena di misericordia e invece i suoi compaesani dicevano: ma questo che vuole? Non è il figlio del carpentiere? Non sappiamo già tutto quello che può dire? Che novità ci sarebbero nella sua vita che noi già non conosciamo? 

Davano Gesù per scontato, come noi diamo sempre per scontate le persone con cui viviamo. Siamo stati talmente tante volte assieme che pensiamo di possederle. Abbiamo fatto un cassetto, uno schema in cui incasellarle. Fanno così i genitori coi figli, i figli coi genitori, i maestri con gli alunni, tutti.  

In questo modo diamo per scontato anche Gesù. Quando si parla di lui, ci appare sulla faccia quella espressione…cose già sentite, non hai niente di nuovo da dirci? Sei fermo ancora lì? Tanti vorrebbero sentire il vangelo e noi che l’abbiamo a disposizione lo abbiamo buttato.  

Occorre invece lasciarci sorprendere sempre da Gesù che passa ogni giorno da noi e noi non riusciamo ad accoglierlo perché abbiamo sempre la testa piena delle nostre sicurezze. San Giovanni Maria Vianney, che oggi la Chiesa celebra, il santo curato d’Ars, nella sua grande semplicità stava ore e ore in preghiera per lasciarsi affascinare da Gesù e portarlo agli altri che lo cercavano nel confessionale a riceverlo come perdono vivente, crocifisso per questo e risorto.

04 Agosto
+Domenico

La vita non si dissolve, ma è raccolta in una rete   

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 47-53)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.

Audio della riflessione.

Si parte a notte fonda, a tempo debito si buttano le reti e lo scandaglio ti permette di seguire il fondo, che viene raschiato alla lettera. E la rete cava sempre di tutto: sassi, plastiche, erbacce, tronchi d’albero e pesci. Ogni tanto si impiglia, si fermano i motori, viene districata e poi si continua. I pesci sono di tutti i tipi; grande è la meraviglia quando viene issata sull’argano e svuotata all’interno. E’ un miscuglio di morte e vita, di pezzi inanimati e di guizzi e salti, di boccheggi e di contorsioni. E il pescatore guarda con attenzione e comincia: questo si, questo no; questa finalmente è una fortuna, questo buttarlo subito altrimenti mi inquina gli altri.  

Questa immagine ha davanti Gesù sul lago con i suoi pescatori. Vita dura, vita tesa, lavoro attento e tensione sempre alta. Il regno di Dio è come questa vita in fondo al mare. E’ popolato di tutto, subisce violenza da tutti, è luogo di avventure per tutti, poi un giorno arriva una rete, gli eventi arrivano alla loro conclusione e si fa la verità. 

Oggi abbiamo la sensazione che nella vita stia bene tutto e il contrario di tutto, il bene e il male, il profittatore e l’indigente, senza distinzione, senza coscienza, senza morale, senza merito o colpa. Sarà perché forse il mondo adulto proviene da una generazione sempre messa di fronte al giudizio di tutti. Iniziavano i genitori, poi i maestri, poi i preti, poi le autorità, poi i professori. Insomma non posso farmi io un giudizio su di me? Non sono libero di fare quel che più mi piace?  

Oggi come reazione nessuno osa dare voce alla coscienza che interiormente ti rimprovera, ti suggerisce che cosa è bene e che cosa è male. Invece Gesù dice che la rete, la fotografia definitiva del vivere colloca nella loro verità tutte le cose e ogni realtà viene giudicata se buona o cattiva, non certo si giudicano le persone. Non si tratta di un giudizio esterno, appiccicato addosso alle persone, ma della realtà stessa dei fatti che ha un suo DNA preciso.  

Tu la puoi stravolgere, piegare alle tue mire, ma il gesto, il fatto resta sempre un bene o un male. E il bene deve essere evidenziato, premiato, accolto e continuato, mentre il male va condannato e messo da parte. Dio non ci abbandona mai, ma rispetta la nostra libertà e sa se lo stiamo ascoltando profondamente o se non lo vogliamo assolutamente nella nostra vita.

03 Agosto
+Domenico

Il tesoro nascosto  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-46)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Audio della riflessione.

Scoprire qualcosa per cui valga la pena di vivere è la cosa più bella che può capitare a un uomo ed è la cosa necessaria che dà a tutti la forza per affrontare il rischioso mestiere di vivere. Tante vite sono annoiate perché di fronte a un massimo di possibilità da realizzare, non hanno una molla interiore per decidersi. E questa scatta nell’uomo quando è folgorato dalla verità. Libertà si, ma prima la verità. Essere veri, cioè essere posseduti da uno sguardo bello sulla vita da far scattare dedizione assoluta a una causa e in essa incanalare tutte le energie possibili, comprese quelle nuove che si innescano proprio per la soddisfazione di aver trovato qualcosa di bello che ti incanta. E’ così per lo sportivo, per il ricercatore, per gli stessi innamorati.  

Gesù è stato così nella sua vita. E’ stato un uomo in cui sono letteralmente scoppiati ideali alti e per questi ha dato la sua vita. E paragona l’uomo a un cercatore di tesori, a un appassionato di cose belle, sorprendenti, capaci di creare felicità. Non smettere di cercare nella vita, devi stanare da essa i tesori che Dio vi ha messo. Solo così sarai felice. I primi cristiani hanno dato la vita per la fede che avevano trovato e che aveva riempito la loro esistenza. 

Quando il cercatore di tesori, non il classico tombarolo, come capita da noi, intuisce che in un luogo c’è qualcosa di grande valore, fa di tutto per venirne in possesso. Il vangelo dice: vende tutto quel che ha e compra il campo in cui sa di trovare il tesoro e questo lo fa non con tensione, con avidità, con la furbizia dell’inganno, ma pieno di gioia. La bellezza per cui siamo creati ha una forza di attrazione incoercibile in noi. Di queste esperienze di assoluta dedizione nella gioia è fatto il Regno di Dio. La vita cristiana non è la concentrazione degli scontenti, ma è un popolo gioioso che sa di avere davanti grandi mete capaci di dare felicità e ad esse orienta tutta la sua esistenza, in essa pone i suoi pensieri, per essa costruisce nuove relazioni, comunica quel che ha trovato, coinvolge ogni persona che incontra e condivide con lei passione per il Regno di Dio e chiama tutti a fare festa, la festa della vita.  

La fede è un tesoro, ma ti deve dare felicità, altrimenti è un’altra fuga, un altro inganno, un tesoro falso. Il vangelo dice che quel fortunato cercatore di tesori, dopo averlo trovato, se ne va pieno di gioia a vendere tutto. Trova la gioia nel puntare tutto sul tesoro, nell’investire, nel tagliarsi i ponti dietro le spalle, nel pensare a una scelta senza ritorno.  

Che aveva intuito di così grande? Che tipo di tesoro era? Che vita di fame devastante aveva alle spalle? Che intuizione gli era folgorata nel cervello? Che sguardo aveva incrociato per decidersi così? Aveva trovato non una botola che metteva a tacere tutto, ma una pienezza che rilanciava la sua vita.  

Aveva trovato Gesù! Non un equilibrio, ma un fuoco; non un placebo o una medicina, ma una forza risolutiva; non l’ultima spiaggia per disperazione, ma la provocazione a scegliere nel massimo della libertà. E ha scelto con gioia. Gesù così si propone ai suoi discepoli, perché anche Lui aveva lasciato tutto con gioia per buttarsi nell’avventura del Regno del Padre.  

Gli apostoli stanno ancora a tergiversare, a misurare col bilancino, a calcolare vantaggi e fatiche. E Lui spara a tutti le sue raffiche di verbi: va, vendi, regala, vieni e seguimi; taglia, butta in mare, cava ‘sto occhio che ti intorbida la vita. Chi l’ha fatto non è rimasto né zoppo, né cieco, ma è diventato gioia incontenibile per tutti.

02 Agosto
+Domenico

Assieme, ma non mescolare bene e male

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 36-43

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Audio della riflessione.

La parabola di Gesù del buon grano e della zizzania ci dice chiaramente che devono convivere fino a quando sarà Lui a giudicare e separare. Qualunque sia l’esperienza, il quadro che abbiamo davanti agli occhi, delle condizioni morali del nostro tempo, della società, degli esempi che ci vengono offerti, mai dobbiamo perdere il senso del bene e del male; nemmeno devono esistere confusioni nella nostra anima; il nostro giudizio sia sempre preciso, nettissimo: sì, si; no, no. Convivere non vuol dire che bene e male si possono mescolare; anche se la realtà li mostra come frammisti l’uno all’altro. 

Il giudizio morale, per un cristiano, deve essere severo, rettilineo, costante, limpido e, in un certo senso, intransigente. Bisogna dare ai fatti  il loro proprio nome: questo si chiama bene, quello si chiama male. E cioè: la coscienza non dev’essere mai indebolita e alterata, o resa indifferente, impassibile, poiché non è lecito applicare indistintamente i criteri del bene e del male alla realtà sociale che ci circonda. Questo non contiene nessun giudizio sulle persone, che soltanto Dio sa giudicare 

Il Vangelo ci raccomanda pure di immunizzarci a vicenda; di conservarci buoni anche se siamo in una società o in un ambiente contrari al bene; di non lasciare che l’infezione ci raggiunga e si propaghi in noi; ma di essere pronti ad anestetizzare, a immunizzare, operare disinfezione fin dove è possibile: nelle nostre case, nei nostri ambienti, nella nostra anima, e particolarmente nel nostro cuore. Il vangelo ci invita a mantenere limpido non tanto l’ambiente esterno quanto l’intimo del nostro cuore. Lì deve risplendere la purezza, devono abitare la luce, la rettitudine, l’amore; non è consentita alcuna forma di male nemmeno nei desideri: il cuore deve essere salvato dal contagio della perversità che ci circonda. 

Non solo, ma se il male è vistoso, rendiamo ancor più potente il bene. Tutte le storture che vediamo intorno a noi e che lamentiamo, dipendono spesso   da una certa viltà di noi che ci riteniamo buoni, dalla nostra debolezza. Occorre praticare, anche nella piccola cerchia della esistenza di ognuno, il saggio apostolato e cercare di far progredire la conta delle opere buone: in tal modo la vita di tutti sarà certo migliorata. 

Alla fine nessun desiderio o sforzo per dare al bene la sua energia ed espansione andrà perduto: giacché il premio eterno è assicurato a coloro che porteranno il buon frumento nei granai del cielo.

01 Agosto
+Domenico