Chiediamo a Dio che ci doni gente capace di incanalare le energie nella gioia del dono

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 36-38) dal Vangelo del giorno (Mt 9, 32-38)

Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

Audio della riflessione

E’ brutta la sensazione di sentirti di nessuno, di cercare indicazioni e non trovarle. Abbiamo provato tante volte nonostante i satellitari a sentirci soli in una grande città, poi però qualcuno cui chiedere lo incontri e si riesce a trovare la strada. Nella vita invece è più difficile perché sperimentiamo spesso che nessuno ti aiuta a vivere, ad avere indicazioni di rotta da seguire, non abbiamo princìpi cui ancorarci.

Si crede che navigare a vista sia meglio, ma si incappa in tante delusioni e errori, e ne basta uno da cui non puoi tornare indietro per segnarti tutta la vita. Molti giovani si trovano così per il matrimonio, molti per la scelta degli studi, altri per il modo di divertirsi. Hai sempre e solo attorno o giudizi che non ti rispettano o compiacimenti che ti deresponsabilizzano.

Gesù prova una grande compassione per la tanta gente che vede sola e abbandonata dalla vita, stanca e sfinita, pecore senza pastore abbandonate in balia del primo che capita. Questa impressione te la danno spesso i giovani: carichi di energie, pieni di vitalità, desiderosi di bene, pieni di sogni e di attese e purtroppo sbandati e sballati. Liberi, ma senza meta, intelligenti, ma annoiati. C’è qualcuno che si mette a disposizione di tutte le domande di vita, di pienezza, di verità che salgono dalle coscienze degli uomini? Certo ci sono tanti placebo, tante false risposte, ma soprattutto tanti assopimenti di coscienze. Si può dire che l’arte principale dell’uomo è di far tacere tutto quello che lo rende vivo e attivo per poterlo dominare, per incanalare le energie nel consumo e non nel dono.

Occorrono che preghiamo perché Dio ci regali  operai che preparano persone mature di fronte alla vita,  gente che è capace di cogliere il sussurro che sale, interpretarlo e offrire accoglienza e proposta. La vita degli uomini non è un abbandono al niente, non è indifferenza, ma è una messe pronta per essere colta e offerta al Signore della vita. Annunciatori della sua Parola, testimoni della sua forza, raggi della sua luce, ascoltatori dei desideri di eternità lo devono essere tutti i cristiani, per la fioritura di questi operai  supplichiamo Dio Padre.

Se qualcuno poi vuole imitare Gesù anche nel fare da guida, da pastore, da prete oltre che da operaio in questa bella ricerca di comunione, si compie il disegno di Dio sul mondo e abbiamo ancora di più la certezza che Dio non ci abbandona mai.

9 Luglio 2024
+Domenico

Per Gesù non siamo mai copie, ma sempre irripetibili

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 18-26)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

Audio della riflessione

Nel nostro mondo siamo calcolati a peso, a metri cubi che occupiamo, a numeri, a quantità, a  densità e volume di consumo, a share televisivi, a percentuali. Siamo chiamati non più persone o clienti, che pure non è il massimo, ma target, punto di arrivo di una forzatura, di una intrusione. E così anche noi stessi siamo stati abituati, magari senza accorgercene, a comportarci nel nostro mondo di relazioni:  calcoliamo gli altri a efficienza, a possibilità di averne vantaggi, all’uso che ne possiamo fare. I ragazzi si calcolano a followers, non più soprattutto amici, ma numeri  che hanno in face book o in wattsapp e si nascondono dietro nomi finti. E’ difficile essere calcolati come persone, è difficile che tu riesca a dire chi sei, basta che entri nella scatola che ti hanno preparata  e in cui metti gli altri e ci stia tranquillo.

Gesù invece si accorge di ogni persona, per lui ognuno di noi è unico e irripetibile. Lo dimostra mentre si trova pressato dalla folla in uno dei suoi spostamenti. Tutti gli si fanno vicini, tutti lo vogliono toccare, stringere, parlargli. Nella calca c’è una donna che non sta lì a caso. Ha da tempo un suo grande desiderio. E’ donna e quindi soggetta a troppe limitazioni da parte della legge riguardo al suo stare in pubblico, ma osa, desidera, tenta di dare gambe al suo sogno di poter anche solo toccare il maestro e a furia di spinte, ci riesce e si accontenta, ce l’ha fatta. Ho toccato quel lembo del mantello come si usava toccare il mantello dei profeti. Se questo Gesù è quella speranza che dicono, sono a posto. E Gesù si accorge. Non s’accorgono gli apostoli intenti a contare e a incassare complimenti, approvazioni, momenti di gloria e la sottile convinzione di stare al di sopra della media, a leggere le statistiche dello share, a guardare le prime pagine dei giornali.

 Il tocco di quella donna è un tocco di fede, si è accostata a Gesù come alla sua salvezza, alla sua speranza di poter guarire, di poter tornare alla vita di ogni giorno senza il peso di una condanna. Sapeva che Gesù voleva dare inizio al suo regno di pace e di amore e lei voleva far parte di questa nuova umanità. Aveva una grande fede, per questo Gesù l’ha ascoltata ed esaudita. La fede è stata quella linfa che ha unito Gesù e la donna, li ha aggregati in una esperienza di salvezza.

Fossimo capaci di cercarlo per toccarlo, per far passare nella sua vita i nostri dolori e i nostri affanni, i nostri sogni e le nostre attese! Gesù è la speranza sicura per tutti e per tutto. Si accorge di te e di me come se fossimo unici.

8 Luglio 2024
+Domenico

Non rattoppi, ma vita del tutto nuova

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9,14-17)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno.
Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Audio della riflessione

E’ esperienza di tutti i giorni quella di fare i conti con l’invecchiamento di tutto. Ti pare di avere appena costruito la casa, che ti tocca mettere mano ai tetti: non ti sei accorto, ma gli anni sono passati. Hai appena cambiato i mobili in casa e già devi pensare di cambiare la cucina o il frigorifero. Il cambiamento è una parte normale della nostra vita. Lo è ancora di più se si pensa al proprio mestiere. Se lavori in proprio devi pensarne una nuova tutti i giorni, devi specializzarti, devi rispondere con competenza a tutte le nuove esigenze. Se hai una azienda ancora di più. Innovazione è una legge determinante. E’ così ancora di più nella vita spirituale. I nostri comportamenti subiscono una usura fortissima, perché è sempre presente la tendenza ad accomodarsi, a fermarsi, a vivere di ricordi, a continuare a guardare indietro. Non per niente tutti noi adulti diciamo: ai miei tempi.

Lo spirito invece ha bisogno sempre di stare vigile, di rinnovarsi, di vincere l’inerzia dell’abitudine, che smorza ogni slancio e ogni generosità. Il pericolo però è quello di fare sempre e solo ritocchi. Il vangelo dice che non si deve cucire una toppa di vestito nuovo su un abito vecchio o mettere vino nuovo in otri vecchi. Il cambiamento, il rinnovamento deve essere sempre una operazione di conversione, non di aggiustamento. E’ il cuore che ha bisogno di rinnovamento e quando è il motore che cambia, tutto il corpo lo deve seguire.

Invece la nostra arte è quella dell’adattamento, del muro di gomma, del lasciar perdere che tanto non cambia niente, dello stare in una zona grigia, né calda né fredda. Non ti scomodare, lascia perdere, metti a posto solo la facciata, aspetta che il vento cambi, abbiamo sempre fatto così, non fare il fanatico, vediamo: se son rose fioriranno. Sono le frasi che uccidono ogni volontà di crescita, di proposte nuove.

Gesù era di un’altra idea: non si possono mescolare luce e tenebre, notte e giorno, vita e morte, amore e egoismo. Il cambiamento deve essere totale. Questo vino nuovo di cui parla Gesù è lui stesso, il vino della vita, lui è il vino della festa; quando c’è Lui siamo in presenza della pienezza, non si digiuna, ma si contempla e si gioisce e bisogna fargli tutto il posto possibile. Niente della nostra esistenza deve starsene fuori. Lui cambia tutto e noi ci lasciamo trasformare da lui nei gesti, nel cuore, nelle abitudini, nei progetti.

6 Luglio 2024
+Domenico

Seguimi: Ti chiamo a una vita piena

Una riflessione secondo Matteo (Mt 9,9-13)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Faceva il bancario, probabilmente il banchiere. Aveva messo assieme una buona squadra di riciclatori di danaro. La sua vita era l’esatto contrario di un timorato di Dio. Dove passava, dove metteva mano, sporcava, rendeva impuro, rovinava la limpidezza della vita. Se entravi nel suo giro avevi finito di essere a posto. Ce n’è anche oggi di gente così; da quando ti sei messo a frequentarla hai perso la pace in famiglia, ti è calata la stima degli amici, stai alla larga dalla polizia, non ti fai più vedere in Chiesa.

Gente così sarebbe proprio da allontanare. Pubblicani, li chiamavano gli ebrei; Matteo era il nome di uno di questi. Ma da questa banca o da questa bisca un giorno passa Gesù. “Matteo che stai a fare dietro questo tavolo a consumare la vita a far bonifici, a giocare in borsa, a riciclare soldi sporchi, a finanziare armamenti, a sostenere terroristi o a commerciare droga? Non hai idea di quanto può essere più bella e più piena la vita che ti presento io! Seguimi”.

È una parola magica: indica urgenza, distacco, decisione, cambiamento. Matteo è innamorato perso, cambia vita. D’ora in poi è Gesù il suo banco dei pegni; si dedicherà alle persone non più agli euro. Il Caravaggio ha reso molto bene questa scena della chiamata di Matteo: quel dito puntato, quell’affannarsi a contare i soldi, quel meravigliatissimo mettere la mano su di sé come a dire: ma vuoi proprio me?

Non solo, ma Gesù, vuole ancora di più,  non ha ancora finito: si vuol mescolare con la sua compagnia di gente persa. Non è vero che si onora Dio separandosi dai peccatori. Che teologia è questa? Chi va col lupo impara a ululare! Sì, ma solo se non sai cantare. Se hai in cuore quello che ha Gesù, i lupi diventano agnelli.

Gesù siede a mensa con questi fondi di galera, compie quel gesto, delicatissimo, intimo, che farà soltanto più con i suoi discepoli più cari. Nessuno è fuori dal regno di Dio. Non c’è peccato, carognata, assurdità, malvagità che tenga.

Gesù, il Vangelo, non è un premio per i buoni, ma una offerta per tutti. Con la scusa di difenderlo, noi cristiani spesso abbiamo chiuso il Vangelo in sacrestia. Invece è vita per tutti. Dove è morto alla fine Cristo? Tra due peccatori e ritenuto peccatore lui stesso.

5 Luglio 2024
+Domenico

Il  peccato è paralisi, la grazia è libertà    

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 1-8)

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire: “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Paralisi è una parola brutta. Significa che tutto si ferma, che non puoi più muoverti, che resti bloccato. Siamo abituati alle paralisi del traffico, sbuffiamo, guardiamo l’orologio, tentiamo tutte le vie di uscita possibili, poi ci adattiamo. E’ una paralisi che ci fa soffrire, ma che si risolverà.

C’è un’altra paralisi invece più dura, quella del corpo, quella del restare  impossibilitato a muoverti, la percezione di impotenza perché i tuoi comandi che partono dal cervello non arrivano più alle braccia o alle gambe. Allora è disperazione nera, è prova dura. Devi dipendere dagli altri, non ti puoi più muovere, è saltato qualcosa nel tuo corpo e devi cambiare radicalmente il modo di vivere e soprattutto trovarti una speranza interiore per affrontare le prove e i dolori. Spesso è un incidente di automobile, altre volte in uno sport. Molte persone devono convivere con questo stato di privazione della propria autonomia, spesso nell’indifferenza di tutti noi che stiamo bene.

E’ così quell’uomo che entra di prepotenza nella scena del vangelo. Ha una fortuna però: per la solidarietà degli amici viene portato davanti a Gesù che parla. Lui, Gesù sta insegnando che il regno di Dio è imminente, sta facendo fiorire sulla bocca di tutti una lode a Dio perché si è ricordato di loro e si vede davanti una sofferenza, un volto implorante. L’uomo paralizzato che viene portato davanti a loro è l’immagine nostra, delle nostre infermità, della nostra immobilità di fronte al futuro, della nostra mancanza di libertà nell’affrontare la vita.

Quanti di noi sono schiavi, impediti di agire secondo i propri ideali o per povertà, o per mancanza di lavoro, o per vizio. La catena della droga è più di una paralisi, perchè ti si ghiaccia il cuore, si blocca ogni progetto, scambi la voglia di vivere in voglia di farti, credi di essere te stesso, ma sei solo la roba che ti consuma. La paralisi dell’alcolizzato non è da meno, è un’altra catena che ti lega e ti consuma, ti distrugge i sentimenti, ti isola.

Gesù lo guarisce, gli dice che perdona i suoi peccati, non perché le malattie siano conseguenza di un suo peccato personale, ma perché vuol andare ancora più in profondità nella nostra schiavitù. Certo le malattie ci fanno soffrire, ma c’è un male più grande cui purtroppo ci stiamo abituando è il male dell’anima. Questo solo Dio lo può guarire.

4 Luglio 2024
+Domenico

La vita cristiana è una vita beata e felice  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 14-15)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Audio della riflessione.

Essere cristiani è sbilanciarsi dalla parte della severità della vita, della austerità dei comportamenti, della mortificazione delle espressività umane o è scegliere la gioia, la serenità, la letizia come stato normale di vita? Credere in Gesù che ci invita a prendere sulle spalle la nostra croce è vivere di lutti e digiuni oppure è essere capaci di fare festa, gioire anche con gli occhi velati di pianto, avere nel cuore una grande speranza che dà sollievo alle immancabili sofferenze dell’esistenza? È essere destinati alla mortificazione o è far esplodere la bellezza del vivere in una umanità aperta al futuro bello e beato di Dio?  

I discepoli di Giovanni, dopo le sfuriate e le invettive che si erano sentititi addosso nel deserto, alla sequela della sua austerità avevano cominciato a girare per la Palestina per richiamare a tutti la severità di una nuova impostazione di vita. Occorreva dare una svolta a una vita segnata dalla falsità e dalle abitudini mortificanti di una religione che rischiava di essere senza Dio. Gesù inizia da lì, ma il suo messaggio è di gioia e di felicità. Lui sa che cosa ha depositato Iddio nel cuore dell’uomo, lui conosce le potenzialità di una umanità riportata al disegno del Creatore e lancia i suoi discepoli sulla prospettiva di una vita nuova. Dirà sulla montagna per otto volte: beati, beati, felici. 

 Il segreto della fede cristiana sta nel sentirsi accolti da Dio come figli, nel sentirsi trattati come amici e fratelli di Gesù, nel toccare con mano il futuro di Dio. Quello che sarete non lo potete nemmeno immaginare; ora siete nella tristezza, ma verrà lo Spirito e vi darà la vera gioia. La vita cristiana è l’invito a una festa di nozze, per le quali lo stesso sposo anticipa la sua presenza nel mondo. Sono venuto perché abbiate vita in abbondanza, chi segue me non cammina nelle tenebre, voglio che la vostra gioia sia piena, oggi sarai con me in paradiso, io sono pane di vita che produce eternità, chi crede in me non avrà più fame…  

Si potrebbero moltiplicare tutte le frasi di Gesù, tutte le sue promesse e i suoi doni effettivi. Lui è il sole della vita, la gioia dell’esistenza. Soltanto quando lui non c’è abbiamo da soffrire, ma Lui non manca mai dall’orizzonte della nostra storia. Vivere da cristiani è avere questa certezza. Per questo i martiri attendevano con gioia la morte, passavano attraverso supplizi indicibili con il sorriso sulla bocca: andavano incontro allo sposo. 

Sappiamo tutti che nella vita la felicità non è messa in dubbio dalla fatica, ma dalla disperazione. Noi non siamo disperati perché Dio non ci abbandona mai. 

16 Febbraio
+Domenico

Uscire! La sete di Dio abita tutto il mondo  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 35-10,1. 5-8)

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Audio della riflessione

La nostra vita cristiana spesso si sviluppa solo entro gli angusti confini delle nostre strutture ecclesiastiche. La sete di Dio oggi abita nelle coscienze di molte persone, ma noi cristiani spesso stiamo abbarbicati nei nostri comodi e pacifici spazi.  

Gesù con i suoi discepoli è perentorio: rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’ Israele. Uscite dal tempio e andate per le strade. Oggi la Parola di Dio deve risuonare ovunque. L’abitudine a isolare il cristianesimo o alla coscienza privata o alle nostre sacrestie è un insulto al vangelo, è una ingiustizia nei confronti dei tanti che hanno bisogno di Dio, hanno sete di lui e se lo vedono sottrarre dai nostri comodi loculi.   

Il mondo non è una sterpaglia, dice Gesù, non è una landa di ululati solitari, non è un groviglio di domande assurde, non è una accozzaglia di casualità senza senso: il mondo è una messe; è un terreno fertile, in esso è già maturato da sempre un desiderio, è saturo della attesa di uno sbocco, aspetta solo che qualcuno dia inizio a una mietitura. Il regno di Dio, dirà, è già in mezzo a voi e non solo parlando di sé stesso, ma anche della azione della Trinità su ogni vivente di questa nostra terra.  

Invece la nostra visione di mondo è sempre la fotografia, di ostilità, di mali, di lontananza da Dio. Gesù dice invece che è una messe che ha bisogno di operai che la raccolgono. Ci viene offerta su un piatto d’oro una sete e noi, che custodiamo la sorgente, non la mettiamo a disposizione; ci viene offerto un campo maturo e noi non siamo capaci di raccogliere i frutti.   

Avvento è anche accorgersi della sete di Dio che c’è nel mondo e offrire la sorgente; è portare a compimento una attesa con il dono della sua Parola. Torna ancora la parola precisa, che definisce la sollecitudine di Gesù: compassione, Gesù ha compassione della gente stanca, sfinita e sbandata. Sono tre aggettivi che possono ben fotografare noi uomini di oggi, giovani inesperti e in balia di tutte le possibili novità e adulti disorientati a guardare continuamente indietro e a sperare di riportare il mondo come era prima.  

Ma il futuro è sempre davanti, è sempre Gesù, è sempre scritto nella nostra decisione di offrire gratuitamente il vangelo, gratuitamente perché è dono di Dio che non si può tenere tra le mani, ma che si deve continuamente mettere a disposizione di tutti.  

Anche attraverso la nostra gratuità Dio non ci abbandona mai. 

09 Dicembre
+Domenico

Gesù punta su di lui il dito e dice: Seguimi, pianta tutto

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 9-13)

In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Audio della riflessione.

Prendere decisioni per la propria vita, il proprio futuro, per quella felicità cui tutti siamo chiamati, consapevoli di dare un senso bello e pieno alla vita è sempre molto difficile. Si procede spesso per tentativi, dentro incertezza e rischio. Quale è la mia vera strada? C’è qualcuno che mi aiuta a trovare la strada giusta? C’è un satellitare infallibile? Spesso forse siamo in attesa che sia qualcun altro che decide per noi. Non è bello non caricarci della responsabilità della scelta, e nemmeno pensare di scaricare su altri i nostri fallimenti. 

Qualcuno invece sembra abbia deciso bene, se ne sta tranquillo a fare i fatti suoi, a un certo punto però si accorge che c’è qualcosa che non quadra nella vita oppure viene posto di fronte con evidenza a una luce, a una intuizione, a una verità, mai finora percepita, che gli fa cambiare radicalmente strada, gli si aprono gli occhi, si sente dentro una voce, una spinta che non lo lascia tranquillo. 

Matteo era uno di questi. Pacifico, stava a contare i suoi soldi in banca, aveva un lavoro fisso, disprezzato da tutti perché se la intendeva per forza di cose con i romani, potenza occupante della Palestina; un avvenire sicuro, una cerchia di amici della stessa risma che gli faceva da cortina di fumo per non vedere i problemi, qualche bella cena, qualche buona avventura e guadagno sicuro. 

Ma un giorno gli capita al banco dove sta contando euro a non finire Gesù. E Gesù punta su di lui lo sguardo, il dito, la sua persona, la sua voce perentoria, tutto il suo fascino e gli dice: Seguimi! e lui alzatosi, messosi dritto davanti a Gesù, davanti alla vita, davanti a un nuovo futuro, nella dignità di tutta la sua umanità, messa in discussione da questo invito, lo seguì. 

Continua ancora la sua vita di relazione, ha ancora i suoi amici, sicuramente deve giustificare loro perché abbandona la sua ricca posizione sociale per correre dietro a un predicatore che non si sa quanto raccomandabile sia; sta di fatto che vuole che Gesù incontri questa sua potente fasciatura, tutto il mondo di pubblicani che lo accerchia. 

E Gesù va con grande scandalo dei benpensanti a sradicare certezze e a portare la sua speranza. Gesù non disdegna nessuna delle nostre mense, si fa compagno di tutti, non ha paura, vuole solo la nostra felicità.

21 Settembre
+Domenico

Per Gesù ognuno di noi è unico

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9,18-26)

In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. 
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata. 
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

Audio della riflessione.

Nel nostro mondo siamo calcolati a peso, a metri cubi che riempiamo, a numeri, a quantità, a densità e volume di consumo, a share televisivi, a percentuali. Siamo chiamati non più persone o clienti, che pure non è il massimo, ma target, punto di arrivo di una forzatura, di una intrusione. È difficile essere calcolati come persone, è difficile che tu riesca a dire chi sei, basta che entri nella scatola che ti hanno preparata e che ci stia tranquillo.  

Gesù invece si accorge di ogni persona, per lui ognuno di noi è unico e irripetibile. Lo dimostra mentre si trova pressato dalla folla in uno dei suoi spostamenti. Tutti gli si fanno vicini, tutti lo vogliono toccare, stringere, parlargli. Nella calca c’è una donna che non sta lì a caso. Ha da tempo un suo grande desiderio. È donna e quindi soggetta a troppe limitazioni da parte della legge riguardo al suo stare in pubblico, ma osa, desidera, tenta di dare gambe al suo sogno di poter anche solo toccare il maestro e a furia di spinte, ci riesce e si accontenta, ce l’ha fatta. Ho toccato quel lembo del mantello come si usava toccare il mantello dei profeti. Se questo Gesù è quella speranza che dicono, sono a posto. E Gesù si accorge. Non s’accorgono gli apostoli intenti a contare e a incassare complimenti, approvazioni, momenti di gloria e la sottile convinzione di stare al di sopra della media. 

 Il tocco di quella donna è un tocco di fede, si è accostata a Gesù come alla sua salvezza, alla sua speranza di poter guarire, di poter tornare alla vita di ogni giorno senza il peso di una condanna. Sapeva che Gesù voleva dare inizio al suo regno di pace e di amore e lei voleva far parte di questa nuova umanità. Aveva una grande fede, per questo Gesù l’ha ascoltata ed esaudita. La fede è stata quella linfa che ha unito Gesù e la donna, li ha aggregati in una esperienza di salvezza. 

Fossimo capaci di cercarlo per toccarlo, per far passare nella sua vita i nostri dolori e i nostri affanni, i nostri sogni e le nostre attese! Pure dobbiamo essere gente che aiuta tutti a toccare Gesù. Gesù è la speranza sicura per tutti e per tutto. Si accorge di te e di me come se fossimo unici. Ogni persona per Lui è unica. 

10 Luglio
+Domenico

A nozze sempre con Gesù senza versare niente sul suo iban

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9,14-17)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Audio della riflessione.

È bello essere invitati a nozze di un amico o di una amica, con cui hai condiviso tanti momenti della vita, con cui spesso ti confidavi, che vedevi ogni giorno entusiasmarsi mentre ti raccontava i suoi sogni. È ancor più bello se le nozze non sono quel supplizio infinito di un pranzo da nababbi, o quel ricevimento formale che ti mette in imbarazzo con gente estranea o, ancor peggio, se partecipare alle nozze non consiste nella preoccupazione, che sovrasta ogni sentimento, di fare un regalo vistoso, calcolato, che ti lega nella catena perversa del do-ut-des, ti faccio il regalo oggi perché tu e gli altri me lo facciano domani, dove l’invito è solo calcolo e la spontaneità diventa obbligo.  

L’invito che fa Gesù è un invito a nozze per godere di Lui. Quando ci sono io non fate piagnistei, non lesinate in allegria, non state a controllarvi la dieta, soprattutto non siate tristi. Vi voglio entusiasti dell’essere miei amici, contenti di avermi seguito. Fatelo sapere a tutti che con me state bene. Nella vita c’è anche un tempo per il digiuno, per il controllo sulla gestione della propria interiorità e della propria disponibilità e allenamento alle difficoltà; ma non è questo il momento. Se ci sono io voglio che scoppi la festa, la gioia, sono venuto perché si possa godere di una vita piena. Il mio regno è un regno di felicità, di gioia, di scatto verso la bontà. 

Purtroppo, spesso noi cristiani non facciamo capire a tutti che seguire Gesù è una felicità, che aver trovato lui, il suo vangelo è una profonda pace che scende nella vita, che seguire i suoi passi anche faticosi è come quando fatichi a scalare una montagna, ma vieni appagato dalla gioia della conquista, della vetta, della visione di un nuovo panorama che ti si apre davanti. Essere cristiani è essere felici.  

Non rimpiangiamo nessuna libertà persa, perché stare con Gesù è trovare quella vera. La vita cristiana non è luogo di tristezza, ma di una gioia serena, di una consolazione profonda, perché stiamo in compagnia di Gesù, ne ascoltiamo ogni giorno la parola, facciamo i passi della vita anche faticosa, ma con Lui, diamo a ogni giornata una nuova speranza di poter guardare a quel cielo abitato da Dio che rende la terra meno spaesata. 

08 Luglio
+Domenico