Riteniamo sempre di avere la verità in tasca.

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11,14-23

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

Audio della riflessione.

C’è un vizio sottile che è sempre quello di definire cattivo, nemico, poco di buono chi non è del nostro parere, chi non riusciamo a inquadrare nei nostri schemi, chi si comporta diversamente da noi. È la voglia di azzerare, di non farsi mettere in discussione, alla fine di non voler confrontarsi per crescere, per cercare la verità. Riteniamo sempre di avere la verità in tasca. 

Gesù opera prodigiosi miracoli, riesce perfino a liberare le persone dai demoni e che dicono i suoi connazionali? È d’accordo coi demoni, sta dalla loro parte, non sta dalla parte del bene, ma ha connivenza col male. Se è riuscito a ottenere quel che ha ottenuto chissà che cosa ha pagato, a quali compromessi ha dovuto cedere. Non sono disposti a riconoscere in Gesù la bontà, l’originalità di un mondo nuovo che sta nascendo, di un Dio che si mette tra gli uomini a dialogare, a convincere, a liberare.  

Gesù invece sta ingaggiando una lotta senza quartiere con il male. Non è sceso a compromessi fino dal primo giorno, fin dalle tentazioni del deserto. Satana aveva tentato di accalappiarlo come ben riesce con tutti noi, quando nella nostra debolezza cediamo alle sue lusinghe, a impostare una vita sul potere, sul danaro, sulla superbia, sulla apparenza e non sulla Parola di Dio, sulla debolezza delle nostre stesse esistenze che in Dio diventano risorse. 

Chi non è con me è contro di me. Occorre decidersi, non possiamo stare sempre a giocare a dadi, quasi ci fosse una decisione casuale o a vedere chi vincerà per collocarci al momento giusto dalla parte del vincitore. Gesù non è un vincitore di questo tipo; siamo sicuri che vince il male, ma non secondo i nostri schemi di successo, non secondo la nostra leggerezza e superficialità, ma pagando di persona con la croce.  

Metterci dalla sua parte significa che siamo disposti a fare tutta la strada di ricerca della verità, di dedizione alla sua causa, di solidarietà con i fratelli che anche faticosamente sanno camminare per le vie del vangelo. 

Stare con lui è stare con la speranza fatta persona, è sapere che c’è una meta difficile, ma sicura, impossibile se guardiamo alle nostre forze, ma garantita se gli stiamo col fiato sul collo, non lo molliamo mai. 

07 Marzo
+Domenico

Dio non ci fa mai mancare i segni della sua presenza  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 29-32)

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del  giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Audio della riflessione.

Ci lasciamo spesso incantare da tanti personaggi più o meno illustri, gente che appare molto, affascina, diventa un idolo, calca tutte le scene possibili. Sappiamo che sono passeggeri, ma tanto è così che va; la vita è tutta in fretta, ma soprattutto è sempre distratta. Ci lasciamo incantare dalla esteriorità, mentre invece facciamo parte di una storia bella, affascinante, grande che sta sottotraccia sempre. Abbiamo un papà e una mamma eccezionali, abbiamo avuto dei maestri che ci hanno insegnato a vivere, abbiamo amici che sanno donarsi senza suonare trombe o campane, che credono nella vita. Andiamo a cercare altrove ciò che invece abbiamo in casa, soprattutto abbiamo una speranza assoluta che è Gesù, il Figlio di Dio, che è la pienezza della storia e lo ignoriamo.  

Il fascino di qualche cosa di nuovo ci strega sempre, forse perché non siamo capaci di vivere in modo nuovo ogni giorno la nostra vita, l’amore, il lavoro, le relazioni, gli ideali. Crediamo sempre che la soluzione della vita sia altrove e ci lasciamo sfuggire i doni che Dio ci dà. Spesso abbiamo capito la bellezza e l’importanza del nostro territorio da gente che è venuta da lontano a visitarlo e non ce ne siamo mai accorti, perché si stende sempre su ogni cosa la pialla dell’abitudine, che soffoca tutto.  

Cerchiamo segni di futuro e non sappiamo leggere quelli che già abbiamo. Il popolo che Gesù si è trovato davanti è stato proprio un popolo di distratti, di cercatori di novità a tutti i costi, di infatuati del meraviglioso. Lui Gesù si era presentato come figlio di Dio e loro stavano ad aspettare ancora, l’avevano davanti e non lo vedevano. Avere un cuore che legge nella storia i segni della sua presenza è un dono grande che dobbiamo sempre chiedere.  

Signore aiutaci ad aprire gli occhi sulla tua presenza capillare, continua, dolce, precisa nel nostro mondo. Aiutaci a leggere i segni che lasci nelle persone, nelle menti, nella tua creazione. Aiutaci ad alzare gli occhi al cielo per vedere che non è mai vuoto e che tu sempre ci sei. Ferma la nostra smania di novità perché sei tu la vera e eterna novità della nostra vita.

21 Febbraio
+Domenico

Ahimè! Sono io, che mi carico le vostre colpe  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11,47-54)

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Audio della riflessione.

Oggi capita molto meno che la disciplina di certi ambienti educativi sia cosparsa di innumerevoli prescrizioni, da appesantire la vita. C’è un ideale da proporre, ma chi ne è responsabile lo soffoca con moltissime condizioni, tanto che non se ne vede più l’obiettivo, non ne risalta più il perché e si resta soffocati da leggi e leggine, obblighi e condizionamenti. 

I farisei in questo erano dei grandi maestri e Gesù che voleva portare serenità, libertà, gioia, non una volta sola stigmatizzò questo difetto, che nasconde non solo sete di potere, ma anche voglia di soffocare. 

Si tratta di esperti della legge, di teologi dei farisei, detentori del potere culturale, che definiscono e programmano quanto altri devono fare per essere salvi, aggravano il giogo della legge attaccandovi a rimorchio un carro di prescrizioni supplementari: è il carico pesante di chi ha la pretesa di salvarsi. Il giogo di Gesù invece è dolce e il suo carico leggero. La sua misericordia ci alleggerisce sempre di più, svuotandoci di ogni rapina e iniquità.  

Le infinite disposizioni che questi cultori della legge escogitano tocca ai farisei portarle. Gesù critica nel “leguleio” soprattutto il potere culturale: dice e non fa, esercitando il potere su chi fa quanto lui dice. Mentre i profeti annunciano la parola di Dio, questi cultori della legge la vanificano, soffocandola in infinite prescrizioni.  

Se i loro padri hanno ucciso i profeti per non convertirsi, questi uccideranno la Parola stessa. La loro sapienza è di perdizione: invece di aprire all’invocazione della misericordia, chiude all’autosufficienza della presunzione. Questi cultori della legge invece di essere testimoni della sapienza di Dio, portano a consumazione il mistero di iniquità dei loro padri, come loro e come tutti” insensati e tardi di cuore a credere quanto dissero i profeti”. La sapienza di Dio sa di essere perseguitata e uccisa: è la sapienza della croce, del bene che vince il male, caricandolo su di sé. 

Questo capitolo di Luca pronuncia sei “ahimè” tre per i farisei e tre per i cultori della legge, ma Gesù li ha fatti diventare non un ahimè per loro, ma un ahimè per sé stesso, per Gesù stesso, perché se li è caricati tutti sulla croce, dove ha portato su di sé tutta la maledizione della legge e ha pagato il conto per ogni nostro delitto. Gesù ha iniziato quel “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”, che poi ha ripetuto Stefano e tutti i martiri che sono morti per la causa di Gesù Cristo.

19 Ottobre
+Domenico

Una fiction non è la vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11,37-41

In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Audio della riflessione.

Una donna prima di uscire di casa spende un po’ di tempo allo specchio per dare alla sua figura l’aspetto più piacevole possibile. È un segno di rispetto verso tutti e non di vanità. Quando fai qualche trasmissione televisiva, passi dal camerino del trucco perché ti devono togliere quegli elementi che potrebbero essere esaltati dalle riprese e risultare sgradevoli a chi segue il programma. Si potrebbero descrivere tutte le arti che stiamo mettendo in atto per rendere gradevole il nostro incontrarci. Esiste però una forte tendenza, indotta anche dai mezzi di comunicazione televisiva, a fare dell’immagine la sostanza. Ricordo la rabbia dei giovani quando per delle riprese televisive dal vero non erano riuscite; venivano allora invitati a rifare la scena, che prima era qualcosa di vero di profondamente sentito e invece ora dovevano dare addio alla loro spontaneità e fingere di assumere posizioni, facce, gesti e azioni finte, non vere per loro in quella ripresa. L’effetto sarà pure bello, ma loro quando venivano ripresi non erano sé stessi. La vita così rischia di essere una fiction.  

Una fiction rischia di esserlo spesso anche la vita religiosa, anche il rapporto di fede, quando si riduce tutto a riti esteriori, a parate, a processioni, a farsi vedere, a recitare una parte. Purtroppo, talvolta è la stessa celebrazione della messa che dà questa impressione. La religione è vista come un insieme di riti vuoti, di immagini da posa, di recite, lontana dai veri drammi della vita. Niente di più errato.  

Il richiamo alla coscienza è fondamentale per il rapporto con Dio. Esiste uno spazio interiore non disponibile a manipolazioni in cui si realizza il vero e profondo rapporto con Dio. Lì nessuno viene a manipolare, lì nessuno ti può giocare, sei sempre e solo con Lui. È a questo strato di interiorità che nasce il dialogo con Dio e la fiducia in Lui. È nell’intimo della radice di ogni libertà e di adesione alla verità che si gioca la vita della persona. Sicuramente le scelte interiori si intuiranno anche da comportamenti conseguenti esterni e visibili, ma la radice è nella profondità della coscienza.  

Non si tratta di vivere un cristianesimo anonimo, ma di radicare nella verità e nella coscienza la propria fede, che da sola spingerà il cristiano a testimoniare con verità ciò che si porta dentro. I cristiani non si curano della facciata, perché il Dio che non ci abbandona mai, rende la nostra vita trasparente della sua presenza in noi. 

17 ottobre
+Domenico

Mi basta un segno, non cerco una prova  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 29-32)

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

Audio della riflessione.

Il bambino che gioca in casa da solo ogni tanto si alza di scatto e va a cercare la mamma. Non vuol sentirsi solo, vuole conferme di una presenza rassicurante. L’innamorato chiede spesso all’innamorata un segno di questo amore che vive tra loro: è una carezza, un bacio, un pensiero un sms, un regalo, uno sguardo profondo negli occhi. So che mi vuoi bene, ma voglio esserne sicura. Le realtà vere, ma invisibili agli occhi hanno bisogno di qualche elemento concreto, il segno appunto che veicola quel bene invisibile.  

E quando questi segni non sono all’altezza del loro compito nasce la tensione, la gelosia, la sfiducia, la voglia di prove, la pretesa di una dimostrazione. Sono così anche i contemporanei di Gesù. Lo sentono dire cose meravigliose, lo sentono attribuirsi prerogative inimmaginabili in un uomo, attributi e azioni che sono solo di Dio. Ci dai una prova per convincerci che è vero quello che dici? Siamo disposti a seguirti, ma ci dai un segno che aiuta tutti a orientare la nostra intelligenza nella direzione delle tue pretese? 

E Gesù dice: il segno che vi do non è una rispostina che chiude le ricerca e la responsabilità di ciascuno di fronte alle scommesse sulla vita, ma una ulteriore ricerca di significato; non è una dimostrazione che mette a posto la coscienza o l’intelligenza, una fredda proposizione di plausibilità, ma un passo ulteriore da fare, una decisione di stare dalla parte della proposta rischiando la propria sicurezza comoda. Il segno è la morte e risurrezione di Gesù, è la incapacità della morte di dire su Gesù l’ultima parola. E’ significato nell’episodio di quel predicatore avvilito, di nome Giona, che stanco dell’insuccesso, o meglio pauroso di non farcela a seguire il comando di Dio, fugge dalla sua missione, vien buttato in mare e viene ingoiato da un grosso cetaceo, che dopo tre giorni lo ributta a riva, vivo. 

E’ una tipica immagine della morte e risurrezione di Gesù.  Questo è l’unico segno, la prova, il fatto su cui fondare la fede. Non è una certezza matematica, non è una dimostrazione, ma ti dà la possibilità di giocare tutta intera la tua libertà. L’amore non ha mai bisogno di prove, ma di segni. Altrimenti non viene giocata la speranza, ma la propria incapacità di affidarsi.

16 Ottobre
+Domenico

Una donna di grande fede è la figura di mamma che Gesù vuole presentare

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11,27-28)

In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

Audio della riflessione.

I grandi personaggi hanno sempre un fascino particolare: quando li incontriamo restiamo ammirati, ci siamo fatti di loro un’idea di grandezza, bellezza, desiderabilità e vogliamo toccarli, avere qualcosa di loro. Così fanno i ragazzi quando vanno a chiedere l’autografo –o co , un ricordo, un contatto di uno sportivo o di un eroe del cinema o un grande cantautore che interpreta i loro gusti e la loro vita, è sempre bello e importante. 

Gesù stava spopolando da questo punto di vista, cominciava a diventare una persona desiderabile, un riferimento, un desiderio di tanti. È naturale che una donna si alzi a gridare: che mamma fortunata hai avuto, che figlio prodigioso hai allattato al suo seno, che grande soddisfazione dev’essere per te. 

E Gesù riporta sempre tutto al suo vero significato. Quale è la vera beatitudine? Certo avere dei figli che riescono nella vita, potersi identificare con una riuscita bella dell’educazione e della dedizione vissuta quotidianamente senza sosta, ma la vera beatitudine è mettersi in ascolto della Parola di Dio, mettersi in comunicazione con la sua volontà, attuarla, farla diventare stile di vita, spazio di dedizione di sé per il bene di tutti, luogo di dialogo ininterrotto con Dio.  

Questa era la figura di mamma che Gesù voleva mostrare di Maria, una donna di grande fede, talmente attenta alla Parola di Dio da averla portata in grembo per generarla alla vita. Questo intervento di Gesù che sembra a prima impressione un po’ distaccato, scostante nei confronti di sua madre, in realtà è la definizione più bella di Maria.  

Non è importante per un legame di affetto o di sangue, è grande parchè questo legame pur intenso è solo il segno di una adesione definitiva, totale, generosa a Dio della propria vita, un mettersi a disposizione del piano di Dio senza riserve, un abbandonarsi alla sua volontà coscientemente, per tutta la sua vita. 

Gli affetti sono importanti, ma sono solo l’inizio della strada della fede. Gesù vuole sempre portare l’umanità nell’abbandono a Dio, nella fiducia in Lui, il padre di tutti, nel gettarsi con tutta la vita, il cuore, i sentimenti in colui che, se abita un cielo, è perché il suo amore faccia alzare lo sguardo di tutti gli uomini dalla miseria in cui si sono cacciati e dia alla terra la gioia di sentirlo Padre.

14 Ottobre
+Domenico

Anche lo spirito, l’anima si ammalano  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 15-26)

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.
Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

Audio della riflessione.

Esistono nella vita umana tante malattie. Per queste ci sono medici, specialisti, ospedali, ambulatori che sono messi a disposizione per curare. Ci sono anche altre malattie sempre di competenza di persone specializzate che vengono affrontate con molta professionalità  e riguardano soprattutto la psiche, la coscienza di comportamenti negativi, il disturbo nell’affrontare disagi, depressioni, impatti molto forti, con fatti di vita, disgrazie, morti violente… Qui intervengono psicologi, psichiatri per aiutare  a riprendersi in mano la vita. Esistono però anche malattie spirituali, che riguardano l’oltre, il trascendente, lo spirito. Qui non basta la cura psicologica perché si tratta di fede e occorre intervenire a livello di spiritualità, di religiosità, di fede. Entro questa ultima categoria si devono annoverare le possessioni e i disturbi del demonio, di satana, degli spiriti del male.  

Non siamo molto abituati nella nostra mentalità occidentale a pensare all’esistenza del demonio, dello spirito del male. Eppure il vangelo, Gesù stesso ne parla spesso, inaugura con lui una stagione di lotta all’ultimo sangue. Vi appare nel momento in cui deve prendere le decisioni importanti per la sua vita, all’inizio della predicazione itinerante. Lì nel deserto dice il vangelo lo tenta. Ma che è questo demonio? E’ il principio del male opposto al principio del bene che è Dio? E’ una fantasia che ci creiamo per dare la colpa del nostro malessere a qualcuno che sta fuori di noi?  

Il demonio è tentatore, divisore, soprattutto, perché semina discordia, ma non è potente come Dio, è un angelo decaduto, è nell’ordine delle creature, non sta mai al livello del Creatore. Dio lo ha vinto una volta per sempre e affidarci a Dio significa vincere ogni potenza del male. E’ importante sentircelo dire perché il demonio è ancora presente e si impossessa della vita delle persone, mai però definitivamente, perché Dio lo sconfigge.  

Oggi purtroppo si sta diffondendo il satanismo, soprattutto tra i giovani, l’appellarsi cioè a questo principe del male per offendere Dio, profanare le cose sante, disprezzare la vita, distruggere la fede. Nasce forse da una ribellione alla chiesa, ma diventa un modo di pensare e un odio incontenibile nei confronti anche della vita. Qualche cantautore gioca col fuoco, lo usa per fare soldi, ma soprattutto distrugge la serenità nella coscienza dei giovani che vengono portati a compiere delitti estremi, senza motivazione, in preda spesso ad autentiche possessioni. 

Gli esorcismi sono preghiere che la chiesa ha formulato per implorare da Dio la sua potenza sullo spirito del male. Gesù nel vangelo scacciava demoni, ridava alle persone la serenità della vita interiore. Per la gente il suo perentorio: Taci! esci da costui è segno della sua figliolanza divina. E’ solo Dio che può vincere lo spirito del male. 

Tutti abbiamo bisogno di sentirci dire sulla nostra vita questa speranza. Il demonio non vince più, Dio lo ha sconfitto attraverso la morte in croce di Gesù.   

13 ottobre
+Domenico

I papà si inteneriscono per i figli; a maggior ragione Dio  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 5-13)

In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Audio della riflessione.

Le nostre preghiere a Dio sono spesso domande e spesso ce ne scusiamo perché vorremmo soprattutto lodare il Signore, ma anche le domande sono preghiera, sono fiducia nel Signore, sono la presentazione dei nostri bisogni in cui vogliamo che Dio abiti e ci faccia compagnia. Nel vangelo c’è una preghiera insistita di un papà per i suoi figli e ha paura di essere importuno e molesto nei confronti del suo amico. Con il Signore non dobbiamo temere di essere “molesti” e “importuni”: sono parole che  sottolineano l’insistenza e il coraggio del richiedente. Se già gli uomini egoisti, falsi amici, ecc. alla fine si scomodano per noi e ci esaudiscono, quanto più dobbiamo avere piena fiducia in Dio. Egli non ci ascolta per togliersi di torno uno scocciatore, ma perché è il vero nostro amico: è il nostro papà. 

 Gesù che spesso nella sua vita, come ci racconta Luca nel suo vangelo, si riferisce alla preghiera, ne parla, la vive, la propone e nello stesso tempo ci tiene a dire che Dio esaudisce ogni preghiera, non è sordo alle richieste dell’uomo, non si nasconde davanti a lui. E questo, perché ama infinitamente l’uomo, suo figlio. Quindi il problema non esiste da parte di Dio ma, eventualmente, da parte dell’uomo. L’uomo prega solo se si sente veramente bisognoso: i sazi e i buontemponi non sentono il bisogno di pregare.  

Le preghiere rivolte a Dio possono assomigliare a quelle di un figlio verso il padre umano. E’ impensabile che questi risponda con cattiverie alle richieste di cibo del figlio. Non c’è un padre così spietato tra gli uomini, tanto meno si può pensare che un tale comportamento sia possibile in Dio. Noi uomini e donne siamo cattivi, Dio è buono. Se un padre umano, che è cattivo, sa dare cose buone a suo figlio, quanto più il Padre del cielo darà tutto, cioè lo Spirito Santo, a coloro che glielo chiedono. Se l’uomo si commuove davanti alle necessità di un amico o di un figlio, tanto più Dio. 

Nel vangelo di Matteo, parallelo al nostro di Luca si dice che Dio dà “cose buone” (7,11), cioè i beni della salvezza, in san Luca si dice che dà lo Spirito Santo, che è il Dono dei doni. Non c’è differenza perché l’uomo si raccomanda per il pane e Dio gli dona anche lo Spirito Santo, che è il Dono che contiene tutti gli altri doni. 

Solo Dio può riempire il cuore dell’uomo. Egli ci dà “molto di più di quanto possiamo domandare o pensare” (Ef 3,20): si dona a ciascuno secondo il suo desiderio. L’unica misura del dono è data dal nostro desiderio: chi desidera poco, riceve poco; chi desidera tutto, riceve tutto. Il tema dominante è la paternità di Dio che si esprime nel dare. Noi dobbiamo chiedere non perché lui ignori il nostro bisogno, ma perché il dono può essere ricevuto solo da chi lo desidera. Quanti doni di Dio abbiamo rispedito al mittente! Avere grandi desideri é condizione per essere capaci di ricevere il dono più grande: lo Spirito Santo. 

Quando il Padre sembra restio a dare, è perché non ci dà ciò che vogliamo, ma ciò che è giusto. Di solito chiediamo a Dio che soddisfi i nostri bisogni immediati e superficiali, ma egli vuol farci scoprire e colmare il nostro bene essenziale: essere suoi figli. Ci nasconde i suoi doni, affinché cerchiamo lui che è il Donatore.  

La domanda che si fa in noi preghiera non è solo un buco da riempire con una risposta, ma una sfida che Dio accetta e nel rispondere va oltre, con beni che neanche ci immaginavamo di conoscere, quando abbiamo domandato. 

Egli esaudisce sempre le nostre preghiere quando sono secondo la sua volontà; e ci fa proprio un grande piacere a non esaudirle quando non sono secondo la sua volontà, perché farebbe il nostro male. Quando preghiamo succede sempre qualcosa di buono, anche se non sempre sappiamo che cosa. 

12 Ottobre
+Domenico

La più bella preghiera dei cristiani

Una riflessione sul vangelo secondo Luca (Lc 11,1-4

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Audio della riflessione.

Sono molto rare le persone che non pregano. Viene spontaneo a tutti immaginare che ci sia qualcuno che ci aiuta, che sta oltre noi, che non è invischiato nei nostri commerci e che gratuitamente si mette dalla nostra parte e ci solleva dalle miserie in cui cadiamo. Una preghiera semplice ti affiora alle labbra nei momenti più intensi, nei bisogni e nelle situazioni più disperate; è un nome, una invocazione, un sospiro. Dio, se ci sei batti un colpo! Gli apostoli, che vivevano in un mondo religioso, pregavano. Erano cresciuti nelle sinagoghe e avevano imparato a recitare salmi, a innalzare lodi a Dio; frequentavano il tempio e partecipavano alle liturgie dei sacerdoti. Ma quando vedevano Gesù stare notti intere a dialogare con Dio Padre, a pregare, hanno avuto nostalgia di questa nuova forma di preghiera di Gesù, lontana dal tempio, dal chiasso, eppure così intensa e determinante per la sua vita e per ciò che aveva in cuore e che sentiva importante realizzare.  

E gli domandano: insegnaci a pregare. Pregare è un’arte, non è un mestiere; ha bisogno di tensione interiore, di radicamento nella vita e di grande abbandono in Dio. Gesù allora li aiuta a fare della preghiera non una continua lagna, o un moltiplicare parole, ma un atto di abbandono nel Padre. Insegna loro a chiamare Dio con il tenero nome di Padre. Gesù sempre così si è rivolto a Dio, proprio perché questa paternità è venuto ad annunziare agli uomini, è questa la buona notizia che pervade tutta la vita di Gesù. Questa parola è il cuore della vita cristiana, contiene tutto l’affetto di noi figli verso il papà e di noi fratelli verso Gesù. Questo Padre ancor prima di essermi utile deve essere lodato, benedetto, amato, tenuto in conto da tutti i figli. Questo si intende quando preghiamo che il suo nome sia santificato. Se siamo figli dobbiamo essere orgogliosi che Dio sia amato e lodato da tutti.  

Un desiderio deve sgorgare dal cuore di tutti gli uomini che si rivolgono a Dio, che si realizzi nel mondo per tutti il suo regno, cioè un mondo fatto di giustizia, di pace, di fraternità, di amore. Un regno di samaritani che si dedicano a dare dignità a chi si trova piegato in due dal dolore, dall’ingiustizia e dal sopruso. 

Padre tu sai che abbiamo bisogno ogni giorno di poter vivere, dacci il pane quotidiano, è un pane nostro, non mio, da condividere in fraternità. Tu sai quanto siamo insolventi nei tuoi confronti, quanto ti offendiamo nelle tue creature, perdonaci e dacci la forza di essere capaci come te di perdonare. Non ci mettere alla prova che siamo deboli. Ci fidiamo di te, siamo tuoi figli. 

11 Ottobre
+Domenico

Gesù vince il demonio, il grande divisore

Una riflessione sul vangelo secondo Luca (Lc 11,14-23)

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde»

Audio della riflessione

Nell’esistenza di ciascuno c’è una attitudine necessaria da coltivare: occorre decidere, scegliere, concentrarsi su una posizione e da quella guardare a tutta la vita. Ma questo per noi non è sempre facile o perché siamo di fronte a un eccesso di opportunità di cose da scegliere, o siamo di fronte alla vita, come con un telecomando in mano davanti alla TV in cerca di un canale che ci vada bene e non ne troviamo uno che ci soddisfa.  
Oppure di fronte a una decisione preferiamo tenere il piede in due scarpe. Così hanno fatto i contemporanei di Gesù, di fronte a un segno poderoso: Gesù ha scacciato un demonio? la gente subito si divide.  
Il demonio è proprio un divisore e riesce molto bene nella sua missione di contrastare l’opera di Gesù.  E Gesù accetta la sfida; la vince con le tre tentazioni nel deserto, la stravince con la liberazione dal demonio di tanti indemoniati, la vince al massimo quando il demonio si presenta, come promesso, all’ultima sua ora. 
Il demonio è un nemico attivo, subdolo, capace di colpire e di infilarsi nelle feritoie della nostra esistenza, dei nostri stessi peccati e definire i confini di uno spazio di male che viene governato, proprio da lui. Gesù spoglia satana di tutte le sue armi, che sono quelle dell’avere, del potere e dell’apparire, quando muore, spogliato di tutto, sulla croce. In questo modo restituisce all’uomo ciò che il demonio gli aveva tolto: la sua vera identità di immagine di Dio e la sua realtà di figlio di Dio trionfano ad ogni passo. Lo stare con Gesù è la caratteristica della nostra vita presente e della nostra vita futura.  
Chi non è con Gesù è con il diavolo. Non esiste una terza posizione, una terza possibilità. Vincere lo spirito del male è il primo obiettivo della missione di Gesù per donare all’uomo il suo Spirito di Figlio. Ogni vittoria sullo spirito di menzogna e di egoismo si ottiene solo con la forza dello Spirito di verità e di vita che è dono di Gesù.

16 Marzo
+Domenico