Siamo alberi e siamo conosciuti dai nostri frutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 43-49)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».

Audio della riflessione

Il principio della bontà o meno, siamo buoni o no, non sta certo nelle cose, ma nel cuore: se è “bonificato”, se cioè è pieno della carità di Cristo e vive di questo tesoro, farà frutti di misericordia e saprà cambiare il male in bene; diversamente rimane un capitale di cattiveria e vediamo che cosa sta capitando nel mondo di oggi: morti per “negligenza programmata” sul lavoro, femminicidi senza scrupolo, delitti per vile interesse di danaro o per futili motivi, respingimenti di vite, cimiteri in mare per interessi ideologici.

La nostra vita diventa sempre più una spartizione di “dividendi di cattiverie” che si moltiplicano e non solo si sommano: il problema non è solo di fare frutti buoni invece che cattivi, perché il nostro povero cuore non può che produrre rovi e spine. Il problema è di poter ricevere in cambio di un cuore di pietra, un cuore di carne, come dice Ezechiele il profeta, in cui è scritta la legge di misericordia del Signore.

E si percepisce la presenza di un cuore misericordioso, non dalle opere, ma prima ancora dalle parole: la bocca precede la mano e la parola precede i fatti rendendoli disumani, umani o divini.

La parola di misericordia deve entrarmi dall’orecchio nel cuore e risanarlo, pulirlo, addolcirlo! Allora avrò occhio buono e parola buona e metterò in atto frutti di misericordia.

La lingua è come il timone dell’uomo e della donna e ne guida tutti i rapporti: può far vivere e far morire e sappiamo che ne uccide più della spada, e come dice san Giacomo con essa l’uomo e la donna comunicano con l’altro e lo accolgono o gli fanno un muro davanti.

Avere un cuore buono dal Signore è costruire la mia casa, la mia vita, la comunità, la società stessa sulla roccia e non sulla sabbia: è un innesto del cuore di Dio nel nostro cuore che assicura le nostre vite e le nostre comunità, nazioni, mondo intero sulla roccia indistruttibile della bontà e della misericordia.

Allora … la nostra casa non crolla al sopraggiungere della piena delle acque delle prove, delle stesse tribolazioni quotidiane, delle pandemie, delle superficialità! Far aderire il nostro cuore a Cristo è cementare la nostra vita sulla pietra.

11 Settembre 2021
+Domenico