Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 19, 41-44) (Lc 13,34)
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!
Può capitare ad ognuno di noi di trovarci a ripensare, vedere e fotografare tutta intera la nostra vita e piangere su di essa … per Gesù, la città di Gerusalemme che rappresenta tutti noi, era la sua vita.
Noi siamo questa Gerusalemme che Gesù invita ad ascoltare e meditare il suo Vangelo, che vuol fare della nostra esistenza un ascolto gioioso assieme ad amici, fatto di immagini, di parole, di sguardi, di contemplazioni, di ricordi, di sentimenti ed emozioni, di gesti generosi che la sua parola ci provoca.
Se non è così Gesù piange anche su di noi.
Invece, a partire dal suo Vangelo, vogliamo sviluppare momenti interiori, di amicizia, di riflessione, di confronto, fino a poter raccontare soprattutto, perché non possiamo assolutamente tacere o tenere per noi ciò che Lui ci dona continuamente, le parole che ci ha fatto ascoltare: l’orologio del tempo non si ferma alla Gerusalemme di più di 2000 anni fa.
Gesù ci ha presentato le strade della vita.
Il Vangelo ci aiuta a fare i conti anche con la nostra miseria umana, i nostri fallimenti, le nostre contrapposizioni: ci fa capire che il nostro tempo è fermo ancora al tempo prima di Gesù, fermo all’”occhio per occhio, dente per dente”.
Ma non siamo disperati, perché stiamo parlando di noi non di altri: i muri di Gerusalemme sono i nostri! Sono costruiti tortuosi e ingombranti, divisori e lancinanti dentro di noi, tra di noi, nel nostro pensiero, nei nostri affetti, nelle nostre colpe e distorsioni della vita, nelle fantasie giovanili che pur sono fatte per la pace, la serenità, la bellezza, la giustizia, l’amore.
Questi muri non crolleranno finché rimarranno i nostri: sono un avvertimento alle nostre coscienze e alle nostre vite.
La storia non la fanno le guerre, i trattati di pace, i tavoli di concertazione, gli stessi muri ma le coscienze … e la pace pure si costruisce nelle coscienze.
Il pianto di Gesù è su di noi: noi siamo tutti la sua “covata”.
Gerusalemme è la città terrena, è il nostro mondo in attesa di una città celeste, la Gerusalemme dove non ci sarà più bisogno di luce e di candele perché vi brillerà il sole di giustizia che è Gesù.
Oggi molti ancora soffriamo divisioni, contrapposizioni, muri; dobbiamo pregare e vivere perché si cambino in noi e fuori di noi in ponti! Se così desideriamo e viviamo, la nostra vita ha uno scopo e chi vive così può contare su veri amici e abbattere continuamente i muri della nostra vecchia e assurda Gerusalemme .
17 Novembre 2022
+Domenico