Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,31-36)
Chi viene dall’alto, è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.
In questo tempo pasquale possiamo addentrarci anche noi in un dialogo serio con il Signore; anche noi abbiamo bisogno di rigenerare la nostra fede. Il nostro è un tempo che ci chiede di uscire allo scoperto, di prendere decisioni, di stare della parte della verità, di contemplare il Signore, ascoltare la sua parola
Ci possiamo domandare: come mai ci sono stati anni in cui la nostra vita cristiana è implosa, anziché esplodere? Forse perché non abbiamo contemplato, ma solo organizzato o custodito, abbiamo dato alla preghiera il significato solo di un dovere, di un compito da fare
Non vogliamo più nasconderci nessuna delle domande profonde di umanità, dobbiamo percepire la sete dell’uomo di oggi, constatare il fascino di un mondo male orientato; oggi c’è una pervasività del male e delle tenebre e, come dice Giovanni, occorre uno sbilanciamento dalla parte dello sposo. Il primo nostro scopo è di contemplare
La contemplazione è luogo di ricerca, spazio in cui ci si fanno domande, non si dà niente per scontato, dove c’è posto per il dubbio, la dialettica, il lavoro della ragione e dei sentimenti, delle emozioni e dei comportamenti. Vogliamo scavare in profondità, a far emergere tutte le riserve umane che nascono nei confronti della fede, del mondo religioso, della nostra appartenenza alla chiesa.
Questi giorni pasquali sono un tempo in cui è possibile l’ascolto, il confronto, lo studio, l’incontro con Gesù, nel silenzio del raccoglimento o nella ricerca comune, nella preghiera o nel dialogo. L’amico dello sposo sta lì e si rallegra delle sue parole. È lui che deve diventare importante.
Ogni tanto è utile una visita al cimitero, dove sono sepolti i nostri avi, quelli che ci hanno passato il testimone della fede, che nei secoli hanno tenuta viva la luce della fede e ce l’hanno tramandata, hanno creato esperienze di vita cristiana, hanno affrontato la vita con la speranza del Signore risorto.
Vogliamo guadagnarci una nuova adesione, anche sofferta, ma decisa e felice alla vita di fede. Vogliamo confessare che Gesù è il Figlio di Dio. Chi crede nel figlio ha la vita eterna. Dobbiamo tornare da Gesù a dire quel “Mio Signore e mio Dio”, di san Tommaso di fronte all’evidenza del Risorto, È fatto di affidamento, di preghiera, di celebrazione, di vita sacramentale, di accostamento non episodico ai tesori della Chiesa.
Allora la Chiesa prenderà nuovo slancio, la nostra comunità diventerà casa abitabile da tutti, soprattutto dai giovani, che sono sempre il nostro presente, ma soprattutto il nostro futuro.
20 Aprile
+Domenico