Alzarsi in volo sulla nostra vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3, 31-36)

Chi viene dall’alto, è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.

Audio della riflessione

Occorre spesso un colpo d’ali per alzarsi in volo sulla nostra vita e coglierne le dimensioni infinite che si porta dentro: siamo troppo appiattiti sulla terra, troppo ingolfati nella materia … con la scusa che dobbiamo risolvere i nostri problemi, che tutto quello che diciamo deve avere un riscontro concreto ci siamo abituati a calcolare tutto secondo un interesse materiale!

Quanto costa? A che cosa serve? Che cosa mi viene in tasca? Alla fine, che cosa mi porto a casa?

Sono le domande più normali con cui affrontiamo la vita … poi, grazie a Dio, ci accorgiamo che ci sono realtà importanti che non stanno in questi angusti schemi: il gioco, la musica, la bellezza, l’amore, lo spirito.

La religione deve essere di questo tipo: deve aiutarci a librarci nel cielo della gratuità di Dio. 

Chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra – dice il Vangelo; invece, noi sappiamo che veniamo dal cielo, che il nostro futuro, il nostro passato, la nostra prospettiva è più grande! Si usano termini come “terra” e “cielo” non per disprezzare il creato in cui viviamo e nemmeno per illudere di un posto diverso, astratto in cui dobbiamo vivere, ma per dare alla nostra vita una dimensione più completa, più vera.

Se c’è un difetto nel nostro tempo è proprio quello di aver appiattito tutto sulla percezione dei nostri sensi; quello che non vediamo e non tocchiamo non fa più parte del nostro orizzonte … invece Gesù è venuto a presentarci un mondo altro, una vita futura, un “Padre nostro che sta nei cieli”. 

Curiamo il corpo, ma sappiamo bene che è la faccia di un’anima che non muore mai, che non si può costringere sulla nostra terra! Tanta nostra infelicità è dovuta all’appiattimento, alla prigione che ci siamo costruiti: ci siamo collocati in un bicchiere d’acqua e continuiamo a sbattere contro le pareti, mentre il nostro vero habitat è il vasto mare della vita che viene dall’alto, dal misterioso mondo di Dio.

C’è un vento dello Spirito che soffia su di noi e dà vita vera … la creazione lo ha atteso, Gesù lo ha inviato!

Abbiamo bisogno di un’anima per tutte le cose: quest’anima viene dall’alto!

La risurrezione ha aperto i nostri confini, ha offerto gli orizzonti infiniti di quel Dio che anche in questo non ci abbandona mai.

11 Aprile 2024
+Domenico

Alza lo sguardo e lasciati interrogare e salvare da quella croce!

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,14-21)

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”.

Audio della riflessione.

Avere un ideale ti aiuta molto a vivere, avere un sogno che lancia la tua immaginazione oltre le ingessature della realtà ti può far rischiare la fuga, ma spesso ti permette di nutrire progetti, visioni di mondo belle, catalizzare le forze su prospettive nuove. Non abbiamo bisogno solo di mangiare, di riempire la pancia, ma anche di bellezza, di ideali, di simboli che ci richiamano la grandezza della vita oltre ogni miseria in cui la nostra insensatezza l’ha costretta. 

Mi sono sempre domandato perché nelle catapecchie più squallide delle bidonville, nelle capanne più sperdute e povere della savana, nei tuguri più puzzolenti, dove manca acqua corrente, igiene e il necessario per una vita civile, non manchi mai l’antenna parabolica. Ci sono più antenne paraboliche in un villaggio sperduto che in un paese cosiddetto civile. Proprio perché l’uomo ha bisogno di sogni, di allargare gli orizzonti. Rinuncia anche a qualche pasto pur di poter avere un segno di riscatto, una prospettiva di futuro. Solo che le TV vendono solo se stesse e non costruiscono spesso vera speranza. 

Così è stato per gli ebrei nel deserto. Mosè aveva levato un serpente su un palo, chi lo guardava guariva dai morsi dei serpenti che avevano invaso il loro accampamento. È una immagine ardita, ma usata dal vangelo, di Gesù sulla croce. La croce è quel simbolo, quel sogno, quell’ideale, quella prospettiva cui ogni uomo può guardare per avere salvezza, per poter avere forza di riscatto, per stringere i denti nel dolore, per contemplare non tanto la sofferenza che esprime, ma l’amore che vi è depositato nella persona del crocifisso. Lì l’uomo, noi nelle nostre pene quotidiane, troviamo avverata la promessa di Dio, guardando a quella croce vediamo realizzata la volontà di amore di Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Unigenito figlio. Lì Dio si è compromesso fino all’estremo per noi. Lì c’è l’immagine della morte, ma c’è anche la certezza della vita. 

Siamo stati segnati sulla nostra fronte e nei nostri sensi con il segno della croce, questa è distintivo della vita del cristiano. Noi non crediamo in un dio qualunque, astratto, senza volto, ma in un Dio Crocifisso, un Dio che ci ha amati fino a morire per noi. Nella nostra vita noi vogliamo sempre guardare a questa croce, per questo la abbiamo in ogni casa, in ogni luogo. Oggi fa fastidio, non faremo battaglie, ma a noi guardare a quella croce dà speranza e forza nell‘affrontare la vita, ci permette di aprire sempre una finestra nell’eternità. 

Deve diventare di meno un ornamento e di più un ideale quel crocifisso che portiamo al collo, che seminiamo nei nostri luoghi di vita comune, avremmo forse più coraggio nell’amare la vita, sicuramente molto di più che a guardarci nello specchio. Lo specchio ci può dare compiacimento o delusione, la croce invece è sempre una speranza.

10 Aprile
+Domenico

Il vento dello Spirito soffia dove vuole

Una riflessione sul vangelo secondo Giovanni (Gv 3,7b-15)

Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito”. 
Gli replicò Nicodèmo: “Come può accadere questo?”. Gli rispose Gesù: “Tu sei maestro d’Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Audio dela riflessione.

Ci capitano alcune volte delle esperienze di vita in cui diciamo: mi sembra di rinascere, mi sento rinato a una vita diversa. Può essere l’aver trovato un lavoro, l’essere uscito dall’incubo di una malattia, di cui non si vedeva la fine, l’esperienza gratificante dell’aver incontrato la persona cui dedicare l’amore della nostra vita, una forte esperienza spirituale. 

Ecco, nel discorso notturno tra Gesù e Nicodemo si parla proprio di questo vento misterioso dello Spirito che entra nella vita di una persona inaspettatamente e la cambia. Nicodemo era andato da Lui di notte, forse la sua posizione di prestigio nel Sinedrio non gli permetteva di avere contatti ufficiali, forse voleva tenere per sé e non sbandierare a tutti i tentativi di ricerca della verità per trovare quella felicità cui tutti siamo chiamati, sicuramente Gesù lo aveva incantato e in Lui era sicuro di trovare risposta a tutti i suoi perché. Anche oggi i giovani amano la notte, molti lo fanno per sballare, non pochi per crescere e aiutare altri a vivere. 

La risposta non si fa attendere: occorre rinascere. La vita va riportata a un nuovo inizio. Non si può vivere di restauri, di pezze, di aggiustamenti, non siamo in lista prima delle elezioni comunali per turare le buche sugli asfalti delle strade; occorre accogliere la vita ex novo, guardandola con amore da un altro punto di vista. Capita spesso così anche a noi, quando vediamo che non ce la facciamo a cambiare, a dare una svolta positiva al nostro continuo tornare nel peccato, nel vizio, sulle strade dello spacciatore o del venditore di illusioni, del gioco o dell’alcool. Occorre rinascere, affidarsi allo Spirito. 

La risurrezione, che ancora sta al centro della riflessione e della esperienza pasquale, è questa novità che dobbiamo abituarci a fare nostra; non siamo destinati, ma chiamati; non siamo abbandonati, ma ricuperati; non siamo condannati, ma salvati. 

La tentazione di vivere come se non fossimo destinati alla risurrezione è grande. La nostra scarsa fantasia prevede sempre che tutto sia come prima, che si tratti di piccole correzioni di rotta, di qualche sentimento un po’ più buono che dopo Pasqua possiamo nutrire; invece è una vita nuova che deve risorgere. È una vera conversione. Questa forse è la parola che più permette di capire che cosa Dio sta scrivendo nelle nostre esistenze: un cambiamento, una nuova meta, una vita del tutto diversa, un insieme di desideri e di ideali alti cui sempre occorre rispondere. È lo Spirito che soffia dentro le nostre vite e le lancia su nuovi orizzonti, gli orizzonti di quel Dio che non ci abbandona mai.

09 Aprile
+Domenico

Guardiamo a quella croce

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: 
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Audio della riflessione.

Avere un ideale ti aiuta molto a vivere, avere un sogno che lancia la tua immaginazione oltre le ingessature della realtà ti può far rischiare la fuga, ma spesso ti permette di nutrire progetti, visioni di mondo belle, catalizzare le forze su prospettive nuove. Non abbiamo bisogno solo di mangiare, di riempire la pancia, ma anche di bellezza, di ideali, di simboli che ci richiamano la grandezza della vita oltre ogni miseria in cui la nostra insensatezza l’ha costretta.  

Mi sono sempre domandato perché nelle catapecchie più squallide delle bidonville, nelle capanne più sperdute e povere della savana, nei tuguri più puzzolenti, dove manca acqua corrente, igiene e il necessario per una vita civile, non manchi mai l’antenna parabolica. Ci sono più antenne paraboliche in un villaggio sperduto che in un paese cosiddetto civile. Proprio perché l’uomo ha bisogno di sogni, di allargare gli orizzonti. Rinuncia anche a qualche pasto pur di poter avere un segno di riscatto, una prospettiva di futuro. Solo che le TV vendono solo se stesse e non costruiscono spesso vera speranza.  

Così è stato per gli ebrei nel deserto. Mosè aveva levato un serpente su un palo, chi lo guardava guariva dai morsi dei serpenti che avevano invaso il loro accampamento. È una immagine ardita, ma usata dal vangelo, di Gesù sulla croce. La croce è quel simbolo, quel sogno, quell’ideale, quella prospettiva cui ogni uomo può guardare per avere salvezza, per poter avere forza di riscatto, per stringere i denti nel dolore, per contemplare non tanto la sofferenza che esprime, ma l’amore che vi è depositato nella persona del crocifisso. Lì l’uomo, noi nelle nostre pene quotidiane, troviamo avverata la promessa di Dio, guardando a quella croce vediamo realizzata la volontà di amore di Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Unigenito figlio. Lì Dio si è compromesso fino all’estremo per noi. Lì c’è l’immagine della morte, ma c’è anche la certezza della vita.  

Fosse meno un ornamento e più un ideale quel crocifisso che portiamo al collo, che seminiamo nei nostri luoghi di vita comune, avremmo forse più coraggio nell’affrontare la vita, sicuramente molto di più che a guardarci nello specchio. Lo specchio ci può dare compiacimento o delusione, la croce invece è sempre una speranza. 

10 Marzo
+Domenico

Il vero laser della nostra notte

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,13-17)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Audio della riflessione.

Mi piace pensare a Nicodemo come a un giovane che ama la notte. Ce ne sono tanti oggi che cominciano a vivere solo di notte. Il giorno è troppo pieno di compromessi, è troppo regolato da altri. Dal giorno bisogna difendersi, mettersi le cuffie, durante il giorno fare l’indispensabile, inserire il pilota automatico. Di notte invece sono io che vive, che sente le emozioni, che decide di fare quello che voglio. Non ho impegni, non ho compiti, non ho orari. Posso stare con gli amici da cui mi ha separato la settimana, posso sognare in libertà, far uscire quello che devo continuamente tenermi dentro per difendermi. Proprio per questo di notte nasce anche il bisogno di bontà, il bisogno di Dio. 

Nicodemo non riesce più a tenersi dentro tutto; è stufo marcio non ce la fa più a vivere da solo e va da Gesù. 

Dove sta il segreto della vita? Come posso avere vita piena? C’è ancora una possibilità di non lasciarci languire e cancellare ogni sogno? A chi posso alzare lo sguardo per avere davanti qualcosa, qualcuno per cui vivere? La vita è proprio fatta di continui adattamenti? Sono domande che ci facciamo anche noi adulti in pieno giorno. Mi hai messo in cuore un desiderio così grande e non mi posso adattare alle luci artificiali. I laser che vedo penetrano la notte, indicano con precisione una direzione, ma si perdono nel nulla. C’è qualcuno che sa puntare il laser nella direzione giusta? 

E Gesù, che ama la notte di Nicodemo gli dice e dice ancora a chiunque sta cercando: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non morirà, ma abbia vita piena, senza fine, al massimo”. Ma che direzione indica il laser di Cristo? Indica la croce. Sembra un controsenso, ma se guardi alla croce trovi la strada della vita. Se nei tuoi sogni appare la croce, non cancellarli stanno diventando realtà. 

E il suo gesto di maggior amore è l’essere finito in croce. Oggi ricordiamo la gloria della Croce che è sempre uno strumento di morte, ma che per noi indica il grande amore di Dio per tutta l’umanità.

14 Settembre
+Domenico

Trinità, una comunità d’amore

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,16-18)

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

Audio della riflessione.

Che cos’è quella insopprimibile spinta che sentiamo a incontrare gli altri? Perché con tutta la confusione e il frastuono che ci circonda non riusciamo a star chiusi nei nostri comodi loculi, dove ci monta una nostalgia di dialogo, di serenità di solidarietà? Stereo, parabolica, internet, e-mail, fax, Facebook, Twitter che già sono tutti strumenti di comunicazione con l’altro, non ci bastano.  

Sentiamo un bisogno viscerale di contatto, di relazione di stare con qualcuno. Abbiamo bisogno degli altri per vivere, per crescere, per essere. Gli altri sono per noi necessari come l’aria che respiriamo. Il nostro cuore non può essere riempito da un bel quadro, da un gatto o da un cane o da un coniglietto che ci portiamo appassionatamente anche in aereo in apposite gabbiette, con tutte le tutele della legge. Sono tutti dei placebo.  

Il cuore vuole in maniera insopprimibile un’altra persona come noi, da guardare, da toccare, da incontrare, da amare. E la gioia comincia a dischiudersi solo quando stiamo con lui, con lei, con loro. Le immagini, le fiction, le televisioni sono solo simulazioni, strumenti, rimandi. Sembra che ci riempiano di vita, ma ci distorcono solo se non sono accompagnati da relazioni nuove e buone.  

È una constatazione molto semplice pure banale, anche se dà ragione della causa di tanta infelicità di bambini che non vedono mai i genitori, di giovani, che sono senza amici, di anziani che possono solo ascoltare una radio, di uomini e donne mature che si incrociano senza incontrarsi. Se alziamo lo sguardo a Dio questa nostra sete di relazione assume una sorprendente profondità. Noi siamo fatti a immagine di Dio, e Dio è una comunità di amore. Siamo fatti per dialogare, incontrarci amare perché Dio è Trinità. Il Dio dei cristiani non è un single, non teme politeismi idolatrici, è un Dio che è Padre, che è Figlio, che è Spirito Santo.  

È una comunità di amore, è relazione assoluta, è un dialogo di conoscenza e amore fra tre persone: così Gesù ci ha aiutato sorprendentemente a conoscere il volto di Dio. La creazione di Dio Padre, il dono fino alla morte di Gesù, la comunione d’amore che tutto avvolge dello Spirito sono il nostro futuro di uomini e donne, il nostro habitat, la nostra felicità. Il mistero di Dio non è un mistero di solitudine, ma di convivenza, di creatività, di conoscenza, di amore, di dare e ricevere; è per questo che noi siamo come siamo. 

Nella diocesi di Palestrina da pellegrini si va quasi tutti, non una volta sola nella vita, alla Santissima Trinità, un bellissimo santuario a 1400 mt. Durante il percorso si canta un inno che avrà almeno una trentina di strofe tentando di spiegare le tre persone divine;  quando cerchiamo attraverso la solidarietà di un cammino faticoso di portare alla Santissima le nostre pene, le nostre famiglie, i nostri pianti e le nostre gioie, stiamo facendo comunione tra noi come vuole la santissima Trinità, stiamo uscendo dai nostri gusci ben protetti e rinforzati per diventare per gli altri il sorriso e la forza di Dio, la sua carezza e il suo conforto.

04 Giugno
+Domenico

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,31-36)

Chi viene dall’alto, è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito.
Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.

Audio della riflessione

In questo tempo pasquale possiamo addentrarci anche noi in un dialogo serio con il Signore; anche noi abbiamo bisogno di rigenerare la nostra fede. Il nostro è un tempo che ci chiede di uscire allo scoperto, di prendere decisioni, di stare della parte della verità, di contemplare il Signore, ascoltare la sua parola 

Ci possiamo domandare: come mai ci sono stati anni in cui la nostra vita cristiana è implosa, anziché esplodere? Forse perché non abbiamo contemplato, ma solo organizzato o custodito, abbiamo dato alla preghiera il significato solo di un dovere, di un compito da fare  

Non vogliamo più nasconderci nessuna delle domande profonde di umanità, dobbiamo percepire la sete dell’uomo di oggi, constatare il fascino di un mondo male orientato; oggi c’è una pervasività del male e delle tenebre e, come dice Giovanni, occorre uno sbilanciamento dalla parte dello sposo. Il primo nostro scopo è di contemplare 

La contemplazione è luogo di ricerca, spazio in cui ci si fanno domande, non si dà niente per scontato, dove c’è posto per il dubbio, la dialettica, il lavoro della ragione e dei sentimenti, delle emozioni e dei comportamenti. Vogliamo scavare in profondità, a far emergere tutte le riserve umane che nascono nei confronti della fede, del mondo religioso, della nostra appartenenza alla chiesa.   

Questi giorni pasquali sono un tempo in cui è possibile l’ascolto, il confronto, lo studio, l’incontro con Gesù, nel silenzio del raccoglimento o nella ricerca comune, nella preghiera o nel dialogo. L’amico dello sposo sta lì e si rallegra delle sue parole. È lui che deve diventare importante. 

Ogni tanto è utile una visita al cimitero, dove sono sepolti i nostri avi, quelli che ci hanno passato il testimone della fede, che nei secoli hanno tenuta viva la luce della fede e ce l’hanno tramandata, hanno creato esperienze di vita cristiana, hanno affrontato la vita con la speranza del Signore risorto. 

Vogliamo guadagnarci una nuova adesione, anche sofferta, ma decisa e felice alla vita di fede. Vogliamo confessare che Gesù è il Figlio di Dio. Chi crede nel figlio ha la vita eterna. Dobbiamo tornare da Gesù a dire quel “Mio Signore e mio Dio”, di san Tommaso di fronte all’evidenza del Risorto, È fatto di affidamento, di preghiera, di celebrazione, di vita sacramentale, di accostamento non episodico ai tesori della Chiesa. 

Allora la Chiesa prenderà nuovo slancio, la nostra comunità diventerà casa abitabile da tutti, soprattutto dai giovani, che sono sempre il nostro presente, ma soprattutto il nostro futuro. 

20 Aprile
+Domenico

Gesù, la Luce, è venuta nel mondo; noi abbiamo preferito le tenebre

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,16-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Audio della riflessione

Capita spesso di chiederci se occorre una fede per vivere, se questo Dio rivelatoci in Gesù Cristo è la risposta a tutti i nostri interrogativi; ma spesso lo abbassiamo ad essere una toppa nel nostro vecchio vestito, una pretesa contro la nostra libertà, un superfluo per il mondo in cui siamo. Occorre fare un salto nell’impossibile e aprire la nostra intelligenza all’accoglienza di qualcosa, che non è un’altra volta una proiezione delle nostre paure o resistere a stare con i nostri piedi per terra consapevoli che non siamo capaci di intercettare la verità, il vangelo direbbe il soffio dello Spirito? 

Dio ha scelto di mandare il Suo unico Figlio, all’interno di questa religione, per voler far comprendere che il “canale preferenziale” e unico per vivere nella Sua volontà, è nel riconoscerlo come un vero ed unico papà che ha deciso di rivelarsi, farsi incontrare nel suo unico Figlio Gesù Cristo.  

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, perché chi crede in Lui abbia la vita piena, felice, eterna. 

Ci ricasca però ancora addosso tutta la nostra miseria, tutta la cattiveria e il male che c’è nel mondo, la tragedia di guerre infinite, di terremoti devastanti, di una umanità che si crede autosufficiente e che sta trasformando il suo unico spazio vitale che è l’universo in una camera a gas, in una distrazione di massa dalla bellezza della vita che ci è stata donata.  

“Dio, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Ma “gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce”. 

Essere cristiani significa saper sempre scegliere e mettersi a disposizione; intuire un bisogno e far nascere speranza; vivere nella incertezza, ma tendere sempre alla luce, amare questa nostra umanità. 

La ricerca e la risposta possono segnare tante nostre giornate, incunearsi sempre nella nostra ripetitività, ma ogni giorno è una fatica nuova, anche se la verità è sempre quella e ad essa non ci si può certo abituare, perché accende sempre una nuova luce nelle nostre giornate quotidiane che sono sempre la nostra vita. 

19 Aprile
+Domenico

Un altro simbolo ardito per rappresentare Gesù: il serpente

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,7-15)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

Audio della riflessione

La nostra vita è piena di simboli, di immagini che attirano l’attenzione o che ti indicano un servizio pubblico. Ce ne è uno che indica la farmacia: un serpente attorcigliato a un palo a forma di T. È un simbolo biblico; il serpente provoca con il suo veleno la morte, ma è anche capace, come avviene ormai comunemente nella medicina, di neutralizzare lo stesso veleno che produce. Infatti, sappiamo che quando si fa un vaccino si inocula nel paziente un virus della stessa malattia per sollecitare l’organismo a produrre anticorpi. Lo abbiamo sperimentato in molti con il vaccino contro il covid 19. Il rifiuto di tanti era motivato dal non farsi iniettare qualcosa di troppo invasivo e magari pure mortale. 

La Bibbia ha però scelto il serpente come animale che provoca la morte con il suo veleno, ma anche capace di neutralizzare il veleno stesso. Come Mosè nell’Antico Testamento ha innalzato un serpente di bronzo su un bastone perché chi lo guardasse soltanto potesse vincere il morso dei serpenti che infestavano l’accampamento degli ebrei, così dice Gesù a Nicodemo che anche il Figlio dell’Uomo, cioè Lui stesso dovrà essere innalzato, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. È come se Gesù facendosi peccato per noi inoculasse un virus per liberarci da esso, dallo stesso peccato in cui siamo invischiati tutti, da Adamo in poi.  Per usare la stessa immagine, Gesù si lascia iniettare nell’umanità moribonda attraverso la croce. E Gesù così diventa la nostra salute, la nostra salvezza, la nostra vita nuova, la vita che viene dall’alto, il soffio dello Spirito che porta vita nuova nell’umanità. 

Capiamo ancora di più ciò che Gesù afferma a Nicodemo cioè che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché chi crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 

Noi amiamo esporre sempre il Crocifisso in ogni luogo, che per noi e per tutta l’umanità è segno di salvezza, di pienezza di vita nuova, di invasione dello Spirito, di nascita dall’alto. Non è una bandiera, non è un talismano, non è un segno di guerra, o di possesso e proprietà, ma la contemplazione della salvezza che viene dal sacrificio di Gesù sulla croce, che va contemplata, cercata, amata, e invocata sempre. 

Avvicinandoci a grandi passi alla settimana di passione, alla Settimana Santa, dobbiamo avere negli occhi e soprattutto nel cuore questo dono fino all’ultima goccia di sangue e di vita di Gesù per noi e per tutta l’umanità. A noi cristiani farci testimoni credenti e credibili. 

18 Aprile
+Domenico

Il vento soffia dove vuole, e sai dove soffia se nasci dallo Spirito Santo

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,1-8)

Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio».
Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

Audio della riflessione

Spesso ci rivolgiamo alla fede e leggiamo il vangelo con una mentalità esageratamente logica, ragionata, definita già prima di interrogarci su di esso, sulla figura di Gesù, sulla sua vita, il suo essere il Figlio di Dio, in unità sempre viva con lo Spirito Santo. Facciamo la figura che ha fatto Nicodemo quando è andato da Gesù di notte. 

 Sicuramente era senza pretesa, voleva dare alla vita come tutti noi una boccata di ossigeno. Siamo sempre infatti legati a deduzioni, tabelle, previsioni matematiche, deduzioni, sequenze logiche se non a abitudini che ci siamo creati con i social, Facebook o WhatsApp e crediamo che l’ossigeno ci venga da una sequenza di cose che già sappiamo e possediamo.  

Siamo impelagati nelle difficoltà a seguire i comandamenti, abbiamo già la certezza che essere cristiani significa entrare in qualche gabbia di vita, in qualche luogo di costrizione, di coercizione, mentre immaginiamo di essere liberi, ma di una libertà che vuol dire ancora di fare ciò che ci piace.  

Occorre rinascere dall’alto, dice Gesù a Nicodemo, e lui risponde portando il discorso alla nascita umana, alla impossibile ed evidente verità di dovere uscire dal seno di una madre. Qui Gesù sfonda subito e dice: Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» 

 Essere cristiano non è soltanto osservare prescrizioni, comandamenti, precetti, rifarci a gabbie di ogni tipo. Ci sono certo anche i comandamenti, che finalmente stiamo riscoprendo come proposte di autentica libertà: si devono vivere anche questi, è vero; ma se ci fermiamo lì e con questo crediamo di essere cristiani, siamo ancora lontani; il cuore della vita cristiana è lo Spirito Santo. Essere cristiano è lasciare che lo Spirito entri dentro di te e ti porti, ti porti dove lui vuole.  

Nella nostra vita cristiana tante volte ci fermiamo come Nicodemo, perché non sappiamo il passo da fare, non sappiamo come farlo o non abbiamo la fiducia in Dio per fare questo passo e lasciare entrare lo Spirito. Nascere di nuovo è lasciare che lo Spirito entri in noi e che sia lo Spirito a guidarci.  

Bella frase, ma concretamente? Come gli apostoli che usciti dal cenacolo ebbero quel coraggio e quella franchezza di osare, senza pensare alle conseguenze, ai condizionamenti tipici che li tenevano rinchiusi là dentro per la paura. Non sapevano che cosa sarebbe successo di loro, ma avevano avuto questa ispirazione di essere franchi, decisi, portatori della novità che era stata la risurrezione per Gesù, in cui erano immersi anche loro.  

Credere e pregare perché lo Spirito agisca, vivere la tensione a una vita nuova, a una speranza nuova, a una visione di vita libera da tante sovrastrutture che ci siamo creati, è una grazia sempre da chiedere e lo Spirito non ci può lasciare soli a noi stessi, ai nostri spazi asfittici. Mettiamoci come Nicodemo alla scuola di Gesù questa settimana, ne vogliamo seguire la vicenda, la sua fatica e il suo dialogo con Lui. 

17 Aprile
+Domenico