Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 6,19-23)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».
Audio della riflessione.
Ogni uomo aspira a diventare ricco o per lo meno a darsi una sicurezza, a mettere da parte un gruzzolo che tolga le preoccupazioni principali di una vita e di una famiglia. C’è chi va oltre il gruzzolo e pensa proprio alla ricchezza, che diventa potenza, superiorità talvolta immagine, vanagloria, superbia pure, ma tiene i piedi per terra e cerca la sicurezza contro disavventure, fallimenti e la possibilità di avere tutte le soddisfazioni che il benessere economico può dare.
Il crinale tra la giusta preoccupazione per i beni materiali e un pensiero anche ai beni spirituali si fa spesso più labile a seconda del tipo di preoccupazione che si nutre. Qualche schiavitù la sperimentiamo tutti nonostante quel tanto di fede che ci fa pensare come dice papa Francesco che il sudario (così lui chiama il vestito del morto), non ha tasche e non si è mai visto dietro un funerale una ditta di traslochi.
La ricerca egoistica dei beni materiali sottrae tempo ed energie all’acquisizione dei beni del cielo e rende l’uomo schiavo delle cose che possiede e desidera. Diamo per saggio che ciascuno deve avere qualcosa o qualcuno a cui dedicare le sue attenzioni e le sue forze. Il problema è la scelta di questo qualcosa cui il cuore in qualche modo si attacca. Noi sappiamo che tendenzialmente diventiamo quello che mettiamo al primo posto. Se ci mettiamo le cose diventiamo come le cose, se amiamo Dio ci avviciniamo a Lui.
L’uso delle cose è buono fino a quando non diventa ostacolo per seguire Cristo e amare i fratelli. Il cristiano non può essere schiavo di nulla e di nessuno perché “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Gal 5,1). Il cristiano sì distacca e dona l’avere per ottenere l’essere: essere come il Padre.
E qui Gesù mette in campo l’occhio, che sta come simbolo del cuore. L’occhio buono è quello che accoglie la luce che gli viene da Gesù; mentre l’occhio cattivo, il cuore cattivo rifiuta Gesù. È evidente che l’occhio o il cuore che non lasciano entrare questa luce immergono tutta la persona nelle tenebre.
Il cuore dell’uomo dev’essere orientato a Dio e vivere nella ricerca che non si ferma alla ricchezza, ma sa andare oltre verso le braccia di Dio, allora tutto l’uomo è nella luce. Se invece si perde nella ricerca dei beni materiali diventa cieco e tutta la sua persona si scava il vuoto e le tenebre. Occhio non ottenebrato e cuore sono espressioni che indicano la giusta relazione con Dio, dal quale ogni persona viene totalmente illuminata. L’occhio cattivo invece è simbolo dell’invidia, dell’avarizia, dell’egoismo ed è l’anticamera della tenebra totale e definitiva, espressione che non attenua molto l’idea di una perdizione eterna.
Il Signore purifichi sempre i nostri occhi perché siano abilitati a contemplare la bontà di Dio e aiutare i fratelli a farsi un modo più pulito di guardare alla vita.
23 Giugno
+Domenico