S. Silvestro: la notte per seminare, ancora e sempre, speranza

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 1-18)

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Ogni giorno abbiamo … bisogno di riti per capire chi siamo, per capire che esistiamo, che il tempo passa, che la vita ha un senso: è un rito il “bacetto” prima di uscire di casa, è un rito la preghiera, lo è la telefonata o l’sms, il mazzo di fiori, il buon giorno anche se detto qualche volta tra i denti … è un rito il regalo di Natale anche se rischia di essere un ricatto o un legaccio.

Oggi, che è l’ultimo giorno dell’anno, è sempre stato un rito lo scatenarsi dei botti, dei brindisi, del lancio degli oggetti vecchi, della cena con gli amici, del cambio del calendario: è il tempo che passa inesorabile e forse si fa baldoria perché noi adulti che lo vediamo fuggire vorremmo fermarlo e i giovani vorrebbero scavalcarlo perché non vedono l’ora di essere autosufficienti e padroni della propria vita.

Il Vangelo invece per farci capire dove siamo e che cosa significa il passare del tempo ci rimanda al principio anziché alla fine, ci ricorda che all’inizio di tutto c’era la Parola: Non esisteva nulla, c’era il caos forse, esisteva solo Dio nella sua definizione fondamentale: comunicatore.

Dio era ed è Parola, uno che fa consistere il suo essere nel comunicarsi, nel farsi dono, nel proiettarsi verso, nel far essere: il tempo è cominciato proprio lì, dalla sua volontà di far essere l’uomo per dialogare con una libertà.

Proprio per portare questo dialogo alla sua massima possibilità, questo Dio Parola, questo Dio comunicativo, che ha fatto? Si è fatto uomo, si è dato una vita tra noi per aumentare al massimo il dialogo.

La comunicazione tra due persone è al massimo, quanto più grande è quello che si ha in comune: Dio ci ha regalato in Gesù di aver in comune la vita intera.

E noi ci avviamo a chiudere il 2020, un anno che è stato pieno di crisi e di fatiche, segnato da questa pandemia che già covavamo senza saperlo prima della fine dell’anno passato.

Non siamo ancora in grado di fare sintesi, perché se un anno finisce e se ne può fare un riassunto, la pandemia non finisce ci accompagna anche dopo questa notte di san Silvestro, che – giustamente – non possiamo vivere come tutte le altre, come abbiamo fatto negli anni passati.

Possiamo sempre fare un bilancio, per renderci conto di tanti doni e di tante prove, di tutte le persone che hanno condiviso con noi paure, impazienze, ribellioni, ma soprattutto che hanno condiviso con noi, la tensione dell’attesa del risultato dei tamponi, la felice scoperta che fossero negativi o la paura di averlo avuto positivo,;molti hanno condiviso ricovero in ospedale, terapia intensiva, guarigione … Altri ci hanno lasciato e li pensiamo nelle braccia di Dio Padre: la preghiera per loro è averli ancora vicini.

Sicuramente un pensiero di gratitudine questa notte deve andare a tutto il personale che sta curando la nostra salute sia in prima linea che nelle retrovie!

La notte di S. Silvestro, non solo quest’anno, non può essere baldoria per dimenticare, ma forza per cambiare: è diventare più maturi di un anno, è celebrare con un rito il tempo che passa, ma seminare ancora e sempre speranza.

31 Dicembre 2020
+Domenico

I cristiani: strada per Gesù Cristo

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,23) dal Vangelo del giorno (Gv 1,6-8.19-28)

«Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

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Dietro ogni successo o grande personaggio c’è sempre qualcuno molto determinato o determinante che costruisce con la sua vita il vero successo del personaggio: lui non compare mai, lavora nel silenzio, sa stare al suo posto, dedica la sua vita, la vive con gioia, sa che cosa gli tocca fare e  come e dove stare perché tutto riesca bene: è quello che fanno spesso i genitori per i figli, dietro ogni giovane atleta o artista c’è spesso un papà o una mamma nell’ombra che col loro lavoro, il loro amore hanno dato tutto ciò che era indispensabile per la riuscita del figlio; non appariranno mai sui giornali o se vi appariranno, sarà sempre incalcolabile la dedizione e il sacrificio di cui sono stati capaci.

È così la figura di Giovanni Battista, chiamato appunto il “precursore”, colui che prepara e che scompare, colui che sa stare al suo posto, colui che vede in Gesù il punto più alto della vita e della storia e vi si mette al servizio.

“Giovanni è stato un grande” – dice Gesù alla gente, – in lui si è condensata ed è arrivata al vertice l’attesa dei secoli, ha intuito il nuovo che stava per sorgere, gli ha dedicato la vita. È stato per tutti una freccia puntata: non ha permesso a nessuno di attardarsi a guardare a sè, ma ha continuamente fatto alzare lo sguardo alla salvezza piena.

“Tra i nati di donna nessuno è grande come lui”, è più grande anche di Mosè: Lui è l’ultimo gradino della scala dell’attesa; si stacca dal passato perché prelude al futuro, ma si stacca anche dal futuro, perché questo è di una novità tale che il più piccolo del regno è più grande di lui. Attraverso Gesù si passa dalla realtà umana ad essere figli di Dio … e quando arriva Gesù, si dichiara non più all’altezza neanche di allacciargli i sandali.

Ha fatto tutta una vita da mediano, ha continuato a passare il pallone, perché altri realizzassero, ha servito “palle goal” a Gesù, se il paragone non vi sembra irriverente; ha fatto un lavoro paziente di tessitura, non ha mai voluto andare sotto gli spalti della curva a urlare, a strapparsi la maglietta, a incitare i fan, a mietere il giusto successo del suo lavoro.

Lui ha sempre lavorato nell’ombra: ha inaugurato il modo di vivere del cristiano, ha anticipato il vero trionfo di Cristo che sarà su una croce.

Abbiamo bisogno di sentirci anche noi frecce puntate a qualcosa di più grande di noi: I cristiani non portano a se stessi nel mondo, i propri interessi, ma vogliono fare da strada per Gesù Cristo.

Il cristiano fa una “vita da mediano” in quella grande partita che è il regno di Dio, il luogo della speranza che a tutti arrivi Gesù, ed è per questo che Dio non ci abbandona mai.

13 Dicembre 2020
+Domenico

San Michele – forza di Dio, San Raffaele – medicina di Dio, San Gabriele – l’inviato di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 47-51)

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E’ una festa molto popolare quella che si celebra oggi nel nome dei tre arcangeli di cui esplicitamente parla la Bibbia: il Vangelo riporta una frase di Gesù in dialogo franco e schietto con Natanaele, che si meraviglia di Gesù che lui non ha mai visto e che invece lo conosce profondamente.

A Gesù è bastato infatti sentire la sua frase schietta di scarso, se non addirittura nullo, apprezzamento per un abitante di Nazareth come Gesù e averlo visto sotto il fico, e lo invita a riservare la sua meraviglia, il suo stupore, la sua franchezza a cose ben più grandi, come la grande dedizione di servizio degli angeli, che salgono e scendono, cioè venerano e riconoscono nella sua umanità il Figlio di Dio.

Certo è un linguaggio molto simbolico che Natanaele capisce, apprezza, e vuol approfondire, perché il giorno dopo si presenta anche lui alle nozze di Cana e lì vedrà il primo grande segno del cambiamento dell’acqua in vino che dà inizio per il Vangelo di Giovanni alla missione umano-divina di Gesù.

La Chiesa però oggi vuole che fissiamo l’attenzione su una terna importante di arcangeli che stanno al servizio di Dio e dell’umanità, facendosi messaggeri della volontà di Dio presso gli uomini e custodi della stessa vita e cammino degli stessi uomini.

Sono san Michele, Forza di Dio, di cui nell’Apocalisse si ricorda il suo grande combattimento con gli angeli contro il drago, che insidia la bontà dell’umanità.

San Gabriele, l’inviato di Dio, che annuncia il cambiamento della storia di Dio con l’uomo con il suo dialogo preciso e impegnativo con Zaccaria – ricordate – nel tempio, quando gli annuncia, poco creduto, che diventerà padre del precursore di Gesù, Giovanni il Battista e lui ancora annuncia a Maria che diventerà la madre di Gesù.

San Raffaele medicina di Dio, che nella Bibbia viene descritto come colui che aiuterà Tobia nel suo viaggio per portare al vecchio padre una medicina per ricuperare la vista che aveva perso durante il sonno dopo un suo tormentato e faticoso atto di pietà nel seppellire, come era solito fare, persone ammazzate e negate di sepoltura.

Insomma … esiste un’altra moltitudine di creature, gli angeli, che Dio ha posto come custodi a ciascuno degli uomini, anch’essi dotati di libertà e volontà per servire al meglio Dio, ma come l’uomo tentati nell’uso della loro libertà.

Chi non usa bene la sua libertà, ma si mette contro Dio sarà cacciato nel regno delle tenebre e diventerà spirito di divisione e di male, cioè diavolo o demonio o satana.

Gli angeli comandati dagli arcangeli hanno fatto guerra agli spiriti del male, hanno vinto, sono stati precipitati lontano da Dio, mentre loro sono diventati particolari protettori di ogni persona. A noi il compito di essere attenti al loro aiuto e pregare perché siano sempre al nostro fianco contro le tentazioni al male.

29 Settembre 2020
+Domenico

Schietto, deciso, generoso

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 43-51)

Si trova ancora gente schietta, che dice pane al pane e vino al vino, che non usa mille circonlocuzioni per dire quello che pensa, perché vorrebbe far capire e non capire.

Qualcuno ha imparato l’arte del politichese: non riesci mai a capire che cosa ti promette e che cosa ti nega; non è da meno l’arte dell’ecclesialese, del parlare di Dio complicandolo in maniera tale da aggiungere confusione anziché introduzione al mistero grande e bello di Dio, che si è fatto comprensibile nel Vangelo che è la sua parola fatta carne, che ha voluto proprio mescolarsi a noi per comprenderci e farsi comprendere.

In genere sono i giovani i più schietti, quelli che non hanno ancora maschere, che preferiscono andare al cuore della questione; qualcun altro invece – ed è più grave se è un adulto – è invece insolente, buzzurro, grossolano dice quello che pensa, ma non pensa quello che dice.

E’ del primo tipo invece quel giovane – si chiama Natanaele – che Gesù vede da lontano un po’ discosto dai suoi amici che invece sono andati diritti a Gesù per dirgli la loro voglia di stare con Lui.

Natanaele ha delle riserve, si è fermato al sentito dire, alle beghe di paese, alle voci che circolano sempre in ogni piccola borgata per mettere la zizzania anche nel Padre nostro.

C’è qualcuno che ha la vocazione a tagliare panni addosso alla gente, a seminare dubbi, a inserire sospetti, a far trionfare il disprezzo, e Natanaele, seguendo radio scarpa, pensa fuori dai denti e lo dice pure ad alta voce vedendo Gesù, che gli hanno presentato come proveniente da Nazaret: ma che può uscire di buono da Nazaret, da un paese da fame, da una borgata dimenticata da Dio e dagli uomini?!

Gesù non s’offende, ammira la schiettezza, ma lo provoca a sua volta: sei pulito, sei integro, non fai complimenti, non ti nascondi dietro maschere, ma queste tue doti devi lanciarle su orizzonti più ampi … “Mettile al servizio del Regno di Dio, mettiti a parlare agli uomini con schiettezza che c’è un Dio che ci ama, vieni con me a fare vangelo, a produrre notizie vere e non affittare la tua bella intelligenza ai luoghi comuni, ci sta.”

Natanaele scatta sorpreso, ci sta; qualche giorno dopo sarà con Lui alle nozze di Cana, perché lui è di Cana e a Cana nascerà proprio la speranza, che da apostolo convinto e deciso col nome di Bartolomeo porterà nel suo annuncio al mondo intero.

Un apostolo schietto, deciso, verace.

24 Agosto 2020
+Domenico